Il Regno del Marocco si conferma come il maggiore cliente arabo del complesso
militare industriale di Israele.
Secondo quanto rivelato dal quotidiano francese La Tribune, le autorità militari
di Rabat avrebbero sottoscritto con la grande azienda bellica Elbit Systems Ltd.
(Haifa) un contratto per la fornitura di 36 semoventi ruotati di artiglieria
ATMOS da 155 mm.
I sistemi di artiglieria saranno montati a bordo dei camion “Tatra” di
produzione ceca, per potersi trasferire e spostare sui campi di battaglia con
una velocità maggiore.
“L’ATMOS o Autonomous Truck Mounted Howitzer System è un sistema molto
flessibile che consente di installare cannoni da 105 mm e 155/39 – 155/52 mm su
telai di diversa provenienza, con cabina blindata per la protezione di
equipaggio ed artiglieri”, ripota il sito specializzato Ares Difesa.
I sistemi di artiglieria ATMOS sono dotati di sofisticati apparati
computerizzati di comando e controllo del fuoco che consentono il caricamento
automatico in grado di erogare fino ad 8 colpi al minuto ed ingaggiare bersagli
entro un raggio di circa 40 km.
I semoventi possono ospitare da due a sei militari di equipaggio. Gli ATMOS sono
avio trasportabili da velivoli come i C-130 “Hercules” prodotti dal colosso
statunitense Lockheed Martin.
Secondo quanto rivelato dal sito internet Army Recognition, la decisione
marocchina di dotarsi del sistema israeliano sarebbe maturata a seguito di una
serie di problemi tecnici riscontrati nel sistema di artiglieria semovente
CAESAR, acquistati dall’azienda KNDS France nel 2022 per un importo di oltre 200
milioni di euro. “Da qui la necessità di individuare un’alternativa più
affidabile ed efficiente come i cannoni di Elbit Systems”, spiega Army
Recognition.
Il sistema ATMOS da 155 mm è impiegato dalle forze armate israeliane dal 2004 ed
ha avuto purtroppo un ruolo di rilievo nelle sanguinose operazioni di
bombardamento contro la Striscia di Gaza a partire del 7 ottobre 2023.
L’ATMOS è stato venduto pure alle forze armate di Azerbaijan, Botswana, Camerun,
Colombia, Danimarca, Filippine, Romania, Ruanda, Thailandia, Uganda e Zambia.
“L’accordo tra le forze armate del Regno del Marocco ed Elbit Sistems, valutato
in centinaia di milioni di dollari, sottolinea l’interesse crescente di Rabat
verso la tecnologia militare di Israele e rafforza i legami nel settore difesa
tra le due nazioni”, commenta il portale Israel Defense.
Secondo il SIPRI, l’autorevole istituto internazionale di ricerca sui temi della
pace di Stoccolma, lo Stato di Israele è divenuto il terzo esportatore di armi e
apparecchiature militari al Marocco, conquistando una fetta del mercato pari al
10% di tutte le acquisizioni del Regno.
Dopo la firma dei cosiddetti “Accordi di Abramo” tesi a normalizzare i rapporti
diplomatici ed economici tra alcuni paesi arabi e Tel Aviv, nel novembre 2021 il
ministro della difesa israeliano Benny Gantz si è recato in visita ufficiale a
Rabat per sottoscrivere un accordo di cooperazione bilaterale nel campo della
difesa, dello scambio di informazioni di intelligence, della cooperazione
industriale, dell’addestramento e della formazione militare.
Nel 2023 l’Aeronautica da guerra marocchina ha ordinato il sistema di “difesa”
aerea e antimissile Barak MX prodotto dalle Israel Aerospace Industries (IAI)
con una spesa di 540 milioni di dollari. Inoltre vennero integrati a bordo dei
cacciabombardieri F-5E una ventina di sistemi radar prodotti da un’altra grande
azienda militare israeliana, Elta Systems.
Il Marocco si è rivolto ad Israele anche per dotarsi dei più avanzati sistemi
aerei a pilotaggio remoto, poi impiegati nella Repubblica Democratica Araba del
Saharawi (l’ex Sahara spagnolo) occupata illegalmente dal 1976.
In particolare nel settembre 2022 le autorità marocchine hanno acquistato 150
droni WanderB e ThunderB dall’azienda BlueBird Aero Systems (stabilimenti e
quartier generale presso l’Emer Hefer Industrial Park, distretto centrale di
Israele).
Recentemente sarebbe stato espresso pure l’interesse di acquistare da BlueBird
le nuove “munizioni vaganti” Spy X (loitering munition, anche note come droni
kamikaze).
Sempre nel 2022 il Marocco ha acquisito il sistema anti-drone SkyLock Dome
prodotto dalla compagnia SkyLock Systems Ltd. di Kefar Sava.
Nel luglio 2024, in piena campagna genocida contro la popolazione palestinese di
Gaza, il Regno del Marocco ha ordinato a Israel Aerospace Industries – IAI due
satelliti ad alta risoluzione OptSat-3000, che saranno messi in funzione nello
spazio entro cinque anni. Il valore della commessa è superiore al miliardo di
dollari.
“I satelliti venduti da IAI saranno in grado di operare in congiunzione con il
sistema satellitare radar italiano denominato COSMO-SkyMed”, spiega il sito
specializzato Israel Defense. E se lo affermano loro non c’è motivo di non
credere all’ennesima connection Roma-Tel Aviv.
Articolo pubblicato in Africa ExpPress il 13 febbraio 2025,
https://www.africa-express.info/2025/02/13/israele-affari-milionari-con-la-difesa-del-marocco/
Source - Antonio Mazzeo Blog
Le forze armate ucraine puntano ad utilizzare i proventi dei beni russi
congelati dall’Unione europea per acquisire nuovi sistemi di “difesa aera”
prodotti dal complesso militare-industriale italiano.
E’ quanto emerso al vertice dell’11 gennaio 2025 tra il viceministro della
difesa dell’Ucraina, il generale Anatoliy Klochko, ed una delegazione
dell’Agenzia Industrie Difesa (AID), l’ente di diritto pubblico sotto il
controllo del Ministero della difesa italiano.
“L’incontro si è focalizzato principalmente sul potenziale utilizzo dei fondi
derivati dai beni russi congelati, con l’obiettivo di acquistare sistemi di
difesa aerea con il necessario munizionamento, prodotti in Italia”, riporta il
ministero della Difesa ucraino. “Questa iniziativa è parte di uno sforzo
maggiore finalizzato al potenziamento delle capacità difensive dell’Ucraina in
mezzo all’aggressione in corso da parte delle forze russe”.
Alla delegazione ufficiale dell’Agenzia Industrie Difesa, il generale Klochko ha
espresso l’interesse di Kiev di ottenere sistemi di munizionamento di calibro
differente. “Tuttavia è importante per noi conoscerne i costi e i tempi di
consegna, onde assicurare il supporto tempestivo alle forze armate ucraine”, ha
dichiarato il viceministro.
Il program manger di AID, Marcello Mele, dopo aver fonito una panoramica delle
principali attività svolte dall’Agenzia Difesa, ha assicurato la controparte
sulla volontà di rafforzare i meccanismi di collaborazione a supporto
dell’Ucraina, “assicurando sull’uso effettivo delle risorse UE per rafforzare le
capacità difensive ed industriali ucraine”. (2) Le due delegazioni si sono
impegnate ad esplorare per il futuro la possibilità di creare progetti
militari-industriali congiunti.
All’incontro hanno preso parte pure alcuni rappresentanti del Ministero delle
Industrie strategiche e lo staff generale dello Stato Maggiore della difesa
ucraino. Insieme hanno espresso l’intenzione di ottenere dalle autorità romane
batterie aggiuntive del sistema missilistico terra-aria SAMP-T, progettato e
prodotto dal consorzio europeo Eurosam formato da MBDA Italia (sotto il
controllo della holding Leonardo SpA), MBDA Francia e Thales.
L’Ucraina ha ricevuto dall’Italia una prima batteria di SAMP-T nel maggio 2023;
un secondo sistema anti-missile di Eurosam sarebbe stato consegnato invece a
fine 2024. Il SAMP-T viene impiegato principalmente per il controllo dello
spazio aereo e per intercettare e distruggere in volo i missili balistici e da
crociera, i caccia e i droni; esso può tracciare e colpire dozzine di obiettivi
simultaneamente. (3)
“Il sostegno italiano alle forze armate ucraine, avviato sin dall’inizio del
conflitto, si è concretizzato con la fornitura di un ampio ventaglio di
sofisticate tecnologie militari”, ricordano gli analisti del sito specializzato
belga Army Recognition. Oltre ai SAMP-T, l’Italia ha inviato a Kiev i sistemi di
“difesa aerea” anti-missile SkyGuard Aspide (a corto raggio) e Spada (a medio
raggio).
“Il coinvolgimento italiano non si è però limitato alla fornitura dei sistemi di
difesa aerea”, aggiunge Army Recognition. “Sono stati inviati infatti altri
sistemi d’arma, inclusi missili a lungo raggio, armi anti-tank e il relativo
munizionamento. In particolare, l’Italia ha fornito all’Ucraina il sistema
missilistico Storm Shadow, che è stato impiegato con significativo successo
contro obiettivi russi, inclusi quelli in Crimea. I carichi di armi italiane,
pur essendo in gran parte mantenuti top secret, hanno avuto un ruolo chiave
nella risposta internazionale all’invasione russa”. (4)
Il 9 gennaio 2025, due giorni prima del vertice tra i rappresentati della difesa
ucraina e i manager di AID, il ministro italiano Guido Crosetto ha incontrato a
Ramstein (Germania) - a margine della riunione del Gruppo di Contatto per la
Difesa dell'Ucraina (i partner NATO-UE di Kiev) - l’omologo ucraino Rustem
Umerov. Ancora al centro dei colloqui la possibilità di ulteriori forniture
italiane di sistemi missilistici e munizioni, nonché la necessità di dar vita a
co-produzioni militari italo-ucraine.
“La produzione congiunta di sistemi di difesa aerea e missili consentirà la
creazione di soluzioni a lungo termine per rispondere alle necessità militari di
ambedue le nazioni”, ha enfatizzato Rustem Umerov. Il ministro ucraino ha
altresì formalizzato la richiesta di mezzi corazzati per il trasporto del
personale delle forze armate e di veicoli da combattimento terrestre. (5)
Guido Crosetto non ha assolutamente deluso le aspettative ucraine. “Abbiamo
ribadito la necessità di supportare Kiev nella sua lotta per la sopravvivenza,
per la difesa della propria sovranità e delle infrastrutture civili, non
soltanto di quelle militari”, ha dichiarato prima di lasciare Ramstein. “Ci
auguriamo che quest'anno possa portare alla pace che tutti auspichiamo, una pace
giusta, che veda il ripristino della legalità internazionale e consenta
all’Ucraina di riprendere una vita normale e ai suoi cittadini, costretti a
lasciare il paese, di tornare e ricostruire la propria nazione come merita”. (6)
Intanto però Roma, Bruxelles e Washington continuano ad alimentare con sempre
più massicce consegne d’armi il sanguinoso conflitto fratricida russo-ucraino…
Note
1)
https://mod.gov.ua/en/news/ukraine-and-italy-discuss-the-possibility-of-using-revenues-from-the-frozen-russian-assets-to-procure-air-defense-systems
2)
https://defence-industry.eu/ukraine-and-italy-explore-use-of-frozen-russian-assets-for-air-defence-procurement/
3)
https://dia.dp.gov.ua/en/italy-is-not-only-one-of-ukraines-main-trade-and-economic-partners-but-also-a-sincere-friend-of-our-country/
4)
https://www.armyrecognition.com/news/army-news/2025/ukraine-explores-using-frozen-russian-assets-to-secure-advanced-italian-air-defense-systems
5)
https://mod.gov.ua/en/news/ukraine-and-italy-have-discussed-supplies-of-air-defense-systems-and-cooperation-in-defense-technologies
6)
https://www.difesa.it/primopiano/il-ministro-crosetto-a-ramstein-per-la-riunione-del-gruppo-di-contatto-per-la-difesa-dell-ucraina/62185.html
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 14 gennaio 2025,
https://pagineesteri.it/2025/01/14/mondo/guerra-si-rafforza-lalleanza-militare-tra-italia-e-ucraina/
Lo Stretto di Messina, corridoio ad altissimo rischio di collisioni e incidenti
navali, è stato attraversato ancora una volta da un sottomarino nucleare
d’attacco. E’ accaduto domenica 2 febbraio 2025: a transitare in direzione
nord-sud è stato l’USS Indiana (SSN-789), sottomarino della nuova classe
“Virginia” in dotazione alla Marina Militare degli Stati Uniti d’America.
Il passaggio dell’unità da guerra a poche centinaia di metri dalla costa
siciliana è stato fotografato da alcuni cittadini. Ieri il sito specializzato
ItaMilRadar che effettua il monitoraggio dei velivoli e delle imbarcazioni
militari nel Mediterraneo ha pubblicato un breve video con il sottomarino in
transito nello Stretto, rivelandone finalmente l’identità.
“L’USS Indiana aveva effettuato una sosta tecnica a Gibilterra una decina di
giorni fa”, riporta ItaMilRadar. “Successivamente ha effettuato uno scalo nel
Golfo di Napoli prima di riprendere il viaggio verso sud”.
Il sottomarino d’attacco USA è lungo 115 metri, pesa 7.900 tonnellate ed è
alimentato da un reattore nucleare S9G PWR realizzato da General Electric, in
grado di generare 210 Megawatt. La sua velocità di navigazione è di 25 nodi
(circa 46 Km/h). Alle dipendenze del Submarine Squadron 12 di US Navy (quartier
generare a Groton, Connecticut), l’USS Indiana ha un equipaggio di 130 unità. E’
armato con 65 tra siluri (Mk-48) e missili (UGM-84 Harpoon e quelli da crociera
Tomahawk BGM-109, di cui esistono negli arsenali USA pure versioni nucleari).
“I sottomarini della classe Virginia sono stati realizzati per coprire un ampio
spettro di missioni in oceano aperto e sotto costa”, spiega il Command of
Submarine Force Atlantic di US Navy (Norfolk, Virginia). “Essi sono stati
concepiti come un’alternativa meno costosa della classe d’attacco Seawolf,
operativa negli anni della Guerra Fredda e stanno sostituendo i vecchi
sottomarini della classe Los Angeles”. Il costo di ogni unità della nuova classe
Virginia è comunque superiore ai 3 miliardi di dollari, armamenti e sistemi
elettronici e sonar esclusi.
“Sottomarini d’attacco veloci, quelli della classe Virginia sono piattaforme
multi-missione in grado di svolgere cinque delle sei missioni strategiche della
Marina militare: il controllo marittimo, la proiezione di potenza, la presenza
avanzata, la sicurezza navale e la deterrenza”, aggiunge il Command of Submarine
Force Atlantic. “Essi sono stati progettati per eccellere nella guerra
anti-sottomarina, contro le navi di superficie, nella guerra d’attacco, nelle
operazioni speciali, nell’intelligence, sorveglianza e riconoscimento, nella
guerra irregolare e anti-mine. I sottomarini d’attacco veloce proiettano la loro
potenza a terra con le operazioni speciali dei missili da crociera Tomahawk
nella prevenzione o nella preparazione delle crisi regionali”.
L’USS Indiana (SSN 789) è il 16° sottomarino nucleare d’attacco della classe
Virginia. Esso è stato realizzato nei cantieri navali di Newport dal colosso del
complesso militare-industriale Northrop Grumman. Il varo dell’unità da guerra
risale al 29 settembre 2019 con una cerimonia ufficiale a Port Canaveral,
Florida.
La più lunga missione d’oltre oceano del sottomarino risale al 2022: esso fu
impegnato per quasi sei mesi in esercitazioni nelle acque del nord Atlantico e
del nord Europa (Scozia, Isole Faroe, Danimarca, Norvegia, ecc.). Dopo una sosta
a fine luglio nella grande stazione aeronavale di Rota (Spagna), l’USS Indiana
rientrò alla base di New London, Connecticut.
Il sottomarino nucleare d’attacco è tornato in acque europee a partire dalla
fine del 2024, dopo aver lasciato il quartier generale di Groton il 24
settembre. A metà novembre l’USS Indiana ha effettuato una lunga sosta tecnica
nella base navale di Faslane (Scozia) per poi dirigersi verso il Mediterraneo a
seguito dell’escalation bellica israeliana a Gaza e in Libano. Il 31 dicembre
2024 il sottomarino era ormeggiato nel porto di Limassol (Cipro); dal 13 al 18
gennaio ha effettuato invece una sosta tecnico-operativa a Gibilterra. Il 2
febbraio, è infine transitato nelle acque dello Stretto di Messina in direzione
sud-est.
GUARDA IL VIDEO QUI: https://youtube.com/shorts/t6A7OZjwe80?si=hU5y-HGCat1LEOlW
Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 4 febbraio
2025, https://www.stampalibera.it/2025/02/04/sommergibile-nucleare-usa-super-armato-in-transito-nello-stretto-di-messina/
La giunta militare del Niger guidata dopo il golpe del 26 luglio 2023 dal
generale Abdourahamane Tchiani, dopo aver cacciato via dal paese le forze armate
di Francia, Stati Uniti d’America e Germania ha sottoscritto un accordo di
cooperazione nel settore difesa con la Federazione Russa di Vladimir Putin.
Ciononostante nel corso dell’ultimo anno le autorità di Niamey hanno rafforzato
la “storica” partnership diplomatico-militare con l’Italia.
Nei giorni 16-17 dicembre 2024 ha avuto luogo a Roma la quarta edizione dei
Bilateral Staff Talk nel settore della Difesa tra l’Italia e il Niger. A guidare
la delegazione italiana il contrammiraglio Marco Montoneri, vice capo del III
Reparto dello Stato Maggiore della Difesa (area cooperazione internazionale); a
capo della rappresentanza nigerina, il generale Sani Kache Issa, Segretario
generale del Ministero della difesa.
“Il Niger è un attore chiave negli equilibri geopolitici dell’Africa, con
particolare riferimento all’area del Sahel, quale importante snodo nei traffici
illeciti verso l’Europa e regione interessata dal fenomeno del terrorismo
transnazionale”, ha commentato in un comunicato lo Stato Maggiore delle forze
armate italiane. “Con tale prospettiva, la cooperazione bilaterale con il Paese
costituisce, congiuntamente alle operazioni che vedono impegnato il personale
della Difesa sul continente africano, un elemento essenziale per lo sviluppo
della pace e della sicurezza internazionale”.
Nel corso dei colloqui, le due delegazioni hanno confermato la “ferma e
condivisa volontà di proseguire la cooperazione bilaterale nell’ottica del
rafforzamento di selezionate e tangibili capacità della Difesa nigerina, che
potranno contribuire al mantenimento della stabilità nel Paese”, aggiunge lo
Stato Maggiore. “L’incontro ha evidenziato come la controparte veda
nella Difesa italiana un partner affidabile con cui proseguire un dialogo
strategico condiviso”.
I Bilateral Staff Talk si sono conclusi con la firma del Piano di Cooperazione
2025 che prevede lo svolgimento di undici attività addestrative, cinque in
Italia e sei in Niger. Prima di lasciare Roma, la delegazione nigerina ha
incontrato il Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Luciano Portolano
(già Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti) “a
dimostrazione della valenza strategica attribuita al Paese africano”. (1)
Addestrati a combattere
Le forze armate italiane sono presenti in Niger dal 2018 nell’ambito della
cosiddetta “Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger - MISIN"
(con area geografica di intervento allargata anche a Mauritania, Nigeria e
Benin), con il fine di “incrementare le capacità volte al contrasto del fenomeno
dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, nell’ambito di uno sforzo
congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area e il
rafforzamento delle capacità di controllo del territorio da parte delle autorità
nigerine e dei Paesi del G5 Sahel (Niger, Mali, Mauritania, Chad e Burkina
Faso)”, così come ancora si legge nel sito del Ministero della difesa,
nonostante il rovesciamento delle alleanze del regime golpista di Niamey e il
ritiro unilaterale del Mali, due anni fa, dal G5 Sahel.
“La missione MISIN concorre alle attività di sorveglianza delle frontiere e del
territorio e di sviluppo della componente aerea della Repubblica del Niger”,
spiega ancora la Difesa italiana. “Vengono svolte attività di formazione,
addestramento, consulenza, assistenza, supporto e mentoring a favore delle forze
di sicurezza e delle istituzioni governative nigerine. Le attività MISIN sono
condotte in accordo alle direttive impartite dal Comando Operativo di Vertice
Interforze (COVI) a cui è assegnata la pianificazione, la coordinazione e la
direzione delle operazioni e delle esercitazioni militari in ambito nazionale e
internazionale nei cinque domini: terra, mare, cielo, spazio e cyber”. (2)
Il Parlamento ha autorizzato il dispiegamento annuale in Niger fino a un massimo
di 500 militari, 100 mezzi terrestri e sei mezzi aerei. Il contingente comprende
un team per ricognizione e comando e controllo; uno di addestratori, da
impiegare anche presso il Defense College in Mauritania; il personale sanitario
e del genio per lavori infrastrutturali; una squadra rilevazioni contro minacce
chimiche-biologiche-radiologiche-nucleari (CBRN); un’unità a supporto delle
operazioni di intelligence, sorveglianza e riconoscimento (ISR).
Ad oggi sono stati svolti complessivamente 392 corsi addestrativi con il
coinvolgimento di 10.400 nigerini appartenenti alle forze armate, alla Polizia
delle Dogane, alla Guardia Nazionale e alla Gendarmeria. Le attività vengono
svolte nei centri di addestramento di Niamey, Agadez e Arlit; oltre alle
esercitazioni in ambito terrestre ed aereo, le unità italiane forniscono il know
how per “contrastare le attività illegali legate ai traffici illeciti, ai
fenomeni migratori e alla criminalità”. In particolare, al personale
dell’Esercito sono attribuiti compiti addestrativi in ambito paracadutistico,
fanteria di base, contrasto degli esplosivi improvvisati (IED); i reparti
dell’Arma dei Carabinieri curano invece la formazione nella gestione dell’ordine
pubblico, controllo del territorio, tecniche di intervento operativo, tiratore
esperto basico, ecc.. (3)
Nel corso del 2024 le unità italiane inquadrate nello Special Operations Task
Group “Victor” hanno formato nel centro addestrativo di Bassora (Niamey)
duecento appartenenti al Gruppo di Intervento e Sicurezza (GIS) della Guardia
Nazionale.
“L’intenso programma addestrativo, racchiuso in un arco temporale di due mesi,
ha dato modo di far acquisire agli operatori nigerini le procedure
tecnico-tattiche atte a rispondere a molteplici tipologie di minaccia,
simmetriche, asimmetriche o ibride, ad agire e reagire ad azioni offensive e a
predisporre assetti difensivi in un ambiente operativo mutevole, operando in
scenari aperti o compartimentati”, spiega lo Stato Maggiore della Difesa. “Le
attività addestrative hanno mirato a potenziare le capacità individuali e
collettive delle Forze di Sicurezza del Paese nel contrasto alla criminalità
organizzata locale, al terrorismo e al traffico illegale di esseri umani”. (4)
Più di un centinaio di paracadutisti nigerini sono stati formati dal personale
MISIN nella conduzione di “attività tattiche difensive e offensive” e delle
procedure di primo soccorso. “Particolare attenzione è stata data alla corretta
esecuzione delle formazioni appiedate e motorizzate, anche in situazioni di
stress, così da possedere tempi di reazione tempestivi e modalità di condotta
operativa adeguata a contrastare le minacce provenienti dai gruppi armati
presenti nel Paese”, enfatizzano i vertici militari italiani. I corsi per i parà
nigerini vengono svolti presso il Centro Addestramento per le Truppe Aeroportate
(CITAP) dell’Armée de Terre a Niamey, con l’impiego dei grandi velivoli da
trasporto Alenia C-27J “Spartan” in dotazione all’Aeronautica Militare italiana.
(5)
007, diplomatici e generali a Niamey
Oltre ad intensificare le attività addestrative in territorio nigerino, nel
corso dello scorso anno le forze armate italiane e i vertici dell’intelligence
hanno promosso importanti incontri con gli uomini che guidano il “governo di
transizione” post golpe del luglio 2023.
L’8 marzo 2004 il generale Francesco Paolo Figliuolo (al tempo a capo del
Comando Operativo di Vertice Interforze – COVI) e l’ambasciatore Riccardo
Guariglia, direttore generale del Ministero degli Affari Esteri, si sono recati
in visita a Niamey. “La delegazione è stata accolta dall’Ambasciatore d’Italia a
Niamey Roberto Orlando e dal Comandante della MISIN, generale di Brigata Massimo
Marceddu”, riferiva in nota lo Stato Maggiore. “Il generale Figliuolo e
l’ambasciatore Guariglia sono stati impegnati in proficui incontri bilaterali
con il Ministro degli Esteri nigerino Bakari Yaou Sangaré e con il Ministro
della Difesa Salifou Modi”. (6)
Venti giorni dopo (28 marzo) è stato il direttore dell’Agenzia Informazioni e
Sicurezza Esterna (AISE), il generale Giovanni Caravelli, a raggiungere la
capitale del Niger per incontrare il generale Abdourahamane Tchiani, presidente
del Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp). (7) Ignoti gli
scopi della missione del capo dei servizi segreti “esteri” a Niamey. Secondo
quanto riportato dall’Agenzia di stampa nigerina, “Caravelli ha portato un
messaggio di solidarietà da parte del presidente del Consiglio dei ministri
italiano, Giorgia Meloni, confermando la volontà di voler rafforzare la
cooperazione tra i due Paesi”. (8)
Nel comunicato emesso dal Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria
si legge testualmente che lo stesso “ha elogiato la professionalità e
l’esemplarità degli istruttori italiani durante le loro missioni con le Forze
Armate nigerine”. Il Cnsp ha sottolineato pure come l’Italia sia l’unico paese
europeo ad aver proseguito “senza interruzioni” la cooperazione, “sostenendo il
Niger sia materialmente che in termini di capacità, per affrontare al meglio le
sfide alla sicurezza”. (9)
Alla vigilia della delicata missione in terra africana del generale Giovanni
Caravelli, il governo Meloni aveva espresso ai membri delle Commissioni riunite
Esteri e Difesa della Camera dei Deputati e del Senato la ferma intenzione di
proseguire la partnership con il regime golpista. Il 20 marzo il vicepremier e
ministro degli Esteri, Antonio Tajani, spiegava ai parlamentari come “l’’impegno
italiano nel Sahel è cresciuto costantemente nel contrasto al terrorismo e ai
traffici criminali e il Niger è stato al centro di tale dinamica”. “Un ritiro
dal Sahel renderebbe la regione più ostile e non certo più favorevole ai nostri
interessi strategici”, aggiungeva il ministro. “Ribadiamo l’opportunità di
riprendere il dialogo con le autorità de facto nigerine, una prospettiva alla
quale lavorano anche gli Stati Uniti (sic)”. (10)
L’11 aprile 2024, sempre in un’audizione davanti alle commissioni Esteri e
Difesa di Camera e Senato, l’allora responsabile del COVI, Francesco Paolo
Figliuolo, spiegava la necessità di proseguire l’impegno delle forze armate nel
Sahel, focalizzando lo sforzo operativo principalmente in Niger.
“L’Italia ha una posizione di interlocutore privilegiato nel Paese, che continua
ad essere il crocevia di tutti i flussi migratori sia dal Sahel sia dal Corno
d’Africa”, affermava il generale Figliuolo. “Il Niger è un’area di priorità e
interesse nazionale, per tale motivo e nella considerazione che un’eventuale
uscita delle nazioni occidentali dal Paese lascerebbe spazi di manovra
all’allargamento della presenza di altri attori della regione anche malevoli,
riteniamo di primaria importanza consolidare la nostra presenza con la missione
bilaterale MISIN (…) Complessivamente nel Sahel prevediamo di impiegare un
contingente massimo di quasi 800 unità, un’unità navale e fino a sei assetti tra
aerei e elicotteri”. (11)
Le criticità dell’accordo italo-nigerino
La cooperazione in materia di difesa tra Italia e Niger è stata sancita dalla
firma di un accordo bilaterale il 26 settembre 2017 tra i ministri della Difesa
(del tempo) Roberta Pinotti (Pd) e Kalla Moutari, ratificato poi il 13 agosto
2019. L’accordo elenca un ampio numero settori operativi (politica di difesa e
sicurezza; ricerca, sviluppo del supporto logistico e acquisizione di prodotti e
servizi; operazioni di pace ed aiuto umanitario; organizzazione ed impiego delle
Forze Armate e equipaggiamenti di unità militare e gestione del personale;
formazione ed addestramento in campo militare ed “altri settori di comune
interesse tra le Parti”).
Nello specifico vengono previsti visite reciproche di delegazioni di enti civili
e militari; scambi di esperienze tra esperti delle due Parti; incontri tra
rappresentanti delle Istituzioni della difesa; scambi di relatori e di personale
di formazione; partecipazione ad esercitazioni militari, operazioni umanitarie e
di mantenimento della pace, nonché a corsi teorici e pratici, periodi di
orientamento, seminari, conferenze, dibattiti e simposi; supporto alle
iniziative commerciali relative ai prodotti ed ai servizi della difesa.
All’articolo 6 dell’accordo si elenca una lunga lista di armamenti che si
intendono oggetto della cooperazione: navi, aeromobili ed elicotteri militari;
sistemi aerospaziali e relativi equipaggiamenti; carri e veicoli appositamente
costruiti per uso militare; armi da fuoco automatiche e relativo munizionamento;
armamento di medio e grosso calibro; bombe, mine, razzi, missili, siluri e
relativo equipaggiamento di controllo; polveri, esplosivi e propellenti; sistemi
elettronici, elettro-ottici e fotografici; materiali speciali blindati e
materiali specifici per l’addestramento; macchine ed equipaggiamento costruiti
per la fabbricazione, il collaudo ed il controllo delle armi e delle munizioni.
“Il reciproco approvvigionamento di prodotti d’interesse delle rispettive Forze
Armate sarà sviluppato nell’ambito del presente Accordo e potrà essere attuato
attraverso operazioni dirette da Stato a Stato, oppure tramite società private
autorizzate dai rispettivi Governi”, si legge ancora all’articolo 6. (12)
L’accordo di cooperazione militare Italia-Niger è stato stigmatizzato da diverse
organizzazioni non governative che operano in difesa della pace e della difesa
dei diritti umani e da esperti e studiosi di diritto internazionale. “Emergono
due aspetti critici dallo studio dell’Accordo: uno facente capo alla sua
configurazione legale ed il secondo circa i contenuti”, annota l’Osservatorio
sulla prassi italiana nella conclusione di trattati in ambito migratorio
promosso dall’Università degli Studi di Torino. “Circa la procedura di
conclusione dell’Accordo si nota come questo abbia seguito un cammino inusuale:
a prima vista questo viene concluso in forma semplificata, dal momento in cui
questo è firmato dal Ministro della Difesa Italiano nel 2017, l’Accordo pare
avere natura provvisoriamente esecutiva dal momento in cui si pone come base
legale per l’operazione militare MISIN, alla quale viene dato inizio nel 2018”.
Il testo dell’accordo è stato reso pubblico solo dopo una sentenza del TAR del
Lazio (2018), a seguito della richiesta di accesso civico presentata
dall’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) e dalla
Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD). “Rimane tuttavia dubbia la
sua configurazione: si tratta di un Accordo concluso in forma semplificata
oppure concluso in forma solenne ma provvisoriamente applicato fino alla
ratifica?”, aggiunge l’Osservatorio dell’Università di Torino. “Ad oggi il
contenuto delle due lettere (1 novembre 2017 e 15 gennaio 2018) tra il Governo
della Repubblica del Niger ed il Governo Italiano che erano state oggetto di
richiesta di pubblicazione, rimane sconosciuto. Tali lettere vengono
generalmente considerate essere parte della base legale dell’Accordo”.
Sempre secondo l’Osservatorio, un profilo di criticità si presenta anche sul
ruolo del Parlamento: “É noto che la procedura circa la conclusione degli
accordi internazionali, secondo la legge italiana, non è stata correttamente
seguita nel caso in esame. Si considera infatti che il Parlamento Italiano sia
stato chiamato ad approvare la ratifica dell’Accordo nonostante questo fosse già
in vigore (entrando in conflitto con la procedura prescritta dall’Articolo 80
della Costituzione Italiana)”. (13)
La “cooperazione allo sviluppo” è militare
Un recente paper del Centro studi di politica internazionale e intelligence -
ADIT con sede in Francia ha rilevato come la partnership politico-militare tra
Italia e Niger si sia estesa anche a settori ed aree formalmente non previsti
dall’Accordo del 26 settembre 2017. “Un programma di addestramento è stato
condotto ad esempio nel 2019 a Niamey con oggetto le tecniche di inchiesta sul
terrorismo, a favore di venti giudici e magistrati nigerini”, annota ADIT. “Esso
è stato tenuto dal Ministero degli Affari Esteri italiano, in collaborazione con
la Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa. Il corso era finalizzato a
rafforzare le capacità anti terrorismo e ad equipaggiare i giudici per giudicare
le organizzazioni terroristiche in linea con gli standard internazionali”.
Inoltre, nell’aprile 2023, l’Unione Europea ha assegnato un contratto del valore
di 40 milioni di euro al Ministero della Difesa italiano e all’Agenzia Italiana
per la Cooperazione allo Sviluppo per fornire equipaggiamento per i programmi
addestrativi a favore delle forze armate del Niger. (14)
Altrettanto ambigui gli “interventi umanitari” a favore della popolazione
nigerina, promossi da una specifica task force CIMIC (Civilian Military
Cooperation) nell’ambito della Missione bilaterale MISIN. Secondo il Ministero
della Difesa, nel solo anno 2024 i militari italiani hanno realizzato 57
progetti di cooperazione civile-militare, di cui 20 nel settore sanitario. Sono
stati consegnati medicinali, reagenti chimici, ausili e strumenti
elettromedicali a ospedali e strutture socio-sanitarie di Niamey e al Centre de
Recherche Mèdicale et Sanitaire (CERMES) che svolge attività di studio e
sviluppo di farmaci per la cura delle malattie trasmissibili di origine
batterica, parassitaria o virale.
“Tra le progettualità di medio termine nel settore della sanità pubblica –
annota la Difesa - assume particolare rilevanza la costruzione del Centro di
Medicina Aerospaziale del Niger (Centre de Compétences Médicales Aérospatiale du
Niger – CEMEDAN), che grazie all’elevata capacità di diagnostica strumentale
consentirà di certificare l’idoneità al volo di tutto il personale navigante e
si porrà, nel contempo, come centro di eccellenza, unico nel suo genere, in
tutta l’area del Sahel”. I lavori di costruzione del CEMEDAN saranno completati
entro la fine del 2025. (15)
Rispondono ad evidenti finalità geostrategiche e di costruzione del consenso
popolare anche le consegne di materiale scolastico a scuole ed istituti
nigerini. “A fine agosto 2024 più di 11.200 libri scolastici sono stati
consegnati al Delegato Dipartimentale dell’Istruzione Nazionale, diversi
medicinali sono stati donati al Distretto Regionale della Sanità Pubblica, ben
due tonnellate di derrate alimentari e altri 146 libri sono state distribuite a
Enkadeouene, villaggio nomade in prossimità di Agadez”, enfatizza lo Stato
Maggiore della Difesa. “La MISIN ha già operato in passato nella città nigerina
con attività di formazione e addestramento in favore della Gendarmeria e delle
Forze di Sicurezza locali. Oggi, avvalendosi della cellula di cooperazione
civile-militare (CIMIC) del contingente nazionale, l’Italia ha voluto continuare
a garantire la propria presenza e a fornire supporto in quest’area così lontana
dalla capitale del Niger, dove ha sede il comando della Missione”. (16)
Con un occhio e mezzo sulle fonti energetiche
Una chiave di lettura per spiegare l’ostinazione del governo
Meloni-Tajani-Crosetto nel proseguire e rafforzare le attività di cooperazione
nel settore bellico-militare con le autorità golpiste di Niamey è stata data da
Gianandrea Gaiani, già consigliere per le politiche di sicurezza del Ministero
dell’Interno e odierno direttore di Analisi Difesa.
“La decisione italiana di mantenere la presenza militare in Niger costituisce
un’opportunità non solo per ampliare l’influenza nazionale in quella regione al
di fuori dei consueti schemi di alleanze in ambito occidentale ma anche per
monitorare da vicino la penetrazione in tutti i settori di Russia, Cina e
Turchia sempre più marcata in Africa”, scrive Gaiani. “Nonostante la scontata
irritazione della Francia per il ruolo ricoperto dall’Italia in una regione da
cui Parigi è stata espulsa da diverse sue ex colonie nel giro di pochi anni, in
prospettiva il Niger potrebbe rivestire il ruolo di apripista per lo sviluppo e
consolidamento del Piano Mattei varato dal governo per promuovere la
cooperazione con le nazioni africane”. (17)
Nulla di più calzante per questo paese dell’Africa subsahariana l’utilizzo di un
piano di “sviluppo” a cui è stato dato il nome del dirigente italiano che fu
chiamato a riorganizzare l’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) dopo la fine della
Seconda guerra mondiale per trasformarlo poi in uno dei colossi energetici a
livello mondiale. Oggi il Niger è il secondo esportatore di uranio verso
l’Unione Europea e il settimo produttore al mondo e dunque gioca un ruolo di
prima grandezza nella produzione di energia nucleare a scopi civili e militari.
Ma il Niger è destinato nei prossimi anni ad assumere funzioni geostrategiche
nella rete degli oleodotti e gasdotti interafricani, specie per il trasferimento
di combustibili fossili dalla Nigeria all’Algeria e da quest’ultima verso
l’Europa via Spagna e Sicilia. (18)
Anche in Niger l’Italia con le stellette ci sta in nome e per conto delle
transnazionali energetiche…
Note
1)
https://www.difesa.it/smd/news-italia/smd-quarta-edizione-bilateral-staff-talk-difesa-italia-niger/61386.html
2)
https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/niger-missione-bilaterale-supporto/default/28246.html
3)
https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/niger-missione-bilaterale-supporto/contributo-nazionale/28247.html
4)
https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/niger-missione-bilaterale-supporto/notizie-teatro/niger-qualificati-201-operatori-forze-speciali/57194.html
5)
https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/niger-missione-bilaterale-supporto/notizie-teatro/niger-conclusi-i-corsi-formazione-per-46-paracadutisti/56358.html
https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/niger-missione-bilaterale-supporto/notizie-teatro/misin-prima-missione-congiunta-esteri-e-difesa-in-niger/49211.html
Baykar è posizionato nella top list dei maggiori esportatori nazionali.
Recentemente ha acquisito anche l'italiana Piaggio Aerospace
In Africa si moltiplicano le commesse di droni da guerra prodotti dalle aziende
leader del complesso militare-industriale turco. Un mercato in inarrestabile
espansione quello dei velivoli senza pilota: affari miliardari per l’entourage
familiare del presidente Recep Tayyp Erdoğan, mentre l’Italia si candida come
possibile produttore di morte per conto di Ankara.
Le forze armate del Kenya si starebbero addestrando all’impiego dei droni-killer
“Bayraktar” TB2, dopo averne acquistato in Turchia non meno di sei unità.
“Questa tipologia di aereo senza pilota avanzato (UAV) è stato fotografato in un
hangar militare in Kenya e mostrava la bandiera keniana sui suoi stabilizzatori
a V invertita”, riporta il sito specializzato Military Africa.
Il drone Bayraktar TB2 può raggiungere una velocità massima di 250 km/h, mentre
la quota di tangenza massima è di 7.300 metri. I velivoli acquistati dalle forze
armate di Nairobi sarebbero in grado di volare ininterrottamente fino a 27 ore e
di trasportare bombe leggere a guida laser.
“Ogni sistema fornito dall’azienda produttrice comprende fino ad un massimo di
sei velivoli a pilotaggio remoto Bayraktar TB2, due stazioni di controllo a
terra, kit di alimentazione e manutenzione nonché armamento di precisione sempre
prodotto dalle industrie turche”, spiega Ares Difesa.
Il TB2 è dotato di un sistema per il decollo e l’atterraggio completamento
automatico. Per lo svolgimento di missioni ISR (Intelligence, Sorveglianza e
Ricognizione) può montare telecamere diurne e notturne e radar SAR.
“In configurazione di combattimento, oltre il sensore laser per l’illuminazione
dei bersagli anche a favore di altre fonti di fuoco, il Bayraktar TB2 può
impiegare diversi tipi di armamento tra cui due missili guidati anticarro e
munizioni a guida laser Roketsan MAM-L o MAM-C”, aggiunge Ares Difesa.
Il costo unitario di ogni velivolo-killer è di circa 5 milioni di dollari. Il
“Bayraktar TB2” è progettato e prodotto dalla società aerospaziale Baykar (sede
principale nel distretto di Bahçeşehir, Istanbul), il cui fondatore e presidente
del consiglio di amministrazione è Selcuk Bayraktar, genero del presidente della
Repubblica di Turchia, Recep Tayyip Erdoğan.
“L’acquisto dei droni Bayraktar TB2 segna un passo significativo negli sforzi
del Kenya di modernizzare le proprie forze armate e rafforzare le proprie
capacità difensive”, commentano gli analisti di Military Africa. “Con questi
droni, il Kenya mira a sviluppare le operazioni di sorveglianza aerea,
specialmente di fronte alle crescenti minacce alla sicurezza nella regione (…)
Grazie ai Bayraktar TB2 si otterrà un vantaggio significativo nel mantenimento
della sicurezza delle frontiere”.
I produttori turchi hanno promosso training addestrativi a favore del personale
militare keniano. Il 23 agosto 2024 l’ufficio stampa di Baykar ha pubblicato una
nota in cui si spiegava che presso il Flight Training Center di Keşan (provincia
di Edime) si “erano completate con successo le attività addestrative per
l’impiego ed il supporto dei droni d’attacco TB2” con i piloti del “nostro paese
amico e fratello, il Kenya”.
Secondo i manager di Baykar, i velivoli senza pilota “Bayraktar TB2” e
“Bayraktar Akinci” sono già stati venduti a 35 paesi di Medio Oriente, Europa ed
Africa. In particolare sono stati impiegati massicciamente nel conflitto in
corso tra Ucraina e Russia ed in quello tra Azerbaijan ed Armenia in Nagorno
Karabakh.
“Gli stati africani stanno acquistando sempre più droni turchi per combattere i
gruppi armati dopo il loro uso effettivo in vari conflitti internazionali”,
scrive Military Africa. “Per gli acquirenti africani con limitati budget
militari, essi sono un’opzione particolarmente attrattiva data la loro
convenienza ed efficacia”.
Per gli analisti militari i “Bayraktar TB2” consentono di sviluppare una
“significativa potenza aerea” senza dover affrontare i grandi costi finanziari
per le attrezzature e le lunghe attività addestrative richieste invece dalle
“convenzionali” forze di attacco aereo con caccia pilotati.
Il Kenya si aggiunge ai numerosi paesi africani che si sono dotati dei velivoli
turchi a pilotaggio remoto o che hanno espresso l’intenzione di acquisirli. Tra
essi spiccano Angola, Burkina Faso, Etiopia, Gibuti, Mali, Marocco, Togo e
Tunisia.
Nelle settimane scorse pure il Niger avrebbe acquistato sei “Bayraktar TB2” per
operare contro i gruppi armati attivi nella regione meridionale del Sahel e
intorno al Lago Ciad. Il governo della Nigeria avrebbe ordinato 43 UAV armati
“Bayraktar TB2” nell’ambito del Progetto Guardian, mirato ad affrontare le sfide
alla sicurezza nella regione nord-occidentale.
“Ancora prima dell’uso di queste potenti armi per la sorveglianza e l’attacco
nel continente, va ricordato come il governo della Libia, legittimamente
riconosciuto dalle Nazioni Unite, li ha impiegati a partire del 2019 contro le
forze ribelli presenti nella parte orientale del paese”, annota Military Africa.
I “Bayrakar” sono stati usati dalle forze armate etiopi per i bombardamenti in
Tigray tra il 2021 e il 2022.
I “successi” dell’export di morte dell’azienda in mano al genero di Erdoğan
hanno “convinto” il governo italiano Meloni-Crosetto-Tajani a cederle uno dei
gruppi storici del comparto militare-industriale aerospaziale, la Piaggio
Aerospace, con sede generale e stabilimento a Villanova D’Albenga (Savona) e
centro servizi e vendite nel capoluogo ligure.
“Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha autorizzato i Commissari di
Piaggio Aero Industries e Piaggio Aviation – le due società in amministrazione
straordinaria che operano sotto il marchio Piaggio Aerospace italiana – a
procedere con la cessione di tutti i complessi aziendali alla società turca
Baykar”, riporta il comunicato pubblicato il 27 dicembre 2024.
“Nell’ambito dell’ultima procedura aperta per l’identificazione di un
acquirente, sono pervenute tre offerte definitive da parte di altrettanti player
industriali internazionali”, aggiunge il MIM. “Dopo un’attenta valutazione, la
terna commissariale ha ritenuto che quella di Baykar fosse la più idonea
a garantire gli interessi dei lavoratori dipendenti e dei creditori e a
rilanciare le prospettive industriali del Gruppo”.
Secondo il titolare del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il senatore
di Fratelli d’Italia Adolfo Urso (già presidente del Comitato parlamentare per
la Sicurezza della Repubblica), Baykar si sarebbe impegnata a potenziare le
attività di produzione di aeromobili a uso civile e militare, “salvaguardando”
la forza lavoro.
“Con l’acquisizione di Piaggio Aerospace, Baykar è destinata a espandere la sua
influenza nel mercato dell’aviazione in Europa, mentre preserva l’eredità
storica di Piaggio e la sua capacità produttiva”, commentano i manager turchi.
“Questo passaggio strategico si aggiunge ai successi globali dell’industria
aerea della Turchia”.
Sempre secondo Baykar, nel 2023 il gruppo si è posizionato nella top list dei
maggiori esportatori nazionali, con un valore dell’export superiore ad 1,8
miliardi di dollari. Un report del think tank statunitense CNAS (Center for a
New American Security) documenta come la Turchia abbia assunto un ruolo
dominante nel mercato globale dei droni militari e la Baykar, da sola,
controllerebbe il 60% circa delle esportazioni.
“Il velivolo senza pilota d’attacco Bayraktar TB2 ha giocato un ruolo critico
negli sforzi anti-terrorismo della Turchia così come ha primeggiato nelle
operazioni internazionali”, affermano con malcelato cinismo i manager del
gruppo. “Essi hanno dimostrato la loro efficienza in vari conflitti, e sono
stati fondamentali nella fine della trentennale occupazione del Karabakh”.
“Nel conflitto tra Ucraina e Russia iniziato nel febbraio 2022, i Bayraktar TB2
sono diventati un eroe agli occhi del popolo ucraino grazie al loro
straordinario successo”, aggiunge Baykar. “Essi hanno cambiato l’equilibrio di
potere come moltiplicatore di forza nella guerra”.
“Una Bayraktar Radio è stata lanciata in onore del velivolo armato senza pilota,
sono state composte marce musicali e realizzati giocattoli in suo onore. Anche
ai bambini neonati è stato dato il nome di Bayraktar”.
“In Ucraina il Bayraktar TB2 non è stato solo fondamentale nelle operazioni di
combattimento ma è divenuto anche un simbolo di speranza”, si conclude il
farneticante comunicato del gruppo turco oggi alla guida di Piaggio Aerospace.
“Questo successo in Ucraina ha dimostrato l’influenza del Bayraktar TB2 ed ha
mostrato al mondo che è esso è il migliore nella sua classe”.
Articolo pubblicato in Africa ExPress il 14 gennaio 2025,
https://www.africa-express.info/2025/01/14/anche-il-kenya-acquista-droni-di-morte-turchi-fabbricati-dal-genero-di-erdogan/
L’agenzia Frontex dell’Unione Europea va alla guerra ai migranti con i droni di
guerra israeliani.
“Per la seconda volta consecutiva, Frontex ha prescelto la nostra azienda in
partnership con le IAI - Israel Aerospace Industries per la sorveglianza
marittima del Mediterraneo”. E’ Airbus DS Airborne Solutions (ADAS), società
interamente controllata dal gruppo aerospaziale Airbus Defence and Space
(quartier generale a Monaco di Baviera), a rendere nota l’aggiudicazione di un
nuovo contratto a favore dell’agenzia a cui è affidato il controllo delle
frontiere esterne Ue.
“La controllata di Airbus e il suo partner da lungo tempo Israel Aerospace
Industries, continueranno a fornire a Frontex i servizi di sorveglianza
aereonavale con l’impiego di velivoli senza pilota”, aggiunge l’ufficio stampa
di ADAS.
Ad oggi non è dato sapere l’ammontare del contratto. Il gruppo aerospaziale
tedesco ha però comunicato che sarà il drone MALE (Medium-Altitude,
Long-Enduranc) “Heron” di produzione israeliana ad essere messo a disposizione
dall’agenzia europea sui cieli del Mediterraneo.
“L’Heron opererà per altri quattro anni, dando un importante contributo alla
sicurezza e alla stabilità dell’Europa”, aggiunge ADAS. “La continuazione delle
missioni con il sistema aereo a pilotaggio remoto Heron, secondo i termini del
nuovo contratto, avverrà a partire dall’inizio 2025”.
Particolare enfasi è stata espressa dai manager delle due aziende militari.
“Questo nuovo contratto sottolinea sia la posizione leader di ADAS e IAI nella
fornitura ed esecuzione di servizi con sistemi di droni in grado di volare a
medie altitudini e per lunghi periodi, nonché il successo della cooperazione
avviata con l’Unione europea”, ha commentato Tim Behrens, presidente del
consiglio di amministrazione di Airbus DS Airborne Solutions.
“Israel Aerospace Industries è fiera di essere scelta da Airbus quale sub-
contractor del programma di Frontex”, ha dichiarato Moshe Levy, ex colonnello
dell’Aeronautica militare israeliana ed odierno vicepresidente e general manager
del settore aereo militare del gruppo industriale IAI.
Il drone MALE “Hero” viene impiegato ormai da numerosi paesi europei, asiatici
ed africani, sia per attività di intelligence, riconoscimento e sorveglianza e
sia per operazioni di attacco contro obiettivi terrestri e navali.
Il velivolo può volare ininterrottamente per oltre 20 ore a un’altitudine di
35.000 piedi, in tutte le condizioni atmosferiche. Ha un raggio operativo di
1.000 miglia e per le esigenze di “controllo” dei flussi migratori nel
Mediterraneo, sarà dotato di sistemi elettro-ottici per le missioni diurne ed
infrarossi per scopi notturni.
“L’“Heron” in versione navale è inoltre equipaggiato con un radar per il
pattugliamento di grande performance e con un sistema automatico di
identificazione delle imbarcazioni”, spiegano i manager di Airbus DS Airborne
Solutions.
Tutte le informazioni raccolte dal drone di produzione israeliana saranno
inviate direttamente al Centro di comando operativo di Frontex con sede a
Varsavia e ai vari centri di controllo delle Guardie costiere dei paesi Ue. “Ciò
consentirà di coordinare le operazioni di ricerca in tempo reale e di
intervenire contro le attività illegali, garantendo la sicurezza del
Mediterraneo”.
Il primo contratto per lo svolgimento delle attività di intelligence
anti-migranti con i droni made in Israel, è stato sottoscritto dall’Agenzia
europea l’1 ottobre 2020. Le operazioni d’intercettazione delle imbarcazioni nel
Mediterraneo presero il via nei primi mesi del 2021 dopo una serie di prove
tecniche che il consorzio Airbus – Israel Aerospace Industries effettuò
nell’isola greca di Creta.
I termini di riferimento del contratto (classificato con il codice 2020/S
196-473315) prevedevano per ADAS e IAI l’uso delle piattaforme a pilotaggio
remoto con le relative attrezzature di comunicazione, la raccolta e la
trasmissione dati a un portale remoto, la memorizzazione delle missioni, il
controllo e l’assistenza con collegamenti radio e via satellite, la manutenzione
dei velivoli e l’addestramento del personale.
“Il servizio sarà fornito in Grecia, e/o in Italia e/o a Malta con le modalità
che saranno previste dall’accordo che sarà definito tra Frontex e il
contractor”, specificò al tempo Frontex.
La preferenza del colosso aerospaziale europeo per il drone marittimo “Heron” fu
determinata dalle caratteristiche tecniche del velivolo e dalle performance
ottenute durante l’impiego in ambito bellico e nel controllo dell’ordine
pubblico da parte delle forze armate e di polizia israeliane.
I droni “Heron” sono stati utilizzati principalmente contro la popolazione
palestinese già in occasione dell’assalto israeliano a Gaza tra la fine del 2008
e l’inizio del 2009 (Operazione Piombo Fuso), con la conseguente uccisione di
decine di civili. I velivoli senza pilota di IAI continuano ad essere impiegati
nell’odierno conflitto genocida contro la Striscia di Gaza e nelle operazioni
che Tel Aviv ha avviato in Libano e Siria dopo il 7 ottobre 2023.
L’1 ottobre 2020 Frontex ha firmato un secondo contratto (anch’esso di 50
milioni di euro) per l’impiego di droni in operazioni di intelligence
anti-migranti, con un’altra azienda israeliana, leader nel settore
militare-industriale, Elbit Systems Ltd. di Haifa.
In quel caso il velivolo senza pilota impiegato da Frontex è stato l’“Hermes”,
in grado di volare per 36 ore a un’altitudine di 30.000 piedi. Il drone
israeliano è stato testato a fine settembre 2020 dall’Agenzia di controllo
marittimo e guardiacoste del Regno Unito, svolgendo operazioni di sorveglianza e
salvataggio nelle acque del Galles.
Anche l’“Hermes” è un velivolo che può essere impiegato in operazioni di
attacco. Esso è stato utilizzato per la prima volta in un conflitto dalle forze
armate israeliane durante l’Operazione Margine Protettivo contro la Striscia di
Gaza (2014). Il drone-killer continua ad essere impiegato oggi nei sanguinosi
bombardamenti contro le città e i campi palestinesi.
Una versione meno sofisticata (l’“Hermes 450”) è stata utilizzata durante
l’assalto israeliano del 2008-2009, ancora una volta contro gli abitanti della
Striscia di Gaza.
I velivoli senza pilota di Elbit Systems sono stati impiegati anche in Libano
nel 2006, causando la morte di diversi civili, inclusi operatori della Croce
Rossa. Un “Hermes” è stato coinvolto nell’uccisione di quattro ragazzi che
stavano giocando in una spiaggia a Gaza, il 16 agosto 2014.
Articolo pubblicato in Africa ExPress il 13 gennaio 2025,
https://www.africa-express.info/2025/01/13/frontex-guerra-ai-migranti-con-droni-israeliani/
Il 18 dicembre 2024 i manager di Elt Group (fino al 2022 Elettronica S.p.A.)
hanno firmato a Doha un contratto con il ministero della difesa qatariota per la
fornitura di un Centro per la Guerra Elettronica (EW) Unificato, dotato di
tecnologie di ultima generazione.
Il nuovo Centro potenzierà le capacità operative EW delle forze armate del
Qatar, favorendone la modernizzazione e l’efficacia nell’ottica di scenari
operativi sempre più complessi e multidominio.
“Questo contratto rappresenta un risultato molto importante, sia in termini
economici che per quanto riguarda il nostro posizionamento nell’area”, ha
dichiarato l’amministratrice delegata di Elt Group, Domitilla Benigni. “È anche
una conferma di una solida amicizia e di una cooperazione a lungo termine con le
Forze Armate del Qatar. Per la prima volta in questo Paese la nostra azienda
assume il ruolo di prime contractor e questo ci rende particolarmente orgogliosi
della fiducia da parte di un cliente internazionale così avanzato”.
Elt Group è presente nell’Emirato dal 2017 con l’apertura del suo ufficio
commerciale a Doha. L’azienda collabora attivamente con le forze armate
nazionali impiegando i propri sistemi di guerra elettronica sulle unità della
Marina militare che sono state acquistate dalla holding della cantieristica
Fincantieri S.p.A., nonché sui cacciabombardieri Eurofighter Typhoon e sugli
NH-90 in dotazione alle forze aeree.
In occasione della recente kermesse delle aziende del comparto bellico navale
DIMDEX 2024 (Doha Maritime Defence Exhibition and Conference) tenutasi nella
capitale, Elt Group e il Comando generale della Qatar Emiri Air Force hanno
siglato una lettera d’intenti in vista di una mutua collaborazione nel settore
EMSO (operazioni nello spettro elettromagnetico).
Da oltre 70 anni Elt Group è una delle maggiori protagoniste in ambito
internazionale nel campo della progettazione e produzione di sistemi di “difesa”
elettronica, aerospaziali e della cyber security.
Il gruppo italiano ha quartier generale nella via Tiburtina a Roma ed opera in
una trentina di paesi attraverso uffici commerciali e società di importanza
strategica e di diritto locale con sede in Germania e Arabia Saudita.
Elt Group partecipa ai principali programmi di difesa europei come quelli per la
produzione dei caccia Eurofighter Typhoon, delle fregate lanciamissili Fremm e
dei nuovi pattugliatori polivalenti d’altura PPA.
La società è stata chiamata anche al progetto di realizzazione della piattaforma
avionica di sesta generazione GCAP (Global Combat Air Programme), più nota come
“Tempest”, promosso dal consorzio italo-britannico-giapponese (presente il
gruppo Leonardo S.p.A.).
Fanno parte di Elt Group anche CY4Gate, specializzata in cyber security e cyber
i Intelligence; E4Life, la prima azienda di biodifesa italiana; Solynx
Corporation, una società di scouting tecnologico con sede negli Stati Uniti
d’America.
In Medio Oriente, il gruppo italiano ha firmato di recente accordi di
cooperazione istituzionale e industriali in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi
Uniti.
Nel novembre 2023 Elt ha varato un piano per istituire un hub di supporto
logistico integrato per i sistemi di guerra elettronica del ministero della
Difesa emiratino. Partner del programma è Etimad Holding, di proprietà del
gruppo finanziario militare-industriale EDGE di Abu Dhabi.
Un Memorandum of Understanding per accrescere la conoscenza della gestione dello
spettro elettromagnetico negli Emirati Arabi Uniti è stato firmato da Elt il 15
febbraio 2024 con l’Università emiratina di scienza e tecnologia “Khalifa”.
A maggio 2023, il capitale sociale di Elt Group era di 9.000.000 di euro:
l’azienda risultava controllata per il 35,4 da Benigni S.r.l., dall’immancabile
Leonardo S.p.A. per il 31,3% e per il restante 33,3% dal colosso aerospaziale e
dell’elettronica Thales (francese).
Articolo pubblicato in Africa ExPress il 27 dicembre 2024,
https://www.africa-express.info/2024/12/27/nuovi-affari-delle-industrie-militari-italiane-con-le-forze-armate-del-qatar/
Per il Tribunale di Sorveglianza di Milano il pregiudicato barcellonese Rosario
Pio Cattafi, ritenuto dagli inquirenti come l’uomo-cerniera tra le cosche
mafiose, i colletti bianchi e gli apparati istituzionali dello Stato, continua
ad essere “socialmente pericoloso”.
Con sentenza del 2 dicembre 2024, il Magistrato di sorveglianza ha accertato la
“pericolosità sociale” del Cattafi, tornato in libertà per fine pena il 25
novembre dopo aver scontato una condanna a sei anni di reclusione per
associazione mafiosa “fino all’anno 2000” e calunnia, con sentenza emessa dalla
Corte d’appello di Reggio Calabria il 6 ottobre 2021.
Contro l’ex detenuto è stata applicata la misura di sicurezza personale della
libertà vigilata per la durata di due anni: Rosario Pio Cattafi dovrà stabilire
il proprio domicilio nel Comune di Barcellona Pozzo di Gotto (qui dovrà
permanervi senza potersi allontanare dalle ore 22 alle 6, salvo autorizzazione
del Magistrato di sorveglianza per comprovati motivi); inoltre dovrà presentarsi
una volta la settimana all’Autorità incaricata della vigilanza, non potrà fare
uso di sostanze stupefacenti e bevande alcoliche, non potrà detenere o portare
con sé armi o altri strumenti “atti ad offendere”, né frequentare persone dedite
ad attività illecite.
“Sulla base di tutti gli atti già esaminati dal Tribunale di Sorveglianza di
Milano, la pericolosità sociale di Rosario Pio Cattafi non può dirsi cessata o
grandemente scemata”, scrive il magistrato di sorveglianza Beatrice Secchi.
“Come già ritenuto in sede di ordinanza di rigetto dell’istanza di misura
alternativa della detenzione domiciliare, non emergono circostanze che inducano
a far ritenere venuta meno la probabilità che lo stesso – inserito a pieno
titolo in un sodalizio mafioso riconducibile a Cosa Nostra siciliana denominata
famiglia barcellonese – torni a commettere altri fatti previsti dalla legge come
reato; deve pertanto confermarsi la prognosi sfavorevole posta a fondamento del
riconoscimento della pericolosità sociale del medesimo e la misura di sicurezza
deve dunque essere dichiarata eseguibile”.
L’11 aprile 2024 il Tribunale di sorveglianza di Milano aveva respinto la
richiesta dei legali di Rosario Pio Cattafi di beneficiare della detenzione
domiciliare. “La sentenza emessa in sede di rinvio (dopo la sentenza di
annullamento emessa dalla Corte di Cassazione l’1 marzo 2017) dalla Corte
d’Appello di Reggio Calabria, divenuta irrevocabile il 16 maggio 2023, delinea
con precisione il ruolo di Cattafi all’interno dell’associazione criminale
mafiosa di appartenenza, con il ruolo di mantenere i contatti fra i vertici
dell’organizzazione ed altri sodalizi mafiosi riconducibili a Cosa Nostra, fra
cui la famiglia Santapaola di Catania e Cosa Nostra palermitana”, scrive il
magistrato del capoluogo lombardo.
“Preso atto del giudicato in punto di ruolo svolto da Cattafi all’interno del
consorzio criminale (qualificato come partecipe dalla sentenza di primo grado) e
del momento di cessazione della sua appartenenza a detto consorzio (individuato
nel marzo del 2000), la sentenza in esame delinea con precisione la figura del
Cattafi; evidenzia che lo stesso è affiliato che opera e si interfaccia con i
colletti bianchi, con le istituzioni (deviate) economiche e sociali assumendo
pertanto in seno al sodalizio compiti riservati di alto livello risultando per
ciò solo assolutamente lontano dall’esercizio di funzioni esecutive e materiali
riservate ad altri soggetti con cui non a caso Cattafi non ha costanti rapporti
di frequentazione; la sua partecipazione è peculiare nel senso che, assumendo
compiti e rapporti con le istituzioni deviate ed i colletti bianchi ed essendo
tenuto per ciò solo a particolare prudenza e circospezione si interfaccia solo i
vertici della cosca, stando ben attento, specie dopo la sua carcerazione nel
1997, a interfacciarsi con gli affiliati facenti parte dell’ala militare ed
esecutiva della potente cosca barcellonese”.
La mai cessata “pericolosità sociale” di Rosario Pio Cattafi è suffragata dalla
relazione di sintesi del Tribunale di sorveglianza di Milano del 9 aprile 2024.
In essa si legge in particolare che l’allora detenuto “nega ogni responsabilità
per i fatti di reato in relazione ai quali ha riportato condanna e qualsiasi
contatto con organizzazioni mafiose; afferma di essere stato condannato per
sentito dire, riferendosi chiaramente alle numerose chiamate in correità agli
atti del processo”. Il pregiudicato barcellonese “riferisce che per evitare la
mafia ha sempre svolto il suo ruolo nel campo del diritto civile o
amministrativo, quasi che le articolazioni della mafia che operano nel settore
economico non abbiano anche bisogno di queste competenze professionali; conferma
e ribadisce di essere stato vittima di persecuzione da parte delle forze
dell’ordine e di essere stato accusato falsamente dai collaboratori di
giustizia; parla di convergenza del molteplice, necessariamente sapendo in
realtà (in quanto avvocato) che ben diversa cosa è la sussistenza di indizi
gravi, precisi e concordanti ex art. 192 del codice di procedura penale”.
“Rosario Pio Cattafi spiega su richiesta il coinvolgimento in più processi per
mafia (anche quello in cui è stato assolto, trattasi del processo sull’Autoparco
di via Salomone a Milano, ndr), con l’esigenza dei magistrati di condannarlo per
poi farlo collaborare e avere informazioni”, conclude la relazione del
Tribunale. “Ed è con tale tesi che Cattafi chiarisce l’attuale condanna e
l’espiazione di parte di essa nel circuito 41bis. Non entra ovviamente nel
merito dei motivi per cui la sua collaborazione sarebbe stata considerata tanto
importante dalla Forze dell’ordine e dalla magistratura. Cattafi, che si pone a
colloquio in modi e toni pacati, utilizza il dialogo conferendo all’esposizione
dei concetti un’architettura, un’estetica di piacevole ascolto che di primo
acchito esprime rispetto per le istituzioni, per le leggi, le espressioni e le
pronunce dei suoi organi (sentenze). Riportando il discorso al concreto però ciò
che emerge è il contrasto tra l’asserito rispetto e il finale dichiararsi
sostanzialmente non responsabile per il reato ex art. 416bis e nemmeno per il
reato di calunnia (…). Le manifestazioni di disprezzo per la mafia e le
affermazioni di promuoverne il distacco in sezione almeno in relazione a certi
compagni restano quindi prive di riscontri oggettivi. L’equipe pertanto allo
stato attuale esprime parere non favorevole alla fruizione dei benefici,
confermando la permanenza nel circuito di attuale allocazione…”.
Tra le motivazioni dell’ordinanza relativa all’applicazione di misura di
sicurezza nei confronti del pregiudicato barcellonese, vengono riportati alcuni
passaggi della nota della Questura di Messina del 10 aprile 2024, nella quale si
riassumono alcune delle più significative vicende giudiziarie che lo hanno
riguardato. “Nel 1973 il detenuto riportava condanne per detenzioni di armi far
le quali un mitra marca Sten; in relazione a questo fatto Cattafi veniva anche
colpito da ordine di cattura emesso dalla Procura della Repubblica di Messina,
sottraendosi all’esecuzione per circa due mesi per poi costituirsi”, vi si
legge. “Nel 1983 veniva notato in compagnia di Francesco Rugolo (poi ucciso a
Barcellona Pozzo di Gotto), esponente del gruppo barcellonese di Cosa Nostra;
nell’84 viene tratto in arresto in Svizzera per associazione a delinquere di
stampo mafioso, sequestro di persona a scopo di estorsione e traffico di
sostanze stupefacenti sulla base delle dichiarazioni di Emanuele Epaminonda che
lo indica quale inviato di Nitto Santapaola a Milano”.
“Rosario Pio Cattafi viene indagato e poi sottoposto a processo nell’ambito del
procedimento Autoparco di via Salomone con una finale assoluzione”, aggiungeva
la Questura di Messina. “Viene scarcerato il 22 ottobre 1997 e rimesso in
libertà; nonostante l’assoluzione, l’autorità giudiziaria indica la sicura
esistenza di un solido legame tra Cattafi e Nitto Santapaola; viene indagato
nell’ambito di numerosi altri procedimenti ed anche per la cessione di una
partita di cannoni all’emirato di Abu Dhabi. Cattafi viene poi tratto in arresto
il 24 luglio 2012 nell’ambito di indagine condotta dall’Autorità Giudiziaria di
Messina per associazione di stampo mafioso (trattasi della vicenda conclusasi
con la sentenza oggi in esecuzione); la misura viene poi revocata dalla Corte
d’appello di Messina il 4 dicembre 2015 (dopo l’emissione della prima sentenza
d’appello, poi annullata in Cassazione). Da ultimo la sentenza della Corte
d’appello di Reggio Calabria oggi in esecuzione, che lo condanna alla pena di
sei anni di reclusione per associazione di stampo mafioso e calunnia”.
La nota della Questura sottolinea più volte il “rapporto privilegiato esistente”
tra Cattafi, il clan di Nitto Santapaola e la famiglia mafiosa di Barcellona
Pozzo di Gotto. “Cattafi ha intessuto anche fuori dalla regione di provenienza
una fitta trama di relazioni con personaggi di rilievo della criminalità
organizzata”, spiega l’organo di Pubblica sicurezza. “La molteplicità e
l’accertata non occasionalità di tali rapporti intrattenuti con esponenti di
vertice delle associazioni di stampo mafioso, la natura dei suddetti rapporti,
il carattere tendenzialmente permanente degli stessi, il livello approfondito di
conoscenza delle compagini associative, dei ruoli dei partecipi e di alcuni
gravissimi eventi delittuosi maturati nel contesto criminale in esame, nonché il
reiterato coinvolgimento in indagini giudiziarie riguardanti delitti la cui
gravità non occorre illustrare dimostrano univocamente quanto attuali siano la
pericolosità del Cattafi e dei suoi collegamenti con la criminalità di stampo
mafioso”.
“Appare evidente – conclude la nota - che il Cattafi Rosario è persona esperta e
di finissima intelligenza con maturata indole criminale e di elevatissima
pericolosità sociale e ciò induce a esprimere un giudizio particolarmente
allarmante sulla probabilità che egli possa tuttora mantenere, nonostante lo
stato di detenzione, forti collegamenti con altri soggetti appartenenti alla
criminalità organizzata di stampo mafioso”.
Alla luce di quanto esposto, il Tribunale di Sorveglianza di Milano non ha
dubbi: considerata la estrema gravità dei fatti commessi, lo stabile inserimento
di Cattafi nell’ambiente criminale mafioso ben delineato nella sentenza della
Corte d’Appello di Reggio Calabria, ritiene ancora oggi esistente una spiccata
pericolosità sociale del detenuto che mai ha reciso apertamente i legami con
l’ambiente criminale di provenienza. “Costituisce d’altra parte fatto notorio
che, nonostante il decorso del tempo, l’appartenenza a sodalizio criminale
mafioso, anche con lo specifico ruolo rivestito da Cattafi, non possa essere
recisa senza, quanto meno, una aperta, chiara e netta rivisitazione critica del
proprio passato”, conclude la dottoressa Beatrice Secchi. “Ed invece, come
chiaramente esposto anche nella relazione di sintesi, Cattafi, pur dichiarando
di disprezzare la mafia, non ha mai accettato un dialogo franco e aperto sulle
proprie responsabilità ed i propri comportamenti, suscettibili di indurre a
diversa valutazione”.
La misura restrittiva della libertà vigilata nei confronti di Rosario Pio
Cattafi scadrà il 2 dicembre 2026.
Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 20 dicembre 2024,
https://www.stampalibera.it/2024/12/20/rosario-pio-cattafi-torna-in-liberta-ma-vigilata-per-i-magistrati-resta-socialmente-pericoloso-ecco-le-motivazioni-del-tribunale-di-sorveglianza/
Passa anche dalla Repubblica Islamica della Mauritania il riposizionamento e
rafforzamento della presenza militare NATO, Ue e degli Stati Uniti d’America in
Africa occidentale. In occasione della visita di una delegazione di
rappresentanti del NATO Defence Capacity Building (DCB) nella capitale
Nouakchott (1-6 dicembre 2024), l’alleanza militare del nord-atlantico ha
consegnato ai reparti speciali delle forze armate mauritane un imprecisato
numero di equipaggiamenti bellici (in particolare sistemi di telecomunicazione e
di “difesa” anti-missili balistici e apparecchiature sanitarie).
“I nostri aiuti rafforzano le capacità di difesa e sicurezza della Mauritania e
l’implementazione di iniziative chiave a supporto delle Forze operative speciali
(SOF), nella sicurezza marittima, l’intelligence, la transizione delle carriere
militari, le attività addestrative, nonché per affrontare le sfide legate alle
armi leggere e di piccolo calibro”, spiega l’ufficio stampa della NATO.
“Fornendo risorse essenziali e competenza e con il coinvolgimento in dialoghi di
alto livello, la NATO continua a sostenere la Mauritania nella costruzione di
capacità più forti e più resilienti, essenziali per mantenere la stabilità e la
sicurezza regionale”.
A Nouakchott la delegazione del NATO Defence Capacity Building ha incontrato il
ministro della Difesa, Ould Sidi Hanana, e il comandante SOF, generale El
Mokhtar Mennyto, per discutere le future misure di rafforzamento delle forze
armate e degli apparati di sicurezza ed “assicurare un continuo supporto e
collaborazione tra la NATO e la Mauritania”. (1)
In occasione della missione degli “esperti” NDCB, si è tenuta in acque mauritane
un’esercitazione a cui hanno partecipato unità da guerra della Repubblica
Islamica e il pattugliatore offshore della Marina militare portoghese “NRP Viana
do Castelo”, inviato per l’occasione a Nouakchott.
La cooperazione tra la NATO e la Mauritania ha preso il via nella seconda metà
degli anni novanta. La Repubblica è uno dei partner di più antica data
dell’Alleanza: è infatti membro del cosiddetto “Dialogo Mediterraneo” dalla sua
costituzione (dicembre 1994). Si tratta del foro di confronto e collaborazione
politico-militare che la NATO ha promosso per “contribuire alla sicurezza e
stabilità” nell’area mediterranea e dell’Africa settentrionale, e per
“promuovere buone relazioni e comprensione con i paesi partner e alleati”
(attualmente ne fanno parte con la Mauritania, anche Algeria, Egitto, Giordania,
Israele, Marocco e Tunisia).
Dal 2013 la Mauritania è tra i beneficiari del Programma di miglioramento della
formazione militare grazie alla quale la NATO fornisce strumenti “su misura” ai
paesi partner per sviluppare e riformare le istituzioni preposte all’istruzione
e all’addestramento del proprio personale. In occasione del Vertice NATO
tenutosi a Madrid nel 2022, i Capi di Stato e di Governo dell’Alleanza hanno
ratificato l’ingresso della Mauritania tra i paesi destinatari dei pacchetti di
aiuto nell’ambito della Defence Security Capacity Building, l’iniziativa
finalizzata al sostegno delle forze armate partner per “rispondere alle
differenti sfide alla sicurezza regionale”. Grazie agli “aiuti” della Defence
Security Capacity Building, la NATO addestra le forze armate mauritane per
potenziarne gli standard operativi anche in vista della partecipazione a
missioni extra-nazionali. (2)
L’ultimo biennio è stato caratterizzato dall’intensificarsi degli incontri e
delle relazioni tra i vertici militari mauritani e la NATO. Il 26 giugno 2023,
il Comandante dell’Accademia interforze di Nouakchott, il generale Dah Sidi
Mohamed El Agheb, è stato ospite del Quartier generale della NATO a Bruxelles.
“La regione del Sahel è teatro di sfide complesse ed interconnesse”, ha
dichiarato il vicesegretario generale per le operazioni NATO, Thomas Goffus, a
conclusione dell’incontro con El Agheb. “La situazione in via di deterioramento
nel Sahel è importante per la sicurezza della NATO e la Mauritania, nostro
importante partner, gioca un ruolo chiave nella regione”. (3)
Dall’1 al 3 maggio 2024 è stato il responsabile del NATO Military Committee,
l’ammiraglio Rob Bauer a recarsi in visita in Mauritania dove ha incontrato, tra
gli altri, il Presidente (già Capo di Stato Maggiore della Difesa), generale
Moham Ould Ghazouani, il ministro della Difesa Hanena Ould Sidi e il Comandante
delle forze aeree, generale Ould Cheikh Ould Boyda.
“L’ammiraglio Rob Bauer ha avuto l’opportunità di visitare il secondo
battaglione comando delle Forze speciali nazionali mauritane”, riporta l’ufficio
stampa della NATO. “Il Capo del NATO Military Committee ha discusso con la
leadership delle forze armate locali l’approccio del paese per affrontare il
terrorismo e i crimini transfrontalieri, due minacce interconnesse affrontate
anche dalle nazioni alleate. L’Alleanza sta adottando una visione globale contro
queste minacce e sta lavorando più strettamente con i partner in tutto il
mondo”. (4)
Per riaffermare l’importanza del legame politico-militare NATO-Mauritania, il 28
maggio 2024 il vicesegretario in carica dell’Alleanza, Mircea Geoană, si è
incontrato a Bruxelles con il ministro della Difesa della Repubblica Islamica,
Hanana Ould Sidi. “La Mauritania è un partner molto apprezzato e la NATO è
determinata a rafforzare ulteriormente la partnership e a potenziare le capacita
delle sue forze armate nel combattere il terrorismo”, ha assicurato Geoană. (5)
A riprova del ruolo strategico assunto dalla Mauritania nelle campagne
occidentali di contrasto al “terrorismo” e all’“estremismo violento” di matrice
jihadista va segnalato, in particolare, che Nouakchott è stata prescelta quale
sede della Segreteria generale esecutiva e del Sahel Defense College del “G5S”,
l’organizzazione politico-militare regionale fondata nel 2014 da cinque Stati
del Sahel (Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger), ma che dopo il ritiro
unilaterale del Mali, due anni fa, è de facto un “G4S”. Consulenti ed esperti
NATO e delle forze armate USA partecipano periodicamente ai vertici e alle
attività addestrative promosse dall’istituzione dei paesi del Sahel.
Anche il Comando generale delle forze armate USA per il continente africano (US
Africom) pone particolare attenzione alle forze armate dello Stato dell’Africa
occidentale. Dal 22 al 24 ottobre 2023 il comandante in capo di US Africom, il
generale del Corpo dei Marines Michael Langley, si è recato in vista in
Mauritania per “rafforzare la collaborazione nel campo della difesa” e
confrontarsi con i leader politici e militari mauritani ed i diplomatici
dell’Ambasciata degli Stati Uniti d’America.
“Il Comando generale di US Africom e la Mauritania continuano a lavorare
congiuntamente per contrastare l’estremismo violento che sta espandendo la sua
influenza per destabilizzare la regione del Sahel, nonché per assicurare una
regione più sicura e pacifica”, ha dichiarato il generale Langley. “Le relazioni
tra i nostri due paesi servono a proteggere le comunità e a favorire stabilità e
opportunità economiche a tutti i Mauritani (…) I programmi di collaborazione
hanno rafforzato l’abilità della Mauritania a proteggere i suoi confini e a
promuovere lo sviluppo economico e il libero commercio”.
Incontrando il Capo di Stato delle forze armate di Nouakchott, generale Moctar
Bollé Chabane, il comandante di US Africom ha assicurato la disponibilità
statunitense ad aumentare le esercitazioni e gli addestramenti congiunti (la
Mauritania partecipa già ai “tradizionali” war games USA nel continente come
Flintlock e Phoenix Express ed ha anche ospitato l’edizione 2020 di Flintlock).
Gli Stati Uniti si sono dichiarati pronti ad aumentare anche il numero di
ufficiali mauritani da “formare” presso le proprie accademie e scuole militari.
(6)
Ingenti aiuti militari sono giunti pure dalla Commissione dell’Unione europea. A
fine 2022, nell’ambito dello Strumento europeo per la pace (EPF) volto a
“consolidare gli interventi Ue finalizzati a prevenire i conflitti e a
rafforzare la sicurezza internazionale”, Bruxelles ha stanziato finanziamenti a
favore della Mauritania per 12 milioni di euro per la formazione militare e la
fornitura di sistemi d’arma (imbarcazioni leggere, dispositivi di protezione
individuale e attrezzature mediche). Nello specifico, è stata data priorità al
“miglioramento delle capacità militari” di due battaglioni schierati ai confini
con Mali, Sahara occidentale e Algeria. (7)
Sempre nel corso del 2022 l’Aeronautica militare mauritana ha ricevuto in
consegna alcuni velivoli biposto G1 SPYL-XL “Aviation” di produzione francese
per l’addestramento dei piloti e lo svolgimento di compiti di collegamento. I
velivoli, dotati di un’autonomia di volo di 10 ore, sono stati acquistati
attraverso l’Istituto francese di gestione per la sicurezza internazionale
(THEMIIS) nell’ambito del Progetto di sostegno alla sicurezza e allo sviluppo
della Mauritania (PADSM) finanziato dall’Unione europea. (8)
Nell’anno in corso, la Commissione europea ha rafforzato la partnership con le
autorità di Nouakchott nel contrasto delle migrazioni, con la scusa del
“crescente ruolo di transito” assunto dalla Mauritania nelle rotte tra l’Africa
sub sahariana e le isole Canarie (Spagna). Bruxelles punta in particolare ad
accrescere le capacità di intervento delle forze di sicurezza e militari
mauritane nella “gestione” delle frontiere. A fine febbraio 2024, in occasione
della visita in Mauritania della Presidente Ue Ursula von der Leyen e del primo
ministro spagnolo Pedro Sánchez, è stato firmato un “accordo migratorio” che
prevede lo stanziamento di 210 milioni di euro a favore del paese africano.
Sempre a sostegno delle operazioni contro l’“immigrazione illegale” nella
regione del Sahel, a marzo la Commissaria europea per gli Affari interni, Ylva
Johansson, e il ministro degli Interni della Mauritania, Mohamed Ahmed Ould
Mohamed Lemine, hanno sottoscritto una “Dichiarazione congiunta” per lanciare
ufficialmente la partnership sulle migrazioni Ue-mauritana. (9)
Note
1) https://www.nato.int/cps/en/natohq/news_231781.htm?selectedLocale=en
2) https://www.nato.int/cps/en/natohq/topics_132756.htm L’iniziativa
denominata Defence and Related Security Capacity Building è stata lanciata in
occasione del Vertice NATO in Galles del 2014 ed è diretta a sostenere i paesi
partner in Europa orientale e del cosiddetto Fianco Sud dell’Alleanza. Ne fanno
attualmente parte oltre alla Mauritania, Bosnia ed Erzegovina, Georgia,
Giordania, Iraq, Moldavia, Tunisia e Nazioni Unite.
3) https://www.nato.int/cps/sn/natohq/news_216763.htm?selectedLocale=en
4)
https://www.nato.int/cps/fr/natohq/news_225242.htm?selectedLocale=en#:~:text=From%201%20to%203%20May,long%2Dstanding%20NATO%20Partner%20Mauritania
5) https://www.nato.int/cps/en/natohq/news_225813.htm
6)
https://www.africom.mil/pressrelease/35341/usafricom-commander-and-senior-enlisted-leader-travel-to-mauritania
7)
https://www.africa-express.info/2022/12/07/dallunione-europea-32-milioni-di-euro-a-mauritania-e-mozambico-in-aiuti-militari-per-combattere-il-terrorismo/
8)
https://www.defenceweb.co.za/aerospace/aerospace-aerospace/mauritania-operating-g1-aviation-light-aircraft/
9)
https://www.infomigrants.net/en/post/58013/mauritania--a-new-irregular-migration-gateway-to-europe
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 30 dicembre 2024,
https://pagineesteri.it/2024/12/30/medioriente/africa-la-nato-stringe-i-rapporti-con-la-mauritania/
Sempre più alternanza scuola-caserma per le studentesse e gli studenti
siciliani. Qualche giorno fa, nella sala conferenze dell’Arsenale militare
marittimo di Augusta (Siracusa), la dirigente dell’Istituto Superiore “Gaetano
Arangio Ruiz”, Maria Concetta Castorina, e il direttore dell’Arsenale,
contrammiraglio Giovanni Torre, hanno firmato una convenzione per la
realizzazione dei Pcto (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento,
ex alternanza scuola-lavoro) presso Marinarsen Augusta.
A partire dal febbraio 2025 gli allievi delle quinte classi dell’Istituto
(settore tecnologico) saranno “addestrati” presso l’infrastruttura militare
nella “gestione dei servizi marittimi, delle officine meccaniche e dei sistemi
elettrici ed elettronici”.
In occasione della stipula della convenzione, i contrammiragli Giovanni Torre e
Maurizio Fareri hanno voluto ricordare “l’impegno che l’Arsenale profonde nel
supportare, con le proprie professionalità, gli Istituti Scolastici nella
realizzazione di progetti finalizzati all’acquisizione, da parte degli studenti,
di competenze e strumenti ritenuti fondamentali nel mondo del lavoro”.
“Il profondo legame che da sempre accomuna l’Arsenale alla comunità locale
alimenta la piena convinzione che si debba assicurare un importante travaso
verso gli studenti delle conoscenze e professionalità esistenti all’interno
dell’Ente”, hanno aggiunto i due alti ufficiali.
Nel ringraziare l’Arsenale militare per la collaborazione offerta all’Istituto
Superiore negli ultimi quattro anni, la dirigente Maria Concetta Castorina ha
evidenziato il “rapporto di sussidiarietà che deve esistere tra Istituzioni del
territorio, attraverso percorsi didattici per le competenze trasversali e per
l’orientamento coerenti con le strategie del mondo del lavoro per orientare le
generazioni future ad un cambiamento costruttivo”.
Il primo ciclo dei Pcto dell’Istituto “Gaetano Arangio Ruiz” presso l’Arsenale
militare marittimo si era concluso il 23 aprile 2024 ed aveva visto
“protagonisti” gli alunni delle classi terze, quarte e quinte dell’indirizzo
Meccanica e Meccatronica (Settore Tecnologico).
“Durante il percorso gli studenti, sotto la guida delle maestranze che operano
presso la struttura, hanno seguito le lavorazioni che si svolgono nelle officine
dove si manutenzionano le macchine operatrici in dotazione alle unità navali”,
ha spiegato la dirigenza del “Ruiz”. “Si è passato poi ai reparti di carpenteria
meccanica e di lavorazioni plastiche a freddo delle lamiere e al relativo
reparto di saldatura, e in seguito presso l’officina di revisione dei
dispositivi di sicurezza di cui sono fornite le unità navali. In un altro
incontro invece gli alunni hanno avuto l’opportunità di visitare i bacini di
carenaggio dove le navi militari vengono tirate a secco”.
Non solo alternanza-lavoro per gli iscritti dell’Istituto Superiore di Augusta
nelle infrastrutture ospitate nella base navale NATO. Il 28 settembre scorso tre
classi quarte dell’“Arangio Ruiz”, accompagnate da un gruppo di docenti, hanno
partecipato al Family Day organizzato dalla Marina Militare italiana presso la
banchina “Tullio Marcon”, recentemente rinnovata e adattata per rispondere alle
nuove esigenze strategiche della base.
“Dopo il discorso di accoglienza a tutti i visitatori presenti, il capitano di
vascello Lino Morello, Comandante della Stazione Navale, ha portato i saluti del
Comandante della 4° Divisione Navale contrammiraglio Alberto Tarabotto impegnato
in un’operazione in mare”, riporta la dirigenza scolastica. “L’evento,
attraverso l’apertura della Base Navale e delle unità navali, ha avuto le
finalità di avvicinare le famiglie del personale militare alla professione di
Marinai e al contempo di orientare i giovani studenti alla Forza Armata e di far
loro conoscere i vari ruoli e professionalità che contraddistinguono i
professionisti che con il loro operato garantiscono la sicurezza delle vie di
comunicazione marittime”.
Nel corso del military family day gli studenti della scuola di Augusta hanno
avuto modo di visitare i diversi stand allestiti nella banchina per “illustrare”
alcune delle eccellenze professionali offerte dalla Marina Militare italiana: il
reparto dei marò della Brigata “San Marco” (quartier generale a Brindisi), le
unità in forza alla stazione elicotteri “Marristaeli” di Catania-Fontanarossa, i
vari reparti telecomunicazioni, ecc…
“Gli studenti hanno visitato la Scuola di Comando Navale, che forma i futuri
comandanti delle unità navali, si sono esercitati con il Simulatore navale di
manovra”, ricorda con orgoglio l’“Arangio Ruiz”. “Infine sono saliti a bordo
delle navi ormeggiate, dove hanno potuto ascoltare dalla voce del personale di
bordo come funziona la vita all’interno di una nave e di quale strumentazione è
dotata. Non è mancato il momento conviviale con un rinfresco offerto dalla
Stazione Navale, molto gradito dagli studenti”.
In occasione della Giornata del Mare, celebrata nella base militare di Augusta
l’11 aprile 2024, una delegazione dell’istituto superiore è stata ospitata a
bordo delle sei unità di guerra ivi ormeggiate: il pattugliatore d’altura
“Costantino Borsini” (attualmente impegnato nell’operazione Gabinia nelle acque
del Golfo di Guinea), il pattugliatore “Libra” (recentemente impiegato
nell’illegale deportazione di migranti in Albania), le navi cisterna
“Favignana”, “Salina” e “Ticino”, la nave trasporto costiero “Lipari”. “Inoltre
presso la banchina “Tullio Marcon” sono stati allestiti degli stand illustrativi
che hanno evidenziato le principali attività e capacità delle Forze Armate,
offrendo agli studenti la possibilità di approfondire la conoscenza delle
missioni e operazioni della Marina Militare”, annota la dirigenza dell’“Arangio
Ruiz”.
L’Istituto di Augusta ha tessuto relazioni anche con l’Aeronautica Militare
italiana. Nel quadro delle “attività di orientamento in uscita” che “prepara gli
alunni ai vari scenari lavorati e ai possibili sbocchi occupazionali,
valorizzando il proprio talento e la propria predisposizione”, il 15 marzo 2024
alcuni ufficiali del distaccamento Aeronautica di Siracusa hanno incontrato gli
studenti delle tre classi di indirizzo Elettronica-Elettrotecnica della sede di
Priolo-Gargallo. “Gli allievi hanno potuto conoscere nel dettaglio i comparti e
i compiti svolti dall’Aeronautica Militare: cosa avviene durante la difesa aerea
del territorio, come è effettuato un soccorso aereo, come avviene l’arruolamento
e come sono articolate le diverse carriere tra Graduati, Marescialli e
Ufficiali”, riporta la nota stampa dell’Istituto. “A conclusione dell’incontro
il comparto di Siracusa ha munito gli allievi di gadget e dépliant informativi”.
Qualche anno fa anche il Comando del 41° Stormo dell’Aeronautica Militare di
stanza nella base di Sigonella (centro nevralgico delle operazioni belliche
italiane, USA e NATO nello scacchiere mediterraneo, africano, mediorientale e
dell’Europa orientale) aveva firmato accordi con l’“Arangio Ruiz” per lo
svolgimento di percorsi di alternanza scuola-lavoro-caserma nella stazione
aeronavale siciliana. “Gli allievi – spiega l’Ufficio stampa dell’Aeronautica –
hanno seguito il personale militare nelle articolate attività di gestione della
struttura, affiancando a rotazione gli operatori di controllo dello spazio
aereo, il personale del servizio Radar, gli ufficiali e sottoufficiali del
Meteo, i tecnici del gruppo manutentori velivoli, interloquendo, inoltre, con i
piloti ed i componenti degli equipaggi”.
Articolo pubblicato il 21 dicembre 2024, in Osservatorio contro la
militarizzazione delle scuole e delle
università, https://osservatorionomilscuola.com/2024/12/21/come-listituto-superiore-arangio-ruiz-di-augusta-prepara-alla-guerra/?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTAAAR3GptJqcUqrHLPMt1U1_AUm44UE8A10O0HqGR8qm_2nXNHwdbXcPl0IaYY_aem_KrD-M59lRbT6i4yliQsa0w