Cartografie del terzo settore e della innovazione sociale a Torino #5. Almaterra

NapoliMONiTOR - Friday, April 18, 2025
(disegno di adriana marineo)

Per circa un anno, alcune ex-lavoratrici dell’associazione Almaterra, insieme ad altre lavoratrici del terzo settore, hanno portato avanti una mobilitazione contro le condizioni di sfruttamento nel settore sociale. La contestazione contro Almaterra è nata quando alcune operatrici hanno deciso di portare alla luce un episodio di aggressione e ritorsione nei confronti di una collega, a cui hanno fatto seguito licenziamenti ed estromissioni dall’organo associativo. Le ex-lavoratrici hanno iniziato una vertenza, chiedendo quello che spetta loro per gli straordinari non pagati e imposti come volontariato obbligatorio e il riconoscimento del reale inquadramento contrattuale.

Dando seguito a precedenti assemblee pubbliche per discutere il tema del lavoro sociale in città, l’11 febbraio un presidio di fronte al tribunale ha portato solidarietà alle lavoratrici in occasione della prima udienza, con l’associazione chiamata in giudizio a causa dei licenziamenti impiegati come ritorsione e quindi ingiustificati. Poi, il 5 marzo, un presidio si è radunato davanti alla sede della Compagnia di San Paolo per raccontare il ruolo che questo ente gioca nella trasformazione del terzo settore in uno strumento di profitto e controllo. Questi momenti sono stati un’occasione per condividere le proprie esperienze e gli strumenti possibili per costruire una lotta.

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Almaterra è un’associazione del terzo settore di Torino che si presenta come “un’associazione di donne femministe e transfemministe di diversi paesi”. Il Centro interculturale delle donne Alma Mater, situato presso un ex edificio scolastico, nacque su iniziativa di un gruppo di donne riunitesi a partire dal 1990 e fu inaugurato nel dicembre del 1993: oggi è gestito dall’associazione, istituita nel 1994 proprio a tale scopo.

Nata all’interno della tradizione femminista, Almaterra a oggi lavora su progetti interculturali dedicati all’empowerment femminile, all’accessibilità al mercato del lavoro e all’inclusione sociale e culturale delle donne, occupandosi di questioni di genere e violenza di genere. L’associazione offre un’ampia gamma di servizi dedicati alle donne e alle soggettività femminili: corsi di alfabetizzazione, sportello di orientamento sociale, sportello lavoro, sportello psicologico, consulenza legale, ludoteca, mensa, uno sportello di segreteria e altro. Inoltre promuove un insieme di progetti che includono sia attività interne al Centro sia azioni esterne, realizzate attraverso collaborazioni e convenzioni con istituzioni ed enti, pubblici e privati, a livello locale e non solo. Tra questi attualmente si annoverano un’unità di contatto per sexworkers e vittime di tratta; un progetto dedicato alle diverse forme di fragilità sociale e rivolto alle circoscrizioni 5 e 6 della città, di cui è capofila Arci Torino; e alcuni progetti correlati all’emergenza abitativa, tra cui un social housing che offre una sistemazione temporanea a seguito della perdita della casa. 

Almaterra è sostenuta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dalla Regione Piemonte, dalla Città di Torino e da UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), oltre che da una serie di attori privati tra cui spiccano la fondazione Compagnia di San Paolo e la fondazione CRT. L’associazione è inoltre un ente accreditato per il Servizio Civile Universale e accoglie giovani partecipanti al servizio civile, avvalendosi del loro contributo, oltre che di una più ampia attività di volontariato, definita da Almaterra stessa “il cuore pulsante della associazione”. 

Nel 2023, Almaterra ha partecipato al bando Next Generation You promosso da Compagnia di San Paolo, un bando volto a promuovere tra le realtà del terzo settore strumenti gestionali e economici più efficienti, attraverso la definizione di ruoli interni ben circoscritti, organigrammi, processi decisionali definiti e verticistici: in pratica un processo di aziendalizzazione del lavoro sociale. Le associazioni che accedono ai finanziamenti di questo bando sono tenute a rispettare rigide linee guida, simili a quelle imposte dagli istituti bancari, e a conformarsi a criteri di efficienza, produttività e sostenibilità economica tipici del settore privato. Le realtà del sociale sono così spinte a uniformarsi a una condotta operativa che di fatto incrementa la standardizzazione delle pratiche e rafforza le dinamiche di controllo e subordinazione nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici, così come nei confronti delle persone beneficiarie dei servizi.

Di pari passo con la ridefinizione in chiave sempre più orientata al profitto, le lavoratrici di Almaterra hanno registrato all’interno dell’associazione condizioni di forte stress lavorativo, carichi di lavoro eccessivi senza alcun aumento della retribuzione, l’imposizione del volontariato come obbligatorio, finanche episodi di prevaricazione nei loro confronti. Le condizioni di inquadramento e di retribuzione per loro erano quelle di contratti precari e a tempo determinato, con compensi forfettari a cadenza trimestrale posticipata, e contratti firmati a posteriori. Erano inoltre inquadrate con contratti di co-co-co, pur a fronte della richiesta effettiva di una presenza invece costante, de facto full time, e pur essendo investite di mansioni di responsabilità e di coordinamento.

Nel febbraio 2024 Almaterra interrompe il contratto di una lavoratrice in seguito a un episodio nel quale la stessa ha preso le difese della cuoca della mensa durante una lite con un’amministratrice dell’associazione, ed è stata da quest’ultima aggredita verbalmente e fisicamente. In seguito alcune colleghe, che palesano la loro solidarietà alla lavoratrice, ed esprimono la necessita di risolvere i contrasti interni all’ente, a loro volta sono estromesse dal lavoro. 

Nel suo sito web Almaterra si richiama a valori quali “il rispetto, l’accoglienza, la solidarietà e la dignità umana” e dichiara “l’intenzione di contribuire alla decostruzione dei pregiudizi e alla costruzione di comunità”. L’associazione si presenta come inclusiva e attenta alle discriminazioni, fornisce un’immagine che deve passare all’esterno, ma è notevole il contrasto con la realtà interna mostrata da questi fatti. Sotto la veste del lavoro di cura si riproducono meccanismi di oppressione. Anche nei confronti dei beneficiari dei servizi, a dispetto della immagine proposta, le lavoratrici testimoniano di atteggiamenti discriminatori e infantilizzanti, di logiche premiali e orientate al disciplinamento delle persone che si rivolgono all’associazione e la attraversano.

La narrazione di Almaterra appare quindi come un’appropriazione dei valori e del linguaggio dei movimenti sociali e dei contesti di cura: parole come “accoglienza”, “inclusione”, “empatia” vengono utilizzate per costruire un’immagine positiva, forse utile per attirare soggetti (possibili volontari) animati da determinati valori, ma nella sostanza si legittimano nuove forme di precarietà e disciplinamento.

Il caso di Almaterra mette in luce caratteri comuni a tutto il terzo settore: il carico sui lavoratori e le lavoratrici di grandi responsabilità, il ricatto del rinnovo contrattuale, la richiesta di reperibilità continue e disponibilità al sacrificio a fronte di “una buona causa”. La strumentalizzazione della volontà di aiutare il prossimo si concretizza spesso, per di più, senza che venga fornito il dovuto supporto psicologico in caso di situazioni emotivamente destabilizzanti e senza i dovuti riconoscimenti a livello di retribuzione e tutele del lavoratore. A partire dalle rivendicazioni e dalle voci coraggiose delle lavoratrici di Almaterra, si apre forse uno spiraglio per uno sguardo, una lettura e un discorso critici sul lavoro sociale in città, e per una analisi critica dei suoi attori. (voce a cura di stefania spinelli)

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