Siria sotto pressione tra rigurgiti jihadisti e tentativi di convivenza democratica

Osservatorio Repressione - Friday, April 4, 2025

Mentre il nuovo governo di Damasco appare alquanto tiepido nel riconoscimento delle minoranze, nel nord-est le SDF stabiliscono rapporti di reciproco riconoscimento con la comunità armena. Smobilitando nel contempo le milizie curde da Aleppo e procedendo allo scambio di prigionieri con l’SNA.

di Gianni Sartori

Anche se “Dio solo sa come andrà a finire” l’evoluzione della situazione in Siria appare emblematica di quanto potrebbe in futuro accadere in tutto il Medio oriente.

Risale alla fine del mese scorso l’annuncio del presidente al-Sharaa del nuovo governo ad interim. Dovrebbe restare in carica cinque anni e traghettare il Paese verso la nuova Costituzione e le prime elezioni politiche post-Assad.

Un esecutivo composto da 23 ministri, tra cui anche una donna, la cristiana Hind Kabawat a cui è stato affidato il dicastero del Lavoro e degli Affari sociali.

Com’era prevedibile la maggioranza dei ministri (in particolare nelle “posizioni-chiave”) appartiene alla comunità sunnita. In buona parte sono ex membri del “governo di salvezza” di Idlib tra il 2011 e il 2024. Come Asaad al-Shaibani (nuovamente a capo della diplomazia) e Mourhaf Abou Qasra (confermato alla Difesa).

Ad un altro ex jihadista, Anas Khattab (già dirigente dell’Intelligence a Idlib), è stato affidato il ministero degli Interni mentre Mouzhar al-Waiss dovrà occuparsi della Giustizia. In sostituzione di Shadi Mohammad al-Waisi, allontanato dopo la diffusione di alcuni video in cui presenziava all’esecuzione di due donne accusate di prostituzione a Idlib. Tra gli appartenenti alle minoranze, l’alawita Yarub Badr (ministro dei Trasporti) e il druso Amgad Badr (dicastero dell’Agricoltura).

Oltre alla già citata cristiana cattolica Hind Kabawat che in un’intervista ha detto di ispirarsi al pensiero e all’opera del gesuita padre Paolo dall’Oglio, ai suoi ideali di “giustizia, inclusione e diversità”.

Tuttavia il nuovo governo è stato comunque messo in discussione – diciamo pure “bocciato” – dai curdi per una “evidente mancanza di reale coinvolgimento delle minoranze”.

Intanto nel nord-est siriano, il 2 aprile il comandante delle SDF (Forze Democratiche Siriane) Mazloum Abdi ha ricevuto sua Eminenza il vescovo aggiunto Levon Yeghiayan, pastore dell’Arcidiocesi Ortodossa Armena di Al Jazeera e una delegazione della comunità armena. Levon Yeghiayan ha trasmesso al comandante delle SDF le felicitazioni e le benedizioni dell’arcivescovo armeno ortodosso di Aleppo, Makar Ashkarian, per Newroz e per Eid al-Fitr. Elogiando le SDF per quanto stanno facendo a tutela della sicurezza, del dialogo, del rispetto e della convivenza tra le diverse comunità etniche, politiche e religiose.

Da parte sua Abdi ha ricordato il ruolo storico assunto dalla comunità armena nell’arricchimento del tessuto sociale e culturale del nord e dell’est della Siria, così come nell’intero Paese. Ricordando come sia “responsabilità collettiva dei siriani superare le divisioni e collaborare per l’unità e un futuro stabile per tutti”.

Successivamente, nell’arco della stessa giornata, il Comandante delle SDF ha ricevuto una delegazione di sceicchi e dignitari di Raqqa. Anche da costoro sono venuti elogi per l’operato delle SDF, in particolare per i recenti accordi con il governo di Damasco (anche se in parte – forse – rimessi in discussione).

Con un preciso riferimento a quello del 1 aprile (composto da 14 clausole e salutato dal Consiglio civile di vicinato come una “soluzione sostenibile”) con cui le forze curde si sono impegnate a rimuovere le barricate e ritirare le milizie armate dai quartieri a maggioranza curda di Aleppo (Cheikh Maqsoud e Achrafieh). Milizie che si sposteranno sulla riva orientale dell’Eufrate portandosi comunque appresso le armi. Allo scopo di assicurare la convivenza e la sicurezza dei residenti con la costituzione di un Comitato di coordinamento per garantire eventuali spostamenti della popolazione curda nel nord-est. Viene inoltre garantito il mantenimento dei municipi e consigli locali esistenti e pianificato lo scambio dei prigionieri catturati durante il conflitto.

Il primo scambio è avvenuto il 3 aprile con la liberazione da parte dell’Amministrazione autonoma di 400 persone. Da parte sua l’Esercito Nazionale Siriano (SNA, sottoposto al comando turco), grazie al ruolo di intermediario del governo di Damasco (HTS), ha liberato 170 prigionieri curdi.

 

 

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