Messico: Attivisti ambientali aggrediti e uccisi da Stato e criminalità

Osservatorio Repressione - Thursday, May 8, 2025

Cronaca di una pace simulata: impunità del 99% agli attacchi contro i difensori ambientali in Messico. Secondo il CEMDA e Global Witness, l’impunità per i crimini contro i difensori dell’ambiente è del 99%, una percentuale che coincide con i 25 attacchi letali registrati nel 2024, dove solo in 4 casi c’è stato un coinvolgimento diretto dello Stato, senza alcun arresto.

di Laura Buconi da Pagine Esteri

Il Centro messicano per il diritto ambientale (CEMDA), nel suo resoconto annuale sulla situazione delle persone e delle comunità che difendono i diritti umani legati all’ambiente, rivela statistiche allarmanti, con attacchi letali contro i difensori, soprattutto contro chi appartiene a comunità indigene e ad associazioni civili.

Il resoconto arriva pochi giorni dopo che Marco Antonio Suástegui Muñoz, leader del CECOP, che per 22 anni ha impedito la costruzione della diga di La Parota nello stato di Guerrero, è stato ucciso da un proiettile il 18 aprile ad Acapulco. Come riporta Amapola, il Centro di Difesa dei Diritti Umani Tlachinollan aveva chiesto giustizia per questo difensore dell’ambiente, che aveva già subito l’incarcerazione politica e la scomparsa del fratello. La sua lotta ha fermato il progetto, ma la violenza lo ha raggiunto.

Qual è la situazione dei difensori della terra in Messico? Questi sono i dati più recenti.

Le aggressioni contro i difensori del territorio restano impunite

Itzel Arteaga, responsabile dei diritti umani del CEMDA, riferisce che nel 2024 sono stati documentati 94 eventi di aggressione (momenti in cui si verificano gli attacchi) e 236 aggressioni specifiche. All’interno dello stesso evento possono verificarsi più aggressioni. Nel 2024, il CEMDA ha documentato 25 aggressioni letali, tra cui omicidi ed esecuzioni extragiudiziali. Venticinque difensori dell’ambiente sono stati uccisi: 21 con omicidi e quattro con esecuzioni extragiudiziali. La differenza metodologica è che le esecuzioni extragiudiziali sono commesse o ordinate da agenti statali. In altre parole, c’è stata la partecipazione di un’autorità.

“Sebbene ci sia stata una diminuzione di eventi e aggressioni specifiche, le aggressioni letali sono aumentate considerevolmente nel 2024”, sottolinea Arteaga.

Gli Stati con il maggior numero di aggressioni nel 2024 sono: Oaxaca (15), Chiapas, Michoacán e Puebla (9 ciascuno) e Veracruz (8). Questi cinque Stati rappresentano il 53,1% dei casi documentati.

Il CEMDA ha individuato che le principali vittime nel 2024 sono state membri di comunità indigene o agrarie (43 eventi, il 45,7% del totale). Arteaga sottolinea: “Questa dovrebbe essere una luce rossa per lo Stato, poiché non è la prima volta che documentiamo questo schema”. Il secondo gruppo più colpito è quello dei membri delle organizzazioni civili (21 eventi, 22,3%).

I principali aggressori sono stati: lo Stato (partecipazione a 62 eventi, 65,9%), le aziende (25 eventi, 26,5%) e la criminalità organizzata (17 eventi, 18%). Arteaga chiarisce che spesso agiscono in tandem: un singolo evento può coinvolgere più autori.

Rispetto al 2023, il coinvolgimento dello Stato (dal 49,5% al 65,9%) e delle imprese (dal 15,4% al 26,5%) è aumentato significativamente, mentre quello dei gruppi criminali è diminuito (dal 29,6% al 18%).

Laura Furones di Global Witness mette in guardia sulle allarmanti statistiche riguardo all’’impunità: “Ciò che è comune in questi casi è che gli aggressori non vengono mai condannati, processati o identificati. Questo non solo rivela un fallimento del sistema di giustizia, ma incoraggia anche una maggiore violenza. Attaccare un difensore è economico: è improbabile che l’aggressore debba affrontare conseguenze”.

Sulle donne difensore, aggiunge: “Subiscono tutti i tipi di violenza che subiscono i loro colleghi maschi, oltre alla violenza di genere e di leadership. Spesso i loro stessi contesti negano loro il diritto di essere leader, vengono messe in discussione perché “abbandonano” il lavoro domestico e la cura dei figli. La complessità è maggiore.”

Lo sfollamento forzato aumenta del 358% in Chiapas

I dati del CEMDA coincidono con il rapporto Chiapas: nella spirale della violenza armata e criminale del Centro per i diritti umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba), che descrive “una vera e propria crisi umanitaria e il suo impatto sulla popolazione civile”.

Carlos Ogaz, rappresentante del Frayba, spiega: “Viviamo la violenza in mezzo al negazionismo della precedente amministrazione e alla spettacolarizzazione mediatica dell’attuale governo. Le forze armate, le miniere, i megaprogetti, il crimine organizzato, le sparizioni, gli sfollamenti forzati e la violenza contro le popolazioni indigene sono tutti fattori che compongono questa crisi”.

L’ex presidente del Messico Andrés Manuel López Obrador, sottolinea Ogaz, “disse che il Chiapas non era una priorità perché altri Stati avevano un tasso di omicidio più alto”.

Secondo il Dipartimento di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, in Messico ci sono 386.000 sfollati interni, il 90% dei quali proviene dal Chiapas e da Oaxaca. Le cause includono la criminalità organizzata, i gruppi paramilitari, gli agenti statali, i progetti di sviluppo (miniere, disboscamento illegale, estrazione di idrocarburi, edilizia, turismo), i conflitti territoriali, i cambiamenti climatici ed i disastri naturali.

In Chiapas, lo sfollamento forzato esiste dagli anni ’60, ma tra il 2019-2023 è aumentato del 358%. L’età più frequente delle donne scomparse è 15 anni; il 45% delle persone scomparse sono minorenni. Tra il 2023 e il giugno 2024, il Frayba ha registrato 15.780 sfollati nella regione, una cifra equivalente al totale del periodo 2010-2022.

Dora Roblero, direttrice di Frayba, denuncia: “Gli sfollati che rientrano devono pagare multe di 100 mila pesos (equivalenti a circa 5 mila euro), imposte da attori armati con la complicità del governo. Mentre le autorità promuovono una falsa immagine di normalità turistica, i villaggi vivono una guerra silenziosa”.

Economia criminale

Tra dicembre 2023 e giugno 2024, il Frayba ha identificato 257 eventi violenti in Chiapas: 138 omicidi (molti dei quali con torture, smembramenti e messaggi del narco) e 73 scontri.

Citlaliali Hernández di Indigenous Peoples Rights International spiega: “Questa violenza criminale proviene da gruppi paramilitari formatisi durante la controinsurrezione zapatista. In assenza di una transizione verso la pace, sono mutati e ora si alleano con i cartelli”.

Il resoconto del Frayba documenta anche la messa a tacere di difensori e giornalisti: “L’apparente diminuzione delle aggressioni è dovuta più a un aumento dell’autocensura che a reali miglioramenti”.

Santiago Aguirre del Centro di Diritti Umani Miguel Agustín Pro Juárez avverte: “Il paramilitarismo è stato creato dallo Stato messicano. Se l’attuale governo non agisce secondo le raccomandazioni della Corte interamericana, ne diventa complice. In Chiapas, la violenza criminale è già indistinguibile dalla violenza di Stato”.

Politiche di protezione pubblica

Gustavo Alanís, direttore del CEMDA, afferma: “Manca una politica pubblica completa per proteggere i difensori dell’ambiente. Urge rafforzare i meccanismi esistenti”.

Gli esperti concordano sul fatto che il Messico deve attuare efficacemente l’Accordo di Escazú (sull’accesso alle informazioni, la partecipazione e la giustizia ambientale), il cui articolo 9 protegge specificamente i difensori.

“Deve essere garantito un ambiente sicuro per il loro lavoro”, sottolinea Alanís.

Roblero conclude con speranza: “Nonostante tutto, le comunità si stanno organizzando. Credono ancora che sia possibile costruire una vita dignitosa e la pace. Questo resoconto è anche un grido di resistenza.”

 

 

Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi sostenerci donando il tuo 5×1000 

News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp