
Processo Askatasuna: il crolla del “teorema”
Osservatorio Repressione - Tuesday, April 1, 2025Askatasuna non è un’associazione per delinquere e nessun gruppo eversivo ha operato al suo interno. Nonostante la mobilitazione della destra, le campagne diffamatorie, gli interventi a piedi giunti dei vertici degli uffici inquirenti, la criminalizzazione di tutti coloro che hanno richiamato alla razionalità e al senso delle proporzioni, quando si è arrivati davanti a un giudice, il castello accusatorio è crollato.
di Livio Pepino da il manifesto
Non c’è bisogno di aspettare le motivazioni della sentenza. Basta il dispositivo. Le cose non potrebbero essere più chiare. Il teorema della procura della Repubblica di Torino e della Digos non è stato solo smentito, è stato spazzato via, sbriciolato.
Askatasuna non è un’associazione per delinquere e nessun gruppo eversivo ha operato al suo interno. Di più, anche molti reati specifici sono stati esclusi e i risarcimenti milionari richiesti da presidenza del Consiglio e vari ministeri sono stati disattesi. Nonostante la mobilitazione della destra, le campagne diffamatorie, gli interventi a piedi giunti dei vertici degli uffici inquirenti, la criminalizzazione di tutti coloro che hanno richiamato alla razionalità e al senso delle proporzioni, quando si è arrivati davanti a un giudice, il castello accusatorio è crollato.
La vicenda non è una piccola questione locale riguardante una ventina di «antagonisti» ma un segnale che impone da subito alcune considerazioni.
Primo. Per la Digos e la procura torinese Askatasuna è un’associazione sovversiva. Per questo si è proceduto nei confronti di 86 indagati con richiesta di 16 misure cautelari e gli imputati sono stati intercettati, seguiti, controllati per una infinità di giorni e di notti. Venti anni della loro vita sono stati setacciati e scandagliati nei minimi particolare. L’ipotesi era stata ridimensionata già dal giudice per le indagini preliminari. Ma ancora tre mesi fa, in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario, la procuratrice generale di Torino ha definito la città piemontese il «centro dell’eversione» nazionale. E oggi il tribunale è stato militarizzato, come se si fosse alla soglia di una guerra civile. Ebbene il fatto che, in questo clima e dopo una così accanita ricerca di supporti all’accusa, si sia arrivati all’esclusione del reato associativo ha un valore doppio: dice non solo che non è stata raggiunta la prova del reato, ma che gli elementi acquisiti nelle indagini dimostrano esattamente il contrario, e cioè che nessuna associazione sovversiva o a delinquere è mai esistita ad Askatasuna. Nessuno, ovviamente, chiederà scusa, ma la lezione per inquirenti, media e politici alla ricerca di consenso non potrebbe essere più netta.
Secondo. Non è certo la prima volta che ciò accade. Storicamente è agevole ricordare i processi contro gli anarchici dell’Ottocento: iniziati con arresti e squilli di tromba e sempre conclusi con assoluzioni generalizzate. In tempi recenti, poi, l’associazione per delinquere è stata contestata a sindacati (soprattutto nella logistica), movimenti per la casa, organizzazioni operanti per il salvataggio dei migranti e finanche a Mimmo Lucano e agli amministratori di Riace. A Torino, da vent’anni a questa parte, è all’ordine del giorno la criminalizzazione del movimento no Tav, dell’area anarchica, dei movimenti degli studenti, dei centri sociali, arrivando sino alla contestazione di ipotesi di terrorismo. E sempre le accuse di reati associativi sono state smentite dai giudici in tutti i gradi di giudizio. Ovviamente dopo anni. Sarebbe tempo che nella cultura giuridica e politica si aprisse un confronto sull’uso dei reati associativi con riferimento ai movimenti e al conflitto sociale. Nessuno lamenta – nessun movimento ha mai lamentato – che si proceda per i singoli reati intervenuti in manifestazioni e in occasioni analoghe. Quel che è democraticamente inaccettabile è altro: la configurazione dei movimenti in quanto tali come reati, com’è nella contestazione dei reati associativi.
Terzo. L’esito del processo dovrà far ripensare anche a sinistra – riprendendo considerazioni fatte giorni fa su queste pagine da Giuliano Santoro – al ruolo e al senso nella scena politica e sociale del Paese delle aggregazioni politiche antagoniste e dei centri sociali, spesso liquidati con sufficienza come realtà marginali e borderline. Uno stimolo in questo senso può venire dal progetto, non a caso contestato dalla destra politica e istituzionale, di trasformazione di Askatasuna in bene comune a disposizione del territorio, condotto dal comune di Torino, da realtà associative cittadine e dagli stessi militanti del centro. È un discorso che si dovrà riprendere.
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