
India: il peggioramento delle condizioni degli Adivasi e Dalit
Osservatorio Repressione - Wednesday, April 9, 2025In India, tra incidenti sul lavoro e defezioni dalla guerriglia maoista, alla fine chi ci rimette sono sempre Adivasi e Dalit
di Gianni Sartori
Mentre il governo indiano esulta per i risultati ottenuti nel contrastare il movimento naxalita (la guerriglia di ispirazione maoista sorta nel 1967, recentemente decimata da uccisioni e defezioni), non va certo migliorando – anzi – la condizione di dalit e adivasi. Oppressi, sfruttati, discriminati, umiliati e offesi.
Come conferma un recente “incidente” sul lavoro di otto membri delle caste inferiori.
La tragica morte di questi lavoratori (di età compresa tra i 22 e i 55 anni) è avvenuta il 3 aprile nel villaggio di Kondavat, nel distretto di Khandwa (Madhya Pradesh).
Cinque di loro erano scesi – per ripulirlo – in un profondo pozzo dove, a scopo rituale, era prevista l’immersione dei fedeli per ammirare le immagini delle divinità indù Isar e Gauri. Morti asfissiati a causa delle esalazioni velenose emanate dall’acqua (dato che il pozzo era rimasto a lungo inattivo).
I primi cinque (Mohan, Anil Patel, Sharan Sukhram, Arjun, Gajanand) erano scesi per compiere il lavoro di ripulitura rimanendo intossicati e non più in grado di risalire. Altre tre lavoranti (Baliram, Rakesh e Ajay) erano allora generosamente scesi nel pozzo restando a loro volta intrappolati.
Stando alle prime dichiarazioni dell’amministrazione locale, ai familiari delle vittime dovrebbe venir corrisposto un risarcimento di 400mila rupie (l’equivalente di circa 4200 euro). Non molto per una vita umana (anche se si tratta di membri delle caste inferiori), ma comunque molto di più di quanto avviene in genere.
Diverse organizzazioni sindacali hanno denunciato la scarsa mancanza di rispetto per gli standard minimi di sicurezza. Ulteriormente ignorati nel caso di lavoratori dalit.
Intanto – come già ricordato (ma repetita iuvant) – il movimento naxalita, sopravvissuto per oltre mezzo secolo, appare in grave difficoltà. La resa di una cinquantina di maoisti alle forze di sicurezza del 30 marzo nel distretto di Bijapur suonava come una conferma dell’efficacia della nuova strategia basata sull’istituzione di taglie cospicue e di premi per chi abbandona le armi e diserta.
Oltre al fatto che negli ultimi tre mesi almeno 134 guerriglieri sono stati abbattuti nel Chhattisgarh. Sicuramente eventi poco incoraggianti per gli insorti.
Il 29 marzo altri 18 maoisti (tra cui 11 donne e il comandante Jagdish) erano stati uccisi nei distretti di Sukma e di Bijapur (Chhattisgarh) dalla Guardia di riserva del distretto (DRG) e dalla Forza di polizia centrale di riserva (CRPF).
E qualche giorno prima una trentina di maoisti erano stati eliminati nelle foreste del Bijapur dalle Forze di sicurezza delle frontiere (BSF) e dalla DRG.
Dato che quella del governo è anche (o soprattutto) una guerra contro i tribali in quanto tali, non si può certo escludere che alcuni dei presunti “combattenti maoisti” uccisi dalle forze paramilitari governative fossero in realtà inermi contadini poveri o adivasi (indigeni).
Ma probabilmente è soprattutto l’incremento delle defezioni il fattore che rischia di dissanguare il movimento naxalita.
Tra le ricompense per i disertori (50mila rupie, una casa, un pezzo di terra e la cancellazione dei reati ) e le ulteriori ricompense per le armi consegnate, l’anno scorso nella sola regione del Bastar ben 792 maoisti (cifre ufficiali) si sono arresi.
Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi sostenerci donando il tuo 5×1000
News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp