Escalation bellica planetaria ed i reparti d’élite della NATO si addestrano in
Lazio alla guerra nucleare, chimica a batteriologica. A fine giugno si è
conclusa l’esercitazione multinazionale “Black Poison 2025”, una complessa
attività addestrativa condotta dalla Combined Joint Chemical, Biological,
Radiological and Nuclear Defence Task Force (CJ-CBRND-TF) della NATO, dal 1°
gennaio di quest’anno sotto la guida del 7° Reggimento difesa CBRN “Cremona” con
sede a Civitavecchia.
I war games si sono tenuti in alcune aree addestrative di Civitavecchia, Rieti e
Santa Severa (Roma) e hanno visto la partecipazione di reparti specializzati
provenienti da tre Paesi dell’Alleanza Atlantica (Francia, Germania e Polonia) e
di numerose unità dell’Esercito e dell’Aeronautica Militare italiani (Scuola
Interforze per la Difesa NBC di Rieti; Comando Artiglieria di Bracciano;
Battaglione Mezzi Mobili Campali della Scuola di Commissariato dell’Esercito di
Maddaloni, Caserta; 11° Reggimento Trasmissioni di Civitavecchia; Reggimento
Genio Ferrovieri di Castel Maggiore, Bologna; Reggimento Addestrativo Genio di
Roma; 3° Reggimento Supporto Targeting “Bondone” di Cassino). A “Black Poison
2025” ha partecipato pure la Brigata Informazioni Tattiche di Anzio, unità
dell’Esercito specializzata nelle attività di intelligence e nella guerra
elettronica.
“I reparti NATO sono stati impegnati in scenari complessi di contrasto a minacce
CBRN, simulando interventi in contesti civili e militari ad alta criticità”,
riporta lo Stato Maggiore dell’Esercito italiano. “Black Poison 2025 rappresenta
una tappa fondamentale per il mantenimento della prontezza della CJ-CBRND-TF
contro minacce asimmetriche e non convenzionali. Il suo obiettivo è stato quello
di testare l’interoperabilità tra le forze alleate e la gestione integrata delle
emergenze in ambienti contaminati o potenzialmente contaminati da agenti
chimici-biologici-radiologici-nucleari. Durante l’esercitazione sono state
simulate attività di ricognizione, identificazione, campionamento,
decontaminazione e gestione di scenari di crisi conseguenti all’impiego o alla
dispersione di agenti o sostanze CBRN”.
I giochi di guerra in un’ampia area del territorio laziale, sempre secondo i
vertici dell’Esercito, si inseriscono nel “più ampio contesto delle iniziative
NATO volte al rafforzamento delle capacità di deterrenza e difesa contro le
minacce CBRN, confermando ancora una volta il ruolo centrale dell’Italia e del
7° Reggimento difesa di Civitavecchia come punto di riferimento nel panorama
internazionale della difesa specialistica”.
Sempre in diverse aree addestrative e poligoni del Lazio si era tenuta nel marzo
2024 un’altra esercitazione di simulazione di guerra
nucleare-chimica-batteriologica, denominata allora “White Poison”. “Essa è stata
finalizzata a testare la capacità degli assetti specialistici nel contrastare
eventi non convenzionali in contesti operativi diversificati, al fine di
garantire un’adeguata e rapida risposta alla crescente complessità della
minaccia Chimica, Biologica, Radiologica e Nucleare”, ammetteva candidamente lo
Stato Maggiore dell’Esercito.
“White Poison 2024” è stata pure l’occasione di testare la prontezza operativa
dei militari appartenenti al 7° Reggimento difesa CBRN “Cremona” in vista
dell’assunzione del Comando della NATO Combined Joint CBRN Defence Task
Force (CJ-CBRND-TF), assetto multinazionale e interforze ad elevata prontezza,
designato in ambito alleato per “rispondere rapidamente in situazioni di crisi e
alle nuove sfide globali nel settore della difesa CBRN”.
La task force è stata attivata per la prima volta nel marzo 2022 in risposta
dell’invasione russa dell’Ucraina per “affrontare la sua pericolosa retorica
sulle armi nucleari, chimiche e biologiche”, così come riportato dal Comando
generale della NATO. “La Combined Joint CBRN Defence Task Force supporta oggi
gli sforzi dell’Alleanza per prevenire e contrastare gli attacchi con armi di
distruzione di massa o eventi CBRN”. L’unità specializzata conta attualmente su
un battaglione multinazionale addestrato ed equipaggiato specificatamente per
fronteggiare incidenti CBRN o attacchi contro i territori e le forze NATO. “Il
battaglione si addestra non solo per i conflitti armati, ma anche per
intervenire in caso di crisi, a supporto delle autorità civili, così come in
caso di disastri naturali e incidenti a complessi industriali”, spiegano i
vertici dell’Alleanza. La task force opera sotto l’autorità del Comando Supremo
Alleato in Europa (SACEUR) con quartier generale a Mons (Belgio), da sempre
guidato da un generale delle forze armate degli Stati Uniti d’America.
Il 7° Reggimento difesa Nucleare, Biologica e Chimica “Cremona” è stato
costituito il 31 dicembre 1998 a Civitavecchia. Il suo personale è stato
impiegato in alcune missioni internazionali, specialmente in Bosnia Erzegovina,
Kosovo, Albania, Macedonia del Nord, Afghanistan e Iraq.
A Civitavecchia, presso il comprensorio militare di Santa Lucia, è presente un
altro ente dell’Esercito specializzato nel settore delle armi di distruzione di
massa, il Centro Logistico Interforze per la Difesa NBC, anch’esso partecipante
alle esercitazioni “White Poison 2024” e “Black Poison 2025”. Il Centro si
occupa principalmente di sperimentazione e ricerca nel settore nucleare, chimico
e biologico e di sviluppo, produzione, approvvigionamento e collaudo di
materiali destinati alla difesa NBC. “Il CETLI in particolare svolge attività di
studio, verifiche ed applicazioni di carattere militare nel settore CBRN;
fornisce concorso nell’approvvigionamento di materiali e mezzi di rilevazione,
protezione e bonifica CBRN per le esigenze delle Forze Armate ed esegue la
riparazione, il mantenimento, il controllo di efficienza e le indagini tecniche
sui materiali CBRN in uso alla Difesa”, spiega lo Stato Maggiore dell’Esercito.
E che non si dica che il bel paese non si stia preparando alla guerra con
l’impiego delle armi di distruzione di massa…
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 30 giugno 2025,
https://pagineesteri.it/2025/06/30/in-evidenza/in-italia-le-prove-nato-di-guerra-nucleare-chimica-e-batteriologica/
Source - Antonio Mazzeo Blog
Una lezione di falsa democrazia che la falsa opposizione non ha inteso
contrapporre con una narrazione “altra”, in quanto essa è pienamente condivisa
in nome del realismo militarista tanto in voga nell’Unione europea fortezza di
guerra. “I nostri alleati USA non hanno utilizzato le basi militari in Italia né
ci hanno chiesto di poterlo fare in futuro. Se dovessero richiederlo, sarà il
Parlamento ad autorizzarlo”, ha dichiarato la premier Giorgia Meloni nelle ore
successive ai bombardamenti dei presunti siti nucleari iraniani, la notte del
solstizio d’estate 2025.
Del tutto falso che le forze armate USA non abbiano utilizzato per le loro
scorribande in territorio iraniano le maggiori infrastrutture logistiche e le
installazioni militari ospitate in territorio italiano. Dalla base di Camp Darby
e dal porto di Livorno in Toscana sono stati inviati sistemi d’arma e munizioni
alle truppe USA in Medio Oriente; i cacciabombardieri F-16 di US Air Force sono
stati trasferiti dalla base di Aviano (Pordenone) al Golfo Persico; i grandi
aerei cisterna, dopo essere decollati anch’essi da Aviano, hanno rifornito in
volo i bombardieri strategici B-2 da cui sono state lanciate le superbombe
contro i laboratori sotterranei iraniani; il comando della Marina Militare USA
per l’Europa e l’Africa di stanza a Napoli Capodichino ha diretto e coordinato
tutte le operazioni delle unità navali presenti nel Mediterraneo orientale e nel
Mar Rosso per offrire ad Israele una “copertura” anti-Teheran; lo stesso comando
ha pianificato il lancio di un gran numero di missili da crociera Tomahawak
contro l’Iran dal sottomarino nucleare “USS Georgia” di US Navy; gli aerei con e
senza pilota decollati dalla base siciliana di Sigonella, prima, durante e dopo
la notte del 21 giugno, hanno condotto innumerevoli attività di intelligence e
riconoscimento dei “target” iraniani; sullo spazio aereo della Sicilia – in
rotta tra Trapani e Catania, sono transitati i caccia F-22 “Raptor” che hanno
scortato i B-2 nella loro missione di morte e distruzione. Altro che
“estraneità” italiana alla guerra scatenata da Netanyahu e Trump contro Teheran…
Ma ciò che più dovrebbe indignare le donne e gli uomini di questo Paese è
l’assoluta ignoranza bipartisan dei più elementari principi del diritto
internazionale e della Costituzione italiana. Non ci può essere infatti
Parlamento in Italia, che a maggioranza o perfino all’unanimità, possa
legittimare una violazione così ignobile di norme e valori come quella della
trasformazione di porzioni del territorio in piattaforme avanzate per aggredire
e colpire un paese sovrano e assassinare donne e bambini. Ma nessuno, proprio
nessuno (elettroencefalogramma piatto quello di giuristi, intellettuali, forze
politiche e sociali, senatori e deputati di centrodestra e centrosinistra) ha
avuto l’ardire di scriverlo e ricordarlo.
Peccato davvero. Invece di invocare che le basi “italiane” non siano messe a
disposizione dei fedeli alleati belligeranti (penso in particolare a certi
pacifinti del Pd), avrebbero fatto meglio – loro che al governo ci sono stati
per anni “autorizzando” strike in Iraq, Afghanistan, Balcani, Libia, ecc. ecc. –
a riconoscere che caserme, scali aeroportuali e porti sono stati pensati per
fare la guerra e se pertanto esistono è in guerra che devono andare. L’unico
modo per “renderli innocui” e “pacifici” è quello di smantellarli subito, senza
se e senza ma, indipendentemente che operino con gli stendardi tricolore o a
stelle e strisce.
In quanto poi all’auspicio che sia comunque interdetto l’impiego “bellico” delle
nostre basi da parte dei partner NATO, ci sarebbe proprio da ridere (di rabbia)
se non ci trovassimo di fronte al lago di sangue da esse prodotto in mezzo
pianeta. C’ da chiedersi infatti in che modo il migliore degli esecutivi
innamorati dell’art. 11 della Costituzione, quello dell’Italia che ripudia la
guerra, potrebbe impedire che da Ghedi, Sigonella, Aviano, Capodichino, Gioia
del Colle o Amendola, non decollino i caccia USA zeppi di testate nucleari
tattiche (le B-61-12 che con tanto ardore stocchiamo e difendiamo a casa nostra)
per sganciarle a Mosca, Teheran, Pyongyang o Pechino? Gli scaglierebbero per
caso addosso i militari italiani così come avvenne, una volta sola nella storia
repubblicana, durante la “lunga” notte di Sigonella, quella del 10 ottobre 1986?
Ok, facciamo finta di credere pure noi alle fiabe e che in uno scatto d’orgoglio
(o di follia), un generale italiano imponga ad un collega USA il rispetto pieno
degli accordi di cooperazione bilaterale (pacta sunt servenda…). Ma se assai
ipoteticamente possibile per un velivolo o una nave da guerra, come si potrà mai
impedire che gli ordini d’attacco o certe informazioni strategiche non siano
trasmessi dagli oltre quaranta comandi che le forze armate USA hanno disseminato
in Italia? E come facciamo ad evitare che non sia impiegato il terminale
terrestre del MUOS di Niscemi, il più moderno sistema di telecomunicazioni
satellitari della Marina USA, per dirigere e governare le missioni degli “utenti
mobili” (bombardieri, droni, portaerei, sottomarini missili nucleari e
convenzionali) del Pentagono? C’è davvero solo un unico modo perché non si
ripeta quanto accaduto la notte del solstizio anti-Iran, quando US Navy da
Capodichino ordinò - via terminali e satelliti MUOS - il lancio dei Cruise
contro Teheran: far decollare gli F-35 dell’Aeronautica Militare da Amendola e
bombardare tutte le antenne USA innalzate nella riserva naturale di Niscemi in
barba alla Costituzione e alle leggi che tutelano il territorio, l’ambiente e la
salute umana.
Una nuova stagione di mobilitazione e di lotta deve prendere il via in Sicilia
per chiedere l’immediato smantellamento di tutte le infrastrutture belliche
esistenti (Sigonella e il MUOS di Niscemi in testa), per smilitarizzare e
denuclearizzare l’Isola e trasformarla in un Ponte di pace, dialogo e
cooperazione tra i popoli del Mediterraneo. I Comitati No MUOS e No War si sono
dati un appuntamento che alla luce di quanto accaduto nelle settimane scorse
diventa più che mai importante. Sabato 2 agosto ci sarà un corteo tra i sentieri
che si snodano accanto alle reti con il filo spinato dell’apartheid israeliano
che “difendono” la base nella titolarità ed uso esclusivo delle forze armate
d’oltreoceano. “In contrada Ulmo a Niscemi, contro il MUOS e la guerra, fino
alla liberazione della terra”, scrivono le attiviste e gli attivisti del
Movimento. “L’unico modo che conosciamo per affrontare i tempi duri è questo:
lottare, rilanciare, scendere in piazza, ritornare insieme lì dove stiamo da
anni, davanti a quella base di morte, per ricordare che non vogliamo essere
complici con guerre e genocidi…”.
Articolo pubblicato in Le Siciliane Casablanca, n. 88, maggio-giugno 2025
Mercoledì 9 luglio sono stati monitorati alcuni atterraggi di velivoli militari
nell’aeroporto “civile” di Comiso (Ragusa), intitolato a Pio La Torre, il
segretario del PCI siciliano assassinato per il suo impegno contro la mafia, la
militarizzazione dell’Isola e l’installazione dei missili nucleari Cruise
proprio a Comiso.
Mentre ormai lo scalo civile sembra essere destinato alla chiusura si fanno
sempre più forti le pressioni per una sua conversione a fini bellici.
La scorsa settimana il ministro della difesa Guido Crosetto ha annunciato che la
Sicilia sarà trasformata in piattaforma addestrativa per i top gun USA e NATO
che utilizzano i cacciabombardieri di quinta generazione F-35 (a capacità
nucleare).
In tanti hanno pensato che sarà la stazione aeronavale di Sigonella a fare da
hub addestrativo per l’US Air Force; personalmente ritengo invece che le
autorità militari per tutta una serie di ragioni (anche logistico-operative)
opteranno per un’altra destinazione.
L’aeroporto di Comiso è un'”ottima opzione”, ma non scarterei anche la
possibilità che vengano utilizzati pure gli aeroporti militari di Trapani-Birgi
(già base NATO per le operazioni degli aerei radar AWACS) e Pantelleria (in
questo scalo in più esercitazioni sono atterrati i velivoli F-35 in dotazione
all’Aeronautica Militare italiana).
La lotta contro la militarizzazione della Sicilia – a partire dall’opposizione
alla riconversione a fini militari di Comiso – deve diventare l’obiettivo
prioritario di ogni soggetto sociale e politico che intenda richiamarsi
all’Utopia di Pio La Torre di una Sicilia Ponte di Pace e Cooperazione tra i
popoli del Mediterraneo.
Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 10 luglio 2025,
https://www.stampalibera.it/2025/07/10/laeroporto-pio-la-torre-di-comiso-verso-la-riconversione-a-scalo-di-guerra-usa-nato/?fbclid=IwY2xjawLcxtBleHRuA2FlbQIxMQBicmlkETBmWjlBYUUxUWlFZ2FvSnNuAR5QmkbkUqenAohpOAzI-CXxNXFnsXNWxfViPe8wwNlH0SqYAmoMVL9JZvdwtw_aem_x901abPCyhAJBoKXAP2eOw
Poche ore dopo il bombardamento dei siti nucleari iraniani di Fordow, Natanz ed
Esfahan, un grande drone MQ-4C “Triton” della Marina Militare degli Stati Uniti
d’America ha effettuato una lunga missione di intelligence, sorveglianza e
riconoscimento nello spazio aereo dello Stretto di Hormuz e del Golfo Persico.
Parte della rotta di volo del velivolo da guerra, registrato con il numero
169661 (nome in codice Overlord), è stata tracciata da ItaMilRadar, sito che
documenta il traffico aereo militare nel Mediterraneo e in Medio Oriente.
“L’MQ-4C Triton di Us Navy – spiegano gli analisti di ItaMilRadar - ha sorvolato
lo Stretto di Hormuz, l’Oman e gli Emirati Arabi nel corso della mattinata di
domenica 22 giugno, probabilmente per monitorare le reazioni dell’Iran
all’attacco dei bombardieri B-2 e garantire piena conoscenza di quanto accade
alle forze navali USA presenti nell’area”.
Non è stato possibile identificare lo scalo di partenza e arrivo del velivolo
senza pilota, ma il “Triton” numero 169661 è di norma assegnato dal Pentagono
alla stazione aeronavale siciliana di Sigonella, nell’ambito del programma di
“ampia sorveglianza aereo-marittima” BAMS (Broad Area Maritime Surveillance) nel
Mediterraneo. Nello specifico si tratta di uno dei quattro MQ-4C “Triton”
schierati a Sigonella dal 2024, in forza al locale distaccamento avanzato del
19° Squadrone di pattugliamento con aerei senza pilota di US Navy (VUP-19
squadron), con quartier generale a Jacksonville, Florida.
L’MQ-4C “Triton” è un drone a lungo raggio, basato sulla piattaforma dell’RQ-4
“Global Hawk”, versione “Block 20”, è stato prodotto dall’industria aerospaziale
statunitense Nortrop Grumman. Rispetto alla versione “madre” entrata in funzione
con l’US Air Force (anch’essa operativa dalla base di Sigonella), il nuovo
velivolo monta una struttura alare rinforzata per volare in condizioni
meteorologiche avverse e resistere maggiormente alla grandine, all’impatto con i
volatili, ai fulmini e al ghiaccio.
Lungo 14,5 metri e con un’apertura alare di 39,9, il “Triton” può operare entro
un raggio di 2.000 miglia nautiche dalla base di decollo, a un’altitudine
massima di 18.288 metri e una velocità di crociera di 575 km/h. Il velivolo gode
di un’autonomia di volo tra le 24 e le 30 ore consecutive. Nel corso di una sola
missione i sofisticati sensori di bordo sono in grado di rilevare, classificare
e tracciare obiettivi marittimi operanti in profondità monitorando fino ad una
superficie di quattro milioni di miglia nautiche.
I velivoli schierati a Sigonella sono stabilmente impiegati in attività di
intelligence, sorveglianza e riconoscimento nei cieli del Mediterraneo orientale
e del Golfo Persico, a supporto delle operazioni belliche della flotta USA
contro le milizie Houthi in Yemen e di quelle delle forze armate israeliane
contro la popolazione palestinese a Gaza o in Libano, Siria, Yemen e Iran.
Gli analisti di ItaMilRadar avevano già tracciato due operazioni top secret
dell’MQ-4C “Triton” con numero identificativo 169661M nel Mediterraneo
orientale. La prima è avvenuta il 30 gennaio 2025; dopo il decollo da Sigonella
il drone ha raggiunto le coste della Siria, per sorvolarle nel corso della notte
e rientrare all’alba nella base siciliana. La seconda missione risale al 3
febbraio successivo; anche in questo caso dopo il decollo da Sigonella, il
velivolo ha sorvolato tutta la notte i cieli della Siria.
“Il drone si è pure soffermato per un certo tempo sulle acque del Libano,
operando esclusivamente nello spazio aereo internazionale e fuori dalla zona FIR
di Beirut”, riportava ItaMilRadar. “Né durante il viaggio di andata, né in
quello di ritorno è stato possibile osservare elementi specifici che lasciano
pensare che abbia monitorato la flotta russa attualmente in navigazione nel
Mediterraneo centrale. La presenza del Triton nella regione sottolinea
l’importanza strategica assunta dal Mediterraneo orientale. Dato che le
dinamiche geopolitiche continuano ad evolversi, la sorveglianza militare e la
raccolta di informazioni rimangono fondamentali per le maggiori potenze in
termini di sicurezza e controllo”.
Anche nella mattinata di oggi 23 giugno è stato monitorato il decollo da
Sigonella di un drone RQ-4B “Global Hawk” di US Air Force (identificato con il
numero 09-2049, nome in codice Forte10) che ha poi raggiunto lo spazio aereo tra
l’isola di Cipro e l’Egitto. “Si tratta di una missione inusuale per un Global
Hawk”, scrivono gli analisti di ItaMilRadar. “L’area del Mediterraneo orientale
è la stessa dove sono state osservate numerose missioni dei pattugliatori
P-8A Poseidon di US Navy, anch’essi schierati a Sigonella. Ciò che spicca questa
volta è la relativa distanza della zona di pattugliamento dalle coste del Medio
oriente, attività svolta di norma non dagli assetti aerei di US Air Force ma da
quelli di US Navy. Mentre i droni MQ-4C della Marina USA operano
specificatamente nel Mediterraneo, i Global Hawk dell’Aeronautica vengono
impiegati comunemente sui cieli del Mar Nero e della Regione baltica. Non è
ancora chiaro cosa ha catturato l’attenzione USA, ma la concentrazione delle
recenti missioni in quest’area conferma il sempre maggiore interesse che essa
riveste per Washington”.
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 26 giugno 2025,
https://pagineesteri.it/2025/06/26/medioriente/le-attivita-di-intelligence-anti-iran-con-i-droni-usa-di-sigonella/?fbclid=IwY2xjawLOWkNleHRuA2FlbQIxMABicmlkETBmWjlBYUUxUWlFZ2FvSnNuAR7DOiq2xc1thE4bqFGrnJJ_wSI_GBLR5qAux8oWagUm-K4oo856ZXfOQpqT7w_aem_lCWfLibNDtGTzNKpt5MZqQ
Antonio Mazzeo è insegnante, giornalista e peace researcher. Ha iniziato
giovanissimo a occuparsi dei temi della pace, seguendo le iniziative contro
l’installazione dei missili nucleari Cruise nella base di Comiso. Da allora, si
dedica a seguire e criticare i processi di militarizzazione in Sicilia, sua
terra d’origine, e, in generale, in Italia.
È attivo anche sulle questioni relative al disarmo, all’ambiente e al contrasto
alla mafia. Ha un passato da cooperante nei Balcani e America Latina. Partecipa
a incontri, conferenze e dibattiti e scrive articoli e saggi. Ha approfondito
l’argomento della presenza delle basi USA e NATO sul territorio italiano ed è
tra i promotori dell’Osservatorio per monitorare e denunciare l’attività
di militarizzazione nelle scuole e nelle università.
È autore, insieme a Lelio Bonaccorso e Deborah Braccini, del fumetto “Sigonella.
Le guerre alle porte di casa” (La Revue Dessinée Italia, n. 4 – 2023).
Nel 2025 ha pubblicato, con Manifesto libri, un volume dal titolo “La scuola va
alla guerra”.
Abbiamo posto alcune domande proprio sui temi della presenza di basi militari
non italiane sul territorio nazionale e l’infiltrazione di uno spirito
militarista nelle scuole.
Perché ci sono Basi NATO e USA in Italia?
Il processo di militarizzazione del territorio italiano a partire
dall’installazione di basi militari USA e NATO deve essere inserito nel contesto
della Guerra Fredda tra Washington e l’Unione Sovietica, a conclusione del
secondo conflitto mondiale. Dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia nel luglio
del 1943, il nostro Paese è stato cooptato nell’area di influenza della Gran
Bretagna prima, degli Stati Uniti d’America subito dopo. In quest’ottica
l’Italia ha assunto progressivamente il ruolo di grande piattaforma per le
operazioni di proiezione avanzata USA e NATO nel Mediterraneo e in Medio
Oriente. Contestualmente la presenza dei reparti d’eccellenza e delle maggiori
centrali d’intelligence a stelle e strisce ha avuto la funzione di “dissuasione”
da qualsivoglia tentativo di trasformazione e democratizzazione dell’assetto
sociale ed economico. Un fronte interno, rappresentato dai partiti di massa e
dalle organizzazioni sindacali della sinistra, che è stato contrastato anche
militarmente. Penso in particolare alla strategia delle cosiddette “stragi di
Stato”, con sanguinosi attentati terroristici eseguiti da organizzazioni di
estrema destra grazie al sostegno e la copertura dei servizi segreti alleati e
di apparati istituzionali interni impropriamente “deviati”.
Esiste una differenza dal punto di vista giuridico e politico tra Basi NATO e
USA?
Sì, e lo hanno abbondantemente documentato docenti di diritto internazionale o
costituzionalisti come il professore Sergio Marchisio o il magistrato ed ex
senatore Domenico Gallo, tra gli altri. Nella realtà bellica odierna, tuttavia,
si è creata un’ampia area grigia, ibrida, dal punto di vista politico e
giuridico, che rende sempre più difficile orientarsi e distinguere finalità e
funzioni di queste infrastrutture. Penso in particolare alla grande stazione
aeronavale siciliana di Sigonella dove “convivono” comandi e infrastrutture
dell’Aeronautica Militare italiana, dell’Alleanza Atlantica (ad esempio il
Centro di controllo del sistema di sorveglianza con droni AGS) e quelle ad “uso
esclusivo” delle forze armate statunitensi (tra esse anche il MUOS* a Niscemi).
A Sigonella operano poi reparti e sistemi militari che rispondono all’Unione
Europea o all’agenzia Frontex che controlla le frontiere esterne UE in funzione
anti-migranti. Uno scenario complesso, dunque, ben oltre i limiti dei principi
sanciti dalla Costituzione e della sovranità nazionale.
*(n.d.r.) Mobile User Objective System (MUOS): è un moderno sistema di
comunicazione satellitare della marina militare statunitense. È composto da
cinque satelliti geostazionari e quattro stazioni terrestri, di cui una a
Niscemi, in Sicilia (e le altre in Australia, Stati Uniti e Hawaii). È
utilizzato per il coordinamento di tutti i sistemi militari statunitensi
esistenti, in particolare i droni (fonte:https://www.nomuos.info/, consultato il
7/06/2025). Questi sono stati puntualmente allocati alla fine di marzo 2024
nella base militare americana di Sigonella, in provincia di Siracusa, come
riferito dallo stesso comando della Naval Air Station ivi stanziato
(fonte: https://www.lanotiziagiornale.it/a-sigonella-e-arrivato-triton-il-super-drone-della-marina-usa-e-gia-operativo/,
consultato il 7/06/2025)
Teoricamente l’Italia potrebbe chiedere lo smantellamento di tutte le basi
militari non italiane sul proprio territorio? E praticamente?
Nonostante la “sovranità limitata” dalla presenza di centri e comandi che
rispondono agli interessi geostrategici di Washington, l’Italia ha tutti gli
strumenti giuridici per poter decidere di uscire dalla NATO e chiedere il ritiro
dal proprio territorio delle forze armate di paesi terzi. Certo sarebbe un
processo tutt’altro che indolore (citavo prima l’uso delle bombe nelle banche e
ai treni per arrestare l’avanzata delle sinistre), ma ritengo che nulla potrebbe
fermare la volontà di autodeterminazione popolare e delle forze politiche e
sociali autenticamente democratiche. In verità le relazioni Italia-USA-NATO sono
molto più “interessate”. Ci sono gruppi economici, finanziari ed energetici di
casa nostra che hanno stretto legami strettissimi con il capitale
transnazionale, facendo grossi affari con Washington ed i partner alleati e
pertanto ritengono utile e opportuno il do ut des secondo cui “ti faccio fare
ciò che vuoi dalle basi in cui ospito i tuoi reparti armati e finanche le tue
testate nucleari”, ma tu “mi consenti di continuare ad accrescere fatturati e
profitti a casa tua…”. Quanti sanno in Italia che le maggiori holding
militari-industriali italiane (Leonardo SpA, Fincantieri, Beretta Group, ecc.)
hanno il Pentagono tra i maggiori clienti internazionali?
Pensa che la neutralità dell’Italia sia un’opzione praticabile?
Non solo la penso praticabile, ma auspico che la “neutralità” vada interpretata
immediatamente, sia per garantire il pieno rispetto del diritto costituzionale e
di quello interno e sia per poter assumere il sempre più necessario ruolo di
ponte di dialogo e cooperazione tra gli Stati e i popoli. Con la guerra ormai
alle porte di casa, l’Italia ha solo una via d’uscita per non essere coinvolta,
anzi travolta, da un terzo conflitto mondiale totale: la neutralità “attiva”, la
mediazione tra le parti, la diplomazia della Pace.
Crede che l’aspirazione al disarmo e le esigenze di difesa siano conciliabili?
Se sì, in che modo?
E’ stato del tutto alterato e degenerato il reale significato di “difesa”. Ormai
il termine è sinonimo di riarmo, deterrenza nucleare, conflitto armato. Si
ignora invece che mai come adesso dovremmo operare tutte e tutti in “difesa”
della Pace, dei diritti umani e sociali, delle garanzie costituzionali, dei
territori, dell’ambiente, della giustizia. Disarmarsi oggi, rifiutare il
dissennato piano ReArm Europe della UE e della NATO, significa finalmente
riprendersi la vita e impedire l’olocausto nucleare e la scomparsa dell’umanità
dal pianeta.
Esiste un’infiltrazione militarista nelle scuole? Se sì, da parte di chi? In che
modo è attuata e quali interessi la sostengono? Qual è la risposta di studenti
e insegnanti?
La militarizzazione del sistema educativo italiano è un processo che sta
investendo le scuole di ogni ordine e grado, da quelle dell’infanzia agli
istituti secondari di secondo grado, in ogni parte del paese. Ormai non c’è
attività didattica che non veda salire in cattedra rappresentanti delle forze
armate (non soltanto quelle italiane, ma anche quelle “ospitate” nelle basi USA
e NATO) e dei manager delle grandi e piccole aziende del comparto
bellico-industriale. Una fase storica segnata dalla guerra permanente non poteva
purtroppo risparmiare i luoghi di formazione globale delle nuove generazioni,
così come è avvenuto durante il fascismo quando la pedagogia del regime aveva
l’obiettivo di imporre il massimo consenso alle disavventure coloniali,
“educando” alla cieca obbedienza e al sacrificio per la “patria”. Le guerre
moderne hanno bisogno di enormi risorse finanziarie per acquistare sistemi
sempre più sofisticati, disumanizzati e disumanizzanti, a costo di tagli
draconiani al welfare e alla precarizzazione delle vite, specie di quelle dei
minori e degli adolescenti. Si entra nelle scuole o si ospitano le scuole in
caserma, nei poligoni di guerra e nelle fabbriche di armi per imporre la
“cultura della difesa e della sicurezza”, l’accettazione della legittimità e
dell’ineluttabilità della guerra. Ma le guerre moderne, così come lo mostra al
mondo il sanguinoso conflitto fratricida russo-ucraino, hanno bisogno di
“giovani e forti” per il combattimento corpo a corpo. Carne da cannone, così
come accadeva nelle trincee della prima guerra mondiale. A questi fini, USA, la
NATO e lo Stato Maggiore italiano si preparano da decenni. In passato c’è stata
scarsa attenzione a questo processo e alla sua immensa pericolosità.
Fortunatamente i risultati sono del tutto diversi da quelli che si attendevano i
signori della guerra: crescono tra le nuove generazioni la consapevolezza del
rischio di autodistruzione e il ripudio di ogni forma di guerra e sopraffazione
tra gli Stati. Le manifestazioni di solidarietà con il popolo palestinese
vittima del genocidio israeliano ne è la testimonianza più evidente. Ma anche
tra i genitori e gli insegnanti si moltiplicano le forme di dissenso contro il
militarismo e la militarizzazione imperante nelle istituzioni scolastiche. Due
anni fa, docenti, organizzazioni sindacali di base del mondo della scuola,
l’associazionismo cattolico-pacifista hanno costituito l’Osservatorio contro la
militarizzazione delle scuole e delle università. Da allora sono state
tantissime le denunce e le azioni di contrasto contro questo fenomeno. Se la
Scuola va alla Guerra, c’è ancora una Scuola che aspira profondamente alla Pace
e al Disarmo.
Quali letture consiglierebbe a chi volesse approfondire questi argomenti?
Fortunatamente sono innumerevoli i testi prodotti in questi anni sui temi della
Pace e del Disarmo o di analisi sulle cause e gli effetti dei conflitti in
corso. Forse sarebbe meglio ricordare che esistono in Italia centri di
documentazione che li raccolgono e li socializzano. Penso in particolare
all’Archivio Disarmo di Roma o al Centro “Sereno Regis” di Torino, ecc. La vera
sfida culturale, oggi, è moltiplicare queste esperienze dal basso.
Ringraziamo il prof. Mazzeo per le sue risposte puntuali, esaustive e
appassionate.
Intervista a cura di Maurizio Salustro, pubblicata l’8 giugno 2025 in Clessidra
XXI,
https://www.clessidra2021.it/2025/06/08/parla-antonio-mazzeo-litalia-e-paese-a-sovranita-limitata-bisogna-puntare-alla-neutralita-attiva/
Un’operazione, quella delle unità d’assalto della Marina militare israeliana
contro il veliero umanitario “Madleen” della Freedom Flotilla, che ricorda
tantissimo gli attacchi armati e gli abbordaggi di uno dei reparti d’eccellenza
delle forze armate italiane, la Brigata “San Marco” di Brindisi.
Componente da sbarco della Squadra Navale, la Brigata Marina “San Marco” ha
capacità di dispiegamento rapido in ogni teatro operativo. Dal Libano al Golfo
Persico, dalla Somalia all’Iraq e all’Afghanistan, non c’è stata missione
internazionale che non abbia visto operare i team del “San Marco” a fianco della
unità interforze da combattimento, italiane e dei paesi membri della NATO.
Soprattutto nelle azioni di incursione e arrembaggio contro le unità navali
“nemiche” o semplicemente “sospette” (prime fra tutte le imbarcazioni “pirata”
in navigazione nel Golfo di Guinea o al largo delle coste del Corno d’Africa).
Non appare certamente casuale che a metà dicembre 2022, meno di dieci mesi prima
da quel fatidico 7 ottobre 2023 in cui ha preso il via la campagna militare
genocida di Israele contro i cittadini palestinesi di Gaza, il Comando della
Brigata Marina “San Marco” con quartier generale a Brindisi, tributò i massimi
onori al generale israeliano delle forze armate israeliane, Itai Veruv.
Comandante degli istituti di formazione militare dello Stato di Israele, Itai
Veruv era al tempo a capo delle Depth Corps, i corpi d’élite creati nel 2011 per
operare in tempi rapidissimi “in profondità in territorio nemico”, specie contro
le milizie di Hamas e Hezbollah. I Depth Corps sono stati tra le unità da guerra
più attive nei più recenti raid di morte nella Striscia di Gaza e nel sud del
Libano.
“Il Generale di Divisione Itai Veruv, è stato accolto dal Comandante della
Brigata, Contrammiraglio Massimiliano Giuseppe Grazioso, durante la visita alle
strutture della Brigata Marina San Marco e alla base navale di Brindisi”,
riportò in nota lo Stato Maggiore della Marina Militare italiana, con tanto di
foto gallery che - alla luce di quanto accaduto la scorsa notte - è davvero
inquietante.
“Durante la visita il Generale ha potuto assistere ad alcune peculiari attività
addestrative della Brigata, tra cui la discesa in barbettone (Fast Rope) e in
corda doppia (Rappellig) su parete e su container, dimostrazioni di
combattimento militare corpo a corpo ed attività specialistiche di contrasto a
dispositivi esplosivi improvvisati (Counter-IED). Ha potuto, inoltre, osservare
alcuni mezzi terrestri e anfibi impiegati dai Fucilieri, tra cui l’Amphibious
Assault Vehicle (AAV-7) – veicolo cingolato anfibio in grado di navigare e
muoversi su terra”.
In occasione della sua missione ufficiale a Brindisi, il comandante in capo dei
Depth Corps israeliani è stato pure ospite del Gruppo Mezzi da Sbarco del “San
Marco”, a bordo di un battello d’assalto anfibio ad alta velocità, per “testarne
le capacità durante una breve navigazione nello specchio di mare portuale”.
“Nel contempo si è potuto assistere ad una attività dimostrativa di abbordaggio
svolta sulla nave d’assalto anfibia “San Marco” da un team del 2° Reggimento
della Brigata”, aggiungeva lo Stato Maggiore della Marina. “Al termine della
visita, presso la Sala Federico II del Castello Federiciano di Brindisi, il
Generale Veruv, apprezzate le specificità e la versatilità della Forza Anfibia
della Marina Militare, ha ringraziato i Comandanti della Brigata Marina San
Marco e della Terza divisione navale sottolineando l’importanza di questo genere
di incontri, precisando l’evidente e reciproco interesse conoscitivo tra i Paesi
e la volontà futura di poter programmare attività congiunte tra le Marine dei
due paesi”.
Artic0olo pubblicato in Pagine Esteri l’11 giugno 2025,
https://pagineesteri.it/2025/06/11/medioriente/cooperazione-militare-israele-italia-i-depth-corps-e-la-brigata-san-marco/
Il sottomarino a propulsione nucleare "USS Georgia" da cui sono stati lanciati i
missili da crociera Tomahawk Block V che hanno colpito i siti nucleari iraniani
di Natanz e Esfahan, si era addestrato il 17 luglio 2024 nelle acque del
Mediterraneo centrale con i Marines USA e con gli incursori del COMSUBIN della
Marina Militare italiana di stanza a La Spezia.
L'esercitazione dei corpi speciali è stata svolta sotto la guida del Comando
delle Forze navali USA in Europa in Africa NAVEUR-NAVAF che ha sede nella città
di Napoli.
Si tratta del Comando USA che ha coordinato tutte le operazioni del sottomarino
nucleare "USS Georgia" da quando è stato schierato dal Pentagono nel
Mediterraneo e nel Golfo Persico per operare a fianco di Israele e contro gli
Houthi in Yemen. E, adesso, contro l'Iran...
In foto un momento dell'esercitazione dello scorso anno con gli uomini del
CONSUBIN.
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 23 giugno 2025,
https://pagineesteri.it/2025/06/23/medioriente/litalia-e-la-guerra-usa-israele-contro-liran/
Passa immancabilmente dalla base siciliana di Sigonella parte del sostegno
delle forze armate USA alla guerra di Israele contro l’Iran.
Secondo il sito specializzato ItaMilRadar che monitorizza il traffico aereo
militare nel Mediterraneo, nei giorni 13, 15 e 16 giugno sono state documentate
lunghe missioni nello spazio aereo prossimo ad Israele, Libano e alla Striscia
di Gaza di un velivolo-spia Boeing P-8 “Poseidon” di US Navy, decollato dalla
stazione aeronavale di Sigonella.
“L’aereo ha svolto missioni di sorveglianza particolarmente inusuali a largo
della costa israeliana”, scrivono gli analisti di ItaMilRadar. “Il Poseidon ha
voltato a basse quote — a volte scendendo sotto gli 800 piedi (243 metri
d’altitudine, nda) — suggerendo la possibile ricerca di qualcosa che navigasse
sotto la superficie del mare”.
“Tuttavia, è preferibile mantenere una certa cautela su questi voli di
riconoscimento”, aggiungono gli analisti. “Negli ultimi due giorni, i Poseidon
sono tornati a volare a più alte altitudini, continuando a monitorare la regione
— possibilmente tenendo un occhio puntato su navi di superficie sospette,
incluse unità cargo che potrebbero potenzialmente trasportare armi per tentare
di attaccare Israele”.
Se resta incerta la motivazione dell’escalation dei voli nel Mediterraneo
orientale degli aerei-spia di stanza a Sigonella, il trasferimento in alcune
basi aeree europee di numerosi aerei cisterna di US Air Force confermerebbe
l’intenzione di Washington di intervenire direttamente nel conflitto
israelo-iraniano.
Sempre ItaMilRadar ha tracciato nel corso di lunedì 16 giugno l’arrivo di “più
di 20 aerei tanker del tipo Boeing KC-46A e Boeing KC-135R/T” negli scali
militari di Morón e Rota in Spagna e di Ramstein in Germania.
“I velivoli di US Air Force sono decollati da diverse basi in territorio
statunitense, incluse quelle di Tampa, Oklahoma City, Wichita, Wrightstown e
Pittsburgh”, spiegano gli analisti di ItaMilRadar. “Fino ad ora non siamo in
grado di capire se essi hanno sorvolato l’Atlantico da soli o accompagnando
altri assetti dell’Aeronautica degli Stati Uniti d’America, né in che modo essi
siano legati alla guerra Israele-Iran, ma è innegabile che questo pesante
traffico aereo è del tutto inusuale”.
Non ci sono conferme sul possibile atterraggio a Sigonella dei Boeing KC-46A o
KC-135R, anche se la stazione aeronavale siciliana è stata prescelta in ambito
NATO come futuro hub mediterraneo per i grandi aerei cisterna delle flotte USA
ed europee.
Relativamente ai P-8 “Poseidon” di stanza a Sigonella va ricordato che essi
svolgono generalmente operazioni antisommergibile ed antinave e missioni di
intelligence, sorveglianza e ricognizione (ISR), sia nel Mediterraneo che nel
Mar Nero.
Realizzati dal colosso industriale Boeing modificando i velivoli 737/800
impiegati nel settore commerciale, sono equipaggiati con sofisticati radar
APY-10 che possono mappare un’area di 10.000 metri quadri da una distanza di più
di 220 miglia. Gli aerei possono essere impiegati contro “target” di superficie
e in immersione lanciando missili antinave AGM-84 Harpoon e siluri Mark 54.
Il Comando di US Navy ha deciso di localizzare a Sigonella la flotta di P-8A
“Poseidon” destinata ad operare nel Mediterraneo, in Africa settentrionale e in
Europa orientale nell’ambito del cosiddetto programma BAMS (Broad Maritime Area
Surveillance) di “rafforzamento della propria superiorità strategica nello
svolgimento di missioni prolungate ISR”, a fianco dei droni USA “Global Hawk” e
“Triton” ed AGS della NATO, operativi anch’essi dalla grande base siciliana.
Per i nuovi pattugliatori sono state ampliate a NAS Sigonella le aree di
parcheggio e le piste ed è stato realizzato un maxi-hangar con annesso centro di
manutenzione del costo di 26,5 milioni di dollari, inaugurato ufficialmente a
metà gennaio 2022.
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 17 giugno 2025,
https://pagineesteri.it/2025/06/17/mondo/lombra-di-sigonella-sui-bombardamenti-israeliani-alliran/?fbclid=IwY2xjawK-f4RleHRuA2FlbQIxMQBicmlkETBmWjlBYUUxUWlFZ2FvSnNuAR4eqxiqR5pM9ed93w3euGW1GGdvpUHLalgXUsG5obuK5jOocnJkm7yWzguygQ_aem_B4AW9NwWSRGYN1YFEc4qrw
Giornalista freelance, insegnante, attiv
ista di tante battaglie pacifiste, contro la guerra e la militarizzazione, fra
cui quella NO MUOS, Antonio Mazzeo è finito a processo con l’accusa di
“diffamazione a mezzo stampa” per aver contestato la decisione della dirigente
di un istituto scolastico, di chiedere l’intervento di militari della Brigata
Meccanizzata “Aosta”, armati di tutto punto, per impedire “pericolosi”
assembramenti davanti la scuola.
Il MUOS (Mobile User Objective System) è un nuovo sistema militare di
telecomunicazioni satellitari che consente la trasmissione di informazioni,
video, dati, a tutti gli “utenti mobili”: centri di comando e controllo, reparti
e mezzi terrestri, unità navali, sottomarini, cacciabombardieri, droni
d’attacco, batterie missilistiche, e altro ancora. Il MUOS è un sistema adottato
dalle forze armate degli Stati Uniti d’America, perché possano affermare la
propria superiorità universale, tramite una rete di mega-antenne e satelliti per
telecomunicazioni ad alta velocità, affinché sull’infinito domini l’oscurità
della violenza, della guerra, della morte. Il MUOS è un sistema atto a
propagare, dilatare, moltiplicare gli ordini di attacco militare di tipo
convenzionale, chimico, batteriologico e nucleare, per bombardamenti sempre più
virtuali, computerizzati, disumanizzati e disumanizzanti perché la coscienza
degli assassini non possa mai incrociare gli occhi di chi soffre e la
disperazione delle vittime innocenti. Il MUOS incarna le molteplici
contraddizioni della globalizzazione neoliberista e capitalista, in quanto
uccide in nome della pace e dell’Ordine sovranazionale, devastando il clima,
l’ambiente e il territorio.
Come hanno reagito i pacifisti e gli attivisti nonviolenti all’installazione di
questo sistema d’arma?
L’ Eco MUOStro è stato installato a Niscemi, nei pressi di Caltanissetta, in
Sicilia, nel cuore di un’importante riserva naturale. L’impianto verte su tre
grandi antenne paraboliche che emettono onde elettromagnetiche in grado di
penetrare la ionosfera e i tessuti di ogni essere vivente. La popolazione locale
si è mobilitata per oltre dieci anni contro questo dissennato progetto bellico
dagli enormi impatti di tipo ambientale e sulla salute. Donne e uomini si sono
indignati per essere stati ignorati, traditi, svenduti e così sono scesi in
piazza a protestare e a manifestare il proprio dissenso, costringendo sindaci,
consigli comunali e provinciali a votare delibere contro il MUOS. Sono state
presentate numerose interrogazioni parlamentari; sono stati sottoscritti
moltissimi appelli e firmate innumerevoli petizioni per revocare le
autorizzazioni ai lavori, insieme a dibattiti, convegni, marce, digiuni e altre
forme di contestazione nonviolenta e pacifica. Ci sono stati scioperi generali
indetti dal basso a Niscemi e per la prima volta nella storia una base ad uso
esclusivo delle forze armate statunitensi è stata occupata per ore da migliaia
di manifestanti. Purtroppo alla fine è prevalsa la logica di distruzione e morte
dell’apparato militare-industriale transnazionale.
Avete vissuto l’EcoMUOStro come una grande sconfitta? Vi siete sentiti impotenti
di fronte a questo sistema di potere imposto dall’alto?
Il Movimento No Muos è stato sempre consapevole della sproporzione delle forze
in campo: da una parte migliaia di cittadini, giovani, donne che hanno sentito
il diritto-dovere di rimettersi in gioco in prima persona in difesa del loro
territorio e dei valori della pace, del disarmo e della cooperazione tra i
popoli; dall’altra, la prima potenza militare e nucleare del pianeta, aggressiva
e arrogante come sempre, in campo per affermare la piena supremazia sulle
risorse della terra e la sempre più iniqua ridistribuzione della ricchezza.
Ciononostante il Pentagono e i suoi più stretti alleati politici e militari in
Italia e in Sicilia sono stati messi più di una volta sotto scacco. I lavori
d’installazione del terminale terrestre del MUOS sono stati bloccati e ritardati
per anni e le ragioni dei No MUOS sono state riconosciute dai Tribunali penali e
amministrativi (si pensi alla recente sentenza del Consiglio di giustizia
amministrativa che ha dichiarato del tutto illegittime le autorizzazioni al
progetto rilasciate dalla Regione Sicilia). Certo se dovessimo limitarci a
vedere che l’esito finale di queste straordinarie mobilitazioni è stata la messa
in opera del Muostro, dovremmo dire che tutto è stato inutile. Ma quelle
campagne di opposizione hanno rappresentato per intere generazioni di siciliani
fondamentali momenti di crescita individuale e collettiva e una presa di
coscienza dei propri diritti e degli effetti nefasti dei processi di
militarizzazione e stupro dei territori. Ciò non potrà non avere rilevanti
conseguenze sociali e culturali a medio e lungo termine. E ciò concorrerà, ne
sono certo, a sviluppare nuovi percorsi di lotta per la pace, la giustizia e la
difesa dell’ambiente.
I governi nazionali che si sono succeduti e l’attuale governo dei banchieri
dell’alta finanza sono sempre favorevoli alla costruzione del MUOS. Il libro di
Antonio Mazzeo vuole denunciare, attraverso le tante voci della gente di
Niscemi, la prepotenza ottusa e la protervia ostinata dei vertici del potere,
favorevoli all’Eco MUOStro, un sistema-business per i mercanti di morte, che
comporta soprattutto la proliferazione della grande industria bellica, ma anche
un intenso inquinamento elettromagnetico, proveniente dai trasmettitori del
sistema, con devastanti microonde ad altissimo impatto ambientale. L’industria
della morte si impone ancora, famelica, insaziabile, inesorabile.
Con questo tuo libro sul MUOS sei riuscito a smuovere le coscienze di molti fino
ad arrivare a un processo. Puoi parlarcene?
No, davvero, non credo che un libro, da solo, possa riuscire a smuovere
coscienze e generale proteste, mobilitazioni, opposizioni. Il MUOStro di
Niscemi è stato solo un lavoro di analisi, sintesi e sistematizzazioni per
rendere il più possibile chiare a tante e tanti siciliani le tantissime
contraddizioni, anzi i crimini, di tipo sociale e ambientale, geostrategico,
perfino mafiosi, di questo progetto di rafforzamento della presenza militare
statunitense nell’Isola. Spero di esserci riuscito in parte ma non è più di
quello che può essere chiesto a un impegno di controinformazione. In fondo è
poco, davvero poco, rispetto alla portata educativa e formativa e generatrice di
dissenso delle azioni dirette e delle pratiche di disobbedienza civile dei No
MUOS.
Cosa ti aspetti per il nostro futuro prossimo anche dal momento che siamo sul
crinale del baratro di una terza guerra mondiale e potenzialmente nucleare con
l’attuale guerra tra Russia e Ucraina e con le tante guerre imposte nel mondo
dai poteri forti?
Sì, da quel maledetto 24 febbraio 2022 avverto profondamente il timore
dell’ennesimo rapido balzo dell’umanità verso l’olocausto globale.
L’inarrestabile escalation di questo conflitto fratricida ha rafforzato la mia
convinzione degli immani pericoli che potranno derivare a breve per la
popolazione mondiale. E del resto sono già tantissime le persone in tutto il
pianeta che stanno pagando un prezzo enorme in termini di sofferenza, fame,
salute, accesso alle risorse energetiche, e via dicendo. Mi addolora poi la
scarsissima opposizione generale, alla guerra e alla cultura di morte imperante.
Mai come adesso siamo a un passo dalla guerra nucleare totale eppure le piazze
sono vuote come non mai e il pacifismo si presenta fragilissimo. Sì, gli scenari
futuri appaiono tragici. Ma forse proprio per questo dobbiamo provare ad esserci
con tutte le nostre energie. Dobbiamo resistere all’uragano della morte,
coscienti dei rapporti di forza, ma decisi e intransigenti. Siamo certamente
stanchi, delusi e avvertiamo il peso delle tante, troppe sconfitte. Ma siamo
ancora vivi. Noi e i nostri figli. Per noi e i nostri figli.
Intervista a cura di Laura Tussi, pubblicata in Transform! Italia il 5 giugno
2024, https://transform-italia.it/leco-muostro-e-limpegno-di-antonio-mazzeo/
Dopo tre anni è tornata a bombardare le postazioni Houthi in Yemen a fianco
delle forze armate degli Stati Uniti d’America e del Regno Unito. Nel 2024 si è
invece caratterizzata per l’esecuzione di 345 condanne a morte, in buona parte
per decapitazione. Il Regno dell’Arabia Saudita è paese belligerante, all’indice
per le sistematiche violazioni dei diritti umani, ma l’Italia del governo
Meloni-Tajani-Crosetto ha scelto di consolidare la partnership
politico-diplomatica e militare-industriale con le autorità di Riyadh.
Per promuovere la cooperazione tra l’Esercito italiano e le forze armate saudite
dal 14 al 17 aprile scorso una delegazione dello Stato Maggiore guidata dal
generale Carmine Masiello si è recata in visita ufficiale in Arabia Saudita. La
missione ha previsto incontri con alti ufficiali e rappresentanti delle
istituzioni militari locali; in particolare la delegazione è stata ospite del
Comando delle forze di terra saudite, della National Defence University e
dell’Accademia militare “King Abdulaziz” di Riyadh.
“Tra gli obiettivi principali della missione vi è stato il rafforzamento delle
partnership industriali, il supporto allo sviluppo di nuove capacità, la
partecipazione ad esercitazioni congiunte e l’ammissione di personale saudita a
corsi di formazione in Italia”, spiega il ministero della Difesa. “Durante gli
incontri, sono stati affrontati temi cruciali legati alla sicurezza e alla
cooperazione militare, evidenziando le aree in cui l’Italia può fornire
supporto, in particolare attraverso l’industria della difesa e l’addestramento”.
Altrettanto enfatiche le dichiarazioni rese dal Capo di Stato Maggiore
dell’Esercito a conclusione della visita nel Regno saudita. “La cooperazione
militare è uno dei tanti pilastri che rafforzano il profondo rapporto di
amicizia tra i nostri Paesi”, ha espresso il generale Masiello. “Per elevare i
rapporti bilaterali tra i due Eserciti, siamo pronti per un piano d’azione
strutturato, con priorità condivise, per approfondire la conoscenza reciproca e
crescere insieme, interrogandoci sulle sfide emergenti e sul futuro degli
scenari”. (1)
A fine gennaio era stata la presidente del consiglio Giorgia Meloni a recarsi in
visita ufficiale in Arabia Saudita. Con il principe ereditario e primo ministro
del Regno, Mohamed bin Salman Al Saud, la Meloni ha assunto l’impegno a giungere
ad una “cooperazione strutturata” tra i due paesi, specie in campo
economico-finanziario e, ovviamente, militare-industriale. Ampia convergenza è
stata espressa su diverse questioni globali e regionali: dal rafforzamento delle
relazioni tra l’Unione europea e il Consiglio di cooperazione del Golfo alla
“ricerca di una pace giusta e duratura” in Ucraina; dal “consolidamento del
cessate il fuoco a Gaza” al “sostegno a un processo politico inclusivo” in Siria
e Libano. Giorgia Meloni e Mohamed bin Salman Al Saud si sono pure dichiarati
concordi nell’avviare iniziative comuni e collaborazioni pubblico-private nel
continente africano. (2)
Il via vai tra Roma e Riyadh di ministri, generali e ammiragli è stato
intensissimo negli ultimi due anni e mezzo. Il 25 gennaio 2023 il Capo delle
forze armate saudite, generale Fayyadh bin Hamed Al-Ruwaili è stato ospite a
Roma del ministro della Difesa Guido Crosetto, dell’allora Capo di Stato
Maggiore, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, e del responsabile del Comando
operativo di vertice interforze (COVI), generale Francesco Paolo Figliuolo. Il
generale Al-Ruwaili è stato pure accompagnato a visitare alcune delle maggiori
aziende del comparto militare-industriale: Fincantieri, Leonardo e Mbda (società
leader in ambito missilistico, controllata da Airbus, Bae Systems e Leonardo).
(3)
Guido Crosetto si è invece recato a Riyadh il 17 ottobre 2023 per incontrare il
ministro della Difesa, principe Khalid Bin Abdulaziz. “I due responsabili della
Difesa si sono confrontati su argomenti di stretta attualità, evidenziando il
comune impegno nel rafforzare il dialogo e la collaborazione tra Arabia Saudita
e Italia”, ha riferito l’ufficio stampa del ministero. “Crosetto si è anche reso
disponibile a esplorare nuovi ambiti di collaborazione per incrementare
l’interoperabilità delle Forze Armate dei due Paesi a beneficio della sicurezza
del Mediterraneo e del Golfo Arabico (…) dove l’Arabia Saudita svolge un ruolo
strategico per il processo di stabilizzazione dell’intera area”. (4)
La cooperazione congiunta nel settore della ricerca, dello sviluppo e della
produzione di sistemi d’arma è stata al centro della “prima edizione” del Joint
Consultative Committee Arabia Saudita-Italia, tenutosi nella capitale saudita il
4 e 5 dicembre 2023, presente l’allora Segretario generale della Difesa e
direttore nazionale degli armamenti, generale Luciano Portolano (oggi Capo di
Stato maggiore della difesa). Il generale Portolano è poi tornato a Riyadh il 7
febbraio 2024 per incontrare il Capo della Difesa del Regno, generale Fayyadh
al-Ruwaili.
Il 29 aprile 2024 ancora il Capo di Stato Maggiore ha ricevuto a Roma una
delegazione militare saudita guidata dal viceministro della Difesa, Ibrahim
Ahmed Al-Suwayed. “Durante l’incontro, volto ad avviare una partnership
strategica di lungo periodo, sono stati condivisi argomenti inerenti la
cooperazione tecnico-militare e i principali programmi di Difesa tra l’Italia e
il Paese mediorientale”, ha riportato in nota lo Stato Maggiore italiano. (5) I
vertici delle forze armate sauditi ancora in missione ufficiale a Roma il 13
maggio, con tanto di omaggi all’Altare della Patria e al Sacrario delle
Bandiere.
Fedeli alleati da oltre un trentennio
Con il ministero della Difesa e dell’Aviazione dell’Arabia Saudita, l’Italia
vanta un accordo di cooperazione da più di trent’anni. Esso fu sottoscritto il
17 febbraio 1993 dall’allora ministro della difesa, on. Salvo Andò (Psi), e dal
principe-generale Sultan bin Abdulaziz, e venne ratificato dal Parlamento il 2
marzo 1998. Nello specifico le due parti si impegnarono a costituire un Comitato
Misto Consultivo per promuovere attività tecnico-amministrative di mutua
collaborazione nel settore della formazione e dell’addestramento militare e
delle forniture ed acquisizioni di sistemi d’arma. L’Accordo aveva durata
quinquennale ma è rimasto in vigore sino ad oggi. (6)
Specie nell’ultima decade si è assistito alla crescita del numero di ufficiali
sauditi ospiti in Italia per stage formativi presso le accademie militari di
Modena, Pozzuoli e Livorno, le scuole di volo dell’Aeronautica o il Centro Alti
Studi della Difesa. A seguito della firma di un accordo tecnico tra
l’Aeronautica italiana e la Royal Saudi Air Force (23 marzo 2016, l’anno
successivo all’inizio dell’intervento bellico saudita in Yemen), gli allievi
piloti sauditi svolgono l’iter per il conseguimento del brevetto di pilota
militare presso il CAE MultiCrew di Pratica di Mare (Roma) e, per la “linea
elicotteri”, presso il 72° stormo di Frosinone. Ad essi si sono aggiunti i
percorsi addestrativi presso il Centro di Formazione Aviation English di Loreto
(Ancona), il 70° stormo dell’Aeronautica di Latina e, per l’addestramento alla
guida dei cacciabombardieri, presso il 61° stormo di Galatina (Lecce). (7) Il
personale specializzato dell’Aeronautica saudita svolge inoltre stage formativi
presso l’Istituto di Medicina Aerospaziale (IMAS) di Roma.
Le accademie militari italiane, in collaborazione con le università statali,
forniscono al personale militare saudita alcuni percorsi di laurea in dottrine
di guerra. All’Accademia Navale di Livorno, gli ufficiali della Marina e della
Capitaneria di Porto del Regno possono conseguire il titolo di dottore
in “Scienze Marittime e Navali” e in “Scienze del Governo e dell’Amministrazione
del Mare”. A Torino, presso la Scuola di Applicazione dell’Esercito e la Scuola
Interdipartimentale in Scienze Strategiche dell’Università degli Studi, il
personale militare saudita consegue la laurea specialistica in “Scienze
Strategiche”. “Lo scenario didattico del corso, frutto di una efficace sinergia
fra Esercito e Università, prevede cinque indirizzi: politiche organizzative,
sistemi gestionali, comunicazioni, logistica, economico – amministrativo”,
spiega lo Stato Maggiore. “Obiettivo comune della Scuola di Applicazione
dell’Esercito e della Scuola Universitaria Interdipartimentale è formare
professionisti militari e civili in grado di affrontare e risolvere situazioni
complesse nell’ambito di crisi e conflitti, in scenari nazionali e
internazionali (…) attraverso mirati soggiorni all’estero e l’osmosi culturale
fra mondo militare, accademico, scientifico, imprenditoriale e della
comunicazione”. (8) Il 1° agosto 2022 alla “giornata del laureato” in Scienze
Strategiche era presente a Torino una delegazione militare saudita guidata dal
Comandante del “King Abdulaziz Military College” di Riyadh, generale Ali Saleh
B. Alhudaif. (9)
Affari d’oro per le industrie di morte
Governo e forze armate sono in prima linea per accreditare presso il Regno
saudita le “eccellenze” della produzione bellico-industriale made in Italy.
Riyadh ha lanciato un programma strategico a medio termine (Kingdom of Saudi
Arabia Vision 2030) per ridurre la dipendenza dal petrolio e diversificare la
propria economia, principalmente grazie a sempre maggiori investimenti in ambito
militare e allo sviluppo di una produzione industriale che assicuri che non meno
del 50% dei sistemi d’arma venga realizzato in territorio saudita. Momento clou
per il rafforzamento delle relazioni tra le aziende italiane del comparto
militare e le forze armate dell’Arabia Saudita è stato il “World Defense Show”,
il salone espositivo degli armamenti tenutosi nella capitale araba dal 4 all’8
febbraio 2024.
Alla presenza del vice-segretario generale della Difesa e della direzione
nazionale degli armamenti, ammiraglio Pier Federico Bisconti e del viceministro
Ibrahim Al Suwaied, il gruppo Leonardo SpA ha sottoscritto un memorandum of
understanding con l’Autorità generale per l’industria militare saudita per
sviluppare investimenti e collaborazione nei settori dell’aerospazio, della
manutenzione e riparazione di velivoli, della produzione di sistemi di guerra
elettronica e radar e per l’assemblaggio di elicotteri. “Il MOU offre inoltre
alle parti un focus su aree specifiche, sia nel settore del combattimento aereo,
che in quello dell’integrazione multi-dominio, campi dove Leonardo sta
sviluppando tecnologie di nuova generazione (…) sistemi a pilotaggio remoto,
sensori integrati, digitalizzazione”, spiegano i manager del gruppo italiano.
“Le parti si impegnano altresì ad esplorare opportunità per la supply chain
nazionale in Arabia Saudita, e più in generale, per il ruolo di Leonardo nella
regione…”. (10)
Altri accordi tecnici con le principali aziende belliche italiane sono stati
sottoscritti in occasione della visita a Riyadh della premier Giorgia Meloni a
fine gennaio 2025. In particolare Leonardo SpA, ELT Group (già Elettronica) e
Fincantieri hanno firmato memorandum con la General Authority for Military
Industries (GAMI), l’entità che cura la localizzazione delle spese militari, con
la Saudi Arabian Military Industries (SAMI), holding statale che controlla le
aziende belliche, e con Shamal Group, gruppo di proprietà del ministero degli
esteri che fornisce servizi alle industrie della difesa.
Le industrie italiane guardano con particolare attenzione all’Arabia Saudita
quale possibile cliente del cacciabombardiere di sesta generazione (GCAP –
Global Combat Air Programme) in via di sviluppo dal consorzio guidato da
Leonardo, BAE Systems (Regno Unito) e Mitsubishi Heavy Industries (Giappone).
L’Aeronautica militare saudita ha anche avviato i negoziati per l’acquisto di un
secondo lotto di caccia “Eurofighter Typhoon” (48-56 esemplari), prodotti
dall’omonimo consorzio europeo in cui è presente ancora Leonardo.
“Ma grandi opportunità ci sono pure nel settore elicotteristico – gli NH-90 del
consorzio internazionale NHIndustries, ma non solo – e nel settore navale”,
scrive RID – Rivista Italiana Difesa. “In quest’ultimo, ricordiamo il requisito
per quattro nuove fregate leggere e la richiesta di informazioni inviata a
Fincantieri”. Tra caccia, elicotteri e unità navali, le potenziali commesse
saudite comporterebbero una spesa di oltre dieci miliardi di euro. (11)
Note
1)
https://www.esercito.difesa.it/comunicazione/Pagine/Il-Capo-di-Stato-Maggiore-dell%E2%80%99Esercito-Italiano-in-Arabia-Saudita-250424.aspx
2)
https://www.avionews.it/item/1262125-visita-del-presidente-meloni-in-arabia-saudita-e-sulla-vespucci.html
3)
https://www.agenzianova.com/news/una-delegazione-militare-dellarabia-saudita-in-italia-per-discutere-di-cooperazione/
4)
https://www.difesa.it/il-ministro/comunicati/difesa-il-ministro-crosetto-in-arabia-saudita-n-119/29827.html
5)
https://www.difesa.it/sgd-dna/notizie/una-delegazione-della-difesa-dellarabia-saudita-in-visita-a-segredifesa/51647.html
6)
https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1998;48#:~:text=Il%20Presidente%20della%20Repubblica%20%C3%A8,Khalid%20il%2017%20febbraio%201993
7)
https://www.difesaonline.it/news-forze-armate/cielo/scuole-di-volo-al-72%C2%B0-stormo-di-frosinone-consegnati-4-brevetti-di-pilota-ai
8)
https://www.esercito.difesa.it/comunicazione/Pagine/Il-198-corso-Saldezza-a-Torino_180904.aspx
9)
https://www.esercito.difesa.it/comunicazione/Pagine/Giornata-del-Laureato-2022-a-Torino_220801.aspx
10)
https://www.leonardo.com/it/press-release-detail/-/detail/05-02-2024-leonardo-signs-mou-with-the-kingdom-of-saudi-arabia-for-aerospace-and-defence-collaboration-opportunities
11)
https://www.rid.it/shownews/7082/italia-e-arabia-saudita-l-rsquo-intesa-diventa-strategica-tante-opportunita-nel-settore-militare
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 5 maggio 2025,
https://pagineesteri.it/2025/05/05/primo-piano/italia-arabia-saudita-roma-dimentica-diritti-umani-e-guerre-e-consolida-la-cooperazione-militare/
L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università è il
riferimento contro chi vuole imporre la cultura militarista
“La scuola va alla guerra” è il titolo di un volume uscito a gennaio di
quest’anno per Manifestolibri. L’autore è Antonio Mazzeo, giornalista e peace
researcher, che da anni scrive articoli e saggi, realizza inchieste, raccoglie
documentazione, partecipa a incontri ed eventi in tutt’Italia per denunciare il
rischio della militarizzazione dell’istruzione. «È un processo – spiega Mazzeo,
che insegna educazione fisica alle medie a Messina – che non ha risparmiato
nessuna fascia generazionale».
Quando ha iniziato a occuparsi di militarismo?
Con il movimento per la pace. Sin dall’adolescenza, quando seguii la lotta
contro l’installazione dei missili nucleari Cruise nella base di Comiso. Come
ricercatore e giornalista ho seguito innanzitutto i processi di militarizzazione
in Sicilia, poi in tutto il Paese.
Come ha capito che era un fenomeno di portata nazionale?
Credevo si trattasse di anomalie legate a singole scuole che, subendo la
pressione di territori particolarmente militarizzati, aprivano l’istituzione
scolastica alla presenza delle forze armate: eventi sporadici, spesso dedicati a
temi non prettamente militari, che però registravano una presenza crescente di
rappresentanti delle forze armate. Poi, raccogliendo documentazione e
segnalazioni, ho preso coscienza che non era così: c’era dietro un preciso
progetto.
Come ha preso forma il tentativo di militarizzare la scuola?
Si è sviluppato negli ultimi 15-20 anni, anche se per molto tempo se n’è parlato
poco. Ha interessato tutta la scuola, da quella dell’infanzia a quella
secondaria di secondo grado, fino ormai all’università. Sono stati firmati
protocolli, il primo a livello nazionale è del 2014, e definiti accordi quadro
tra i ministeri dell’Istruzione e della Difesa. A volte è stato coinvolto anche
il ministero del Lavoro, ad esempio per i percorsi di alternanza scuola-lavoro,
oggi PCTO, che prevedevano la presenza degli studenti in basi e infrastrutture
militari, anche dentro le maggiori aziende del comparto militare-industriale.
Perché si vuole “invadere” la scuola?
L’obiettivo strategico è affermare la cultura della difesa e della sicurezza,
espressione che si trova ormai in tutti i documenti strategici delle forze
armate. Si vuole il consenso delle nuove generazioni su un modello di forze
armate che intervengono a 360°: sia all’estero, nelle varie missioni
internazionali, sia all’interno, in sfere una volta non di loro competenza.
Lei è stato fra i protagonisti del lancio dell’Osservatorio contro la
militarizzazione delle scuole e delle università. Com’è nata l’idea?
Su invito di centri di formazione per insegnanti, come il Centro Studi per la
Scuola Pubblica (Cesp), o di organizzazioni come Pax Christi, ho iniziato a
tenere un po’ in tutt’Italia corsi di formazione per il personale scolastico
sulla militarizzazione del mondo dell’istruzione. È emersa così l’esigenza, da
parte di insegnanti, intellettuali, sindacalisti, di strutturarsi. Sia per
organizzare meglio la raccolta e sistematizzazione di documentazione, sia per
costruire momenti di opposizione concreta.
A marzo 2023 alla Camera dei Deputati è stato lanciato un appello, firmato da un
centinaio tra docenti di scuola pubblica e universitari, da cui è nato
l’Osservatorio. Che oggi è un punto di riferimento per il mondo della scuola ma
anche per quel mondo politico e sociale più impegnato contro i processi di
militarizzazione e riarmo e contro la guerra. L’Osservatorio organizza anche
campagne, come quella dello scorso anno contro Giochi Preziosi che voleva
proporre zainetti per la scuola con i loghi degli apparati d’élite delle forze
armate. O la campagna per chiedere le dimissioni dei rettori delle università
pubbliche italiane aderenti alla Fondazione Med-Or legata a Leonardo, principale
azienda italiana produttrice di armi.
Che strumenti ha a disposizione il singolo insegnante o genitore per dire «no»?
L’Osservatorio ha prodotto un vademecum che indica gli strumenti giuridici
utilizzabili per opporsi concretamente ad attività quali una visita scolastica a
una base militare. Iniziative del genere non possono essere imposte da circolari
ministeriali o uffici scolastici e tanto meno da dirigenti scolastici, ma devono
essere discusse dagli organi collegiali. Altrimenti sono attività in violazione
di norme nazionali, a partire dalla libertà d’insegnamento sancita in
Costituzione, di disposizioni contrattuali e di norme internazionali che
regolamentano le funzioni del sistema educativo. E ci si può opporre, ad esempio
con la diffida. L’esperienza dell’Osservatorio comunque ci ha insegnato che
l’impatto maggiore si ottiene con la denuncia mediatica.
La militarizzazione della scuola sta vincendo?
Solo 3-4 anni fa, se parlavi di questi argomenti eri visto come un alieno.
Mentre oggi c’è un’enorme presa di coscienza in insegnanti, genitori e studenti.
Anche perché questi anni sono stati segnati da una guerra costante, dal
conflitto in Ucraina al genocidio del popolo palestinese, al rischio di una
guerra globale. Questa “pressione bellica” credo abbia imposto di assumere
l’enorme pericolosità del militarismo come un pericolo per la sicurezza di
ognuno di noi. Perché è funzionale a un modello di guerra permanente. Per cui
sono ottimista perché, nonostante l’apparato militare-industriale-finanziario
abbia investito enormi risorse, non ha “conquistato le menti” delle nuove
generazioni. Che anzi, come la stragrande maggioranza della popolazione,
rifiutano la guerra. Per essere più precisi, come dice la Costituzione, la
ripudiano.
Intervista a cura di Andrea Di Turi, pubblicata in Valori il 10 ottobre 2024,
https://valori.it/militarizzazione-scuola-intervista-antonio-mazzeo/
Si formeranno in Italia i piloti della ricostituita aeronautica di guerra della
Libia. A renderlo noto l’ufficio pubblica informazione delle forze aeree
italiane. Il 25 marzo, il capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare,
generale Luca Goretti, ed il capo della Libyan Air Force, generale Amhamed
Gojel, hanno firmato a Roma un accordo tecnico bilaterale sull’addestramento in
favore dei top gun e degli istruttori di volo libici.
L’accordo prevede la partecipazione del personale militare dello Stato
nordafricano ai corsi di addestramento presso il 70° Stormo dell’Aeronautica di
stanza a Latina e presso il 61° Stormo di Galatina (Lecce) per le fasi 2 e 3
dell’iter addestrativo. Parte della formazione teorica si svolgerà anche presso
il centro di formazione Aviation English di Loreto (Ancona), la scuola di lingue
straniere dell’Aeronautica.
L’intesa sottoscritta dai generali Goretti e Gojel disciplina i vari aspetti del
percorso addestrativo del personale libico negli specifici programmi erogati dal
207° gruppo volo del 70° Stormo e dal 214° gruppo volo del 61° Stormo.
“L’accordo assume una rilevanza significativa in quanto costituisce il primo
accordo di cooperazione bilaterale con la Forza Aerea libica nel settore
dell’addestramento al volo con durata di validità triennale”, spiega lo Stato
Maggiore dell’Aeronautica italiana. “Esso è un’ulteriore riprova del livello di
eccellenza raggiunto dalla Forza Armata nel settore addestrativo, nonché un
significativo consolidamento della cooperazione con un Paese partner
estremamente importante nell’ambito della sicurezza e della stabilità dell’area
mediterranea”. (1)
Il 70° Stormo di Latina è posto alle dipendenze del Comando Scuole
dell’Aeronautica e della 3a della Regione Aerea con sede a Bari; presso i suoi
reparti si effettuano i corsi di abilitazione e l’addestramento basico degli
allievi dell’Aeronautica e delle altre forze armate italiane e dei cadetti
militari di paesi esteri per il conseguimento del brevetto di pilota. Fino ad
oggi Latina ha rilasciato oltre 15.000 brevetti di pilotaggio, realizzando un
totale di circa 500.000 ore di volo. (2) Nello scalo del 70° Stormo gli
allievi-piloti libici saranno formati a bordo di due tipi di velivoli di
produzione del gruppo Leonardo SpA: il T-260B (aereo biposto, già classificato
come SIAI Marchetti SF-260) e il T-2600A (quadriposto, già Aermacchi SF260 EA).
(3)
Presso la base salentina di Galatina, il personale militare libico sarà
addestrato in vista della conduzione dei velivoli di quarta e quinta generazione
(in particolare i cacciabombardieri Eurofighter Typhoon e gli F-35 Lightning
II). Sotto il comando del 61° Stormo opera l’International Flight Training
School (IFTS), un centro internazionale per l’addestramento al volo avanzato,
frutto di un accordo del 2018 tra l’Aeronautica Militare e la holding
industriale-militare Leonardo S.p.A.. “Il progetto IFTS è nato con l’obiettivo
di realizzare un polo di eccellenza nella formazione dei piloti militari e
soddisfare la crescente domanda di training avanzato proveniente dagli stati
alleati e partner”, spiega lo Stato Maggiore della Difesa. “L’International
Flight Training School ha consentito di raddoppiare l’attuale offerta
addestrativa attraverso la realizzazione di un nuovo polo distribuito tra la
base dell’Aeronautica di Galatina, e quella di Decimomannu (Sardegna), dove è
nato il campus dedicato alla fase avanzata dell’addestramento al volo”.
I reparti del 61° Stormo hanno formato e brevettato più di 9.000 avieri
appartenenti a 20 paesi, alcuni del Medio oriente ed Asia (in particolare Arabia
Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Singapore). A Galatina gli allievi-piloti
di Tripoli voleranno a bordo dei caccia-addestratori T-346A (gli stessi venduti
una quindicina di anni fa da Aermacchi-Leonardo alle forze armate israeliane).
Questi aerei sono in via di sostituzione con i più sofisticati T-345, anch’essi
progettati e prodotti dall’italiana Leonardo, per “ottenere un miglioramento
della qualità addestrativa a costi inferiori, da cui il nome High Efficiency
Trainer”, come enfatizza il Comando del 61° Stormo. Nelle scorse settimane sono
giunti nella base aerea salentina i primi sei velivoli T-345 e da giugno saranno
impiegati per i corsi addestrativi. (4)
La decisione di utilizzare alcune delle maggiori basi aeree italiane per la
“formazione” del personale militare libico sarebbe stata presa in occasione
della riunione del Comitato misto di Cooperazione Libia–Italia tenutasi a
Tripoli nel giugno 2024. A quell’incontro parteciparono per la parte italiana il
generale Alessandro Grassano del III Reparto dello Stato Maggiore della Difesa e
per la parte libica il gen. Mustafa Ben Rashed.
Nonostante le sempre più numerose e documentate denunce da parte di
organizzazioni governative ed ONG internazionali sulle gravissime violazioni dei
diritti umani perpetrate dalle forze armate e di polizia libiche contro la
popolazione e i migranti, il ministero della Difesa italiano si è impegnato ad
“esaminare nuove strategie per incrementare e ottimizzare le attività di
cooperazione” con la Libia. In particolare è stato redatto un articolato Piano
di Formazione per il secondo semestre 2024 e per l’intero 2025, “comprensivo di
numerose attività sia in Italia che in Libia”. (5) Relativamente al settore
aereo, in attesa di avviare le attività addestrative per i piloti a Latina e
Galatina, l’Italia ha iniziato ad erogare a beneficio del personale libico
alcuni corsi per controllori del traffico aereo presso il reparto di
addestramento di Pratica di Mare (Roma) e quelli presso l’Accademia Aeronautica
di Pozzuoli (Napoli). (6)
Le attività di formazione, addestramento e mentoring a favore delle forze armate
e di sicurezza e delle istituzioni governative libiche, vengono svolte in
territorio italiano e libico nell’ambito della cosiddetta Missione bilaterale di
assistenza e supporto in Libia (MIASIT). Nata nel 2018 sulle ceneri della
precedente Operazione “Ippocrate”, MIASIT ha come obiettivo prioritario quello
di “incrementare le capacità complessive” dei militari fedeli al Governo di
Accordo Nazionale della Libia. Tra le attività addestrative spiccano in
particolare quelle finalizzate al “controllo e contrasto dell’immigrazione
illegale e delle minacce alla sicurezza della Libia; al ripristino
dell’efficienza di assetti terrestri, navali e aerei, comprese le relative
infrastrutture, funzionali allo sviluppo della capacità libica di controllo del
territorio; all’assistenza e supporto sanitario (anche con il trasferimento dei
pazienti Italia); allo sminamento; alla formazione da parte di forze speciali
italiane, delle omologhe unità libiche”.
Sempre secondo lo Stato Maggiore della Difesa, i corsi di formazione a le
attività addestrative vengono condotte da MIASIT “in conformità all’Accordo
tecnico di Cooperazione militare sottoscritto nel 2020”, sotto la direzione e il
coordinamento del Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI), con quartier
generale nello scalo aeroportuale di Centocelle, Roma. (7)
Il testo di questo accordo non è pubblico. Grazie però ad alcuni organi di
stampa di Tripoli è stato possibile apprendere che esso è stato sottoscritto il
4 dicembre 2020 in occasione della visita in Italia dell’allora ministro della
Difesa del governo libico, generale Salaheddine al-Namroush (oggi vice capo di
Stato Maggiore). Al-Namroush avrebbe concordato con il ministro della Difesa
italiano Lorenzo Guerini (Pd) e con quello degli Affari Esteri Luigi Di Maio
(M5S), l’implementazione di “attività di cooperazione nei settori
dell’addestramento e dell’istruzione militare, dello scambio di competenze, del
supporto, dello sviluppo, della manutenzione e della consulenza, della
cooperazione nel campo dell’immigrazione clandestina, oltre che della sicurezza
delle frontiere terrestri e marittime, delle operazioni di munizioni e
smaltimento delle mine, della medicina militare, di soccorso in caso di disastri
naturali ed emergenze sanitarie, di scambio di informazioni ed esperienze nel
campo della ricerca scientifica e tecnica e della sicurezza militare”. (8)
Attualmente il Comando della Missione MIASIT è schierato a Tripoli, mentre a
Misurata è presente un distaccamento operativo. La consistenza massima annuale
autorizzata dal Parlamento per il contingente nazionale impiegato in Libia è di
200 militari, più un mezzo aereo. E’ pure previsto l’impiego di ulteriori
assetti aerei (anche a pilotaggio remoto) e di mezzi navali, tratti dal
dispositivo nazionale operante nel Mediterraneo. Originariamente la missione di
sostegno militare alla Libia prevedeva pure la gestione di un ospedale da campo
a Misurata, ma questo è stato “dismesso” nel corso del 2022. “Da allora, anche
nell’area di Misurata la presenza italiana ha svolto attività addestrativa,
mediante team mobili (Mobile Training Team)”, spiega lo Stato Maggiore.
Il contingente italiano è composto da unità con compiti di formazione,
consulenza, assistenza e supporto logistico, infrastrutturale e sanitario;
personale di collegamento presso dicasteri e stati maggiori libici; unità con
compiti di force protection; tecnici e specialisti contro minacce
chimiche-biologiche-radiologiche-nucleari (CBRN); team per la ricognizione e per
le attività di comando e controllo. “L’addestramento si svolge in particolare
nei settori del contrasto di ordigni esplosivi improvvisati (IED),
dell’aviolancio e della tutela e scorta; l’impegno si è esteso anche alla
collaborazione con la Guardia Costiera libica, che ha proseguito nell’azione di
contenimento dei movimenti migratori non regolamentati”. (9) Pure formazione e
addestramento, dunque, oltre al supporto logistico e di intelligence a favore
della famigerata Guardia Costiera responsabile di orribili crimini
(mitragliamenti, deportazioni, omissioni di soccorso, ecc.) nella quotidiana
guerra contro le migrazioni e i migranti in acque territoriali e internazionali.
Nel corso del 2024 sono stati non meno di una cinquantina i corsi di
addestramento svolti da team appartenenti all’Esercito, alla Marina Militare,
all’Aeronautica e all’Arma dei Carabinieri. Circa 700 i militari di tutte le
forze armate libiche “formati” da MIASIT. (10) Tra gli impegni più “onerosi”
quelli svolti per addestrare le unità di fanteria libiche e di “combattimento
nei centri abitati” con l’ausilio del personale della Scuola di Fanteria
dell’Esercito di Cesano (Roma); l’Esplorazione Tattica Terrestre, grazie ai team
della Scuola di Cavalleria di Lecce; le “lezioni” di topografia e navigazione
sul terreno, con tanto di fornitura al personale libico di “ausili tecnici e
software open source per leggere e costruire mappe topografiche da utilizzare
per il tiro di artiglieria”, da parte della Scuola di Artiglieria di
Bracciano. (11)
Presso il Distaccamento MIASIT di Misurata, il personale del 9° Reggimento
Alpini (quartier generale a L’Aquila), reparto d’élite per il “combattimento in
montagna”, ha curato i corsi di lingua italiana, Combat Intelligence e gestione
delle “operazioni speciali” (OPS – Special Operations) a favore dei componenti
della 307^ unità della Counter Terrorism Force libica. Ancora gli alpini
abruzzesi nel deserto tripolitano per svolgere i “corsi basici di fanteria” per
gli uomini della 52^ Brigata. (12)
Il Comando Genio dell’Esercito di Roma ha portato a termine 15 corsi a favore
del costituendo Centro di Eccellenza C-IED (Counter-Improvised Explosive Device)
di Tripoli; i parà della Brigata Paracadutisti “Folgore” e gli istruttori del
Centro Addestramento Paracadutismo dell’Esercito di Pisa hanno condotto invece
diversi corsi di Self Defense Close Combat e di “Metodo di Combattimento
Militare (MCM)” per il Dipartimento di Polizia Militare e gli “allievi”
dell’Accademia Militare di Tripoli. “Il Metodo di Combattimento Militare è parte
integrante dell’addestramento individuale al combattimento ed è una metodologia
tesa a fornire al soldato quelle capacità necessarie per difendersi e
fronteggiare situazioni critiche o che minacciano la sua incolumità e quella
degli altri”, spiega lo Stato Maggiore della Difesa. (13)
Per il Corpo della Polizia Militare della capitale libica, il Centro
Addestramento Paracadutismo e il 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti
“Tuscania” di Livorno hanno condotto i corsi di Personal Security Detail in
Hostile Enviroment che hanno come scopo “l’apprendimento delle procedure di
protezione e sicurezza di Autorità o personale VIP”. Ufficiali dei Carabinieri e
del Gruppo di Intervento Speciale (G.I.S.) dell’Arma hanno svolto invece un
Negotiation Course a favore di 13 ufficiali della Libyan Military Intelligence
di Tripoli, normalmente impiegati tra la capitale e Misurata. “Il corso ha avuto
l’obiettivo di insegnare agli allievi le tecniche basilari per la gestione delle
crisi, la capacità di approccio/ascolto e le tecniche per addivenire ad una
soluzione efficace delle controversie”, spiega la Difesa. (14)
Trentacinque i militari libici addestrati al Sea Survival dagli istruttori
aero-soccorritori del 15° Stormo dell’Aeronautica Militare, di stanza nello
scalo di Cervia-Pisignano (Ravenna). Il corso si è svolto presso la base navale
di Abu Sittah, Tripoli, dove è attivo il Centro di coordinamento di ricerca e
soccorso mobile (Mrcc) della Marina e della Guardia Costiera libica che
sorveglia l’immensa aerea SAR - in verità anti-migranti - nel Canale di Sicilia.
“Alle attività formative hanno preso parte militari appartenenti alla Lybian Air
Force e alla Lybian Navy che hanno avuto modo di apprendere le procedure e
tecniche di base per la sopravvivenza in mare a seguito di incidenti aerei e
navali, tramite l’uso di materiali e zattere di salvataggio”, riporta lo Stato
Maggiore italiano. Ospiti d’onore al corso Sea Survival il Capo del Dipartimento
Search & Rescue libico, generale Mansour Al-Taish, e il responsabile del
Dipartimento addestrativo della Marina Militare, ammiraglio Abdul Rahman
Al-Baroni. (15)
Oltre ad addestrare il personale militare libico, la Missione MIASIT ha gestito
la consegna a “titolo gratuito” di equipaggiamento e aiuti militari. Nel corso
del biennio 2023-2024, è stata formalizzata la cessione di materiale per la
ricerca e la bonifica degli ordigni esplosivi, a favore degli operatori del
Dipartimento del Genio militare di Tripoli. Tra i materiali “donati” decine di
esemplari di tute protettive, occhiali speciali per la protezione degli occhi,
kit di tiranteria, ausili per la rimozione a distanza di trappole esplosive e
ordigni inesplosi, cercamine e apparati radiografici portatili per l’ispezione
di pacchi sospetti o di munizioni inesplose di medio e piccolo calibro. Il
trasferimento di equipaggiamento militare è stato realizzato “grazie ai fondi
stanziati dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale,
nel quadro del più esteso programma di assegnazione di equipaggiamento
specialistico, in Convenzione con il Ministero della Difesa”, spiega lo Stato
Maggiore. (16)
Il 2 maggio 2024 il personale italiano ha pure consegnato materiale
elettromedicale all’Ospedale Militare di Tripoli e all’Accademia Aeronautica di
Misurata, dove è stata pure realizzata un’aula multimediale per lo svolgimento
di corsi per i piloti militari e civili. Ad agosto, farmaci e apparecchiature
elettromedicali per un valore complessivo di quasi 100.000 euro, sono stati
inviati al Misurata Medical Center e ai Poliambulatori militari locali. Alcuni
dispositivi medici cardiovascolari sono stati acquistati mediante i fondi
stanziati dal Comando Operativo di Vertice Interforze; i farmaci sono stati
messi a disposizione dalla Fondazione Banco Farmaceutico. (17)
Note
1)
https://www.aeronautica.difesa.it/news/aeronautica-militare-cooperazione-internazionale-firmato-accordo-per-laddestramento-di-piloti-militari-libici-in-italia/
2)
https://www.aeronautica.difesa.it/news/70-stormo-cerimonia-di-consegna-delle-aquile-di-pilota-di-aeroplano-agli-allievi-piloti-del-corso-falco-vi/
3)
https://www.aviation-report.com/70-stormo-scuola-di-volo-basico-aeronautica-militare/
4)
https://www.rid.it/shownews/7219/aeronautica-arrivati-i-primi-t-345-a-giugno-parte-l-addestramento
5)
https://www.difesa.it/smd/news-italia/prima-riunione-del-comitato-misto-di-cooperazione-libia-italia/53472.html
6)
https://www.aeronautica.difesa.it/news/aeronautica-militare-cooperazione-internazionale-firmato-accordo-per-laddestramento-di-piloti-militari-libici-in-italia/
7) https://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/DI0145.pdf?_1744875457583
8)
https://alwasat.ly/news/libya/303351?fbclid=IwAR0eudWADmm-zHocMTasNn5aSo13rriiDxIySXJNrVtMgUliq-fmoyqecKg
9) https://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/DI0145.pdf?_1744875457583
10)
https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/libia-missione-bilaterale-di-supporto-e-assistenza/notizie-teatro/libia-proseguono-le-attivita-addestrative-con-gli-istruttori-del-9-reggimento-alpini-dellesercito-e-della-scuola-di-fanteria-di-cesano-di-roma/55457.html
11)
https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/libia-missione-bilaterale-di-supporto-e-assistenza/notizie-teatro/missione-in-libia-la-miasit-conclude-un-importante-ciclo-formativo/55736.html
12)
https://www.esercito.difesa.it/comunicazione/Pagine/Libia-proseguono-le-attivita-addestrative-con-gli-istruttori-del-9-Reggimento-Alpini-dell-Esercito-240805.aspx
13)
https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/libia-missione-bilaterale-di-supporto-e-assistenza/notizie-teatro/libia-conclusi-corsi-metodo-di-combattimento-militare-e-personal-security-detail-in-hostile-enviroment/54544.html
14)
https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/libia-missione-bilaterale-di-supporto-e-assistenza/notizie-teatro/miasit-terminato-corso-negotiation-course-a-favore-libyan-military-intelligence/46617.html
15)
https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/libia-missione-bilaterale-di-supporto-e-assistenza/notizie-teatro/missione-in-libia-concluso-sea-survival-training/51981.html
16)
https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/libia-missione-bilaterale-di-supporto-e-assistenza/notizie-teatro/miasit-donato-equipaggiamento-per-lo-sminamento-al-genio-militare-libico/47432.html
17)
https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/libia-missione-bilaterale-di-supporto-e-assistenza/notizie-teatro/miasit-e-fondazione-banco-farmaceutico-supportano-la-sanita-libica/55795.html
Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 22 aprile 2025,
https://pagineesteri.it/2025/04/22/africa/litalia-addestrera-i-piloti-militari-libici/