
Iran: ennesima esecuzione di un prigioniero politico curdo
Osservatorio Repressione - Wednesday, April 23, 2025Il 20 aprile in Iran ennesima esecuzione di un prigioniero politico curdo
di Gianni Sartori
Soltanto qualche giorno fa, il 18 aprile, alcune Ong avevano diffuso la notizia che due giorni prima il prigioniero politico curdo Hamid Hossein Nejad Heydaranlu (40 anni, padre di tre figli), detenuto nel carcere di Urmia e già condannato a morte, era stato messo in isolamento nel braccio della morte.
Segno che l’esecuzione ormai era imminente.
Dopo una prima condanna risalente al luglio 2024 (dalla Sezione 1 del Tribunale rivoluzionario di Urmia, presieduta dal giudice Najafzadeh), la pena di morte era stata riconfermata alla fine di marzo dalla Sezione 9 della Corte Suprema.
Arrestato nei pressi di Chaldoran nell’aprile 2023 (dalle guardie di frontiera che nel 2015 avevano ucciso suo cognato, Mostafa Nouri), Hosseinnezhad veniva condannato per “baghi” (ribellione armata contro l’Imam e l’autorità islamica). Accusato senza prove (o con prove false, stando a quanto sostiene l l’Ong Kurdpa) di aver fatto parte di un partito dell’opposizione.
Per quasi un anno era stato sottoposto a maltrattamenti e torture e fine costretto a firmare una confessione prestampata. Gli erano state concesse solo due brevi telefonate con la famiglia, mentre gli venivano negati sia un avvocato di sua scelta che le visite dei familiari.
A causa dell’episodio in cui aveva perso la vita suo cognato (ucciso dalle guardie di frontiera), è stato accusato di ”coinvolgimento in uno scontro armato”. Stando a quanto ha dichiarato in tribunale, il giudice Najafzadeh lo avrebbe condannato “in base al proprio intuito” (?!?). E questo nonostante nuovi documenti dimostrassero la sua innocenza. Ma con il trasferimento nel braccio della morte non era stato più possibile presentarli.
Oggi la brutale notizia: Hamid Hossein Nejad Heydaranlu, è stato ucciso in segreto domenica 20 aprile nel carcere dove era rinchiuso. Poco prima che venisse messo in isolamento, i familiari – allertati dall’ultima, brevissima, sua telefonata – avevano manifestato con un sit-in. Invano.
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