Manifestazioni pro-Pal, la Germania espelle quattro giovani

Osservatorio Repressione - Wednesday, April 2, 2025

La Germania si affida al manuale degli Stati Uniti: le deportazioni prendono di mira i manifestanti della guerra di Gaza. Le obiezioni di un alto funzionario dell’immigrazione secondo cui nessuno dei manifestanti era stato condannato per reati sono state respinte da pressione politica. L’unica accusa è di aver protestato a favore della Palestina

di Sebastiano Canetta da il manifesto

Deportati oltre confine per motivi politici: la versione tedesca del metodo-Trump. Berlino si conforma all’inquietante deriva di Washington inaugurando – nel massimo silenzio istituzionale – le prime espulsioni degli attivisti che hanno manifestato a favore della Palestina. Sono quattro giovani residenti nella capitale tedesca su cui non pende alcun reato, “colpevoli” solo di aver partecipato alle demo contro Israele nel 2024, ovvero di aver disobbedito alla ragione di stato che in Germania impone di stare sempre e comunque dalla parte di Tel Aviv.

Si chiamano Kasia Wlaszczyk, Cooper Longbottom, Roberta Murray e Shane O’Brien; i primi due sono rispettivamente cittadini di Polonia e Stati uniti mentre gli altri hanno il passaporto irlandese. Hanno meno di un mese di tempo per lasciare la Bundesrepublik prima che scatti l’ordine esecutivo.

A DARE la notizia è il giornalista indipendente Hanno Hauenstein sul sito di Intercept, dettagliando la procedura legale a perfetta imitazione di ciò che accade dall’altra parte dell’Atlantico. «Secondo le norme tedesche sull’immigrazione, le autorità non hanno bisogno di alcuna condanna penale per emettere il decreto di espulsione – come ha sottolineato Thomas Oberhäuser, presidente del comitato per il diritto dell’immigrazione dell’Ordine degli avvocati – Tuttavia le motivazioni addotte devono essere direttamente proporzionali alla gravità del provvedimento che comporta conseguenze estreme quali la separazione dalla famiglia o la perdita del lavoro. La domanda-chiave è: quanto è grave la minaccia e quanto è commisurata la risposta? Se si espelle qualcuno semplicemente per le sue convinzioni politiche, allora siamo di fronte a un eccesso enorme».

I quattro fogli di via dalla Germania portano la firma del Land di Berlino e sono stati emessi «fra le pressioni politiche e le obiezioni del capo dell’Agenzia per l’immigrazione. Il conflitto interno è sorto perché tre dei quattro colpiti dall’ordine di espulsione sono cittadini Ue e godono della libertà di movimento tra i paesi membri».

Alla fine ha deciso il Senato del Land governato dal sindaco-governatore della Cdu, Kai Wegner, e dalla vice-borgomastra della Spd, Franziska Giffey, cui spetta l’ultima parola in tema di immigrazione. Con una scelta politica tutt’altro che sorprendente: la linea ufficiale del Municipio Rosso viene sventolata fin dall’ingresso dove oltre alla bandiera cittadina sono issati il vessillo dello Stato ebraico e il bicolore dell’Ucraina.

(In controtendenza ieri Rolf Mützenich, storica figura della Spd, in prima linea nel negoziato con la Cdu, ha chiesto a Merz di chiarire se Berlino intende eseguire il mandato d’arresto contro Netanyahu nel caso visiti la Germania: «Non possiamo permettere che i rappresentanti del nostro Stato siano messi sullo stesso piano di Viktor Orbán»).

«Ciò che si è verificato a Berlino è tratto direttamente dal manuale dell’estrema destra» denuncia Alexander Gorski, avvocato di due degli attivisti. In pratica «il dissenso politico viene messo a tacere facendo leva sullo status di immigrato dei manifestanti. Sotto il profilo legale questa vicenda ricorda da vicino il caso di Mahmoud Khalil, lo studente palestinese della Columbia University espulso dagli Usa».

E IN GERMANIA ormai basta poco, se di fatto l’unico evento che collega i quattro casi è l’accusa di aver partecipato all’occupazione della Freie Universität di Berlino l’anno scorso. Nessuno dei destinatari dell’atto di espulsione è accusato di vandalismo o resistenza.

«L’ordine cita soltanto il sospetto che i quattro abbiano preso parte a un’azione di gruppo coordinata, mentre le rimanenti accuse sono di lievi entità: due sono accusati di aver definito “fascista” un poliziotto e di aver afferrato il braccio di un altro agente per fermare l’arresto di un attivista; tre di aver manifestato insieme a gruppi che scandivano slogan come “From the River to the Sea” (dichiarato illegale nel 2024) e “Palestina libera”. Le autorità affermano che tutti hanno urlato slogan antisemiti o anti-Israele, tuttavia nessuno viene specificato».

In teoria l’unica vera accusa penale sarebbe il «fascista» dato al poliziotto da O’Brien, che è ritenuto un reato. Ma l’irlandese è già stato portato alla sbarra di un tribunale di Berlino ed è stato assolto.

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