
Il Pkk depone le armi, la Turchia no
Osservatorio Repressione - Thursday, May 15, 2025Mentre il movimento di liberazione curdo depone le armi e si impegna per una soluzione politica del conflitto, Ankara continua a riarmarsi
di Gianni Sartori
Ovviamente il mio auspicio è che la questione si risolva alla sudafricana (con la liberazione dei prigionieri, la fine delle discriminazioni, la possibilità per il movimento di liberazione di svolgere attività politica legale senza subire la solita, sistematica repressione…) e non alla colombiana (con ritorsioni, esecuzioni extragiudiziali nei confronti di decine di ex combattenti. sindacalisti, indigeni, oppositori …).
Quindi, per rispetto alla lotta di autodeterminazione condotta dal popolo curdo e agli innumerevoli caduti, non mi permetterei mai di criticare (oltretutto comodamente da casa) la decisione del PKK di auto-scioglimento e di consegna delle armi dopo l’appello in tal senso di Abdullah Öcalan.
Tuttavia permane una buona dose di inquietudine in quanto la nuova situazione potrebbe fornire a Erdogan & C. la possibilità per risolvere la questione una volta per tutte. A modo suo naturalmente.
Attaccando – direttamente o indirettamente, gli ascari non gli mancano – un movimento curdo non proprio inerme, ma comunque disarmato.
Preoccupa in tal senso il comunicato del ministero della Difesa turco del 15 maggio. Con cui si certifica che l’esercito turco proseguirà nelle sue operazioni contro il PKK “fino a quando la regione sarà ripulita”. In riferimento alle aree del nord Iraq (Bashur) dove si concentra maggiormente la guerriglia curda.
Come appunto ha poi confermato in conferenza stampa un portavoce del ministero, le operazioni militari turche “nelle zone utilizzate dall’organizzazione terrorista separatista PKK proseguiranno con determinazione fino quando la regione sarà ripulita e non costituiràpiù una minaccia per il nostro paese”.
Stando alle prime indiscrezioni, i servizi segreti turchi supervisioneranno la raccolta delle armi del PKK con la collaborazione delle forze irachene e siriane, ma “senza la partecipazione di osservatori internazionali dell’ONU” (come invece chiedevano i curdi).
L’esercito turco controlla decine di posizioni nel nord dell’Iraq (nel Kurdistan autonomo) da dove per anni ha colpito sistematicamente le zone dove è presente il PKK.
E – sempre in conferenza stampa – si è ribadito di voler continuare – nonostante la dissoluzione del PKK – a colpire rifugi, grotte e postazioni dove si trovano i curdi.
“Lo smantellamento del PKK deve avvenire senza alcun ritardo” ha ripetuto il portavoce del ministero.
Paradossalmente, mentre i curdi “disarmano”, lo Stato turco pare intenzionato ad aumentare ulteriormente le sue già ingenti spese militari.
Secondo il sito Yeni Özgür Politika la Turchia sarebbe in procinto di acquistare dagli USA missili ed equipaggiamento per 304 milioni di dollari. Si tratta di una sessantina di missili AIM-9X Sidewinder Block II, di missili aria-aria di media portata AIM-120C-8 e di undici attrezzature di guida tattica .
Manca soltanto l’approvazione del Congresso statunitense, mentre esiste già quella alla vendita da parte del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.
Per il Pentagono questi missili dovrebbero garantire maggiore difesa aerea sia alla Turchia (fantasiosamente definita una “forza importante per la stabilità politicaed economica in Europa”) che al personale statunitense qui presente.
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