Nasce una mobilitazione, indetta per la metà di settembre 2025, verso
l’occupazione del mediterraneo centrale. L’obbiettivo quello di denunciare il
meccanismo della Fortezza Europa: il sistema di confini sporco del sangue di più
di 30.000 migranti negli ultimi 10 anni. A braccetto con Frontex, il sistema di
controllo e confini si fa complice delle politiche […]
Tag - migranti
Un nuovo video dall’interno del Cpr di Gradisca, in provincia di Gorizia in cui
si vede un uomo che subisce le violenze dei finanzieri, e si sentono urla
terrificanti di sottofondo. «La mia terapia dello psichiatra. Guardate vogliono
picchiarmi. Non ce l’avete la mia terapia in questo centro. Non mi fai paura.
Prova di toccarmi […]
I numeri del rapporto del Centro Nuovo Modello di Sviluppo servono come antidoto
alla propaganda contro i migranti di Rocco Artifoni da Valori.it I numeri sono
un forte antidoto contro l’ignoranza, l’ideologia e la propaganda. Si arriva a
questa conclusione dopo la lettura dell’aggiornato dossier “La migrazioni fra
noi” predisposto dal Centro Nuovo Modello di […]
Nel cpr di Gradisca un migrante è stato inseguito dai poliziotti in tenuta
antisommossa e poi pestato Il centro di Gradisca d’Isonzo (Gorizia) è stato
protagonista in particolare di numerose rivolte negli ultimi tempi. La risposta
è stata una repressione dura e sistematica. Un uomo in biancheria intima
inseguito mentre indossa soltanto l’intimo da agenti […]
Assoluzione con formula piena al Tribunale di Locri per Marjan Jamali, la donna
iraniana accusata dai tre che avevano tentato di stuprarla di essere una
scafista. Un processo grottesco e ideologico, accuse senza prove, storia di una
indagine fatta coi piedi di Angela Nocioni da l’Unità No, non era una scafista.
Gli inquirenti si erano […]
“Piantedosi stringe la mano a un criminale libico”: la denuncia di Mediterranea
dopo la visita ufficiale di Saddam Haftar a Roma “Piantedosi stringe la mano a
un criminale libico“. Lo denuncia Mediterranea Saving Humans dopo la visita
ufficiale di Saddam Haftar, mercoledì 11 giugno 2025, al Ministro dell’Interno
italiano Matteo Piantedosi. “Il figlio del generale […]
Mediterranea Saving Human sotto accusa per un salvataggio. È il primo processo a
un’ong in Italia
Per la prima volta in Italia un’ONG rischia il processo per aver soccorso e
salvato migranti nel mediterraneo.
Il salvataggio di vite umane nel Mediterraneo centrale è diventato terreno di
scontro politico e giudiziario. Per la prima volta in Italia, un’organizzazione
non governativa – Mediterranea Saving Humans – e l’equipaggio della nave Mare
Jonio saranno processati con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione
irregolare aggravato da presunto profitto economico. I fatti risalgono all’11
settembre 2020, quando l’equipaggio intervenne per soccorrere 27 persone
abbandonate per oltre un mese sulla prua metallica di una petroliera danese, la
Maersk Etienne.
Il caso, già allora al centro dell’attenzione internazionale, si trasforma in un
processo che inizierà il 21 ottobre. Tra gli elementi che pesano sulla decisione
del Tribunale di Ragusa c’è anche una donazione posteriore da parte della
compagnia armatoriale all’ONG, interpretata dalla procura come presunta
“ricompensa”, e dunque come aggravante. Ad aumentare l’ambiguità della
situazione è la presenza, tra gli atti, di intercettazioni, pedinamenti e vere e
proprie attività di profilazione da parte dei servizi di sicurezza italiani.
Eppure, nonostante il processo e le minacce, Mediterranea rilancia: una seconda
nave, la Sea-eye 4, è pronta a partire. «Questi processi servono a farci
smettere. Noi raddoppiamo», dichiara a Radio Onda d’Urto Luca Casarini,
capomissione e fondatore di Mediterranea Saving Human Ascolta o scarica
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Hamid Badoui per paura di tornare nel Cpr in Albania si toglie la vita in
carcere a Torino
Temeva di tornare nel Cpr in Albania il 42enne, Hamid Badoui, che si è tolto la
vita in carcere a Torino usando dei lacci in cella. Era stato arrestato sabato,
per resistenza a pubblico ufficiale.
Portato in carcere si è tolto la vita poche ore prima dell’udienza di convalida
in tribunale: essendo senza permesso, rischiava di tornare al Cpr, dove era già
stato, a Bari, per 3 mesi, nonstante problemi di dipendenza e prima di finire da
aprile a pochi giorni fa in Albania.
A Radio Onda d’Urto, Nicola Cocco, medico di Mai più lager – No Cpr e Società
italiana medici delle migrazioni.Ascolta o scarica
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L’assalto della Commissione europea alle regole sull’asilo. L’esecutivo Ue
propone un altro tassello del piano che mira a esternalizzare le frontiere e
respingere i richiedenti asilo.
di Giansandro Merli da il manifesto
Tra i pilastri della Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen c’è quello
di picconare il diritto d’asilo. L’obiettivo è ridurre uno dei diritti
fondamentali su cui era stata costruita l’identità europea dopo la seconda
guerra mondiale a un’ipotesi residuale riservata a pochi fortunati.
IERI L’ESECUTIVO COMUNITARIO ha proposto un emendamento al nuovo regolamento
procedure previsto dal Patto Ue immigrazione e asilo (votato nella scorsa
legislatura, sarà in vigore dal giugno 2026). «La Commissione propone di
facilitare l’applicazione del concetto di paese terzo sicuro», recita il titolo
del comunicato. Parole apparentemente sobrie che nascondono novità enormi:
diventerà possibile deportare i richiedenti asilo fuori dal territorio europeo.
Attraverso quattro modifiche.
La prima elimina l’obbligatorietà del requisito di «connessione» tra persona e
Stato terzo in cui viene spedita come un pacco da un Stato membro. Basterà il
semplice transito se quel paese è riconosciuto come sicuro. Non solo: anche
senza il passaggio fisico sarà comunque possibile deportare i richiedenti asilo
se c’è un accordo tra un paese Ue e uno extra-Ue che garantisca esame della
domanda d’asilo e accesso alla protezione internazionale (da questo sono esclusi
i minori soli). Inoltre in questo ambito i ricorsi contro le decisioni di
inammissibilità non avranno effetto sospensivo, significa: deportazioni senza
controllo giudiziario, e gli Stati dovranno informare Commissione e partner
prima di siglare le intese.
I PORTAVOCE DELL’ISTITUZIONE europea affermano che il modello è l’accordo
Ue-Turchia, per i respingimenti dei rifugiati siriani dopo la crisi umanitaria
del 2015, e non quello tra Uk e Ruanda (poi interrotto). «La soglia per cui i
paesi possono essere considerati sicuri e l’elevato livello di controlli e
requisiti imposti dal non-refoulement per una protezione effettiva precludono
tale confronto», dicono. Ma è un bluff: il modello è proprio il secondo. È vero
che il Ruanda non può rientrare negli standard, ma basterà cambiare paese. O
magari, con calma, cambiare gli standard. Come la Commissione sta già facendo
sugli altri «paesi sicuri», non quelli «terzi» ma quelli «di origine». I due
casi sono diversi: come recita la definizione i secondi si riferiscono alla
cittadinanza del richiedente asilo, i primi no. Hanno quindi un’applicazione più
estesa.
Un altro bluff sono le dichiarazioni del commissario Affari interni e migrazioni
Magnus Brunner: «Il concetto di paese terzo sicuro rivisto è un altro strumento
per aiutare gli Stati membri a trattare le domande di asilo in modo più
efficiente, nel pieno rispetto dei valori e dei diritti fondamentali dell’Ue».
La solita retorica con cui i rappresentanti europei dicono il contrario di
quello che stanno facendo, tirando il ballo «il rispetto dei diritti
fondamentali» che si apprestano a distruggere.
SE NE È ACCORTO persino il gruppo di centro-sinistra dei Socialisti e
democratici che alla scorsa legislatura è stato alfiere del Patto Ue e in questa
ha rinnovato la fiducia a von der Leyen. «La Commissione continua a fare regali
alle forze di destra fino all’estrema destra», afferma Birgit Snippel, portavoce
di S&D a Strasburgo per gli Affari interni. Spiegando che così «numerose
richieste di protezione non verrebbero più esaminate individualmente, ma
rigettate in modo generale» e che «diventeremo di nuovo dipendenti da despoti e
dittatori e quindi facilmente ricattabili».
Per l’eurodeputata Pd Cecilia Strada: «Il commissario Brunner vuole permettere
che le persone siano espulse verso paesi con cui non hanno alcun legame
culturale o linguistico. Una proposta inquietante che mina i principi
democratici su cui si basa la nostra società». Secondo Silvia Carta,
responsabile advocacy dell’ong europea Picum, «possiamo aspettarci che le
famiglie siano separate e le persone deportate senza un adeguato controllo
giurisdizionale».
ESULTANO i partiti europei di destra ed estrema destra. Compreso Fdi, che nel
luglio 2024 all’europarlamento votò contro la riconferma di von der Leyen (in
Consiglio Roma si era astenuta). «Ormai le politiche di Bruxelles vanno
esattamente nella direzione tracciata dall’Italia», dice Sara Kelany, deputata e
responsabile immigrazione Fdi.
La proposta della Commissione seguirà la procedura legislativa ordinaria. Sarà
presentata al Consiglio il 10 giugno e, parallelamente, esaminata dalla
commissione Libertà civili, giustizia e affari interni dell’europarlamento.
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Via libera della Commissione libertà civili dell’Europarlamento al nuovo
regolamento di Europol. L’Unione vuole blindare frontiere esterne dai migranti
con strumenti di tecno-polizia sempre più pervasivi e automatizzati
di Stefano Bocconetti da il manifesto
Con una battuta dicono che non servirà più spiare l’equipaggio di Mediterranea.
E di chiunque abbia a che fare con i migranti. Diventerà addirittura inutile,
gli spyware superati, perché hanno deciso di fare di più: controllare,
catalogare, analizzare “vita, morte e miracoli” di chiunque provi a entrare
nella fortezza Europa. E probabilmente anche di chi magari prova solo ad
assisterli.
Tutto questo lo farà un organismo di polizia: l’Europol. Che nasce un trentennio
fa per coordinare, fra i paesi del vecchio continente, le attività “di
contrasto” alla criminalità organizzata. Un organismo, va aggiunto, che da
sempre ha richiesto per sé più competenze, sempre più ruoli. E sempre a scapito
dei controlli. Ora, però, è diventata qualcos’altro. Di più pericoloso. Da
martedì pomeriggio, da quando la commissione libertà civili del parlamento
europeo – con soli dieci voti contrari, la sinistra e qualcun altro – ha votato
il suo nuovo regolamento.
Regolamento che le conferisce un potere straordinario per tutto ciò che riguarda
i migranti. Per il controllo digitale completo e senza vincoli di chi prova ad
entrare nella fortezza. Sposando una volta di più quelle “tecno-soluzioni” che
sanno di autoritarismo per risolvere i problemi sociali. Drammatici problemi
sociali.
Questo nuovo regolamento è in qualche modo figlio della situazione politica
europea alla fine del ’23. Quando a pochi mesi dal voto per il rinnovo
dell’assemblea di Bruxelles, la vecchia maggioranza (che è quasi uguale a quella
attuale, almeno sulla carta) pensò bene di contrastare la prevedibile avanzata
delle destre inseguendole sul suo terreno. E, come ricordano tutti, fu varata la
direttiva per “contrastare gli ingressi incontrollati”. Lì, si faceva rientrare
la cosiddetta “lotta ai trafficanti” fra le competenze dell’Europol – all’inizio
limitata a terrorismo, droga e criminalità organizzata – e si prevedeva il varo
di un nuovo regolamento, per renderlo operativo su questo fronte.
Il risultato è questo mostro giuridico appena varato che sembra fare a pugni con
tutte le norme europee a difesa dei diritti individuali e dei diritti digitali.
Da ora in poi Europol potrà pretendere – non chiedere, pretendere – dai paesi Ue
tutti i dati dei migranti che si presentano alle frontiere. Tutti. Anche tutti i
dati raccolti da Frontex, la guardia di frontiera europea (con la quale adesso
Europol “collaborerà” sul campo; ci saranno insomma anche loro agenti alle
frontiere), spesso accusata di violazione dei diritti umani.
Dati, questi ultimi, che gli agenti già raccolgono col metodo che con molta
ironia chiamano “debriefing”: a chi sbarca, a chi attraversa un valico di notte
e viene catturato, a chi è sopravvissuto si fa un interrogatorio. Su tutto.
Strappando risposte a chi è in condizione di evidente vulnerabilità che poi
invece determinano il suo profilo. Che peserà nei suoi tentativi di ottenere un
visto, un permesso. Un lavoro, una casa.
L’Europol ora quei dati li pretenderà da tutti i paesi. Prima, prima del nuovo
regolamento, spettava ai singoli governi decidere se concederli o meno. Dovevano
valutare se quei profili erano davvero necessari a determinate indagini: vuoi
sapere tutto di tizio e caio? Prima devi informarmi di cosa è accusato, devi
spiegarmi bene perché ti servono quei dati. Ora non più. C’è l’obbligo per tutti
i paesi di fornirli subito. Punto. E per quanto tempo li conserveranno? Che ne
faranno? Sarà sempre l’Europol a stabilirne l’uso, la conservazione e a
“garantire il rispetto delle normative”.
Rispetto che è difficile immaginare, tanto più che l’Europol ha già individuato
i paesi extra Ue con i quali aumentare la cooperazione, e quindi lo scambio di
dati. Ci sono la Tunisia, l’Egitto, la Giordania, il Marocco, la Turchia. E c’è
anche Israele. Così uno di quei paesi dove la sorveglianza orwelliana è già
regola potrà inviare dati per segnalare che un ragazzo di 16 anni è da
considerarsi criminale. Magari perché è andato ad una manifestazione. E si vedrà
negare il permesso di soggiorno. O peggio.
Fin da quando sono cominciate a circolare le bozze del nuovo regolamento, c’è da
dire che tutte le associazioni per i diritti sono insorte. Subito. Al punto che
questa è stata una delle poche volte dove la società civile non ha chiesto
modifiche o emendamenti migliorativi ma ha invitato espressamente gli
eurodeputati – per dirlo con Caterina Rodelli, policy analyst di AccessNow – “a
respingere il regolamento”. A bocciarlo. Perché mette a rischio i diritti umani.
Una delle prime critiche riguardava la “valutazione di impatto” del regolamento.
Mancava, eppure una legge europea lo prevede per tutto ciò che riguarda le
conseguenze delle nuove norme sulle persone.
All’inizio, la commissione ha sostenuto che non poteva produrre la valutazione
perché c’era urgenza di approvare il regolamento. Poi ha cambiato versione,
sostenendo – senza fornire dettagli – che a suo parere non c’è “sproporzione fra
obbiettivi e diritti personali”, non c’è “una limitazione eccessiva”. Tutto qui.
Ed è così che è passato il regolamento. Che di fatto segna “la presa del potere
da parte dell’Europol”, sempre per usare le parole di AccessNow. Un potere
straordinario. Ora e nel futuro. Perché l’ente di polizia sarà finanziato con
ulteriori 50 milioni e con l’assunzione di altri cinquanta membri che si
aggiungono ai già decisi 114 milioni e 160 “quadri” in più.
Soldi aggiuntivi perché Europol potrà sviluppare – in completa autonomia – nuovi
sistemi di rilevamento biometrico. Impronte, volti ed anche – perché no? –
rilevamento di comportamenti che andranno a finire nel grande data-base
centralizzato. Ed incontrollato. E tutto fa capire che i nuovi sistemi nascono
in deroga – se non contro – le norme europee che invece considerano
l’identificazione biometrica e la sua analisi affidata alle intelligenze
artificiali, come uno degli aspetti più delicati, da vietare o sottostare a
norme rigidissime.
L’Europol invece potrà fare come vuole. Con i migranti. Ma non solo. Ora Europol
ha la base giuridica – col reato di istigazione al traffico – per schedare e
classificare nelle sue banche dati tutte le persone che ritiene in qualche modo
legate all’”arrivo irregolare dei migranti”. E come ripetono ossessivamente le
destre (e non solo) ovunque in Europa, è facile immaginare che queste misure
saranno estese anche a chi solidarizza con i sans-papiers. Saranno estese anche
alle Ong.
Ecco perché si diceva che probabilmente lo spyware usato per controllare
l’equipaggio di Mediterranea non servirà più. “Sì – come spiega Douwe Korff,
professore di Diritto Internazionale alla London Metropolitan University –
questo regolamento è uno scandalo paragonabile alla sorveglianza indiscriminata
da parte delle agenzie statunitensi, denunciata quasi un decennio fa da Edward
Snowden”.
Allora quello scandalo servì a fermare per un po’ i progetti di sorveglianza
negli States. Ora il testo votato nella commissione europea andrà al vaglio del
“trilogo”, gli incontri a tre fra rappresentanti del Consiglio, del Parlamento
di Strasburgo e della Commissione. È accaduto rarissimamente che le norme varate
in commissione vengano poi modificate, migliorate.
Tutto dice, insomma, che il regolamento diventerà immediatamente operativo. Ed
il “datagate” sarà passato invano.
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