Il Csm dice no al decreto sicurezza: “Rischi per la democrazia”

Osservatorio Repressione - Thursday, May 15, 2025

Il Csm approva un parere critico sul decreto sicurezza, che però non è vincolante: il ricorso accentuato allo strumento penale, “declinato nelle due forme dell’inasprimento delle pene attualmente previste e dell’introduzione di nuove fattispecie di reato”, rischia di avere un impatto “sul carico di lavoro e sull’assetto organizzativo degli uffici”

di Mario Di Vito da il manifesto

L’impatto che avrà il decreto sicurezza sui tribunali “non è prevedibile”, ma di sicuro ci saranno ripercussioni “sul carico di lavoro e sull’assetto organizzativo degli uffici”. Lo dice il Consiglio superiore della magistratura in un parere approvato ieri dal plenum. Al di là dei numeri con cui è passato il documento (19 favorevoli, 4 contrari e un astenuto) la discussione è stata di quelle pesanti.

L’opinione dell’organo di governo autonomo delle toghe, infatti, non era richiesta, né ha un valore vincolante. E però ha indubbiamente un suo ruolo nel dibattito che circonda le nuove disposizioni in materia di ordine pubblico e sicurezza, da un anno e mezzo ormai in parlamento. Dove, nonostante il testo sia sempre stato blindatissimo e nessuno sia mai riuscito a emendarlo davvero, continua a languire in attesa di approvazione.

Il problema che più si evidenzia nel “parere critico” verso il decreto è il ricorso quasi indiscriminato al codice penale. Si rileva infatti che è “acclarato” il fatto che “in linea di principio” sono solo gli “interventi ispirati alla logica opposta della depenalizzazione” a “favorire una migliore efficacia dell’organizzazione”, mentre nel decreto sicurezza “è presente un ricorso accentuato allo strumento penale” in termini di inasprimento delle pene e introduzione di nuove fattispecie di reato. Il discorso è semplice: più sono i reati da perseguire e più gli organi inquirenti vedono aumentare la quantità di carte sulle loro scrivanie.

Il risultato finale non è difficile da immaginare. “Senza nessuna pretesa di invadere l’ambito riservato esclusivamente al legislatore – ha detto durante il plenum la prima presidente della Cassazione Margherita Cassano – penso sia doveroso da parte del Csm, in un’ottica di leale collaborazione tra autorità dello Stato, richiamare l’attenzione in sede di conversione sulle ricadute che rischiano di avere pesanti effetti per gli uffici giudiziari”.

Il problema, per Cassano, è che “se continuano a essere emanate una pluralità di leggi spesso sullo stesso ambito di materia, in un breve arco di tempo, senza risolvere preventivamente a livello legislativo il tema, non solo del coordinamento di queste disposizioni, ma su quale deve essere l’ambito effettivo dell’intervento penale, si provocano ricadute con effetti dirompenti sul sistema giudiziario”. Un concetto simile l’ha espresso anche il consigliere laico Michele Papa: “L’espansione incontrollata del diritto penale simbolico finisce per snaturare la funzione stessa della legislazione, trasformandola in un mero veicolo di comunicazione mediatica incapace di incidere realmente sui fenomeni criminali e, soprattutto, di garantire il cittadino dai rischi di arbitrari interventi punitivi”. Perplessità sono arrivate anche dalla destra togata. La consigliera di Magistratura indipendente Bernadette Nicotra ha infatti espresso forti perplessità “sul metodo” della “decretazione d’urgenza in materia penale, non solo da parte di questo governo. Mi chiedo se effettivamente ci fosse necessità e urgenza per questo intervento”. Tullio Morello di Area pure ha affondato il colpo. “Che paese stiamo diventando – ha detto -. A queste parole si può aggiungere un punto esclamativo, un punto interrogativo o i puntini di sospensione. Io penso che siamo un paese molto diviso e il paese invece ha bisogno di unirsi”. I consiglieri laici della destra hanno votato contro. Ma non in maniera compatta, perché Felice Giuffré, eletto in quota Fratelli d’Italia, si è astenuto.

Per il resto, la tristemente consueta difesa del governo al Csm si è limitata a sottolineare come il documento partorito dal plenum non abbia in realtà un peso formale. “Questo parere non serve a nulla – ha detto Bertolini annunciando il suo voto contrario – potevamo spendere meglio le nostre energia”. Magari, cioè, evitando proprio l’argomento.

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