
L’Ue ha alzato i muri per i migranti: così è stato svuotato il diritto d’asilo
Osservatorio Repressione - Wednesday, April 23, 2025Le politiche migratorie europee. Dal 2003 i governi teorizzano il protocollo Italia-Albania. Ora l’esecutivo europeo accelera le tappe. Da Bruxelles viene lanciato un messaggio chiaro: il diritto alla protezione internazionale è selettivo.
di Youssef Hassan Holgado e Marika Ikonomu da il Domani
“Una possibilità potrebbe essere quella di istituire zone protette nei paesi terzi, dove chi arriva negli stati membri e chiede asilo potrebbe essere trasferito per l’esame della sua richiesta”. Ventidue anni fa un documento gettava le basi dell’attuale approccio europeo alle politiche migratorie. Un testo che teorizzava una nuova modalità di gestione dei flussi attraverso la costruzione di centri di transito nei paesi extra Ue. Il progetto prevedeva il coinvolgimento di organizzazioni come Oim e Unhcr, e si proponeva di avere un effetto deterrente alla migrazione.
L’idea è contenuta in una lettera del 10 marzo 2003 firmata dal premier britannico laburista Tony Blair e indirizzata al presidente di turno del Consiglio europeo, l’allora primo ministro greco Kostas Simitis. Il disegno immaginato da Blair è oggi diventato realtà con il protocollo Italia-Albania. Quella che la premier Giorgia Meloni definisce una soluzione innovativa non è altro che una tendenza europea che da vent’anni si sta affermando e che, “invece di regolare un fenomeno strettamente dipendente dall’economia, pone come prioritaria la dimensione della sicurezza a scapito della tutela dei diritti e delle libertà”.
È così che Chiara Favilli, docente di diritto dell’Ue all’università di Firenze racconta il percorso intrapreso da Bruxelles. Un percorso che ha portato nel 2024 all’approvazione del Patto Ue per la migrazione e l’asilo, un pacchetto di riforme che comprime al massimo il diritto di asilo, senza però favorire canali di ingresso legali. Il Patto punta sull’applicazione generalizzata di procedure accelerate, l’aumento delle espulsioni e l’uso delle zone di frontiera in un regime detentivo per la valutazione della domanda.
“Paesi sicuri” – Il 16 aprile l’esecutivo dell’Ue ha bruciato le tappe proponendo di anticipare alcuni elementi del Patto: le procedure accelerate per tutte le nazionalità con tassi di accoglimento delle domande di asilo inferiori al 20 per cento; la facoltà per gli stati membri di designare paesi sicuri. E proprio su questo la Commissione ha tracciato la via formalizzando una lista comune di paesi sicuri, includendo Kosovo, Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Marocco e Tunisia, dove sabato sono state condannate per cospirazione 40 persone, tra oppositori e attivisti. “Un elenco evidentemente orientato verso la lista stilata dall’Italia”, nota Favilli, che definisce “grezzo” il testo presentato, con “nozioni che non hanno alcun tipo di pregnanza giuridica”.
C’è di più, l’anticipazione dimostra che “l’attuazione del protocollo Italia-Albania non è possibile con la legislazione vigente”. Per la docente, c’è un’inversione di tendenza: la Commissione ha dimostrato sostegno alle politiche dei governi, abdicando al proprio ruolo di orientamento verso obiettivi comuni. L’approccio perseguito dalla presidente Ursula von der Leyen va in questa direzione. In carica dal 2019, per assicurarsi un secondo mandato, ha saputo interpretare l’onda a destra e fare della questione migratoria la sua strategia politica accelerando, prima delle elezioni europee, la firma di accordi con paesi terzi per esternalizzare le frontiere.
La proposta della Commissione “assomiglia più a un messaggio politico che a una proposta normativa. Ed è uno strumento di legittimazione politica dell’intesa con l’Albania”, dice Salvatore Fachile, avvocato e socio di Asgi. “La proposta sminuisce il ruolo della Corte di giustizia Ue, chiamata a una decisione che in Italia ha assunto una dimensione politico-normativa enorme”, spiega Fachile.
“Si dà un segnale sul fatto che non ci saranno margini di discussione su questi temi”, sulla scia di quanto sta accadendo in Italia, dove alle sentenze dei giudici che non hanno convalidato i trattenimenti in Albania il governo ha risposto con uno scontro tra poteri. La pronuncia della Corte è attesa entro l’estate. “Potrebbe introdurre un principio utile anche in vista delle modifiche e, nonostante le pressioni politiche, ribadire i limiti derivanti dai diritti fondamentali”, dice Favilli.
La svolta securitaria – Dal 2003 in poi, ci sono state diverse proposte analoghe, scartate però per ragioni di opportunità o di convenienza, anche economica. “L’attentato alle Torri Gemelle ha condizionato la realizzazione delle politiche migratorie dell’Unione, che allora avevano appena preso avvio. È stato visibile in tutte le norme europee adottate, con un’ulteriore spinta dopo la crisi dei rifugiati tra il 2015 e il 2017”, spiega Favilli. L’anno chiave è stato il 2016, quando la Commissione ha presentato il Nuovo quadro giuridico di partenariato con i paesi terzi, aprendo a diverse forme di cooperazione, come l’accordo Italia-Libia del 2017 e i partenariati strategici più recenti. Anche l’intesa con l’Albania è una di queste e “la Commissione – sottolinea Favilli – sta facendo tutto quello che è nel suo potere per far sì che il Protocollo si realizzi”. La linea securitaria dell’Ue emerge anche nel linguaggio. “Dalla prima agenda europea del 2015, comincia a cambiare”, evidenzia Fachile, “la Commissione inizia a chiedere agli stati un atteggiamento sperimentale, irregolare. Ogni sei mesi aveva una sfumatura più aggressiva verso l’idea che gli stati hanno una supremazia anche sul rispetto delle norme”.
Secondo l’avvocato il diritto di asilo è stato censurato invertendo la logica della regola e dell’eccezione. “Anche se formalmente il diritto di asilo non può essere abrogato, perché rappresenta un pilastro della democrazia occidentale moderna, nella pratica può essere svuotato prevedendo un numero di eccezioni così elevato da lasciare solo l’involucro”.
L’approccio securitario di Bruxelles è dimostrato anche dal rafforzamento, anno su anno, dell’Agenzia europea per il controllo delle frontiere: il vero muro dell’Unione. Dal 2023 a oggi il budget a disposizione di Frontex è aumentato di oltre cento milioni l’anno. Nel 2023 era di 829 milioni di euro, diventati poi 922 milioni nel 2024 fino a superare la quota di un miliardo (1.1) nel 2025. Dieci anni fa era di circa 6,3 milioni di euro. Le prime tre voci del bilancio sono quelle relative al personale, all’acquisto degli equipaggiamenti militari per sorvegliare le frontiere terrestri e marine, e alle operazioni di rimpatrio. Queste nel 2024 hanno costituito il 23 per cento della spesa, 146,2 milioni di euro (67.8 milioni nel 2022). Solo lo 0,2 per cento del budget è destinato a questioni relative ai diritti umani, nonostante le accuse di coinvolgimento dell’agenzia nei respingimenti dei migranti.
Dalla Spagna all’Ungheria – L’Italia non è l’unica ad aver contribuito a sgretolare il diritto all’asilo. Lo hanno fatto anche la Spagna, a Ceuta e Melilla, l’Ungheria al confine con la Serbia, la Grecia, coi respingimenti illegali alle frontiere. Il nostro paese è però quello che si è prestato all’operazione più spaventosa: “L’accordo con la Libia, con cui ha delegato alle milizie il compito di bloccare i richiedenti asilo applicando la legge libica”, ricorda Fachile. L’accordo Roma-Tirana è un altro tassello e l’ultimo decreto del governo, il 37/2025, che ha trasformato i centri in Albania in Cpr, “è un’apertura di orizzonte richiesta dalla Commissione”, spiega l’avvocato, “per giungere all’approvazione del nuovo regolamento rimpatri. Un percorso normo-sociale: far sì che una società digerisca un istituto per facilitare la sua approvazione normativa”. Per 25 anni l’Ue ha gestito la politica migratoria con un approccio difensivo e repressivo, trascurando la dimensione economica. Per Favilli, “ha mancato completamente il suo appuntamento con la storia e ha dimenticato che l’unica deterrenza all’immigrazione irregolare è quella regolare”.
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