
San Gimignano – tortura in carcere. Una sentenza storica: la Corte d’Appello conferma le condanne per gli agenti penitenziari
Osservatorio Repressione - Sunday, April 6, 2025Nel panorama della giustizia italiana, la vicenda del carcere di San Gimignano rappresenta uno dei casi più gravi e simbolici di violenza istituzionale. Tutto ha inizio l’11 ottobre 2018, quando un detenuto tunisino viene brutalmente picchiato da un gruppo di agenti della Polizia Penitenziaria all’interno della casa circondariale di San Gimignano, in provincia di Siena. Il pestaggio avviene durante un trasferimento di cella forzato: il detenuto viene gettato a terra, colpito con calci e pugni, e lasciato incosciente sul pavimento.
Le indagini successive portano alla luce un quadro inquietante, fatto di violenze sistematiche, minacce e falsi verbali. Nel 2021 arriva una prima svolta giudiziaria: dieci agenti vengono condannati per tortura e lesioni aggravate dopo aver scelto il rito abbreviato. Le pene vanno dai 2 anni e 3 mesi ai 2 anni e 8 mesi.
Nel 2023, altri cinque agenti affrontano il rito ordinario. La Corte li condanna a pene più elevate – fino a 6 anni e 6 mesi – per tortura, falso e minaccia aggravata. Un processo che fa storia: per la seconda volta in Italia, dopo il caso di Ferrara, viene riconosciuto il reato di tortura in ambito carcerario.
Il 3 aprile 2025, la Corte di Appello di Firenze conferma le condanne agli agenti che avevano scelto il rito abbreviato e riduce le pene per quelli giudicati con il rito ordinario.
Di seguito il comunicato integrale dell’Associazione Yairaiha Onlus, parte civile nel processo:
L’Associazione Yairaiha Onlus, da cui partì la denuncia e costituita parte civile nel processo, accoglie con attenzione e determinazione la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Firenze in merito al caso di tortura avvenuto nel carcere di San Gimignano nel 2018.
La conferma delle condanne ai 10 agenti della Polizia Penitenziaria che avevano scelto il rito abbreviato e le riduzioni di pena per i 5 che hanno affrontato il rito ordinario rappresentano un importante riconoscimento della gravità dei fatti accaduti. Tuttavia, non possiamo dimenticare che questa sentenza, pur storica, è solo la punta dell’iceberg di un sistema carcerario strutturalmente violento e disumano.
Non si tratta di un caso isolato: già nel 2021 vi è stata la prima condanna in Italia per tortura in carcere, a dimostrazione che il nostro sistema detentivo è permeato da abusi sistematici e impunità. San Gimignano, come Ferrara e come molte altre carceri italiane, dimostra che la repressione e la violenza istituzionalizzata sono strumenti quotidiani di gestione della popolazione detenuta.
Come associazione che da anni si batte per i diritti dei detenuti, denunciamo l’ipocrisia di uno Stato che proclama il rispetto dei diritti umani ma permette che le carceri si trasformino in luoghi di tortura. La tortura non è un’eccezione, ma una pratica endemica che trova terreno fertile in un sistema punitivo in cui il carcere non riabilita, ma annienta.
Rinnoviamo la nostra vicinanza a tutte le vittime di abusi e ribadiamo il nostro impegno per un mondo senza carceri, in cui la giustizia non sia vendetta ma reale possibilità di trasformazione sociale.
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