E’ stato avviato quasi quattro anni fa l’iter progettuale finalizzato al
potenziamento infrastrutturale della Base navale della Marina Militare nella
Zona Falcata di Messina.
Dai documenti predisposti dal Segretariato generale della difesa e Direzione
Nazionale degli Armamenti Navali (NAVARM) dello Stato Maggiore della Difesa
relativo alla realizzazione del grande Hub bellico-marittimo della Città dello
Stretto si evince che già il 25 febbraio 2022 il Comando in Capo della Squadra
Navale (CINCNAV) aveva individuato Messina per accogliere “prevedibilmente dal
2026” i Pattugliatori di nuova generazione O.P.V. PPX, la cui realizzazione è
stata affidata alla società OSN - Orizzonte Sistemi Navali, joint venture dei
colossi del comparto militare-industriale Fincantieri SpA (51%) e Leonardo SpA
(49%).
Il 9 marzo 2022 si è poi tenuta una specifica riunione, convocata dal 4° Reparto
dello Stato Maggiore della Marina Militare per definire gli adeguamenti da
attuare nella Base di Messina per assicurare il supporto logistico necessario
alle nuove unità da guerra. L’Ufficio del Genio Militare di Messina è stato così
incaricato a redarre uno Studio di Fattibilità rispondente alle richieste di
CINCNAV che prevede la possibilità di ormeggiare quattro pattugliatori PPX, di
cui due dislocate permanentemente e due temporaneamente/di passaggio, previo
“ampliamento della banchina Comando con impalcato su pali”.
“Alla luce delle sopraccitate considerazione oggettive, si è individuata una
soluzione progettuale che accrescerà notevolmente la capacità di ormeggio (di
punta) delle Unità Navali, incrementando di fatto, le dimensioni longitudinali e
trasversali della banchina Comando”, riporta il Genio Militare. “L’idea
progettuale restituirà una nuova Banchina Comando, con una nuova lunghezza utile
di attracco, in prossimità del waterfront, pari a 210 ml., ed una larghezza di
15 mt., nonché la realizzazione di un nuovo piazzale, attraverso l’utilizzo
della piccola porzione di specchio d’acqua, con profondità pari a 1,5 mt,
situato tra la Banchina Comando ed il pontile Commissariato, tutto senza
l’ausilio di opere di dragaggio”.
L’ampliamento della banchina è reso necessario dalle dimensioni dei
pattugliatori d’altura di nuova generazione in via di realizzazione da OSN -
Orizzonte Sistemi Navali: essi saranno lunghi 95 metri, larghi 14,2 e avranno un
dislocamento di 2.400 tonnellate.
Lo studio di fattibilità del Genio Militare è stato esteso pure alle opere di
aderenza a terra, “le quali si rendono necessarie sotto il profilo, logistico
per il personale, dei servizi di mantenimento delle unità dislocate, nonché per
il rifornimento tecnico-operativo (alimentazione elettrica, idrica e
propulsione), oltre al naviglio già presente in Base Navale, fra Unità Navali
minori e non (…) anche alla luce della presenza in Banchina di imbarcazioni
della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera, ormeggiate nelle proprie
porzioni di banchina dedicata, e di futura dislocazione giusta progettazione
inoltrata in data 11 Febbraio 2021 del Comando Generale delle Capitanerie di
Porto”.
Parallelamente alle opere marittime saranno realizzati magazzini, depositi,
uffici, nonché le necessarie infrastrutture logistiche per gli equipaggi dei
nuovi pattugliatori d’altura (alloggi, mense, attività ricreative, uffici per il
personale ecc.). Previsti pure un nuovo impianto di conferimento acque reflue di
bordo (nere e grigie); il rifacimento dei sottoservizi per le fognature fino
all’allaccio comunale; “in subordine, qualora ritenuto efficace al costo, anche
gli impianti di rifornimento combustibile e/o smaltimento acque oleose di
sentine”.
Possibile che in questi quattro anni e il numero dei soggetti coinvolti nella
fase di realizzazione, nessuno a Messina fosse a conoscenza dell’intenzione
della Marina Militare di trasformare ex novo il volto della Zona Falcata, area
di interesse paesaggistico e storico-artistico di valore inestimabile? Difficile
crederlo, specie per ciò che riguarda l’amministrazione comunale e le maggiori
forze politiche, sociali e sindacali della città.
Va segnalato in particolare che il pomeriggio del 4 giugno 2025 è stato firmato
a Palazzo Zanca l’Accordo di Programma tra il Segretariato Generale della
Difesa, la Marina Militare e l’Amministrazione comunale per la “riqualificazione
di alcuni immobili della Marina Militare all’interno della base navale di
Messina”.
Secondo quanti riportato dall’Ufficiuo Stampa del Comune, “l’intesa raggiunta
consentirà la realizzazione di una nuova scuola dell’infanzia e asilo nido
all’interno dell’area militare attraverso la demolizione di manufatti
preesistenti, a beneficio della collettività locale, non solo di quella
militare”. Dunque demolizioni, edificazioni e “riqualificazioni”, in linea con
quanto previsto dal Genio Militare.
A sottoscrivere l’Accordo di Programma del 4 giugno, il generale Mario Sciandra,
Direttore Generale della Direzione Generale dei Lavori del Ministero della
Difesa (GENIODIFE); l’ammiraglio Andrea Cottini, Comandante Marittimo Sicilia,
in rappresentanza dello Stato Maggiore della Marina; l’architetto Silvano
Arcamone, Direttore Regionale dell’Agenzia del Demanio; il Sindaco di Messina,
Federico Basile.
“L’iniziativa è stata presentata dal colonnello Pasqualino Iannotti di
GENIODIFE, che ha curato l’intero iter tecnico-amministrativo mentre il progetto
di fattibilità tecnico economica è stato illustrato dal capitano di vascello
Donato Orlando, Direttore della Direzione dei Lavori per la Marina Militare di
Augusta”, aggiunge l’Ufficio Stampa di Palazzo Zanca. “Grande soddisfazione è
stata espressa anche dal Vicesindaco Salvatore Mondello, che ha seguito con
particolare attenzione l’iter dell’accordo: Riqualificare un’area strategica
come quella della Base navale e restituirla in parte alla collettività
attraverso un’opera educativa di qualità rappresenta una concreta risposta alle
esigenze del presente e un investimento sul futuro”.
Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 21 novembre
2025, https://www.stampalibera.it/2025/11/21/esclusiva-dal-febbraio-2022-la-decisione-di-potenziare-la-base-navale-della-marina-a-messina-chi-sapeva-lo-ha-tenuto-nascosto/?fbclid=IwY2xjawORf4BleHRuA2FlbQIxMQBzcnRjBmFwcF9pZBAyMjIwMzkxNzg4MjAwODkyAAEeYRhQaL_g1vTIDEDPXLEFnWPpAblihxYia1ZJIkUBMgtOVfVQsSNHWWqkGqY_aem_TlzXnKTgkNrNyWtE0q13lA
Source - Antonio Mazzeo Blog
Sarà una delle più grandi esposizioni di sistemi bellici mai realizzata nel
continente africano e nell’area mediorientale: dall’1 al 4 dicembre l’Egitto
ospiterà EDEX 2025, evento biennale organizzato dai ministeri della Difesa e
della Produzione militare, con il patrocinio del Presidente della Repubblica
Abdel Fattah Al Sisi, Comandante supremo delle forze armate egiziane.
La IV edizione della Fiera delle armi sarà ospitata presso l’International
Exhibition Centre del Cairo e vedrà la partecipazione di oltre 400 espositori,
primi fra tutti i colossi mondiali del comparto militare industriale e del
settore aerospaziale. Ospiti d’onore i ministri della Difesa e i Capi di Stato
maggiore delle forze armate di diversi paesi. Negli stand della kermesse faranno
bella mostra di sé le nuove tecnologie per le guerre aeree, terrestri e navali
prodotte in Italia.
Gli organizzatori hanno già diffuso una brochure con un primo elenco degli
espositori “eccellenti”: tra essi spiccano le maggiori holding a capitale
statale Fincantieri SpA (gold sponsor di EDEX 2025) e Leonardo SpA (leading
brand dell’esposizione). Ci sono poi ELT Group (Elettronica SpA di Roma),
C.E.I.A. SpA di Arezzo, Panaro di Modena e il maggiore consorzio europeo
produttore di sistemi missilistici, MBDA (platinum sponsor), di cui Leonardo
controlla il 25% del capitale azionario.
Nelle prossime settimane sarà diffuso l’elenco definitivo degli espositori
bellici ed è più che prevedibile che il numero delle aziende italiane sarà
imponente. L’Egitto è storicamente uno dei maggiori clienti del complesso
militare industriale nazionale: solo nell’ultimo quinquennio sono state
esportate armi al regime di Al Sisi per un valore superiore ai due miliardi di
euro, nonostante lo stato nord-africano sia all’indice per la violazione
sistematica dei diritti umani e si sia macchiato del sequestro, tortura e
assassinio del giovane ricercatore universitario Giulio Regeni e dei depistaggi
per impedire l’identificazione dei mandanti e degli esecutori del crimine.
L’invito formale alle aziende del made in Italy per una partecipazione
qualificata ad EDEX 2025 è stata fatta dal ministro della Produzione militare,
Mohamed Salah El-Din, in occasione dell’incontro tenutosi al Cairo il 7
settembre scorso con l’ambasciatore italiano in Egitto, Michele Quaroni.
All’ordine del giorno il rafforzamento della cooperazione industriale in ambito
civile e (soprattutto) militare.
“Esprimo tutto il mio entusiasmo per la possibilità di migliorare la nostra
collaborazione e aprire nuove direzioni per una partnership strategica che
porterà benefici ad entrambe le nazioni”, ha esordito Mohamed Salah El-Din al
vertice con il diplomatico italiano. “La missione primaria del nostro dicastero
è quella di supportare le Forze armate e la Polizia nella produzione di un’ampia
gamma di sistemi d’arma, incluse munizioni leggere, medie e pesanti, carri
armati, blindati, equipaggiamenti e sistemi elettronici avanzati, impiegando
sempre le più moderne tecnologie”. In Egitto il Ministero della Produzione
militare è a capo di 15 aziende industriali, un Centro di ricerca scientifico e
tecnologico, un complesso addestrativo ed uno sanitario, alcuni poligoni per la
sperimentazione ed i test di armi e munizioni e un’Accademia di Ingegneria
avanzata e Tecnologia.
Altrettanta enfasi è stata espressa dall’ambasciatore Quaroni. “Guardiamo
all’Egitto come un promettente destinatario di investimenti, specie per la sua
posizione geografica di connessione tra Africa, Europa ed Asia”, ha dichiarato
il diplomatico. “C’è grande interesse delle industrie italiane a lavorare in
multipli settori con le entità che operano nella produzione militare in Egitto.
Dobbiamo continuare a dare impulso alle nostre relazioni bilaterali e chiedere
una crescita negli scambi delle visite delle delegazioni tecniche ed industriali
per esplorare le opportunità di collaborazione sul campo”.
Mentre al Cairo era in corso il meeting tra il ministro della Produzione
militare e l’ambasciatore italiano, nello specchio d’acqua antistante la città
di Alessandria era in corso Bright Star 25, una delle più grandi esercitazioni
militari mai effettuate in nord Africa ed in Medio Oriente. Ai war games a guida
congiunta statunitense ed egiziana, hanno partecipato dall’1 al 10 settembre le
forze armate di 43 Paesi, 30 in qualità di osservatori e 13 impegnati
direttamente nell’esercitazione: tra questi spiccano, oltre ad USA ed Egitto,
Arabia Saudita, Qatar, Grecia, Cipro ed Italia.
A Bright Star 25, la Marina militare italiana ha schierato l’unità d’assalto
anfibio multiruolo “Trieste”, la fregata missilistica Fremm “Fasan”, nave
ammiraglia dell’operazione Mediterraneo Sicuro e alcune unità della Brigata “San
Marco” di Brindisi. Le attività della Bright Star sono state condotte in due
fasi: la prima, dall’1 al 6 settembre, in porto ad Alessandria d’Egitto, con
incontri e conferenze su temi come la guerra elettronica, la cyber security, le
attività anfibie, le procedure di abbordaggio, le minacce asimmetriche. La
seconda fase ha preso il via il 7 settembre con quattro giorni di intense
attività addestrative in mare aperto con simulazioni di lotta anfibia,
anti-aerea e subacquea, Electronic Warfare Exercise, prove di tiro in poligono.
A metà agosto 2025 era stato il cacciatorpediniere lanciamissili “Francesco
Mimbelli”, anch’esso impegnato nell’operazione Mediterraneo Sicuro, a fare una
sosta tecnico-diplomatica ad Alessandria d’Egitto. “La visita a bordo del
ministro consigliere presso l’ambasciata d’Italia al Cairo, Maria Michela
Laroccia, e di ospiti di alto profilo della comunità locale, ha suggellato, in
un clima di grande cordialità e fruttuoso confronto, l’importanza della
diplomazia navale e del ruolo della marina militare come strumento di
cooperazione, proiezione e presenza, a salvaguardia degli interessi nazionali e
promozione del sistema Paese all’estero”, si legge nella nota stampa emessa
dallo Stato maggiore della Marina.
Il 30 e 31 luglio si è svolta invece la visita ufficiale in Egitto del ministro
della Difesa, Guido Crosetto. Al Cairo, Crosetto ha incontrato il presidente
Abdel Fattah Al-Sisi e il ministro della Difesa e Comandante in capo delle forze
armate, generale Abdel Magid Ahmed Abdel Mageed Saqr. “E’ stata una preziosa
occasione per rafforzare i rapporti di collaborazione tra i nostri due Paesi,
accomunati dall’obiettivo di garantire la sicurezza tanto nella regione
mediorientale quanto nel Mediterraneo allargato”, ha dichiarato il ministro.
“Abbiamo consolidato una visione condivisa sulla delicatissima situazione in
Medio Oriente e su ogni altra area di crisi internazionale. E abbiamo
sottolineato la volontà di lavorare in stretta sinergia per promuovere la
stabilità regionale”.
A riprova delle sempre più strette relazioni militari Italia-Egitto vanno infine
ricordate le due missioni realizzate al Cairo nel corso del 2025 dal Capo di
Stato Maggiore della Difesa, generale Luciano Portolano, la prima il 16 gennaio
e la seconda il 27 maggio. Nel corso del “bilateral cooperation meeting” di
inizio anno, Luciano Portolano ha incontrato il generale Kamal Wafaa Radwan,
Capo della segreteria armamenti del regime Al Sisi. A fine maggio, il Capo di
Stato maggiore della Difesa italiano ha incontrato invece il generale Ahmed
Khalifa, Comandante delle forze armate egiziane. In ambedue gli incontri, le
parti si sono impegnate a rafforzare i rapporti militari e ad accrescere
l’inter-scambio di “esperti” e di sistemi d’armi e apparati bellici.
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 12 novembre 2025,
https://pagineesteri.it/2025/11/12/africa/egitto-al-via-la-piu-grande-fiera-darmi-dafrica-litalia-tra-i-principali-espositori-e-sponsor/?fbclid=IwY2xjawOMCkdleHRuA2FlbQIxMQBzcnRjBmFwcF9pZBAyMjIwMzkxNzg4MjAwODkyAAEeU5xQIZJQpaDISob1xgA2IYAdnXPuGtizF4182-WEWJlTrHMVqf-wKCMXdrg_aem_D1v3NBK_i0ulNMEwfsTi_Q
A Messina, nella più totale disattenzione delle istituzioni,
dell’amministrazione comunale e delle forze politiche, sociali e sindacali, il
ministero della Difesa sta per portare a termine un programma multimilionario
che rafforzerà i processi di militarizzazione del territorio devastando
irrimediabilmente la Zona Falcata, area di immenso valore paesaggistico e
storico-architettonico.
Il Segretariato generale della difesa e Direziona Nazionale degli Armamenti -
Direzione degli Armamenti Navali (NAVARM) dello Stato maggiore della Difesa ha
infatti avviato l’iter per l’avvio dei “Lavori di adeguamento infrastrutturale
della Base Navale di Messina per garantire l’ormeggio di nuove unità navali tipo
PPX”. Nelle intenzioni dei Signori della Guerra, la base della Marina Militare
della Città dello Stretto è destinata ad ospitare “prevedibilmente” dal 2026 i
pattugliatori d’altura di nuova generazione in via di realizzazione dalla
società OSN - Orizzonte Sistemi Navali, joint venture dei colossi del comparto
militare-industriale Fincantieri SpA (51%) e Leonardo SpA (49%).
La realizzazione dell’Hub militare del Mare di Messina vede come general
contractor l’Associazione temporanea di imprese (ATI) composta da Fincantieri
Infrastrutture Opere Marittime di Genova e FINSO (Fincantieri Infrastrutture
Sociali) SpA di Firenze e come progettista F&M Ingegneria SpA di Mirano
(Venezia).
Il progetto prevede la realizzazione, “in ampliamento a quella attuale, che
verrà comunque conservata sul lembo lato terra”, di una nuova banchina della
lunghezza totale di 210 metri ad integrazioni delle attuali banchine del Forte,
Pontile Comando e Pontile Commissariato. Parallelamente alle opere marittime si
realizzeranno interventi a terra da “destinare al mantenimento tecnico/operativo
delle navi attraverso la realizzazione di magazzini/depositi, uffici, edifici
destinati alla logistica quali alloggi, mense, attività ricreative ed uffici per
il personale”.
Più specificatamente le opere a mare prevedono l’“ampliamento della sola
banchina Comando con impalcato su pali, interessando anche porzioni di banchina
adiacenti, così da poter ospitare quattro navi tipo O.P.V. di nuova generazione
di cui due dislocate permanentemente e due temporaneamente/di passaggio; tale
attività non comporterà scavi di dragaggio”.
Relativamente alle opere a terra, i progettisti prevedono la “ristrutturazione
(o risanamento conservativo ove possibile) degli edifici, la riqualificazione
ambientale delle aree contermini e dei sottoservizi (fognature, depurazione,
ecc), necessari a garantire un sufficiente supporto operativo e logistico”.
In verità il “risanamento conservativo” interesserà solo gli edifici che
attualmente ospitano la “Palazzina I” (Villa Ammiraglio da destinare ad alloggi
per gli Ufficiali) e il Cinema – sala congressi. Verranno invece demoliti e
ricostruiti ex novo le Palazzine ex Lante, De Lutti, “N” (destinate tutte ad
alloggi per il personale militare); l’ex Magazzino doganale; i Magazzini SCC64 e
SCC65; la Mensa di servizio; l’Infermeria presidiaria; il Complesso sportivo; lo
Spogliatoio tennis; la Palestra; i Campi da calcio e basket; l’Officina S.E.N.;
la Cabina elettrica. Come dire sarà pesantemente modificata l’urbanistica e la
stessa skyline della Zona Falcata di Messina.
Del programma di trasformazione urbana e rafforzamento dei dispositivi militari
sembra che non se ne siano accorti nessuno in città. Nessun ostacolo è stato
frapposto alla furia devastatrice del Ministero della Difesa e dello Stato
maggiore della Marina. Fortunatamente con nota del 10 novembre del 2025, la
Direzione Generale delle Valutazioni ambientali del Ministero dell’Ambiente e
della Sicurezza Energetica ha sollevato più di un dubbio sull’impatto ambientale
delle opere in via di realizzazione.
“Sulla base delle informazioni fornite con la documentazione trasmessa – scrive
la Direzione del MASE - in considerazione dell’entità e della complessità delle
opere in progetto, come più diffusamente illustrato nella nota tecnica allegata,
si ritiene che per i Lavori di adeguamento infrastrutturale della Base Navale di
Messina per garantire l'ormeggio di nuove unità navali tipo PPX, non sia
possibile escludere la sussistenza di potenziali impatti significativi e
negativi legati alla realizzazione e all’esercizio delle opere previste. Si
propone pertanto che lo stesso debba essere sottoposto a Valutazione di Impatto
Ambientale ai sensi dell’art. 23 del D.Lgs. 152/2006 comprendente la Valutazione
di Incidenza ambientale ai sensi dell’art. 10 co. 3 del D.Lgs. 152/2006”.
Il programma PPX (noto anche come programma "OPV - Offshore Patrol Vessel") è
stato lanciato dallo Stato maggiore della Marina Militare per rafforzare le
capacità di sorveglianza navale delle acque nazionali ed internazionali e di
proiezione avanzata delle forze armate italiane in ambito NATO ed extra-NATO.
Quattro pattugliatori d’altura sono in fase di costruzione nei cantieri navali
di Riva Trigoso e del Muggiano di OSN - Orizzonte Sistemi Navali e dovrebbero
essere consegnati alla Marina tra il 2030 e il 2032. Nei deliri di grandezza
degli ammiragli tricolore ci sarebbe l’intenzione di finanziare la realizzazione
di altri sei pattugliatoti PPX. Il costo di ogni unità all’avvio del programma
navale era stimato in 236 milioni di euro circa. I pattugliatori avranno una
lunghezza di 95 metri ed una larghezza di 14,2 e il loro dislocamento sarà di
2.400 tonnellate. Potranno raggiungere la velocità di 24 nodi (44,45 Km/h) con
un’autonomia di navigazione di 3.500 miglia. L’equipaggio sarà composto da una
novantina di uomini e donne, mentre le unità saranno armate dal cannone
multiruolo OTO Melara “Super Rapido” da 76/62mm in versione Davide/Strales
(costruito da Leonardo SpA negli stabilimenti di La Spezia) e da un cannone
navale leggero “Lionfish” anch’esso prodotto da Leonardo.
Le immagini delle imbarcazioni evidenziano come a prua sarà montata una torretta
con il cannone OTO Melara Super Rapido da 76 mm, già in dotazione e impiegato
per bombardare e distruggere il porto di Gaza dopo il 7 ottobre 2023
Saranno armate con cannoni italiani le nuove corvette della Marina Militare
dello Stato sionista di Israele.
Dopo le anticipazioni di alcune riviste specializzate nel settore della difesa,
arriva la conferma ufficiale da parte delle autorità di Tel Aviv.
Lo Stato Maggiore della Marina ha pubblicato alcune slide con il design delle
corvette di nuova generazione classe “Reshef”. Le immagini evidenziano come a
prua delle imbarcazioni sarà montata una torretta con il cannone OTO Melara
Super Rapido da 76 mm, già in dotazione delle corvette della classe “Sa’ar 6”
impiegate per bombardare e distruggere il porto di Gaza dopo il 7 ottobre 2023.
Questo modello di cannone navale è prodotto dal Gruppo Leonardo SpA negli
stabilimenti di La Spezia.
La costruzione della prima corvetta della classe “Reshef” ha preso il via a metà
febbraio 2025 presso i cantieri navali Israel Shipyards di Haifa. Il primo
esemplare dovrebbe essere consegnato entro il 2029.
Il programma del ministero della Difesa israeliano prevede l’acquisizione di
cinque unità, con un costo complessivo di 780 milioni di dollari. Le corvette
avranno un dislocamento da 1.000 tonnellate, una lunghezza di 77 metri e una
larghezza di poco inferiore agli 11 metri.
Oltre all’OTO Melara Super Rapido di Leonardo, le nuove corvette saranno armate
da un sistema SAM Rafael C-DOME (versione navale del più famoso IRON DOME) con 4
lanciatori verticali, e da una batteria di 8 missili supersonici antinave
GABRIEL V. Inoltre saranno montati a bordo anche due puntatori Rafael TYPHOON da
25/30 mm.
I cannoni navali 76/62 Super Rapido sono in grado di sparare fino a 120 colpi al
minuto. I sistemi vengono utilizzati per la “difesa” antiaerea e anti-missile e
per il bombardamento navale e costiero.
La prima consegna alla Marina israeliana dei Super Rapido è stata fatta nel
settembre 2022 in vista dell’installazione a bordo delle corvette della classe
“Sa’ar 6”, acquistate in Germania dalla società ThyssenKrupp Marine Systems.
Il trasferimento dei cannoni navali italiani è avvenuto grazie ad un contratto
firmato con la holding italiana dal Dipartimento di Stato USA, nell’ambito di
una fornitura di armi alle forze armate israeliane da parte di Washington. Il
valore della commessa, comprensivo del relativo supporto tecnico è stato di 440
milioni di dollari circa.
“Il Governo di Israele ha richiesto la possibile vendita di tredici cannoni
navali da 76mm”, riporta una nota dell’Agenzia alla cooperazione alla sicurezza
del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d’America (DSCA), emessa il 28
aprile 2017. “Saranno inclusi pure i ricambi di bordo per supportarne
l’operatività e la manutenzione preventiva (…) gli ingegneri, i tecnici del
Governo USA e della società contractor ed i servizi di supporto logistici; le
attività di addestramento del personale predisposto alla manutenzione”.
In un’intervista rilasciata l’8 febbraio 2024 alla rivista Israel Defense, il
tenente colonnello Steven in forza alla 3^ flotta della Marina Militare
israeliana, nel soffermarsi sui sistemi d’arma a bordo delle corvette impegnate
nelle operazioni di guerra contro Gaza ha spiegato che la “maggior parte” di
essi “è stata prodotta da industrie israeliane, eccetto i cannoni da 76mm,
prodotti invece dall’azienda italiana OTO Melara”.
Un’autorevole conferma, quella dell’ufficiale israeliano che anche le aziende
belliche italiane hanno le mani sporche di sangue del popolo palestinese.
Articolo pubblicato in Africa Express il 7 novembre 2025,
https://www.africa-express.info/2025/11/07/al-diavolo-il-genocidio-litalia-vende-a-israele-i-cannoni-per-le-nuove-corvette/
La popolazione protesta contro la guerra a Gaza, ma Rabat acquista nuovi missili
da Tel Aviv
Mentre in Marocco si moltiplicano le manifestazioni popolari contro il genocidio
del popolo palestinese a Gaza, si consolida la partnership tra le forze armate
di Rabat e le industrie belliche israeliane.
Nei giorni scorsi nella regione orientale del paese, l’esercito ha testato il
nuovo missile supersonico “Extra” prodotto da Elbit Systems Ltd, una delle
maggiori aziende del settore aerospaziale di Israele, con quartier generale ad
Haifa.
Le esercitazioni con l’uso dei missili “Extra” sono state pianificate
nell’ambito del programma di modernizzazione dell’apparato militare. Fonti delle
forze marocchine hanno spiegato che questo sistema d’arma consentirà di
rafforzare le capacità di strike in profondità.
Gli “Extra” sono razzi di artiglieria da 306 mm; possono trasportare testate
esplosive da 120 kg e colpire centri di comando e comunicazione, installazioni
logistiche e infrastrutture di trasporto, fino a 150 km di distanza.
“Il sistema missilistico è particolarmente efficace nelle operazioni in
territorio urbano ma consente di svolgere missioni con accuratezza e successo in
anche in altri diversi ambienti”, spiegano con enfasi i manager di Elbit
Systems.
Il test degli “Extra” sono stati svolti dall’esercito con l’impiego del sistema
lanciarazzi PULS (Precise and Universal Launching System) recentemente acquisito
dall’azienda israeliana con un contratto di 150 milioni di dollari. Oltre agli
“Extra” il sistema PULS può lanciare anche i Predator Hawk, con calibro da 370
mm e un raggio operativo fino a 300 km, accrescendo significativamente la
flessibilità operativa delle forze armate marocchine.
“Con il test dei nuovi missili si invia un chiaro messaggio non solo di tipo
militare ma anche geopolitico”, riporta la testata specializzata Israel Defense.
“Inoltre, questo rappresenta un altro step nel rafforzamento dei legami nel
campo della sicurezza e diplomatici tra il Marocco ed Israele dopo il rinnovo
delle relazioni tra Rabat e Tel Aviv nel 2020”.
Negli scorsi mesi le autorità militari marocchine avevano sottoscritto con Elbit
Systems pure un contratto per la fornitura di 36 semoventi ruotati di
artiglieria ATMOS (Autonomous Truck Mounted Howitzer System) da 155 mm.
“L’ATMOS è un sistema molto flessibile che consente di installare cannoni da 105
mm e 155/39 – 155/52 mm su telai di diversa provenienza, con cabina blindata per
la protezione di equipaggio ed artiglieri”, riporta Ares Difesa.
I sistemi di artiglieria ATMOS sono dotati di sofisticati apparati
computerizzati di comando e controllo del fuoco che consentono il caricamento
automatico in grado di erogare fino ad 8 colpi al minuto ed ingaggiare bersagli
entro un raggio di circa 40 km.
I semoventi possono ospitare da due a sei militari di equipaggio. Gli ATMOS sono
avio trasportabili da velivoli come i C-130 “Hercules” prodotti dal colosso
statunitense Lockheed Martin.
Articolo pubblicato in Africa ExPress il 31 agosto 2025,
https://www.africa-express.info/2025/08/31/nuovi-missili-israeliani-al-marocco-business-is-business/
Mentre a Gaza le forze armate di Israele proseguono impunemente la loro campagna
genocida contro il popolo palestinese, in una base aerea romana si sperimentano
sofisticate tecnologie israeliane grazie all’inedita partnership tra aziende
belliche nazionali ed internazionali e l’Aeronautica Militare italiana.
Odysight.ai Inc., società specializzata in tecnologie aerospaziali e di
rilevamento visivo ha reso noto di aver completato “con successo” una serie di
test in Italia sugli elicotteri AgustaWestland AW139 prodotti dalla holding
Leonardo SpA.
Secondo l’ufficio stampa dell’azienda israeliana che ha quartier generale a
Ramat Gan e stabilimenti nel Parco industriale di Omer (nei pressi della città
di Be’er Sheva, deserto del Negev), il sistema di sensori e video TruVision è
stato integrato sugli AW139 per monitorare grazie all’intelligenza artificiale i
dati operativi provenienti dalle macchine ed individuare gli eventuali guasti
prima che essi si manifestino.
“L’integrazione del sistema rappresenta per noi una prima presenza operativa in
Europa, un passo significativo verso l’espansione della società nel secondo
mercato di elicotteri più grande nel mondo”, riportano i manager di Odysight.ai.
“I test, in cooperazione con SIPAL, una società leader in Italia nel settore
ingegneristico, sono stati condotti dall’Unità Sperimentale Voli
dell’Aeronautica militare (R.S.V.), parte della Divisione di sperimentazione
aeronautica e spaziale, responsabile dello studio e della conduzione di tutti i
test a terra e in volo dei velivoli in dotazione alle forze aeree nazionali,
nonché dello sviluppo di software e hardware per i sistemi aeronautici”.
L’azienda israeliana non fornisce altre indicazioni sul reparto dell’Aeronautica
che ha fornito personale, mezzi e infrastrutture per i test dei sensori ma è
evidente che si tratta del Reparto Sperimentale Volo di Pratica di Mare (Roma)
che segue le prove in volo e a terra di tutti gli aeromobili e materiali di cui
la forza armata è in possesso o intende acquisire. L’Ente si occupa pure di
tutte le presentazioni in volo degli aeromobili dell’Aeronautica militare negli
spettacoli aerei e nei saloni aeronautici internazionali e provvede
all’addestramento iniziale dei reparti di volo che ricevono gli aeromobili di
nuova generazione. A Pratica di Mare dal 1° luglio 2014 opera inoltre il GIAS
-Gruppo Ingegneria per l’Aero-Spazio con l’obiettivo di espandere le competenze
tecnologiche ed operative dal dominio aeronautico a quello aerospaziale (fino a
100 km di quota).
“Dopo il precedente successo con l’Aeronautica militare israeliana e le più
importanti società aeronautiche degli Stati Uniti d’America, abbiamo avuto modo
di dimostrare tutte le nostre capacità e competenze in Europa”, ha enfatizzato
Yehu Ofer, presidente del consiglio di amministrazione di Odysight.ai, già
pilota e comandante dell’Israeli Air Force (IAF). “I test dell’Aeronautica
militare italiana rappresentano un importante tappa nell’espansione europea di
Odysight.ai. Lavorare accanto ai migliori esperti europei ci ha permesso di
dimostrare come le nostre tecnologie basate sull’Intelligenza Artificiale si
integrino bene negli ecosistemi aerospaziali esistenti”.
Yehu Ofer ha poi voluto ricordare come tutte le prove siano state condotte
sull’elicottero AgustaWestland AW139 di Leonardo, in dotazione all’Aeronautica
militare italiana. “Si tratta di un velivolo bimotore, multimissione, tra i più
venduti al mondo per applicazioni nel settore civile e militare”, ha affermato
il responsabile di Odysight.ai. “E’ una piattaforma significativa con più di
1.000 unità in servizio globale. Il modello è prodotto in collaborazione con
Boeing, e negli Stati Uniti la sua versione militare è conosciuta come MH-139A
Grey Wolf. L’aver operato su questa piattaforma così versatile e globalmente
riconosciuta ha consentito ad ambo le parti di conseguire gli elementi validi
per le future applicazioni”.
Oltre che dalle forze armate e dalla Polizia di Stato italiane, in campo
militare e per il controllo dell’ordine pubblico, gli elicotteri AW139 di
Leonardo sono stati acquistati da Algeria, Angola, Australia, Bangladesh,
Brasile, Bulgaria, Burkina Faso, Cile, Cina, Cipro, Colombia, Corea del Sud,
Costa d’Avorio, Croazia, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Estonia, Etiopia,
Giappone, Giordania, Grecia, Indonesia, Irlanda, Kenya, Libano, Libia, Malesia,
Malta, Marocco, Oman, Namibia, Nepal, Nigeria, Paesi Bassi, Pakistan, Panama,
Qatar, Repubblica del Congo, Slovenia, Spagna, Thailandia, Trinidad e Tobago,
Turkmenistan e USA. Come dire da mezzo mondo.
La società israeliana Odysight.ai produce sensori e visori AI e sofisticate
apparecchiature per applicazioni in ambito aerospaziale, trasportistico e
industriale-energetico. Oltre agli stabilimenti in Israele, Odysight.ai ha
aperto propri uffici di rappresentanza negli Stati Uniti d’America (a Carson
City, Nevada) ed in Europa, nello specifico a Milano. Il 22 settembre 2024 è
entrato a far parte del consiglio di amministrazione del gruppo israeliano il
manager italiano Carlo Papa, direttore della Fondazione ENEL e consulente
economico di SACE - Servizi assicurativi e finanziari per le imprese e di
BRG-Italia (Berkeley Research Group), società leader nel settore delle
consulenze finanziarie.
Nell’ultimo biennio, quello segnato dalle campagne militari israeliane contro la
Striscia di Gaza, il Libano, la Siria, lo Yemen e l’Iran, Odysight.ai ha
ottenuto importanti commesse dal Ministero della difesa e dalle forze armate di
Tel Aviv. Il 20 febbraio 2024 l’azienda ha annunciato la consegna
all’Aeronautica militare israeliana di un innovativo sistema automatizzato PdM
da montare a bordo degli elicotteri d’attacco Boeing AH-64 “Apache” per
“accrescerne gli standard di sicurezza e l’efficienza operativa”. Il mese
successivo Odysight.ai fa firmato un contratto del valore superiore al milione
di dollari per la fornitura di sofisticati sensori visivi e programmi AI per gli
elicotteri Lockheed Martin (Sikorsky) SH-60 “Seahawk” in dotazione alle forze
aeree israeliane. Il 24 giugno 2025 l’azienda ha reso noto di aver completato la
consegna alle autorità militari di Tel Aviv di un sistema di sensori ottici
destinato ai famigerati droni di intelligence ed attacco “Heron TP”,
ripetutamente impiegati a Gaza e in West Bank. “L’integrazione del sistema a
bordo dei velivoli senza pilota è parte di un più ampio sforzo per potenziare
l’aeronavigabilità e la sicurezza operativa delle forze aeree di Israele”, il
commento dei manager di Odysight.ai.
I test con gli elicotteri AW139 dell’Aeronautica italiana a Pratica di Mare
hanno invece preso il via a seguito della firma di un accordo di “partnership
strategica”, il 4 dicembre 2023, con il gruppo di ingegneria avanzata SIPAL SpA
di Torino. “Scopo primario della collaborazione sarà lo sviluppo di applicazioni
avanzate per il settore aerospaziale e per i mercati industriali di tutto il
mondo”, riporta la nota stampa pubblicata da Odysight.ai. “In particolare
saranno realizzate soluzioni di prossima generazione per accrescere le
competenze degli addetti alla manutenzione e all’ispezione interna dei velivoli
aerei. I sistemi misti saranno basati sui display forniti da SIPAL e dai visori
PHM di Odysight, inclusi gli algoritmi di intelligenza artificiale e sistemi di
analisi video. Essi consentiranno l’accesso a un vasto numero di dati raccolti
durante le operazioni di volo e da terra”.
Ancora più enfatiche le dichiarazioni del presidente del CdA di SIPAL SpA,
Ignazio Dogliani. “La nostra società guarda con grande interesse alla
realizzazione di progetti tecnologici in collaborazione con Odysight”, ha
spiegato Dogliani. “SIPAL è certa che la combinazione delle capacità
tecnologiche delle due aziende porterà a prodotti innovativi che potranno avere
un grande impatto nella condivisione di futuri mercati”.
Fondata nel 1978, la società di ingegneria avanzata SIPAL è stata acquista
integralmente dieci anni dopo dal Gruppo FININC SpA, uno dei principali
operatori specializzati nel settore delle concessioni e
nella progettazione, costruzione e gestione di grandi opere infrastrutturali sia
in Italia che all’estero. FININC è pure attivo in campo ospedaliero, attraverso
due investimenti in strutture sanitarie nel nord Italia.
Con capitale sociale di due milioni di euro e oltre 400 dipendenti in organico,
SIPAL SpA opera sia in campo militare che civile e lo scorso anno ha registrato
un fatturato di 47 milioni di euro. “Siamo un polo ingegneristico di riferimento
per l’ambito aeronautico, capace di offrire ai principali attori dell’Aerospazio
e della Difesa un ventaglio completo di attività collegate al Supporto Logistico
Integrato, incluse tutte le autorizzazioni di sicurezza necessarie per operare
ai più alti livelli di riservatezza e protezione delle informazioni e dei dati
dalle possibili intercettazioni”, spiegano i manager della società torinese.
Recentemente SIPAL ha aperto proprie sedi all’estero, a Washington (USA), in
India e in Romania. Oltre un centinaio i clienti di riferimento, tra cui le
forze armate e l’Arma dei Carabinieri e le maggiori aziende industriali militari
italiane ed internazionali (Iveco Defense Vehicles, Rheinmetall, Leonardo,
Thales Alenia Space, Piaggio Aerospace, ELT Group, Avio, ecc.).
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 5 novembre 2025,
https://pagineesteri.it/2025/11/05/mondo/dai-droni-di-gaza-agli-elicotteri-italiani-la-tecnologia-israeliana-entra-nei-cieli-di-roma/
"Sono previsti criteri di premialità per le proposte o per le offerte che
contemplino l’uso “di tecnologie di cybersicurezza italiane o di Paesi
appartenenti all'Unione europea o di Paesi aderenti alla NATO o di Paesi che
sono parte di accordi di collaborazione con l’Unione
europea o con la NATO in materia di cybersicurezza, protezione delle
infrastrutture classificate, ricerca e innovazione”.
Si legge così nelle Linee Guida dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale,
entrate in vigore lunedì 3 ottobre 2025.
I Paesi "partner" dell'Unione Europea e della NATO che consentiranno un "premio"
alle società italiane che acquisteranno tecnologie cyber, sistemi antivirus e di
videosorveglianza, tecnologie anti-drone e altre e per il controllo di droni? E'
sempre l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale a specificarlo nelle Linee
Guida: Australia, Corea del Sud, Giappone, Nuova Zelanda, Svizzera e
l'immancabile, Israele, Stato belligerante e genocida.
Da due giorni pertanto tutte le imprese che si rivolgeranno al complesso
militare-sicuritario-industriale israeliano per acquisire sistemi di
cybersecurity saranno premiate nei bandi di gara con la pubblica amministrazione
con otto punti in più rispetto alle concorrenti.
L'Italia ha sempre più il corpo, mani, braccia e gambe sporche del sangue
palestinese.
Più riviste specializzate avevano ipotizzato nei mesi scorsi che le nuove
corvette militari della Marina israeliana della classe Reshef in via di
realizzazione in Israele saranno armate con i cannoni OTO Melara Super Rapido da
76mm prodotte dal Gruppo Leonardo negli stabilimenti di La Spezia.
Adesso c'è la conferma dello Stato Maggiore della Marina da guerra di Tel Aviv:
dalla slide pubblicata con il design della corvetta di nuova generazione si
evince come a prua dell'imbarcazione sarà montata una torretta con il cannone
Super Rapido italiano, già in dotazione delle corvette della classe Sa'ar 6
impiegate per bombardare e distruggere il porto di Gaza dopo il 7 ottobre 2023.
La costruzione della prima corvetta della classe Reshef ha preso il via a metà
febbraio 2025 preso i cantieri navali Israel Shipyards di Haifa.
Il programma del ministero della Difesa israeliano prevede l'acquisizione di
cinque unità, con un costo complessivo di 780 milioni di dollari. Le corvette –
il primo esemplare dovrebbe essere consegnato nel 2029 – avranno un dislocamento
da 1.000 tonnellate, una lunghezza di 77 metri e una larghezza di poco inferiore
agli 11 metri.
Oltre all'OTO Melara Super Rapido da 76 mm (in grado di sparare fino a 120 colpi
al minuto), le corvette della classe Reshef saranno armate da un sistema SAM
Rafael C-DOME (versione navale del più famoso IRON DOME) con 4 lanciatori
verticali, e da una batteria di 8 missili supersonici antinave GABRIEL V.
Inoltre saranno montati a bordo anche 2 puntatori Rafael TYPHOON da 25/30 mm.
Il sogno della Grande Israele si conferma un'ottima occasione di affari per il
complesso militare industriale internazionale.
Il sito specializzato ItaMilRadar ha tracciato lunedì 26 ottobre 2025 il volo di
un grande aereo cargo KC-767A in dotazione al 14° Stormo dell'Aeronautica
Militare di Pratica di Mare (Roma) che dalla base aerea NATO di Decimomannu in
Sardegna ha raggiunto lo scalo polacco di Rzeszów, il maggiore hub della NATO
per i rifornimenti di armi, munizioni e mezzi di guerra alle forze armate
ucraine in guerra contro la Russia.
"Anche se non sono state rilasciate informazioni ufficiali, lo schema di volo e
la destinazione suggeriscono che la missione è legata al trasferimento di
equipaggiamento militare o di sistemi d'arma, dato che operazioni simili che
coinvolgono il velivolo KC-767A sono state osservate in passato", riportano gli
analisti di ItaMilRadar.
L'aereo da trasporto dell'Aeronautica Militare italiana ha lasciato Pratica di
Mare alle ore 12.32 di lunedì per poi raggiungere la base di Decimomannu.
Meno di un'ora dopo il KC-767A è decollato alla volta dello scalo-hub di Rzeszów
dove è giunto alle 17.14.
Il velivolo ha poi lasciato la Polonia per rientrare in Italia ed atterrare
nell'aeroporto militare di Pisa San Giusto (ore 20.13 locali).
L'Italia e le sue infrastrutture militari si confermano tra i maggiori supporter
di Kiev a livello internazionale.
Le forze armate israeliane continuano a bombardare la Striscia di Gaza
nonostante l'accordo di cessate il fuoco promosso da Donald Trump ma in Italia
c'è già chi pensa a fare affari miliardari con la "ricostruzione" di Gaza City.
L'edizione italiana di Fortune (nota rivista economica USA) ha pubblicato un
articolo dal significativo titolo "La ricostruzione a Gaza e le sfide per le
imprese tricolore" in cui elenca le principali società che punterebbero a
mettere le mani sull'affaire, stimato internazionalmente tra i 50 e i 70
miliardi di dollari.
"Le aziende europee avranno una corsia privilegiata nelle gare per la
ricostruzione, e in questo quadro aziende italiane come Webuild, Ansaldo
Energia, Saipem e Maire, potrebbero partecipare alle attività di ricostruzione",
scrive Fortune Italia. "Prysmian potrebbe essere coinvolta nella fornitura dei
cavi dell’alta tensione per ripristinare la rete elettrica e di quelli per
l’elettrificazione degli edifici. Ci sono poi aziende come Buzzi Unicem e
Cementir che potrebbero essere coinvolte in ogni caso, essendo tra i maggiori
produttori al mondo di cemento e calcestruzzo (e quindi in grado di collaborare
con chiunque sarà il committente dei lavori)".
In pole position dunque le aziende leader del settore costruzioni ed
engineering, prima fra tutte la Webuild asso pigliatutto delle Grandi Opere in
Italia, prima fra tutti il Ponte sullo Stretto di Messina, irrealizzabile, ma
per cui è previsto comunque un investimento non inferiore ai 15 miliardi di
euro.
"Si parla di aziende italiane di dimensione globale, abituate a destreggiarsi in
mezzo continente, tra appalti e tecnologie all’avanguardia", commenta ancora
Fortune Italia. "È interessante notare due fattori che potrebbero favorire le
aziende italiane: la prossimità geografica, che consente di abbattere i costi di
trasporto rispetto ad altri competitor e la prossimità politica, perché
indubbiamente il ruolo equilibrato del governo Meloni, favorevole alla pace ma
contrario a frettolosi riconoscimenti di nuovi stati e non equidistante tra
Israele e un gruppo terroristico come Hamas, ci rende più credibili agli occhi
di americani e israeliani".
In conclusione del suo articolo, Fortune Italia afferma con soddisfazione che
l’Italia, questa volta, "ha le carte giuste per contare".
Sì, "contare" senza doversi vergognare di contare le innumerevoli vittime
innocenti della sanguinaria campagna genocida di Israele, ampiamente sostenuta
dal trio del tricolore Meloni-Tajani-Crosetto.
Il rilascio degli ultimi ostaggi israeliani sopravvissuti dopo due anni di
prigionia, l’insperata liberazione di quasi duemila palestinesi trattenuti da
tempi immemorabili nelle prigioni-lager di Israele e, soprattutto, la riapertura
dei corridoi umanitari per l’afflusso di generi alimentari alla Striscia di
Gaza. Sono questi i primi effetti visibili del “piano di pace” di Donald Trump
o, meglio, dell’effimera “pax americana” imposta unilateralmente agli storici
alleati di Washington nell’area mediorientale.
Sulla seconda fase di quello che nelle intenzioni del “pacificatore” armato
dovrebbe condurre alla soluzione del “conflitto” israelo-palestinese (mai
conflitto si è caratterizzato per l’assoluta asimmetria delle forze degli attori
in campo) è invece notte fonda: nessuno ne ha capito ancora contenuti, modalità,
tempi e pratiche e dopo i tributi mainstream riservati a mister Trump e finanche
le proteste per il Nobel mancato, inizia a serpeggiare un tanto di sfiducia tra
gli analisti e le cancellerie di mezzo mondo.
In verità non c’è pace all’orizzonte in Palestina, anche perché per “fare la
pace” sono indispensabili processi dal basso, democraticamente discussi e
condivisi all’interno e tra le parti. Invece proprio questi ultimi sono stati
del tutto assenti dopo che gli USA si sono assunti l’impegno e l’onere di
premere un colpo d’acceleratore sulla “soluzione finale” della questione
palestinese, chiedendo al fragile governo Netanyahu di congelare sine die il
piano – quello vero – di “soluzione finale” manu militare, cioè di pulizia
etnica e “liberazione” dalla presenza di ogni essere vivente in buona parte
della Striscia di Gaza.
Un piano per la Palestina senza i palestinesi, le loro forme, pratiche di azione
e resistenza ed i propri legittimi rappresentanti politici organizzati che, per
questo, non ha alcuna credibilità né sostenibilità a medio e lungo termine. E
che il nazi-sionismo, sempre più forte in Israele e tra i governi alleati in
occidente non farà altro che sabotare in ogni modo per affermare il “diritto
esclusivo all’esistenza” della Grande Israele, dal Mediterraneo al fiume, non
certo il Giordano come si vorrebbe lasciar pensare, dato il devastante e
crescente impegno bellico di Tel Aviv in Libano, Siria, Yemen ed Iran.
L’esplicita fragilità e contraddittorietà della pax trumpiana impone alle
moltitudini mobilitatesi in questi mesi in ogni angolo del pianeta a mantenere
inalterati l’attenzione e l’impegno a fianco del popolo palestinese, contro le
politiche genocide di Israele e partner. E dobbiamo farlo innanzitutto nel
nostro Paese, uno dei più coinvolti nella legittimazione e nel sostegno dei
crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati da Netanyahu & C..
Il governo Meloni-Tajani-Crosetto-Nordio ha giocato e gioca un ruolo
determinante nei processi di riarmo e belligeranza di Israele: fornisce armi
distruttive ed intelligence alle operazioni di morte a Gaza e assicura la totale
impunità ai suoi peggiori protagonisti (meno di quindici giorni fa l’Italia è
stato l’unico paese europeo che ha consentito al Boeing in cui viaggiava il
leader di governo israeliano inseguito da un mandato di cattura internazionale
di transitare “senza incidenti” nello spazio aereo nazionale). E non c’è pace
senza giustizia e senza che la giustizia stessa sia garantita ed esercitata.
C’è che chi ritiene che Washington abbia “imposto” la falsa pax anche per
incrinare e indebolire il fronte internazionale di lotta al genocidio del popolo
palestinese, soprattutto all’interno di quei regimi – in Africa e Medio oriente
– dove la marea umana che invoca la Free Palestine potrebbe mettere in crisi lo
status quo che consente lo strapotere finanziario-economico e militare di
transnazionali yankee e petrosovrani.
Anche per questo dobbiamo continuare a riprenderci e vivere collettivamente
strade e piazze, licei e università, gli ingressi e i cancelli di quelle banche,
aziende o infrastrutture militari che hanno le mani sporche di sangue del popolo
palestinese perché hanno continuato a fare affari. fatturati e dividendi
sostenendo Tel Aviv e la furia genocida a Gaza. E dobbiamo farlo anche a partire
dall’appuntamento di martedì 14 ottobre, giornata in cui c’è chi vorrebbe
giocare ad Udine la partita della vergogna, l’incontro di calcio Italia-Israele
per le eliminatorie dei Mondiali 2026. Giocare sarebbe un colpo di spugna per
cancellare lo sterminio di centinaia e centinaia di giovani calciatori
palestinesi sotto il fuoco di bombardieri israeliani e legittimerebbe lo sport
come oppio dei popoli e oblio delle coscienze e della memoria storica
collettiva.
Blocchiamo tutto, boicottiamo tutto deve continuare ad essere l’impegno di tutti
fino a quando le forze armate israeliane non abbandonino Gaza, Gerusalemme Est e
West Bank, sia riconosciuto il pieno diritto all’autodeterminazione del popolo
palestinese e siano processati e condannati per crimini contro l’umanità tutti
coloro che direttamente e indirettamente hanno contribuito al primo genocidio
del Terzo millennio.
Articolo pubblicato in Alternativa il 13 ottobre 2025,
https://infoalternative.it/editoriali/dopo-il-cessate-il-fuoco-continuare-la-mobilitazione-per-il-riconoscimento-dei-diritti-del-popolo-palestinese/?fbclid=IwY2xjawNcDUVleHRuA2FlbQIxMABicmlkETBmWjlBYUUxUWlFZ2FvSnNuAR6iQM2ZX0JA37Ci6XapBN2_e45bvwqDOsQyCtpeQZdoknZyNLeL9LiiXeking_aem_CNzLtt_wTaXLUxeCNF_p2Q
Sul premier israeliano Benjamin Netanyahu pende dal 21 novembre 2024 un mandato
di cattura della Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità e
crimine di guerra, commessi dopo l’8 ottobre 2023 contro la popolazione
palestinese di Gaza. L’Italia poteva arrestarlo lo scorso 30 settembre ma ha
autorizzato, invece – unico paese europeo - che l’aereo in cui viaggiava di
ritorno in Israele dagli Stati Uniti d’America sorvolasse lo spazio aereo
nazionale.
Il sito specializzato ItaMilRadar ha tracciato nel pomeriggio di quella giornata
la rotta nel Mediterraneo dell’aereo del Boeing 767-338 dell’Aeronautica
Militare israeliana (numero di registro 4X-ISR) in cui viaggiava Netanyahu. Dopo
il decollo da New York, il Boeing ha superato lo Stretto di Gibilterra per poi
effettuare una lunga diagonale sopra il bacino marittimo per non dover passare
sui cieli di Spagna e Francia.
Il velivolo si è diretto verso nord-est volando prima a largo delle Baleari e
poi in direzione dello spazio aereo italiano. Il Boeing con il primo ministro
israeliano ha così sorvolato la Sardegna centrale e successivamente il sud della
Calabria per dirigersi infine verso l’Egeo e da lì all’aeroporto di Tel Aviv.
“L’aereo ha mantenuto la rotta a sud dell’isola di Creta, sorvolando le acque
internazionali, anche se all’interno della zona sotto il controllo radar di
Atene, ma comunque fuori dello spazio territoriale della Grecia”, riportano gli
analisti di ItaMilRadar.
“Grazie alla pianificazione del volo lontano dai paesi che hanno assunto una
posizione rigida sul dossier internazionale per il caso Netanyahu, è stata
minimizzata l’esposizione del velivolo alle giurisdizioni ritenute più
sensibili”, aggiunge ItaMilRadar. “Le autorità israeliane hanno preferito una
rotta molto più lunga: Atlantico, Gibilterra, Mediterraneo meridionale, Egeo,
Israele”.
Non prima però di attraversare impunemente l’Italia, paese sempre più coinvolto
e compromesso con il genocidio israeliano dei palestinesi.