Source - Antonio Mazzeo Blog

In Italia le prove NATO di guerra nucleare, chimica e batteriologica
Escalation bellica planetaria ed i reparti d’élite della NATO si addestrano in Lazio alla guerra nucleare, chimica a batteriologica. A fine giugno si è conclusa l’esercitazione multinazionale “Black Poison 2025”, una complessa attività addestrativa condotta dalla Combined Joint Chemical, Biological, Radiological and Nuclear Defence Task Force (CJ-CBRND-TF) della NATO, dal 1° gennaio di quest’anno sotto la guida del 7° Reggimento difesa CBRN “Cremona” con sede a Civitavecchia. I war games si sono tenuti in alcune aree addestrative di Civitavecchia, Rieti e Santa Severa (Roma) e hanno visto la partecipazione di reparti specializzati provenienti da tre Paesi dell’Alleanza Atlantica (Francia, Germania e Polonia) e di numerose unità dell’Esercito e dell’Aeronautica Militare italiani (Scuola Interforze per la Difesa NBC di Rieti; Comando Artiglieria di Bracciano; Battaglione Mezzi Mobili Campali della Scuola di Commissariato dell’Esercito di Maddaloni, Caserta; 11° Reggimento Trasmissioni di Civitavecchia; Reggimento Genio Ferrovieri di Castel Maggiore, Bologna; Reggimento Addestrativo Genio di Roma; 3° Reggimento Supporto Targeting “Bondone” di Cassino). A “Black Poison 2025” ha partecipato pure la Brigata Informazioni Tattiche di Anzio, unità dell’Esercito specializzata nelle attività di intelligence e nella guerra elettronica. “I reparti NATO sono stati impegnati in scenari complessi di contrasto a minacce CBRN, simulando interventi in contesti civili e militari ad alta criticità”, riporta lo Stato Maggiore dell’Esercito italiano. “Black Poison 2025 rappresenta una tappa fondamentale per il mantenimento della prontezza della CJ-CBRND-TF contro minacce asimmetriche e non convenzionali. Il suo obiettivo è stato quello di testare l’interoperabilità tra le forze alleate e la gestione integrata delle emergenze in ambienti contaminati o potenzialmente contaminati da agenti chimici-biologici-radiologici-nucleari. Durante l’esercitazione sono state simulate attività di ricognizione, identificazione, campionamento, decontaminazione e gestione di scenari di crisi conseguenti all’impiego o alla dispersione di agenti o sostanze CBRN”. I giochi di guerra in un’ampia area del territorio laziale, sempre secondo i vertici dell’Esercito, si inseriscono nel “più ampio contesto delle iniziative NATO volte al rafforzamento delle capacità di deterrenza e difesa contro le minacce CBRN, confermando ancora una volta il ruolo centrale dell’Italia e del 7° Reggimento difesa di Civitavecchia come punto di riferimento nel panorama internazionale della difesa specialistica”. Sempre in diverse aree addestrative e poligoni del Lazio si era tenuta nel marzo 2024 un’altra esercitazione di simulazione di guerra nucleare-chimica-batteriologica, denominata allora “White Poison”. “Essa è stata finalizzata a testare la capacità degli assetti specialistici nel contrastare eventi non convenzionali in contesti operativi diversificati, al fine di garantire un’adeguata e rapida risposta alla crescente complessità della minaccia Chimica, Biologica, Radiologica e Nucleare”, ammetteva candidamente lo Stato Maggiore dell’Esercito. “White Poison 2024” è stata pure l’occasione di testare la prontezza operativa dei militari appartenenti al 7° Reggimento difesa CBRN “Cremona” in vista dell’assunzione del Comando della NATO Combined Joint CBRN Defence Task Force (CJ-CBRND-TF), assetto multinazionale e interforze ad elevata prontezza, designato in ambito alleato per “rispondere rapidamente in situazioni di crisi e alle nuove sfide globali nel settore della difesa CBRN”. La task force è stata attivata per la prima volta nel marzo 2022 in risposta dell’invasione russa dell’Ucraina per “affrontare la sua pericolosa retorica sulle armi nucleari, chimiche e biologiche”, così come riportato dal Comando generale della NATO. “La Combined Joint CBRN Defence Task Force supporta oggi gli sforzi dell’Alleanza per prevenire e contrastare gli attacchi con armi di distruzione di massa o eventi CBRN”. L’unità specializzata conta attualmente su un battaglione multinazionale addestrato ed equipaggiato specificatamente per fronteggiare incidenti CBRN o attacchi contro i territori e le forze NATO. “Il battaglione si addestra non solo per i conflitti armati, ma anche per intervenire in caso di crisi, a supporto delle autorità civili, così come in caso di disastri naturali e incidenti a complessi industriali”, spiegano i vertici dell’Alleanza. La task force opera sotto l’autorità del Comando Supremo Alleato in Europa (SACEUR) con quartier generale a Mons (Belgio), da sempre guidato da un generale delle forze armate degli Stati Uniti d’America. Il 7° Reggimento difesa Nucleare, Biologica e Chimica “Cremona” è stato costituito il 31 dicembre 1998 a Civitavecchia. Il suo personale è stato impiegato in alcune missioni internazionali, specialmente in Bosnia Erzegovina, Kosovo, Albania, Macedonia del Nord, Afghanistan e Iraq. A Civitavecchia, presso il comprensorio militare di Santa Lucia, è presente un altro ente dell’Esercito specializzato nel settore delle armi di distruzione di massa, il Centro Logistico Interforze per la Difesa NBC, anch’esso partecipante alle esercitazioni “White Poison 2024” e “Black Poison 2025”. Il Centro si occupa principalmente di sperimentazione e ricerca nel settore nucleare, chimico e biologico e di sviluppo, produzione, approvvigionamento e collaudo di materiali destinati alla difesa NBC. “Il CETLI in particolare svolge attività di studio, verifiche ed applicazioni di carattere militare nel settore CBRN; fornisce concorso nell’approvvigionamento di materiali e mezzi di rilevazione, protezione e bonifica CBRN per le esigenze delle Forze Armate ed esegue la riparazione, il mantenimento, il controllo di efficienza e le indagini tecniche sui materiali CBRN in uso alla Difesa”, spiega lo Stato Maggiore dell’Esercito. E che non si dica che il bel paese non si stia preparando alla guerra con l’impiego delle armi di distruzione di massa…   Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 30 giugno 2025, https://pagineesteri.it/2025/06/30/in-evidenza/in-italia-le-prove-nato-di-guerra-nucleare-chimica-e-batteriologica/
Basi USA in Italia e guerra all’Iran. Le bugie della Meloni
Una lezione di falsa democrazia che la falsa opposizione non ha inteso contrapporre con una narrazione “altra”, in quanto essa è pienamente condivisa in nome del realismo militarista tanto in voga nell’Unione europea fortezza di guerra. “I nostri alleati USA non hanno utilizzato le basi militari in Italia né ci hanno chiesto di poterlo fare in futuro. Se dovessero richiederlo, sarà il Parlamento ad autorizzarlo”, ha dichiarato la premier Giorgia Meloni nelle ore successive ai bombardamenti dei presunti siti nucleari iraniani, la notte del solstizio d’estate 2025. Del tutto falso che le forze armate USA non abbiano utilizzato per le loro scorribande in territorio iraniano le maggiori infrastrutture logistiche e le installazioni militari ospitate in territorio italiano. Dalla base di Camp Darby e dal porto di Livorno in Toscana sono stati inviati sistemi d’arma e munizioni alle truppe USA in Medio Oriente; i cacciabombardieri F-16 di US Air Force sono stati trasferiti dalla base di Aviano (Pordenone) al Golfo Persico; i grandi aerei cisterna, dopo essere decollati anch’essi da Aviano, hanno rifornito in volo i bombardieri strategici B-2 da cui sono state lanciate le superbombe contro i laboratori sotterranei iraniani; il comando della Marina Militare USA per l’Europa e l’Africa di stanza a Napoli Capodichino ha diretto e coordinato tutte le operazioni delle unità navali presenti nel Mediterraneo orientale e nel Mar Rosso per offrire ad Israele una “copertura” anti-Teheran; lo stesso comando  ha pianificato il lancio di un gran numero di missili da crociera Tomahawak contro l’Iran dal sottomarino nucleare “USS Georgia” di US Navy; gli aerei con e senza pilota decollati dalla base siciliana di Sigonella, prima, durante e dopo la notte del 21 giugno, hanno condotto innumerevoli attività di intelligence e riconoscimento dei “target” iraniani; sullo spazio aereo della Sicilia – in rotta tra Trapani e Catania, sono transitati i caccia F-22 “Raptor” che hanno scortato i B-2 nella loro missione di morte e distruzione. Altro che “estraneità” italiana alla guerra scatenata da Netanyahu e Trump contro Teheran… Ma ciò che più dovrebbe indignare le donne e gli uomini di questo Paese è l’assoluta ignoranza bipartisan dei più elementari principi del diritto internazionale e della Costituzione italiana. Non ci può essere infatti Parlamento in Italia, che a maggioranza o perfino all’unanimità, possa legittimare una violazione così ignobile di norme e valori come quella della trasformazione di porzioni del territorio in piattaforme avanzate per aggredire e colpire un paese sovrano e assassinare donne e bambini. Ma nessuno, proprio nessuno (elettroencefalogramma piatto quello di giuristi, intellettuali, forze politiche e sociali, senatori e deputati di centrodestra e centrosinistra) ha avuto l’ardire di scriverlo e ricordarlo. Peccato davvero. Invece di invocare che le basi “italiane” non siano messe a disposizione dei fedeli alleati belligeranti (penso in particolare a certi pacifinti del Pd), avrebbero fatto meglio – loro che al governo ci sono stati per anni “autorizzando” strike in Iraq, Afghanistan, Balcani, Libia, ecc. ecc. – a riconoscere che caserme, scali aeroportuali e porti sono stati pensati per fare la guerra e se pertanto esistono è in guerra che devono andare. L’unico modo per “renderli innocui” e “pacifici” è quello di smantellarli subito, senza se e senza ma, indipendentemente che operino con gli stendardi tricolore o a stelle e strisce. In quanto poi all’auspicio che sia comunque interdetto l’impiego “bellico” delle nostre basi da parte dei partner NATO, ci sarebbe proprio da ridere (di rabbia) se non ci trovassimo di fronte al lago di sangue da esse prodotto in mezzo pianeta. C’ da chiedersi infatti in che modo il migliore degli esecutivi innamorati dell’art. 11 della Costituzione, quello dell’Italia che ripudia la guerra, potrebbe impedire che da Ghedi, Sigonella, Aviano, Capodichino, Gioia del Colle o Amendola, non decollino i caccia USA zeppi di testate nucleari tattiche (le B-61-12 che con tanto ardore stocchiamo e difendiamo a casa nostra) per sganciarle a Mosca, Teheran, Pyongyang o Pechino? Gli scaglierebbero per caso addosso i militari italiani così come avvenne, una volta sola nella storia repubblicana, durante la “lunga” notte di Sigonella, quella del 10 ottobre 1986? Ok, facciamo finta di credere pure noi alle fiabe e che in uno scatto d’orgoglio (o di follia), un generale italiano imponga ad un collega USA il rispetto pieno degli accordi di cooperazione bilaterale (pacta sunt servenda…). Ma se assai ipoteticamente possibile per un velivolo o una nave da guerra, come si potrà mai impedire che gli ordini d’attacco o certe informazioni strategiche non siano trasmessi dagli oltre quaranta comandi che le forze armate USA hanno disseminato in Italia? E come facciamo ad evitare che non sia impiegato il terminale terrestre del MUOS di Niscemi, il più moderno sistema di telecomunicazioni satellitari della Marina USA, per dirigere e governare le missioni degli “utenti mobili” (bombardieri, droni, portaerei, sottomarini missili nucleari e convenzionali) del Pentagono? C’è davvero solo un unico modo perché non si ripeta quanto accaduto la notte del solstizio anti-Iran, quando US Navy da Capodichino ordinò - via terminali e satelliti MUOS - il lancio dei Cruise contro Teheran: far decollare gli F-35 dell’Aeronautica Militare da Amendola e bombardare tutte le antenne USA innalzate nella riserva naturale di Niscemi in barba alla Costituzione e alle leggi che tutelano il territorio, l’ambiente e la salute umana. Una nuova stagione di mobilitazione e di lotta deve prendere il via in Sicilia per chiedere l’immediato smantellamento di tutte le infrastrutture belliche esistenti (Sigonella e il MUOS di Niscemi in testa), per smilitarizzare e denuclearizzare l’Isola e trasformarla in un Ponte di pace, dialogo e cooperazione tra i popoli del Mediterraneo. I Comitati No MUOS e No War si sono dati un appuntamento che alla luce di quanto accaduto nelle settimane scorse diventa più che mai importante. Sabato 2 agosto ci sarà un corteo tra i sentieri che si snodano accanto alle reti con il filo spinato dell’apartheid israeliano che “difendono” la base nella titolarità ed uso esclusivo delle forze armate d’oltreoceano. “In contrada Ulmo a Niscemi, contro il MUOS e la guerra, fino alla liberazione della terra”, scrivono le attiviste e gli attivisti del Movimento. “L’unico modo che conosciamo per affrontare i tempi duri è questo: lottare, rilanciare, scendere in piazza, ritornare insieme lì dove stiamo da anni, davanti a quella base di morte, per ricordare che non vogliamo essere complici con guerre e genocidi…”.   Articolo pubblicato in Le Siciliane Casablanca, n. 88, maggio-giugno 2025 
L’aeroporto “Pio La Torre” di Comiso verso la riconversione a scalo di guerra USA/NATO?
 Mercoledì 9 luglio sono stati monitorati alcuni atterraggi di velivoli militari nell’aeroporto “civile” di Comiso (Ragusa), intitolato a Pio La Torre, il segretario del PCI siciliano assassinato per il suo impegno contro la mafia, la militarizzazione dell’Isola e l’installazione dei missili nucleari Cruise proprio a Comiso. Mentre ormai lo scalo civile sembra essere destinato alla chiusura si fanno sempre più forti le pressioni per una sua conversione a fini bellici. La scorsa settimana il ministro della difesa Guido Crosetto ha annunciato che la Sicilia sarà trasformata in piattaforma addestrativa per i top gun USA e NATO che utilizzano i cacciabombardieri di quinta generazione F-35 (a capacità nucleare). In tanti hanno pensato che sarà la stazione aeronavale di Sigonella a fare da hub addestrativo per l’US Air Force; personalmente ritengo invece che le autorità militari per tutta una serie di ragioni (anche logistico-operative) opteranno per un’altra destinazione. L’aeroporto di Comiso è un'”ottima opzione”, ma non scarterei anche la possibilità che vengano utilizzati pure gli aeroporti militari di Trapani-Birgi (già base NATO per le operazioni degli aerei radar AWACS) e Pantelleria (in questo scalo in più esercitazioni sono atterrati i velivoli F-35 in dotazione all’Aeronautica Militare italiana). La lotta contro la militarizzazione della Sicilia – a partire dall’opposizione alla riconversione a fini militari di Comiso – deve diventare l’obiettivo prioritario di ogni soggetto sociale e politico che intenda richiamarsi all’Utopia di Pio La Torre di una Sicilia Ponte di Pace e Cooperazione tra i popoli del Mediterraneo.   Articolo pubblicato in Stampalibera.it il 10 luglio 2025, https://www.stampalibera.it/2025/07/10/laeroporto-pio-la-torre-di-comiso-verso-la-riconversione-a-scalo-di-guerra-usa-nato/?fbclid=IwY2xjawLcxtBleHRuA2FlbQIxMQBicmlkETBmWjlBYUUxUWlFZ2FvSnNuAR5QmkbkUqenAohpOAzI-CXxNXFnsXNWxfViPe8wwNlH0SqYAmoMVL9JZvdwtw_aem_x901abPCyhAJBoKXAP2eOw
Le attività di intelligence anti-Iran con i droni USA di Sigonella
Poche ore dopo il bombardamento dei siti nucleari iraniani di Fordow, Natanz ed Esfahan, un grande drone MQ-4C “Triton” della Marina Militare degli Stati Uniti d’America ha effettuato una lunga missione di intelligence, sorveglianza e riconoscimento nello spazio aereo dello Stretto di Hormuz e del Golfo Persico. Parte della rotta di volo del velivolo da guerra, registrato con il numero 169661 (nome in codice Overlord), è stata tracciata da ItaMilRadar, sito che documenta il traffico aereo militare nel Mediterraneo e in Medio Oriente. “L’MQ-4C Triton di Us Navy – spiegano gli analisti di ItaMilRadar - ha sorvolato lo Stretto di Hormuz, l’Oman e gli Emirati Arabi nel corso della mattinata di domenica 22 giugno, probabilmente per monitorare le reazioni dell’Iran all’attacco dei bombardieri B-2 e garantire piena conoscenza di quanto accade alle forze navali USA presenti nell’area”. Non è stato possibile identificare lo scalo di partenza e arrivo del velivolo senza pilota, ma il “Triton” numero 169661 è di norma assegnato dal Pentagono alla stazione aeronavale siciliana di Sigonella, nell’ambito del programma di “ampia sorveglianza aereo-marittima” BAMS (Broad Area Maritime Surveillance) nel Mediterraneo. Nello specifico si tratta di uno dei quattro MQ-4C “Triton” schierati a Sigonella dal 2024, in forza al locale distaccamento avanzato del 19° Squadrone di pattugliamento con aerei senza pilota di US Navy (VUP-19 squadron), con quartier generale a Jacksonville, Florida. L’MQ-4C “Triton” è un drone a lungo raggio, basato sulla piattaforma dell’RQ-4 “Global Hawk”, versione “Block 20”, è stato prodotto dall’industria aerospaziale statunitense Nortrop Grumman. Rispetto alla versione “madre” entrata in funzione con l’US Air Force (anch’essa operativa dalla base di Sigonella), il nuovo velivolo monta una struttura alare rinforzata per volare in condizioni meteorologiche avverse e resistere maggiormente alla grandine, all’impatto con i volatili, ai fulmini e al ghiaccio. Lungo 14,5 metri e con un’apertura alare di 39,9, il “Triton” può operare entro un raggio di 2.000 miglia nautiche dalla base di decollo, a un’altitudine massima di 18.288 metri e una velocità di crociera di 575 km/h. Il velivolo gode di un’autonomia di volo tra le 24 e le 30 ore consecutive. Nel corso di una sola missione i sofisticati sensori di bordo sono in grado di rilevare, classificare e tracciare obiettivi marittimi operanti in profondità monitorando fino ad una superficie di quattro milioni di miglia nautiche. I velivoli schierati a Sigonella sono stabilmente impiegati in attività di intelligence, sorveglianza e riconoscimento nei cieli del Mediterraneo orientale e del Golfo Persico, a supporto delle operazioni belliche della flotta USA contro le milizie Houthi in Yemen e di quelle delle forze armate israeliane contro la popolazione palestinese a Gaza o in Libano, Siria, Yemen e Iran.    Gli analisti di ItaMilRadar avevano già tracciato due operazioni top secret dell’MQ-4C “Triton” con numero identificativo 169661M nel Mediterraneo orientale. La prima è avvenuta il 30 gennaio 2025; dopo il decollo da Sigonella il drone ha raggiunto le coste della Siria, per sorvolarle nel corso della notte e rientrare all’alba nella base siciliana. La seconda missione risale al 3 febbraio successivo; anche in questo caso dopo il decollo da Sigonella, il velivolo ha sorvolato tutta la notte i cieli della Siria. “Il drone si è pure soffermato per un certo tempo sulle acque del Libano, operando esclusivamente nello spazio aereo internazionale e fuori dalla zona FIR di Beirut”, riportava ItaMilRadar. “Né durante il viaggio di andata, né in quello di ritorno è stato possibile osservare elementi specifici che lasciano pensare che abbia monitorato la flotta russa attualmente in navigazione nel Mediterraneo centrale. La presenza del Triton nella regione sottolinea l’importanza strategica assunta dal Mediterraneo orientale. Dato che le dinamiche geopolitiche continuano ad evolversi, la sorveglianza militare e la raccolta di informazioni rimangono fondamentali per le maggiori potenze in termini di sicurezza e controllo”. Anche nella mattinata di oggi 23 giugno è stato monitorato il decollo da Sigonella di un drone RQ-4B “Global Hawk” di US Air Force (identificato con il numero 09-2049, nome in codice Forte10) che ha poi raggiunto lo spazio aereo tra l’isola di Cipro e l’Egitto. “Si tratta di una missione inusuale per un Global Hawk”, scrivono gli analisti di ItaMilRadar. “L’area del Mediterraneo orientale è la stessa dove sono state osservate numerose missioni dei pattugliatori P-8A Poseidon di US Navy, anch’essi schierati a Sigonella. Ciò che spicca questa volta è la relativa distanza della zona di pattugliamento dalle coste del Medio oriente, attività svolta di norma non dagli assetti aerei di US Air Force ma da quelli di US Navy. Mentre i droni MQ-4C della Marina USA operano specificatamente nel Mediterraneo, i Global Hawk dell’Aeronautica vengono impiegati comunemente sui cieli del Mar Nero e della Regione baltica. Non è ancora chiaro cosa ha catturato l’attenzione USA, ma la concentrazione delle recenti missioni in quest’area conferma il sempre maggiore interesse che essa riveste per Washington”. Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 26 giugno 2025, https://pagineesteri.it/2025/06/26/medioriente/le-attivita-di-intelligence-anti-iran-con-i-droni-usa-di-sigonella/?fbclid=IwY2xjawLOWkNleHRuA2FlbQIxMABicmlkETBmWjlBYUUxUWlFZ2FvSnNuAR7DOiq2xc1thE4bqFGrnJJ_wSI_GBLR5qAux8oWagUm-K4oo856ZXfOQpqT7w_aem_lCWfLibNDtGTzNKpt5MZqQ
“L’Italia è un Paese a sovranità limitata. Bisogna puntare alla neutralità attiva”
  Antonio Mazzeo è insegnante, giornalista e peace researcher. Ha iniziato giovanissimo a occuparsi dei temi della pace, seguendo le iniziative contro l’installazione dei missili nucleari Cruise nella base di Comiso. Da allora, si dedica a seguire e criticare i processi di militarizzazione in Sicilia, sua terra d’origine, e, in generale, in Italia. È attivo anche sulle questioni relative al disarmo, all’ambiente e al contrasto alla mafia. Ha un passato da cooperante nei Balcani e America Latina. Partecipa a incontri, conferenze e dibattiti e scrive articoli e saggi. Ha approfondito l’argomento della presenza delle basi USA e NATO sul territorio italiano ed è tra i promotori dell’Osservatorio per monitorare e denunciare l’attività di militarizzazione nelle scuole e nelle università. È autore, insieme a Lelio Bonaccorso e Deborah Braccini, del fumetto “Sigonella. Le guerre alle porte di casa” (La Revue Dessinée Italia, n. 4 – 2023). Nel 2025 ha pubblicato, con Manifesto libri, un volume dal titolo “La scuola va alla guerra”. Abbiamo posto alcune domande proprio sui temi della presenza di basi militari non italiane sul territorio nazionale e l’infiltrazione di uno spirito militarista nelle scuole. Perché ci sono Basi NATO e USA in Italia? Il processo di militarizzazione del territorio italiano a partire dall’installazione di basi militari USA e NATO deve essere inserito nel contesto della Guerra Fredda tra Washington e l’Unione Sovietica, a conclusione del secondo conflitto mondiale. Dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia nel luglio del 1943, il nostro Paese è stato cooptato nell’area di influenza della Gran Bretagna prima, degli Stati Uniti d’America subito dopo. In quest’ottica l’Italia ha assunto progressivamente il ruolo di grande piattaforma per le operazioni di proiezione avanzata USA e NATO nel Mediterraneo e in Medio Oriente. Contestualmente la presenza dei reparti d’eccellenza e delle maggiori centrali d’intelligence a stelle e strisce ha avuto la funzione di “dissuasione” da qualsivoglia tentativo di trasformazione e democratizzazione dell’assetto sociale ed economico. Un fronte interno, rappresentato dai partiti di massa e dalle organizzazioni sindacali della sinistra, che è stato contrastato anche militarmente. Penso in particolare alla strategia delle cosiddette “stragi di Stato”, con sanguinosi attentati terroristici eseguiti da organizzazioni di estrema destra grazie al sostegno e la copertura dei servizi segreti alleati e di apparati istituzionali interni impropriamente “deviati”. Esiste una differenza dal punto di vista giuridico e politico tra Basi NATO e USA? Sì, e lo hanno abbondantemente documentato docenti di diritto internazionale o costituzionalisti come il professore Sergio Marchisio o il magistrato ed ex senatore Domenico Gallo, tra gli altri. Nella realtà bellica odierna, tuttavia, si è creata un’ampia area grigia, ibrida, dal punto di vista politico e giuridico, che rende sempre più difficile orientarsi e distinguere finalità e funzioni di queste infrastrutture. Penso in particolare alla grande stazione aeronavale siciliana di Sigonella dove “convivono” comandi e infrastrutture dell’Aeronautica Militare italiana, dell’Alleanza Atlantica (ad esempio il Centro di controllo del sistema di sorveglianza con droni AGS) e quelle ad “uso esclusivo” delle forze armate statunitensi (tra esse anche il MUOS* a Niscemi). A Sigonella operano poi reparti e sistemi militari che rispondono all’Unione Europea o all’agenzia Frontex che controlla le frontiere esterne UE in funzione anti-migranti. Uno scenario complesso, dunque, ben oltre i limiti dei principi sanciti dalla Costituzione e della sovranità nazionale. *(n.d.r.) Mobile User Objective System (MUOS): è un moderno sistema di comunicazione satellitare della marina militare statunitense. È composto da cinque satelliti geostazionari e quattro stazioni terrestri, di cui una a Niscemi, in Sicilia (e le altre in Australia, Stati Uniti e Hawaii). È utilizzato per il coordinamento di tutti i sistemi militari statunitensi esistenti, in particolare i droni (fonte:https://www.nomuos.info/, consultato il 7/06/2025). Questi sono stati puntualmente allocati alla fine di marzo 2024 nella base militare americana di Sigonella, in provincia di Siracusa, come riferito dallo stesso comando della Naval Air Station ivi stanziato (fonte: https://www.lanotiziagiornale.it/a-sigonella-e-arrivato-triton-il-super-drone-della-marina-usa-e-gia-operativo/, consultato il 7/06/2025) Teoricamente l’Italia potrebbe chiedere lo smantellamento di tutte le basi militari non italiane sul proprio territorio? E praticamente? Nonostante la “sovranità limitata” dalla presenza di centri e comandi che rispondono agli interessi geostrategici di Washington, l’Italia ha tutti gli strumenti giuridici per poter decidere di uscire dalla NATO e chiedere il ritiro dal proprio territorio delle forze armate di paesi terzi. Certo sarebbe un processo tutt’altro che indolore (citavo prima l’uso delle bombe nelle banche e ai treni per arrestare l’avanzata delle sinistre), ma ritengo che nulla potrebbe fermare la volontà di autodeterminazione popolare e delle forze politiche e sociali autenticamente democratiche. In verità le relazioni Italia-USA-NATO sono molto più “interessate”. Ci sono gruppi economici, finanziari ed energetici di casa nostra che hanno stretto legami strettissimi con il capitale transnazionale, facendo grossi affari con Washington ed i partner alleati e pertanto ritengono utile e opportuno il do ut des secondo cui “ti faccio fare ciò che vuoi dalle basi in cui ospito i tuoi reparti armati e finanche le tue testate nucleari”, ma tu “mi consenti di continuare ad accrescere fatturati e profitti a casa tua…”. Quanti sanno in Italia che le maggiori holding militari-industriali italiane (Leonardo SpA, Fincantieri, Beretta Group, ecc.) hanno il Pentagono tra i maggiori clienti internazionali? Pensa che la neutralità dell’Italia sia un’opzione praticabile? Non solo la penso praticabile, ma auspico che la “neutralità” vada interpretata immediatamente, sia per garantire il pieno rispetto del diritto costituzionale e di quello interno e sia per poter assumere il sempre più necessario ruolo di ponte di dialogo e cooperazione tra gli Stati e i popoli. Con la guerra ormai alle porte di casa, l’Italia ha solo una via d’uscita per non essere coinvolta, anzi travolta, da un terzo conflitto mondiale totale: la neutralità “attiva”, la mediazione tra le parti, la diplomazia della Pace. Crede che l’aspirazione al disarmo e le esigenze di difesa siano conciliabili? Se sì, in che modo? E’ stato del tutto alterato e degenerato il reale significato di “difesa”. Ormai il termine è sinonimo di riarmo, deterrenza nucleare, conflitto armato. Si ignora invece che mai come adesso dovremmo operare tutte e tutti in “difesa” della Pace, dei diritti umani e sociali, delle garanzie costituzionali, dei territori, dell’ambiente, della giustizia. Disarmarsi oggi, rifiutare il dissennato piano ReArm Europe della UE e della NATO, significa finalmente riprendersi la vita e impedire l’olocausto nucleare e la scomparsa dell’umanità dal pianeta. Esiste un’infiltrazione militarista nelle scuole? Se sì, da parte di chi? In che modo è attuata e quali interessi la sostengono?  Qual è la risposta di studenti e insegnanti? La militarizzazione del sistema educativo italiano è un processo che sta investendo le scuole di ogni ordine e grado, da quelle dell’infanzia agli istituti secondari di secondo grado, in ogni parte del paese. Ormai non c’è attività didattica che non veda salire in cattedra rappresentanti delle forze armate (non soltanto quelle italiane, ma anche quelle “ospitate” nelle basi USA e NATO) e dei manager delle grandi e piccole aziende del comparto bellico-industriale. Una fase storica segnata dalla guerra permanente non poteva purtroppo risparmiare i luoghi di formazione globale delle nuove generazioni, così come è avvenuto durante il fascismo quando la pedagogia del regime aveva l’obiettivo di imporre il massimo consenso alle disavventure coloniali, “educando” alla cieca obbedienza e al sacrificio per la “patria”. Le guerre moderne hanno bisogno di enormi risorse finanziarie per acquistare sistemi sempre più sofisticati, disumanizzati e disumanizzanti, a costo di tagli draconiani al welfare e alla precarizzazione delle vite, specie di quelle dei minori e degli adolescenti. Si entra nelle scuole o si ospitano le scuole in caserma, nei poligoni di guerra e nelle fabbriche di armi per imporre la “cultura della difesa e della sicurezza”, l’accettazione della legittimità e dell’ineluttabilità della guerra. Ma le guerre moderne, così come lo mostra al mondo il sanguinoso conflitto fratricida russo-ucraino, hanno bisogno di “giovani e forti” per il combattimento corpo a corpo. Carne da cannone, così come accadeva nelle trincee della prima guerra mondiale. A questi fini, USA, la NATO e lo Stato Maggiore italiano si preparano da decenni. In passato c’è stata scarsa attenzione a questo processo e alla sua immensa pericolosità. Fortunatamente i risultati sono del tutto diversi da quelli che si attendevano i signori della guerra: crescono tra le nuove generazioni la consapevolezza del rischio di autodistruzione e il ripudio di ogni forma di guerra e sopraffazione tra gli Stati. Le manifestazioni di solidarietà con il popolo palestinese vittima del genocidio israeliano ne è la testimonianza più evidente. Ma anche tra i genitori e gli insegnanti si moltiplicano le forme di dissenso contro il militarismo e la militarizzazione imperante nelle istituzioni scolastiche. Due anni fa, docenti, organizzazioni sindacali di base del mondo della scuola, l’associazionismo cattolico-pacifista hanno costituito l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. Da allora sono state tantissime le denunce e le azioni di contrasto contro questo fenomeno. Se la Scuola va alla Guerra, c’è ancora una Scuola che aspira profondamente alla Pace e al Disarmo. Quali letture consiglierebbe a chi volesse approfondire questi argomenti? Fortunatamente sono innumerevoli i testi prodotti in questi anni sui temi della Pace e del Disarmo o di analisi sulle cause e gli effetti dei conflitti in corso. Forse sarebbe meglio ricordare che esistono in Italia centri di documentazione che li raccolgono e li socializzano. Penso in particolare all’Archivio Disarmo di Roma o al Centro “Sereno Regis” di Torino, ecc. La vera sfida culturale, oggi, è moltiplicare queste esperienze dal basso. Ringraziamo il prof. Mazzeo per le sue risposte puntuali, esaustive e appassionate.   Intervista a cura di Maurizio Salustro, pubblicata l’8 giugno 2025 in Clessidra XXI, https://www.clessidra2021.it/2025/06/08/parla-antonio-mazzeo-litalia-e-paese-a-sovranita-limitata-bisogna-puntare-alla-neutralita-attiva/
Cooperazione militare Israele-Italia: i Depth Corps e la Brigata San Marco
Un’operazione, quella delle unità d’assalto della Marina militare israeliana contro il veliero umanitario “Madleen” della Freedom Flotilla, che ricorda tantissimo gli attacchi armati e gli abbordaggi di uno dei reparti d’eccellenza delle forze armate italiane, la Brigata “San Marco” di Brindisi. Componente da sbarco della Squadra Navale, la Brigata Marina “San Marco” ha capacità di dispiegamento rapido in ogni teatro operativo. Dal Libano al Golfo Persico, dalla Somalia all’Iraq e all’Afghanistan, non c’è stata missione internazionale che non abbia visto operare i team del “San Marco” a fianco della unità interforze da combattimento, italiane e dei paesi membri della NATO. Soprattutto nelle azioni di incursione e arrembaggio contro le unità navali “nemiche” o semplicemente “sospette” (prime fra tutte le imbarcazioni “pirata” in navigazione nel Golfo di Guinea o al largo delle coste del Corno d’Africa). Non appare certamente casuale che a metà dicembre 2022, meno di dieci mesi prima da quel fatidico 7 ottobre 2023 in cui ha preso il via la campagna militare genocida di Israele contro i cittadini palestinesi di Gaza, il Comando della Brigata Marina “San Marco” con quartier generale a Brindisi, tributò i massimi onori al generale israeliano delle forze armate israeliane, Itai Veruv. Comandante degli istituti di formazione militare dello Stato di Israele, Itai Veruv era al tempo a capo delle Depth Corps, i corpi d’élite creati nel 2011 per operare in tempi rapidissimi “in profondità in territorio nemico”, specie contro le milizie di Hamas e Hezbollah. I Depth Corps sono stati tra le unità da guerra più attive nei più recenti raid di morte nella Striscia di Gaza e nel sud del Libano. “Il Generale di Divisione Itai Veruv, è stato accolto dal Comandante della Brigata, Contrammiraglio Massimiliano Giuseppe Grazioso, durante la visita alle strutture della Brigata Marina San Marco e alla base navale di Brindisi”, riportò in nota lo Stato Maggiore della Marina Militare italiana, con tanto di foto gallery che - alla luce di quanto accaduto la scorsa notte - è davvero inquietante. “Durante la visita il Generale ha potuto assistere ad alcune peculiari attività addestrative della Brigata, tra cui la discesa in barbettone (Fast Rope) e in corda doppia (Rappellig) su parete e su container, dimostrazioni di combattimento militare corpo a corpo ed attività specialistiche di contrasto a dispositivi esplosivi improvvisati (Counter-IED). Ha potuto, inoltre, osservare alcuni mezzi terrestri e anfibi impiegati dai Fucilieri, tra cui l’Amphibious Assault Vehicle (AAV-7) – veicolo cingolato anfibio in grado di navigare e muoversi su terra”. In occasione della sua missione ufficiale a Brindisi, il comandante in capo dei Depth Corps israeliani è stato pure ospite del Gruppo Mezzi da Sbarco del “San Marco”, a bordo di un battello d’assalto anfibio ad alta velocità, per “testarne le capacità durante una breve navigazione nello specchio di mare portuale”. “Nel contempo si è potuto assistere ad una attività dimostrativa di abbordaggio svolta sulla nave d’assalto anfibia “San Marco” da un team del 2° Reggimento della Brigata”, aggiungeva lo Stato Maggiore della Marina. “Al termine della visita, presso la Sala Federico II del Castello Federiciano di Brindisi, il Generale Veruv, apprezzate le specificità e la versatilità della Forza Anfibia della Marina Militare,  ha ringraziato i Comandanti della Brigata Marina San Marco e della Terza divisione navale sottolineando l’importanza di questo genere di incontri, precisando l’evidente e reciproco interesse conoscitivo tra i Paesi e la volontà futura di poter programmare attività congiunte tra le Marine dei due paesi”. Artic0olo pubblicato in Pagine Esteri l’11 giugno 2025, https://pagineesteri.it/2025/06/11/medioriente/cooperazione-militare-israele-italia-i-depth-corps-e-la-brigata-san-marco/
L'Italia e la guerra USA-Israele contro l'Iran
Il sottomarino a propulsione nucleare "USS Georgia" da cui sono stati lanciati i missili da crociera Tomahawk Block V che hanno colpito i siti nucleari iraniani di Natanz e Esfahan, si era addestrato il 17 luglio 2024 nelle acque del Mediterraneo centrale con i Marines USA e con gli incursori del COMSUBIN della Marina Militare italiana di stanza a La Spezia. L'esercitazione dei corpi speciali è stata svolta sotto la guida del Comando delle Forze navali USA in Europa in Africa NAVEUR-NAVAF che ha sede nella città di Napoli. Si tratta del Comando USA che ha coordinato tutte le operazioni del sottomarino nucleare "USS Georgia" da quando è stato schierato dal Pentagono nel Mediterraneo e nel Golfo Persico per operare a fianco di Israele e contro gli Houthi in Yemen. E, adesso, contro l'Iran... In foto un momento dell'esercitazione dello scorso anno con gli uomini del CONSUBIN.   Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 23 giugno 2025, https://pagineesteri.it/2025/06/23/medioriente/litalia-e-la-guerra-usa-israele-contro-liran/
L’ombra di Sigonella sui bombardamenti israeliani all’Iran
 Passa immancabilmente dalla base siciliana di Sigonella parte del sostegno delle forze armate USA alla guerra di Israele contro l’Iran. Secondo il sito specializzato ItaMilRadar che monitorizza il traffico aereo militare nel Mediterraneo, nei giorni 13, 15 e 16 giugno sono state documentate lunghe missioni nello spazio aereo prossimo ad Israele, Libano e alla Striscia di Gaza di un velivolo-spia Boeing P-8 “Poseidon” di US Navy, decollato dalla stazione aeronavale di Sigonella. “L’aereo ha svolto missioni di sorveglianza particolarmente inusuali a largo della costa israeliana”, scrivono gli analisti di ItaMilRadar. “Il Poseidon ha voltato a basse quote — a volte scendendo sotto gli 800 piedi (243 metri d’altitudine, nda) — suggerendo la possibile ricerca di qualcosa che navigasse sotto la superficie del mare”. “Tuttavia, è preferibile mantenere una certa cautela su questi voli di riconoscimento”, aggiungono gli analisti. “Negli ultimi due giorni, i Poseidon sono tornati a volare a più alte altitudini, continuando a monitorare la regione — possibilmente tenendo un occhio puntato su navi di superficie sospette, incluse unità cargo che potrebbero potenzialmente trasportare armi per tentare di attaccare Israele”. Se resta incerta la motivazione dell’escalation dei voli nel Mediterraneo orientale degli aerei-spia di stanza a Sigonella, il trasferimento in alcune basi aeree europee di numerosi aerei cisterna di US Air Force confermerebbe l’intenzione di Washington di intervenire direttamente nel conflitto israelo-iraniano. Sempre ItaMilRadar ha tracciato nel corso di lunedì 16 giugno l’arrivo di “più di 20 aerei tanker del tipo Boeing KC-46A e Boeing KC-135R/T” negli scali militari di Morón e Rota in Spagna e di Ramstein in Germania. “I velivoli di US Air Force sono decollati da diverse basi in territorio statunitense, incluse quelle di Tampa, Oklahoma City, Wichita, Wrightstown e Pittsburgh”, spiegano gli analisti di ItaMilRadar. “Fino ad ora non siamo in grado di capire se essi hanno sorvolato l’Atlantico da soli o accompagnando altri assetti dell’Aeronautica degli Stati Uniti d’America, né in che modo essi siano legati alla guerra Israele-Iran, ma è innegabile che questo pesante traffico aereo è del tutto inusuale”. Non ci sono conferme sul possibile atterraggio a Sigonella dei Boeing KC-46A o KC-135R, anche se la stazione aeronavale siciliana è stata prescelta in ambito NATO come futuro hub mediterraneo per i grandi aerei cisterna delle flotte USA ed europee. Relativamente ai P-8 “Poseidon” di stanza a Sigonella va ricordato che essi svolgono generalmente operazioni antisommergibile ed antinave e missioni di intelligence, sorveglianza e ricognizione (ISR), sia nel Mediterraneo che nel Mar Nero. Realizzati dal colosso industriale Boeing modificando i velivoli 737/800 impiegati nel settore commerciale, sono equipaggiati con sofisticati radar APY-10 che possono mappare un’area di 10.000 metri quadri da una distanza di più di 220 miglia. Gli aerei possono essere impiegati contro “target” di superficie e in immersione lanciando missili antinave AGM-84 Harpoon e siluri Mark 54. Il Comando di US Navy ha deciso di localizzare a Sigonella la flotta di P-8A “Poseidon” destinata ad operare nel Mediterraneo, in Africa settentrionale e in Europa orientale nell’ambito del cosiddetto programma BAMS (Broad Maritime Area Surveillance) di “rafforzamento della propria superiorità strategica nello svolgimento di missioni prolungate ISR”, a fianco dei droni USA “Global Hawk” e “Triton” ed AGS della NATO, operativi anch’essi dalla grande base siciliana. Per i nuovi pattugliatori sono state ampliate a NAS Sigonella le aree di parcheggio e le piste ed è stato realizzato un maxi-hangar con annesso centro di manutenzione del costo di 26,5 milioni di dollari, inaugurato ufficialmente a metà gennaio 2022.   Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 17 giugno 2025, https://pagineesteri.it/2025/06/17/mondo/lombra-di-sigonella-sui-bombardamenti-israeliani-alliran/?fbclid=IwY2xjawK-f4RleHRuA2FlbQIxMQBicmlkETBmWjlBYUUxUWlFZ2FvSnNuAR4eqxiqR5pM9ed93w3euGW1GGdvpUHLalgXUsG5obuK5jOocnJkm7yWzguygQ_aem_B4AW9NwWSRGYN1YFEc4qrw
L’Eco MUOS(tro) e l’impegno di Antonio Mazzeo
Giornalista freelance, insegnante, attiv ista di tante battaglie pacifiste, contro la guerra e la militarizzazione, fra cui quella NO MUOS, Antonio Mazzeo è finito a processo con l’accusa di “diffamazione a mezzo stampa” per aver contestato la decisione della dirigente di un istituto scolastico, di chiedere l’intervento di militari della Brigata Meccanizzata “Aosta”, armati di tutto punto, per impedire “pericolosi” assembramenti davanti la scuola. Il MUOS (Mobile User Objective System) è un nuovo sistema militare di telecomunicazioni satellitari che consente la trasmissione di informazioni, video, dati, a tutti gli “utenti mobili”: centri di comando e controllo, reparti e mezzi terrestri, unità navali, sottomarini, cacciabombardieri, droni d’attacco, batterie missilistiche, e altro ancora. Il MUOS è un sistema adottato dalle forze armate degli Stati Uniti d’America, perché possano affermare la propria superiorità universale, tramite una rete di mega-antenne e satelliti per telecomunicazioni ad alta velocità, affinché sull’infinito domini l’oscurità della violenza, della guerra, della morte. Il MUOS è un sistema atto a propagare, dilatare, moltiplicare gli ordini di attacco militare di tipo convenzionale, chimico, batteriologico e nucleare, per bombardamenti sempre più virtuali, computerizzati, disumanizzati e disumanizzanti perché la coscienza degli assassini non possa mai incrociare gli occhi di chi soffre e la disperazione delle vittime innocenti. Il MUOS incarna le molteplici contraddizioni della globalizzazione neoliberista e capitalista, in quanto uccide in nome della pace e dell’Ordine sovranazionale, devastando il clima, l’ambiente e il territorio. Come hanno reagito i pacifisti e gli attivisti nonviolenti all’installazione di questo sistema d’arma? L’ Eco MUOStro è stato installato a Niscemi, nei pressi di Caltanissetta, in Sicilia, nel cuore di un’importante riserva naturale. L’impianto verte su tre grandi antenne paraboliche che emettono onde elettromagnetiche in grado di penetrare la ionosfera e i tessuti di ogni essere vivente. La popolazione locale si è mobilitata per oltre dieci anni contro questo dissennato progetto bellico dagli enormi impatti di tipo ambientale e sulla salute. Donne e uomini si sono indignati per essere stati ignorati, traditi, svenduti e così sono scesi in piazza a protestare e a manifestare il proprio dissenso, costringendo sindaci, consigli comunali e provinciali a votare delibere contro il MUOS. Sono state presentate numerose interrogazioni parlamentari; sono stati sottoscritti moltissimi appelli e firmate innumerevoli petizioni per revocare le autorizzazioni ai lavori, insieme a dibattiti, convegni, marce, digiuni e altre forme di contestazione nonviolenta e pacifica. Ci sono stati scioperi generali indetti dal basso a Niscemi e per la prima volta nella storia una base ad uso esclusivo delle forze armate statunitensi è stata occupata per ore da migliaia di manifestanti. Purtroppo alla fine è prevalsa la logica di distruzione e morte dell’apparato militare-industriale transnazionale. Avete vissuto l’EcoMUOStro come una grande sconfitta? Vi siete sentiti impotenti di fronte a questo sistema di potere imposto dall’alto? Il Movimento No Muos è stato sempre consapevole della  sproporzione delle forze in campo: da una parte migliaia di cittadini, giovani, donne che hanno sentito il diritto-dovere di rimettersi in gioco in prima persona in difesa del loro territorio e dei valori della pace, del disarmo e della cooperazione tra i popoli; dall’altra, la prima potenza militare e nucleare del pianeta, aggressiva e arrogante come sempre, in campo per affermare la piena supremazia sulle risorse della terra e la sempre più iniqua ridistribuzione della ricchezza. Ciononostante il Pentagono e i suoi più stretti alleati politici e militari in Italia e in Sicilia sono stati messi più di una volta sotto scacco. I lavori d’installazione del terminale terrestre del MUOS sono stati bloccati e ritardati per anni e le ragioni dei No MUOS sono state riconosciute dai Tribunali penali e amministrativi (si pensi alla recente sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa che ha dichiarato del tutto illegittime le autorizzazioni al progetto rilasciate dalla Regione Sicilia). Certo se dovessimo limitarci a vedere che l’esito finale di queste straordinarie mobilitazioni è stata la messa in opera del Muostro, dovremmo dire che tutto è stato inutile. Ma quelle campagne di opposizione hanno rappresentato per intere generazioni di siciliani fondamentali momenti di crescita individuale e collettiva e una presa di coscienza dei propri diritti e degli effetti nefasti dei processi di militarizzazione e stupro dei territori. Ciò non potrà non avere rilevanti conseguenze sociali e culturali a medio e lungo termine. E ciò concorrerà, ne sono certo, a sviluppare nuovi percorsi di lotta per la pace, la giustizia e la difesa dell’ambiente. I governi nazionali che si sono succeduti e l’attuale governo dei banchieri dell’alta finanza sono sempre favorevoli alla costruzione del MUOS. Il libro di Antonio Mazzeo vuole denunciare, attraverso le tante voci della gente di Niscemi, la prepotenza ottusa e la protervia ostinata dei vertici del potere, favorevoli all’Eco MUOStro, un sistema-business per i mercanti di morte, che comporta soprattutto la proliferazione della grande industria bellica, ma anche un intenso inquinamento elettromagnetico, proveniente dai trasmettitori del sistema, con devastanti microonde ad altissimo impatto ambientale. L’industria della morte si impone ancora, famelica, insaziabile, inesorabile. Con questo tuo libro sul MUOS sei riuscito a smuovere le coscienze di molti fino ad arrivare a un processo. Puoi parlarcene? No, davvero, non credo che un libro, da solo, possa riuscire a smuovere coscienze e generale proteste, mobilitazioni, opposizioni. Il MUOStro di Niscemi è stato solo un lavoro di analisi, sintesi e sistematizzazioni per rendere il più possibile chiare a tante e tanti siciliani le tantissime contraddizioni, anzi i crimini, di tipo sociale e ambientale, geostrategico, perfino mafiosi, di questo progetto di rafforzamento della presenza militare statunitense nell’Isola. Spero di esserci riuscito in parte ma non è più di quello che può essere chiesto a un impegno di controinformazione. In fondo è poco, davvero poco, rispetto alla portata educativa e formativa e generatrice di dissenso delle azioni dirette e delle pratiche di disobbedienza civile dei No MUOS. Cosa ti aspetti per il nostro futuro prossimo anche dal momento che siamo sul crinale del baratro di una terza guerra mondiale e potenzialmente nucleare con l’attuale guerra tra Russia e Ucraina e con le tante guerre imposte nel mondo dai poteri forti? Sì, da quel maledetto 24 febbraio 2022 avverto profondamente il timore dell’ennesimo rapido balzo dell’umanità verso l’olocausto globale. L’inarrestabile escalation di questo conflitto fratricida ha rafforzato la mia convinzione degli immani pericoli che potranno derivare a breve per la popolazione mondiale. E del resto sono già tantissime le persone in tutto il pianeta che stanno pagando un prezzo enorme in termini di sofferenza, fame, salute, accesso alle risorse energetiche, e via dicendo. Mi addolora poi la scarsissima opposizione generale, alla guerra e alla cultura di morte imperante. Mai come adesso siamo a un passo dalla guerra nucleare totale eppure le piazze sono vuote come non mai e il pacifismo si presenta fragilissimo. Sì, gli scenari futuri appaiono tragici. Ma forse proprio per questo dobbiamo provare ad esserci con tutte le nostre energie. Dobbiamo resistere all’uragano della morte, coscienti dei rapporti di forza, ma decisi e intransigenti. Siamo certamente stanchi, delusi e avvertiamo il peso delle tante, troppe sconfitte. Ma siamo ancora vivi. Noi e i nostri figli. Per noi e i nostri figli.   Intervista a cura di Laura Tussi, pubblicata in Transform! Italia il 5 giugno 2024, https://transform-italia.it/leco-muostro-e-limpegno-di-antonio-mazzeo/
ITALIA-ARABIA SAUDITA. Roma dimentica diritti umani e guerre e consolida la cooperazione militare
Dopo tre anni è tornata a bombardare le postazioni Houthi in Yemen a fianco delle forze armate degli Stati Uniti d’America e del Regno Unito. Nel 2024 si è invece caratterizzata per l’esecuzione di 345 condanne a morte, in buona parte per decapitazione. Il Regno dell’Arabia Saudita è paese belligerante, all’indice per le sistematiche violazioni dei diritti umani, ma l’Italia del governo Meloni-Tajani-Crosetto ha scelto di consolidare la partnership politico-diplomatica e militare-industriale con le autorità di Riyadh. Per promuovere la cooperazione tra l’Esercito italiano e le forze armate saudite dal 14 al 17 aprile scorso una delegazione dello Stato Maggiore guidata dal generale Carmine Masiello si è recata in visita ufficiale in Arabia Saudita. La missione ha previsto incontri con alti ufficiali e rappresentanti delle istituzioni militari locali; in particolare la delegazione è stata ospite del Comando delle forze di terra saudite, della National Defence University e dell’Accademia militare “King Abdulaziz” di Riyadh. “Tra gli obiettivi principali della missione vi è stato il rafforzamento delle partnership industriali, il supporto allo sviluppo di nuove capacità, la partecipazione ad esercitazioni congiunte e l’ammissione di personale saudita a corsi di formazione in Italia”, spiega il ministero della Difesa. “Durante gli incontri, sono stati affrontati temi cruciali legati alla sicurezza e alla cooperazione militare, evidenziando le aree in cui l’Italia può fornire supporto, in particolare attraverso l’industria della difesa e l’addestramento”. Altrettanto enfatiche le dichiarazioni rese dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito a conclusione della visita nel Regno saudita. “La cooperazione militare è uno dei tanti pilastri che rafforzano il profondo rapporto di amicizia tra i nostri Paesi”, ha espresso il generale Masiello. “Per elevare i rapporti bilaterali tra i due Eserciti, siamo pronti per un piano d’azione strutturato, con priorità condivise, per approfondire la conoscenza reciproca e crescere insieme, interrogandoci sulle sfide emergenti e sul futuro degli scenari”. (1) A fine gennaio era stata la presidente del consiglio Giorgia Meloni a recarsi in visita ufficiale in Arabia Saudita. Con il principe ereditario e primo ministro del Regno, Mohamed bin Salman Al Saud, la Meloni ha assunto l’impegno a giungere ad una “cooperazione strutturata” tra i due paesi, specie in campo economico-finanziario e, ovviamente, militare-industriale. Ampia convergenza è stata espressa su diverse questioni globali e regionali: dal rafforzamento delle relazioni tra l’Unione europea e il Consiglio di cooperazione del Golfo alla “ricerca di una pace giusta e duratura” in Ucraina; dal “consolidamento del cessate il fuoco a Gaza” al “sostegno a un processo politico inclusivo” in Siria e Libano. Giorgia Meloni e Mohamed bin Salman Al Saud si sono pure dichiarati concordi nell’avviare iniziative comuni e collaborazioni pubblico-private nel continente africano. (2) Il via vai tra Roma e Riyadh di ministri, generali e ammiragli è stato intensissimo negli ultimi due anni e mezzo. Il 25 gennaio 2023 il Capo delle forze armate saudite, generale Fayyadh bin Hamed Al-Ruwaili è stato ospite a Roma del ministro della Difesa Guido Crosetto, dell’allora Capo di Stato Maggiore, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, e del responsabile del Comando operativo di vertice interforze (COVI), generale Francesco Paolo Figliuolo. Il generale Al-Ruwaili è stato pure accompagnato a visitare alcune delle maggiori aziende del comparto militare-industriale: Fincantieri, Leonardo e Mbda (società leader in ambito missilistico, controllata da Airbus, Bae Systems e Leonardo). (3) Guido Crosetto si è invece recato a Riyadh il 17 ottobre 2023 per incontrare il ministro della Difesa, principe Khalid Bin Abdulaziz. “I due responsabili della Difesa si sono confrontati su argomenti di stretta attualità, evidenziando il comune impegno nel rafforzare il dialogo e la collaborazione tra Arabia Saudita e Italia”, ha riferito l’ufficio stampa del ministero. “Crosetto si è anche reso disponibile a esplorare nuovi ambiti di collaborazione per incrementare l’interoperabilità delle Forze Armate dei due Paesi a beneficio della sicurezza del Mediterraneo e del Golfo Arabico (…) dove l’Arabia Saudita svolge un ruolo strategico per il processo di stabilizzazione dell’intera area”. (4) La cooperazione congiunta nel settore della ricerca, dello sviluppo e della produzione di sistemi d’arma è stata al centro della “prima edizione” del Joint Consultative Committee Arabia Saudita-Italia, tenutosi nella capitale saudita il 4 e 5 dicembre 2023, presente l’allora Segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti, generale Luciano Portolano (oggi Capo di Stato maggiore della difesa). Il generale Portolano è poi tornato a Riyadh il 7 febbraio 2024 per incontrare il Capo della Difesa del Regno, generale Fayyadh al-Ruwaili. Il 29 aprile 2024 ancora il Capo di Stato Maggiore ha ricevuto a Roma una delegazione militare saudita guidata dal viceministro della Difesa, Ibrahim Ahmed Al-Suwayed. “Durante l’incontro, volto ad avviare una partnership strategica di lungo periodo, sono stati condivisi argomenti inerenti la cooperazione tecnico-militare e i principali programmi di Difesa tra l’Italia e il Paese mediorientale”, ha riportato in nota lo Stato Maggiore italiano. (5) I vertici delle forze armate sauditi ancora in missione ufficiale a Roma il 13 maggio, con tanto di omaggi all’Altare della Patria e al Sacrario delle Bandiere.   Fedeli alleati da oltre un trentennio Con il ministero della Difesa e dell’Aviazione dell’Arabia Saudita, l’Italia vanta un accordo di cooperazione da più di trent’anni. Esso fu sottoscritto il 17 febbraio 1993 dall’allora ministro della difesa, on. Salvo Andò (Psi), e dal principe-generale Sultan bin Abdulaziz, e venne ratificato dal Parlamento il 2 marzo 1998. Nello specifico le due parti si impegnarono a costituire un Comitato Misto Consultivo per promuovere attività tecnico-amministrative di mutua collaborazione nel settore della formazione e dell’addestramento militare e delle forniture ed acquisizioni di sistemi d’arma. L’Accordo aveva durata quinquennale ma è rimasto in vigore sino ad oggi. (6) Specie nell’ultima decade si è assistito alla crescita del numero di ufficiali sauditi ospiti in Italia per stage formativi presso le accademie militari di Modena, Pozzuoli e Livorno, le scuole di volo dell’Aeronautica o il Centro Alti Studi della Difesa. A seguito della firma di un accordo tecnico tra l’Aeronautica italiana e la Royal Saudi Air Force (23 marzo 2016, l’anno successivo all’inizio dell’intervento bellico saudita in Yemen), gli allievi piloti sauditi svolgono l’iter per il conseguimento del brevetto di pilota militare presso il CAE MultiCrew di Pratica di Mare (Roma) e, per la “linea elicotteri”, presso il 72° stormo di Frosinone. Ad essi si sono aggiunti i percorsi addestrativi presso il Centro di Formazione Aviation English di Loreto (Ancona), il 70° stormo dell’Aeronautica di Latina e, per l’addestramento alla guida dei cacciabombardieri, presso il 61° stormo di Galatina (Lecce). (7) Il personale specializzato dell’Aeronautica saudita svolge inoltre stage formativi presso l’Istituto di Medicina Aerospaziale (IMAS) di Roma. Le accademie militari italiane, in collaborazione con le università statali, forniscono al personale militare saudita alcuni percorsi di laurea in dottrine di guerra. All’Accademia Navale di Livorno, gli ufficiali della Marina e della Capitaneria di Porto del Regno possono conseguire il titolo di dottore in “Scienze Marittime e Navali” e in “Scienze del Governo e dell’Amministrazione del Mare”. A Torino, presso la Scuola di Applicazione dell’Esercito e la Scuola Interdipartimentale in Scienze Strategiche dell’Università degli Studi, il personale militare saudita consegue la laurea specialistica in “Scienze Strategiche”. “Lo scenario didattico del corso, frutto di una efficace sinergia fra Esercito e Università, prevede cinque indirizzi: politiche organizzative, sistemi gestionali, comunicazioni, logistica, economico – amministrativo”, spiega lo Stato Maggiore. “Obiettivo comune della Scuola di Applicazione dell’Esercito e della Scuola Universitaria Interdipartimentale è formare professionisti militari e civili in grado di affrontare e risolvere situazioni complesse nell’ambito di crisi e conflitti, in scenari nazionali e internazionali (…) attraverso mirati soggiorni all’estero e l’osmosi culturale fra mondo militare, accademico, scientifico, imprenditoriale e della comunicazione”. (8) Il 1° agosto 2022 alla “giornata del laureato” in Scienze Strategiche era presente a Torino una delegazione militare saudita guidata dal Comandante del “King Abdulaziz Military College” di Riyadh, generale Ali Saleh B. Alhudaif. (9)   Affari d’oro per le industrie di morte Governo e forze armate sono in prima linea per accreditare presso il Regno saudita le “eccellenze” della produzione bellico-industriale made in Italy. Riyadh ha lanciato un programma strategico a medio termine (Kingdom of Saudi Arabia Vision 2030) per ridurre la dipendenza dal petrolio e diversificare la propria economia, principalmente grazie a sempre maggiori investimenti in ambito militare e allo sviluppo di una produzione industriale che assicuri che non meno del 50% dei sistemi d’arma venga realizzato in territorio saudita. Momento clou per il rafforzamento delle relazioni tra le aziende italiane del comparto militare e le forze armate dell’Arabia Saudita è stato il “World Defense Show”, il salone espositivo degli armamenti tenutosi nella capitale araba dal 4 all’8 febbraio 2024. Alla presenza del vice-segretario generale della Difesa e della direzione nazionale degli armamenti, ammiraglio Pier Federico Bisconti e del viceministro Ibrahim Al Suwaied, il gruppo Leonardo SpA ha sottoscritto un memorandum of understanding con l’Autorità generale per l’industria militare saudita per sviluppare investimenti e collaborazione nei settori dell’aerospazio, della manutenzione e riparazione di velivoli, della  produzione di sistemi di guerra elettronica e radar e per l’assemblaggio di elicotteri. “Il MOU offre inoltre alle parti un focus su aree specifiche, sia nel settore del combattimento aereo, che in quello dell’integrazione multi-dominio, campi dove Leonardo sta sviluppando tecnologie di nuova generazione (…) sistemi a pilotaggio remoto, sensori integrati, digitalizzazione”, spiegano i manager del gruppo italiano. “Le parti si impegnano altresì ad esplorare opportunità per la supply chain nazionale in Arabia Saudita, e più in generale, per il ruolo di Leonardo nella regione…”. (10) Altri accordi tecnici con le principali aziende belliche italiane sono stati sottoscritti in occasione della visita a Riyadh della premier Giorgia Meloni a fine gennaio 2025. In particolare Leonardo SpA, ELT Group (già Elettronica) e Fincantieri hanno firmato memorandum con la General Authority for Military Industries (GAMI), l’entità che cura la localizzazione delle spese militari, con la Saudi Arabian Military Industries (SAMI), holding statale che controlla le aziende belliche, e con Shamal Group, gruppo di proprietà del ministero degli esteri che fornisce servizi alle industrie della difesa. Le industrie italiane guardano con particolare attenzione all’Arabia Saudita quale possibile cliente del cacciabombardiere di sesta generazione (GCAP – Global Combat Air Programme) in via di sviluppo dal consorzio guidato da Leonardo, BAE Systems (Regno Unito) e Mitsubishi Heavy Industries (Giappone). L’Aeronautica militare saudita ha anche avviato i negoziati per l’acquisto di un secondo lotto di caccia “Eurofighter Typhoon” (48-56 esemplari), prodotti dall’omonimo consorzio europeo in cui è presente ancora Leonardo. “Ma grandi opportunità ci sono pure nel settore elicotteristico – gli NH-90 del consorzio internazionale NHIndustries, ma non solo – e nel settore navale”, scrive RID – Rivista Italiana Difesa. “In quest’ultimo, ricordiamo il requisito per quattro nuove fregate leggere e la richiesta di informazioni inviata a Fincantieri”. Tra caccia, elicotteri e unità navali, le potenziali commesse saudite comporterebbero una spesa di oltre dieci miliardi di euro. (11)     Note 1)    https://www.esercito.difesa.it/comunicazione/Pagine/Il-Capo-di-Stato-Maggiore-dell%E2%80%99Esercito-Italiano-in-Arabia-Saudita-250424.aspx 2)    https://www.avionews.it/item/1262125-visita-del-presidente-meloni-in-arabia-saudita-e-sulla-vespucci.html 3)    https://www.agenzianova.com/news/una-delegazione-militare-dellarabia-saudita-in-italia-per-discutere-di-cooperazione/ 4)    https://www.difesa.it/il-ministro/comunicati/difesa-il-ministro-crosetto-in-arabia-saudita-n-119/29827.html 5)    https://www.difesa.it/sgd-dna/notizie/una-delegazione-della-difesa-dellarabia-saudita-in-visita-a-segredifesa/51647.html 6)    https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1998;48#:~:text=Il%20Presidente%20della%20Repubblica%20%C3%A8,Khalid%20il%2017%20febbraio%201993 7)    https://www.difesaonline.it/news-forze-armate/cielo/scuole-di-volo-al-72%C2%B0-stormo-di-frosinone-consegnati-4-brevetti-di-pilota-ai 8)    https://www.esercito.difesa.it/comunicazione/Pagine/Il-198-corso-Saldezza-a-Torino_180904.aspx 9)    https://www.esercito.difesa.it/comunicazione/Pagine/Giornata-del-Laureato-2022-a-Torino_220801.aspx 10) https://www.leonardo.com/it/press-release-detail/-/detail/05-02-2024-leonardo-signs-mou-with-the-kingdom-of-saudi-arabia-for-aerospace-and-defence-collaboration-opportunities 11) https://www.rid.it/shownews/7082/italia-e-arabia-saudita-l-rsquo-intesa-diventa-strategica-tante-opportunita-nel-settore-militare     Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 5 maggio 2025, https://pagineesteri.it/2025/05/05/primo-piano/italia-arabia-saudita-roma-dimentica-diritti-umani-e-guerre-e-consolida-la-cooperazione-militare/
Il movimento che dice «no» alla militarizzazione della scuola
  L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università è il riferimento contro chi vuole imporre la cultura militarista  “La scuola va alla guerra” è il titolo di un volume uscito a gennaio di quest’anno per Manifestolibri. L’autore è Antonio Mazzeo, giornalista e peace researcher, che da anni scrive articoli e saggi, realizza inchieste, raccoglie documentazione, partecipa a incontri ed eventi in tutt’Italia per denunciare il rischio della militarizzazione dell’istruzione. «È un processo – spiega Mazzeo, che insegna educazione fisica alle medie a Messina – che non ha risparmiato nessuna fascia generazionale». Quando ha iniziato a occuparsi di militarismo? Con il movimento per la pace. Sin dall’adolescenza, quando seguii la lotta contro l’installazione dei missili nucleari Cruise nella base di Comiso. Come ricercatore e giornalista ho seguito innanzitutto i processi di militarizzazione in Sicilia, poi in tutto il Paese. Come ha capito che era un fenomeno di portata nazionale? Credevo si trattasse di anomalie legate a singole scuole che, subendo la pressione di territori particolarmente militarizzati, aprivano l’istituzione scolastica alla presenza delle forze armate: eventi sporadici, spesso dedicati a temi non prettamente militari, che però registravano una presenza crescente di rappresentanti delle forze armate. Poi, raccogliendo documentazione e segnalazioni, ho preso coscienza che non era così: c’era dietro un preciso progetto. Come ha preso forma il tentativo di militarizzare la scuola? Si è sviluppato negli ultimi 15-20 anni, anche se per molto tempo se n’è parlato poco. Ha interessato tutta la scuola, da quella dell’infanzia a quella secondaria di secondo grado, fino ormai all’università. Sono stati firmati protocolli, il primo a livello nazionale è del 2014, e definiti accordi quadro tra i ministeri dell’Istruzione e della Difesa. A volte è stato coinvolto anche il ministero del Lavoro, ad esempio per i percorsi di alternanza scuola-lavoro, oggi PCTO, che prevedevano la presenza degli studenti in basi e infrastrutture militari, anche dentro le maggiori aziende del comparto militare-industriale. Perché si vuole “invadere” la scuola? L’obiettivo strategico è affermare la cultura della difesa e della sicurezza, espressione che si trova ormai in tutti i documenti strategici delle forze armate. Si vuole il consenso delle nuove generazioni su un modello di forze armate che intervengono a 360°: sia all’estero, nelle varie missioni internazionali, sia all’interno, in sfere una volta non di loro competenza. Lei è stato fra i protagonisti del lancio dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. Com’è nata l’idea? Su invito di centri di formazione per insegnanti, come il Centro Studi per la Scuola Pubblica (Cesp), o di organizzazioni come Pax Christi, ho iniziato a tenere un po’ in tutt’Italia corsi di formazione per il personale scolastico sulla militarizzazione del mondo dell’istruzione. È emersa così l’esigenza, da parte di insegnanti, intellettuali, sindacalisti, di strutturarsi. Sia per organizzare meglio la raccolta e sistematizzazione di documentazione, sia per costruire momenti di opposizione concreta. A marzo 2023 alla Camera dei Deputati è stato lanciato un appello, firmato da un centinaio tra docenti di scuola pubblica e universitari, da cui è nato l’Osservatorio. Che oggi è un punto di riferimento per il mondo della scuola ma anche per quel mondo politico e sociale più impegnato contro i processi di militarizzazione e riarmo e contro la guerra. L’Osservatorio organizza anche campagne, come quella dello scorso anno contro Giochi Preziosi che voleva proporre zainetti per la scuola con i loghi degli apparati d’élite delle forze armate. O la campagna per chiedere le dimissioni dei rettori delle università pubbliche italiane aderenti alla Fondazione Med-Or legata a Leonardo, principale azienda italiana produttrice di armi. Che strumenti ha a disposizione il singolo insegnante o genitore per dire «no»? L’Osservatorio ha prodotto un vademecum che indica gli strumenti giuridici utilizzabili per opporsi concretamente ad attività quali una visita scolastica a una base militare. Iniziative del genere non possono essere imposte da circolari ministeriali o uffici scolastici e tanto meno da dirigenti scolastici, ma devono essere discusse dagli organi collegiali. Altrimenti sono attività in violazione di norme nazionali, a partire dalla libertà d’insegnamento sancita in Costituzione, di disposizioni contrattuali e di norme internazionali che regolamentano le funzioni del sistema educativo. E ci si può opporre, ad esempio con la diffida. L’esperienza dell’Osservatorio comunque ci ha insegnato che l’impatto maggiore si ottiene con la denuncia mediatica. La militarizzazione della scuola sta vincendo? Solo 3-4 anni fa, se parlavi di questi argomenti eri visto come un alieno. Mentre oggi c’è un’enorme presa di coscienza in insegnanti, genitori e studenti. Anche perché questi anni sono stati segnati da una guerra costante, dal conflitto in Ucraina al genocidio del popolo palestinese, al rischio di una guerra globale. Questa “pressione bellica” credo abbia imposto di assumere l’enorme pericolosità del militarismo come un pericolo per la sicurezza di ognuno di noi. Perché è funzionale a un modello di guerra permanente. Per cui sono ottimista perché, nonostante l’apparato militare-industriale-finanziario abbia investito enormi risorse, non ha “conquistato le menti” delle nuove generazioni. Che anzi, come la stragrande maggioranza della popolazione, rifiutano la guerra. Per essere più precisi, come dice la Costituzione, la ripudiano.   Intervista a cura di Andrea Di Turi, pubblicata in Valori il 10 ottobre 2024, https://valori.it/militarizzazione-scuola-intervista-antonio-mazzeo/
L’Italia addestrerà i piloti militari libici
Si formeranno in Italia i piloti della ricostituita aeronautica di guerra della Libia. A renderlo noto l’ufficio pubblica informazione delle forze aeree italiane. Il 25 marzo, il capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, generale Luca Goretti, ed il capo della Libyan Air Force, generale Amhamed Gojel, hanno firmato a Roma un accordo tecnico bilaterale sull’addestramento in favore dei top gun e degli istruttori di volo libici. L’accordo prevede la partecipazione del personale militare dello Stato nordafricano ai corsi di addestramento presso il 70° Stormo dell’Aeronautica di stanza a Latina e presso il 61° Stormo di Galatina (Lecce) per le fasi 2 e 3 dell’iter addestrativo. Parte della formazione teorica si svolgerà anche presso il centro di formazione Aviation English di Loreto (Ancona), la scuola di lingue straniere dell’Aeronautica. L’intesa sottoscritta dai generali Goretti e Gojel disciplina i vari aspetti del percorso addestrativo del personale libico negli specifici programmi erogati dal 207° gruppo volo del 70° Stormo e dal 214° gruppo volo del 61° Stormo. “L’accordo assume una rilevanza significativa in quanto costituisce il primo accordo di cooperazione bilaterale con la Forza Aerea libica nel settore dell’addestramento al volo con durata di validità triennale”, spiega lo Stato Maggiore dell’Aeronautica italiana. “Esso è un’ulteriore riprova del livello di eccellenza raggiunto dalla Forza Armata nel settore addestrativo, nonché un significativo consolidamento della cooperazione con un Paese partner estremamente importante nell’ambito della sicurezza e della stabilità dell’area mediterranea”. (1) Il 70° Stormo di Latina è posto alle dipendenze del Comando Scuole dell’Aeronautica e della 3a della Regione Aerea con sede a Bari; presso i suoi reparti si effettuano i corsi di abilitazione e l’addestramento basico degli allievi dell’Aeronautica e delle altre forze armate italiane e dei cadetti militari di paesi esteri per il conseguimento del brevetto di pilota. Fino ad oggi Latina ha rilasciato oltre 15.000 brevetti di pilotaggio, realizzando un totale di circa 500.000 ore di volo. (2) Nello scalo del 70° Stormo gli allievi-piloti libici saranno formati a bordo di due tipi di velivoli di produzione del gruppo Leonardo SpA: il T-260B (aereo biposto, già classificato come SIAI Marchetti SF-260) e il T-2600A (quadriposto, già Aermacchi SF260 EA). (3) Presso la base salentina di Galatina, il personale militare libico sarà addestrato in vista della conduzione dei velivoli di quarta e quinta generazione (in particolare i cacciabombardieri Eurofighter Typhoon e gli F-35 Lightning II). Sotto il comando del 61° Stormo opera l’International Flight Training School (IFTS), un centro internazionale per l’addestramento al volo avanzato, frutto di un accordo del 2018 tra l’Aeronautica Militare e la holding industriale-militare Leonardo S.p.A.. “Il progetto IFTS è nato con l’obiettivo di realizzare un polo di eccellenza nella formazione dei piloti militari e soddisfare la crescente domanda di training avanzato proveniente dagli stati alleati e partner”, spiega lo Stato Maggiore della Difesa. “L’International Flight Training School ha consentito di raddoppiare l’attuale offerta addestrativa attraverso la realizzazione di un nuovo polo distribuito tra la base dell’Aeronautica di Galatina, e quella di Decimomannu (Sardegna), dove è nato il campus dedicato alla fase avanzata dell’addestramento al volo”. I reparti del 61° Stormo hanno formato e brevettato più di 9.000 avieri appartenenti a 20 paesi, alcuni del Medio oriente ed Asia (in particolare Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Singapore). A Galatina gli allievi-piloti di Tripoli voleranno a bordo dei caccia-addestratori T-346A (gli stessi venduti una quindicina di anni fa da Aermacchi-Leonardo alle forze armate israeliane). Questi aerei sono in via di sostituzione con i più sofisticati T-345, anch’essi progettati e prodotti dall’italiana Leonardo, per “ottenere un miglioramento della qualità addestrativa a costi inferiori, da cui il nome High Efficiency Trainer”, come enfatizza il Comando del 61° Stormo. Nelle scorse settimane sono giunti nella base aerea salentina i primi sei velivoli T-345 e da giugno saranno impiegati per i corsi addestrativi. (4) La decisione di utilizzare alcune delle maggiori basi aeree italiane per la “formazione” del personale militare libico sarebbe stata presa in occasione della riunione del Comitato misto di Cooperazione Libia–Italia tenutasi a Tripoli nel giugno 2024. A quell’incontro parteciparono per la parte italiana il generale Alessandro Grassano del III Reparto dello Stato Maggiore della Difesa e per la parte libica il gen. Mustafa Ben Rashed. Nonostante le sempre più numerose e documentate denunce da parte di organizzazioni governative ed ONG internazionali sulle gravissime violazioni dei diritti umani perpetrate dalle forze armate e di polizia libiche contro la popolazione e i migranti, il ministero della Difesa italiano si è impegnato ad “esaminare nuove strategie per incrementare e ottimizzare le attività di cooperazione” con la Libia. In particolare è stato redatto un articolato Piano di Formazione per il secondo semestre 2024 e per l’intero 2025, “comprensivo di numerose attività sia in Italia che in Libia”. (5) Relativamente al settore aereo, in attesa di avviare le attività addestrative per i piloti a Latina e Galatina, l’Italia ha iniziato ad erogare a beneficio del personale libico alcuni corsi per controllori del traffico aereo presso il reparto di addestramento di Pratica di Mare (Roma) e quelli presso l’Accademia Aeronautica di Pozzuoli (Napoli). (6) Le attività di formazione, addestramento e mentoring a favore delle forze armate e di sicurezza e delle istituzioni governative libiche, vengono svolte in territorio italiano e libico nell’ambito della cosiddetta Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (MIASIT). Nata nel 2018 sulle ceneri della precedente Operazione “Ippocrate”, MIASIT ha come obiettivo prioritario quello di “incrementare le capacità complessive” dei militari fedeli al Governo di Accordo Nazionale della Libia. Tra le attività addestrative spiccano in particolare quelle finalizzate al “controllo e contrasto dell’immigrazione illegale e delle minacce alla sicurezza della Libia; al ripristino dell’efficienza di assetti terrestri, navali e aerei, comprese le relative infrastrutture, funzionali allo sviluppo della capacità libica di controllo del territorio; all’assistenza e supporto sanitario (anche con il trasferimento dei pazienti Italia); allo sminamento; alla formazione da parte di forze speciali italiane, delle omologhe unità libiche”. Sempre secondo lo Stato Maggiore della Difesa, i corsi di formazione a le attività addestrative vengono condotte da MIASIT “in conformità all’Accordo tecnico di Cooperazione militare sottoscritto nel 2020”, sotto la direzione e il coordinamento del Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI), con quartier generale nello scalo aeroportuale di Centocelle, Roma. (7) Il testo di questo accordo non è pubblico. Grazie però ad alcuni organi di stampa di Tripoli è stato possibile apprendere che esso è stato sottoscritto il 4 dicembre 2020 in occasione della visita in Italia dell’allora ministro della Difesa del governo libico, generale Salaheddine al-Namroush (oggi vice capo di Stato Maggiore). Al-Namroush avrebbe concordato con il ministro della Difesa italiano Lorenzo Guerini (Pd) e con quello degli Affari Esteri Luigi Di Maio (M5S), l’implementazione di “attività di cooperazione nei settori dell’addestramento e dell’istruzione militare, dello scambio di competenze, del supporto, dello sviluppo, della manutenzione e della consulenza, della cooperazione nel campo dell’immigrazione clandestina, oltre che della sicurezza delle frontiere terrestri e marittime, delle operazioni di munizioni e smaltimento delle mine, della medicina militare, di soccorso in caso di disastri naturali ed emergenze sanitarie, di scambio di informazioni ed esperienze nel campo della ricerca scientifica e tecnica e della sicurezza militare”. (8) Attualmente il Comando della Missione MIASIT è schierato a Tripoli, mentre a Misurata è presente un distaccamento operativo. La consistenza massima annuale autorizzata dal Parlamento per il contingente nazionale impiegato in Libia è di 200 militari, più un mezzo aereo. E’ pure previsto l’impiego di ulteriori assetti aerei (anche a pilotaggio remoto) e di mezzi navali, tratti dal dispositivo nazionale operante nel Mediterraneo. Originariamente la missione di sostegno militare alla Libia prevedeva pure la gestione di un ospedale da campo a Misurata, ma questo è stato “dismesso” nel corso del 2022. “Da allora, anche nell’area di Misurata la presenza italiana ha svolto attività addestrativa, mediante team mobili (Mobile Training Team)”, spiega lo Stato Maggiore. Il contingente italiano è composto da unità con compiti di formazione, consulenza, assistenza e supporto logistico, infrastrutturale e sanitario; personale di collegamento presso dicasteri e stati maggiori libici; unità con compiti di force protection; tecnici e specialisti contro minacce chimiche-biologiche-radiologiche-nucleari (CBRN); team per la ricognizione e per le attività di comando e controllo. “L’addestramento si svolge in particolare nei settori del contrasto di ordigni esplosivi improvvisati (IED), dell’aviolancio e della tutela e scorta; l’impegno si è esteso anche alla collaborazione con la Guardia Costiera libica, che ha proseguito nell’azione di contenimento dei movimenti migratori non regolamentati”. (9) Pure formazione e addestramento, dunque, oltre al supporto logistico e di intelligence a favore della famigerata Guardia Costiera responsabile di orribili crimini (mitragliamenti, deportazioni, omissioni di soccorso, ecc.) nella quotidiana guerra contro le migrazioni e i migranti in acque territoriali e internazionali. Nel corso del 2024 sono stati non meno di una cinquantina i corsi di addestramento svolti da team appartenenti all’Esercito, alla Marina Militare, all’Aeronautica e all’Arma dei Carabinieri. Circa 700 i militari di tutte le forze armate libiche “formati” da MIASIT. (10) Tra gli impegni più “onerosi” quelli svolti per addestrare le unità di fanteria libiche e di “combattimento nei centri abitati” con l’ausilio del personale della Scuola di Fanteria dell’Esercito di Cesano (Roma); l’Esplorazione Tattica Terrestre, grazie ai team della Scuola di Cavalleria di Lecce; le “lezioni” di topografia e navigazione sul terreno, con tanto di fornitura al personale libico di “ausili tecnici e software open source per leggere e costruire mappe topografiche da utilizzare per il tiro di artiglieria”, da parte della Scuola di Artiglieria di Bracciano. (11) Presso il Distaccamento MIASIT di Misurata, il personale del 9° Reggimento Alpini (quartier generale a L’Aquila), reparto d’élite per il “combattimento in montagna”, ha curato i corsi di lingua italiana, Combat Intelligence e gestione delle “operazioni speciali” (OPS – Special Operations) a favore dei componenti della 307^ unità della Counter Terrorism Force libica. Ancora gli alpini abruzzesi nel deserto tripolitano per svolgere i “corsi basici di fanteria” per gli uomini della 52^ Brigata. (12) Il Comando Genio dell’Esercito di Roma ha portato a termine 15 corsi a favore del costituendo Centro di Eccellenza C-IED (Counter-Improvised Explosive Device) di Tripoli; i parà della Brigata Paracadutisti “Folgore” e gli istruttori del   Centro Addestramento Paracadutismo dell’Esercito di Pisa hanno condotto invece diversi corsi di Self Defense Close Combat e di “Metodo di Combattimento Militare (MCM)” per il Dipartimento di Polizia Militare e gli “allievi” dell’Accademia Militare di Tripoli. “Il Metodo di Combattimento Militare è parte integrante dell’addestramento individuale al combattimento ed è una metodologia tesa a fornire al soldato quelle capacità necessarie per difendersi e fronteggiare situazioni critiche o che minacciano la sua incolumità e quella degli altri”, spiega lo Stato Maggiore della Difesa. (13) Per il Corpo della Polizia Militare della capitale libica, il Centro Addestramento Paracadutismo e il 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania” di Livorno hanno condotto i corsi di Personal Security Detail in Hostile Enviroment che hanno come scopo “l’apprendimento delle procedure di protezione e sicurezza di Autorità o personale VIP”. Ufficiali dei Carabinieri e del Gruppo di Intervento Speciale (G.I.S.) dell’Arma hanno svolto invece un Negotiation Course a favore di 13 ufficiali della Libyan Military Intelligence di Tripoli, normalmente impiegati tra la capitale e Misurata. “Il corso ha avuto l’obiettivo di insegnare agli allievi le tecniche basilari per la gestione delle crisi, la capacità di approccio/ascolto e le tecniche per addivenire ad una soluzione efficace delle controversie”, spiega la Difesa. (14) Trentacinque i militari libici addestrati al Sea Survival dagli istruttori aero-soccorritori del 15° Stormo dell’Aeronautica Militare, di stanza nello scalo di Cervia-Pisignano (Ravenna). Il corso si è svolto presso la base navale di Abu Sittah, Tripoli, dove è attivo il Centro di coordinamento di ricerca e soccorso mobile (Mrcc) della Marina e della Guardia Costiera libica che sorveglia l’immensa aerea SAR - in verità anti-migranti - nel Canale di Sicilia. “Alle attività formative hanno preso parte militari appartenenti alla Lybian Air Force e alla Lybian Navy che hanno avuto modo di apprendere le procedure e tecniche di base per la sopravvivenza in mare a seguito di incidenti aerei e navali, tramite l’uso di materiali e zattere di salvataggio”, riporta lo Stato Maggiore italiano. Ospiti d’onore al corso Sea Survival il Capo del Dipartimento Search & Rescue libico, generale Mansour Al-Taish, e il responsabile del Dipartimento addestrativo della Marina Militare, ammiraglio Abdul Rahman Al-Baroni. (15) Oltre ad addestrare il personale militare libico, la Missione MIASIT ha gestito la consegna a “titolo gratuito” di equipaggiamento e aiuti militari. Nel corso del biennio 2023-2024, è stata formalizzata la cessione di materiale per la ricerca e la bonifica degli ordigni esplosivi, a favore degli operatori del Dipartimento del Genio militare di Tripoli. Tra i materiali “donati” decine di esemplari di tute protettive, occhiali speciali per la protezione degli occhi, kit di tiranteria, ausili per la rimozione a distanza di trappole esplosive e ordigni inesplosi, cercamine e apparati radiografici portatili per l’ispezione di pacchi sospetti o di munizioni inesplose di medio e piccolo calibro. Il trasferimento di equipaggiamento militare è stato realizzato “grazie ai fondi stanziati dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, nel quadro del più esteso programma di assegnazione di equipaggiamento specialistico, in Convenzione con il Ministero della Difesa”, spiega lo Stato Maggiore. (16) Il 2 maggio 2024 il personale italiano ha pure consegnato materiale elettromedicale all’Ospedale Militare di Tripoli e all’Accademia Aeronautica di Misurata, dove è stata pure realizzata un’aula multimediale per lo svolgimento di corsi per i piloti militari e civili. Ad agosto, farmaci e apparecchiature elettromedicali per un valore complessivo di quasi 100.000 euro, sono stati inviati al Misurata Medical Center e ai Poliambulatori militari locali. Alcuni dispositivi medici cardiovascolari sono stati acquistati mediante i fondi stanziati dal Comando Operativo di Vertice Interforze; i farmaci sono stati messi a disposizione dalla Fondazione Banco Farmaceutico. (17)  Note 1)    https://www.aeronautica.difesa.it/news/aeronautica-militare-cooperazione-internazionale-firmato-accordo-per-laddestramento-di-piloti-militari-libici-in-italia/ 2)    https://www.aeronautica.difesa.it/news/70-stormo-cerimonia-di-consegna-delle-aquile-di-pilota-di-aeroplano-agli-allievi-piloti-del-corso-falco-vi/ 3)    https://www.aviation-report.com/70-stormo-scuola-di-volo-basico-aeronautica-militare/ 4)    https://www.rid.it/shownews/7219/aeronautica-arrivati-i-primi-t-345-a-giugno-parte-l-addestramento 5)    https://www.difesa.it/smd/news-italia/prima-riunione-del-comitato-misto-di-cooperazione-libia-italia/53472.html 6)    https://www.aeronautica.difesa.it/news/aeronautica-militare-cooperazione-internazionale-firmato-accordo-per-laddestramento-di-piloti-militari-libici-in-italia/ 7)    https://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/DI0145.pdf?_1744875457583 8)    https://alwasat.ly/news/libya/303351?fbclid=IwAR0eudWADmm-zHocMTasNn5aSo13rriiDxIySXJNrVtMgUliq-fmoyqecKg 9)    https://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/DI0145.pdf?_1744875457583 10) https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/libia-missione-bilaterale-di-supporto-e-assistenza/notizie-teatro/libia-proseguono-le-attivita-addestrative-con-gli-istruttori-del-9-reggimento-alpini-dellesercito-e-della-scuola-di-fanteria-di-cesano-di-roma/55457.html 11) https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/libia-missione-bilaterale-di-supporto-e-assistenza/notizie-teatro/missione-in-libia-la-miasit-conclude-un-importante-ciclo-formativo/55736.html 12) https://www.esercito.difesa.it/comunicazione/Pagine/Libia-proseguono-le-attivita-addestrative-con-gli-istruttori-del-9-Reggimento-Alpini-dell-Esercito-240805.aspx 13) https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/libia-missione-bilaterale-di-supporto-e-assistenza/notizie-teatro/libia-conclusi-corsi-metodo-di-combattimento-militare-e-personal-security-detail-in-hostile-enviroment/54544.html 14) https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/libia-missione-bilaterale-di-supporto-e-assistenza/notizie-teatro/miasit-terminato-corso-negotiation-course-a-favore-libyan-military-intelligence/46617.html 15) https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/libia-missione-bilaterale-di-supporto-e-assistenza/notizie-teatro/missione-in-libia-concluso-sea-survival-training/51981.html 16) https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/libia-missione-bilaterale-di-supporto-e-assistenza/notizie-teatro/miasit-donato-equipaggiamento-per-lo-sminamento-al-genio-militare-libico/47432.html 17) https://www.difesa.it/operazionimilitari/op-intern-corso/libia-missione-bilaterale-di-supporto-e-assistenza/notizie-teatro/miasit-e-fondazione-banco-farmaceutico-supportano-la-sanita-libica/55795.html     Articolo pubblicato in Pagine Esteri il 22 aprile 2025, https://pagineesteri.it/2025/04/22/africa/litalia-addestrera-i-piloti-militari-libici/