
Dl Sicurezza, alla Camera passa la fiducia. Sabato 31 maggio manifestazione nazionale a Roma
Osservatorio Repressione - Wednesday, May 28, 2025Con 201 voti favorevoli, 117 contrari e 5 astenuti, la Camera ha dato la propria fiducia al DL Sicurezza. Sabato 31 maggio: «Il più grande corteo di opposizione al governo». 110 bus e 3 treni speciali
Veloce e sicuro. Pochi minuti a disposizione di ciascun gruppo per le dichiarazioni, il voto nominale a prova di franchi tiratori e il dente è tolto: con 201 sì, 117 voti contrari e 5 astenuti, il governo ha incassato ieri alla Camera la fiducia sul decreto Sicurezza. Quella fiducia che, come ha rimarcato l’ex vice ministro degli Interni Matteo Mauri intervenendo per annunciare il no di tutti i deputati del Pd, «si mette – come le tagliole, i blocchi e tutti gli impedimenti che avete posto alla discussione democratica – quando non ci si fida della propria maggioranza». Le competizioni tra le destre del governo hanno in effetti accompagnato tutto il percorso del provvedimento bandiera, prima con continui stop and go del ddl, e poi con un’improvvisa accelerazione sul carro della decretazione d’urgenza.
L’ITER BLINDATO del pacchetto che modifica 30 norme penali – con 14 nuovi reati, 9 aggravanti e 7 aumenti di pena – e «commina in totale 486 anni di prigione in più». Il via libera finale della Camera, prima di passare la parola al Senato in seconda lettura, è previsto entro la fine della settimana.
NON PAGHI della nuova fattispecie introdotta nell’articolo 10 del decreto legge – quello che ha «equiparato l’occupazione abusiva di abitazioni all’omicidio colposo sul lavoro» un Odg di Fratelli d’Italia impegna il governo ad ampliare la stretta «in modo da assicurare un’applicazione generalizzata dell’istituto e rafforzare maggiormente la tutela del patrimonio immobiliare». Un altro estende l’aggravante prevista per chi usa violenza contro un pubblico ufficiale anche ai conducenti di taxi e bus, e un altro ancora si occupa di sedare a colpi di galera gli atti di violenza contro gli arbitri.
Sabato 31 maggio è stata convovata dalla rete “No al Dl sicurezza a pieno Regime” una manifestazione nazionale con concentramento alle ore 14 a piazza Vittorio per raggiungere in corteo Piazzale Ostiense.
Ieri, a presentare il corteo alla stampa, c’era anche Luca Blasi, assessore alla Cultura del municipio III di Roma e portavoce della rete A Pieno Regime colpito al volto dai manganelli della polizia antisommossa due giorni fa, mentre qualche centinaio di attivisti cercava di raggiungere piazza Montecitorio.
I numeri, in effetti, lasciano intendere che la partecipazione sarà davvero larga. Finora si contano 110 pullman e tre treni di manifestanti. I promotori fanno capire di volere politicizzare il più possibile l’evento: non si tratta solo di portare avanti la, sacrosanta, resistenza al «decreto Ungheria», ma di dare spazio e far convergere tutte le lotte e tutti i settori sociali che dal provvedimento si sentono minacciati. In questo modo, la manifestazione diventa un contenitore di battaglie e rivendicazioni che si rilanciano a vicenda, un moltiplicatore di istanze.
Lukone ripercorre gli eventi di lunedì, quelli che hanno condotto al suo pestaggio. «Avevamo detto chiaramente e pubblicamente quello che sarebbe successo ieri – ha raccontato – Volevamo protestare pacificamente davanti al parlamento. È ciò che succede in tutti i paesi democratici».
Nelle parole di Blasi, il modello della disobbedienza civile si è rivelato impraticabile per via della repressione e del rifiuto di ogni dialettica di piazza. «Avevamo detto che sarebbe stato un corteo autoprotetto con delle figure di riferimento che in maniera pacifica avrebbero cercato di dialogare coi responsabili delle forze dell’ordine – prosegue – Io ero una di quelle. E invece, quando tutto era tranquillo, mi sono trovato di fronte a un’aggressione: alcuni agenti, senza nessun tipo di ordine, mi hanno attaccato e mi hanno causato un trauma alla testa che mi ha compromesso parzialmente la vista. Adesso dovrò fare delle visite oftalmiche per capire se andrà meglio». Per Blasi, la destra ha creato ad arte un clima che alimenta la discrezionalità gli abusi di polizia: «Il governo da anni dice che chiunque manifesta diventa un terrorista e un criminale, anche se lo fa pacificamente sedendosi per terra, facendo scioperi della fame oppure sperimentando forme creative di lotta. E allora è chiaro che qualcuno poi magari dalle parole passa ai fatti». Prova ne è che l’ineffabile sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro ieri abbia sostenuto che quelli che «la sinistra» considera «spazi di libertà» sono «spazi di criminalità».
«Scendiamo in piazza perché il decreto Sicurezza riguarda tutti e tutte», racconta Roberto Gammeri, giovane neuropsichiatra e attivista di Extinction Rebellion, una delle tantissime realtà parte di “A pieno Regime”, una rete di associazioni e movimenti di tutta Italia che si oppongono al decreto Sicurezza, ora in aula alla Camera per la conversione.
«Ci siamo uniti non solo contro questo specifico decreto, ma più in generale contro la deriva autoritaria del governo e in senso in senso più ampio», prosegue Gammeri. Extinction Rebellion è il movimento internazionale nato nel 2019 che manifesta per la giustizia climatica a suon di parate rumorose e colorate azioni dimostrative, come l’occupazione di una sede di Leonardo o l’affissione di uno striscione sul Colosseo.
Finora queste azioni sono costate ai suoi membri denunce, fogli di via e fermi in questura dove alcune ragazze hanno raccontato di essere state costrette a spogliarsi: Extincion Rebellion ha risposto presentando ricorsi contro i fogli di via e denunciando tre questure. Spiega Roberto: «Della crisi climatica si sa dagli anni Settanta ma i vari governi che esistono anche per tutelare la nostra salute hanno fallito nell’affrontarla: siamo arrivati alla rottura del contratto sociale e avendo urgenza di parlare, perché parlare di clima significa ripensare il nostro modello di produzione e consumo, abbiamo capito che per far fronte al cambiamento climatico servono azioni molto più radicali rispetto ai semplici cortei, serve la disobbedienza civile».
Come attivista di XR si dice «preoccupato per le norme che ci riguardano più da vicino, in quanto movimento che utilizza alcune pratiche tipo i blocchi stradali, le occupazioni, le contestazioni alle grandi opere. Ma come cittadino mi sento di dire che il problema non è una o l’altra norma contenuta nel decreto Sicurezza, ma la visione che c’è dietro, l’aver costruito un decreto per rispondere a questa sorta di insicurezza nazionale generata da chi? Dalle persone nelle carceri, dai migranti, dai pericolosi attivisti che vogliono difendere il pianeta? Quindi è questo che preoccupa davvero, il fatto che scendere in piazza oggi comincia a essere davvero problematico».
Lo stesso Gammeri racconta che all’interno della rete “A Pieno Regime” ci sono una marea di associazioni e in parte presenti alla manifestazione del 26 maggio a Roma: dai movimenti climatici a quelli per il diritto all’abitare, da chi si occupa dei diritti delle persone nei Cpr e nelle carceri, come l’associazione Antigone che il mese scorso ha iniziato un digiuno a staffetta per protestare contro le norme che introducono il reato di rivolta all’interno degli istituti penitenziari.
Ancora, i comitati locali di quartiere delle periferie che sono state oggetto del decreto Caivano o anche la rete dei centri sociali del nord Italia.
La questione abitativa
Durante la discussione del dl alla Camera la premier Giorgia Meloni rivendicava sui social i primi sgombri avvenuti grazie al decreto in via di attuazione: «La questione abitativa è assolutamente emblematica», afferma la ricercatrice Margherita Grazioli, esponente del Movimento per il diritto all’abitare.
«Dietro le affermazioni della presidente Meloni sul ripristino della legalità si cela la criminalizzazione sia delle persone in emergenza abitativa, sia di chi esprime solidarietà nei confronti di questi stessi soggetti. Questo è uno dei tanti aspetti di un provvedimento complesso e composito che però riteniamo vada contrastato esattamente perché vuole impedire non solo l’espressione democratica del dissenso, ma la possibilità di rivendicare i diritti più basilari e minimi che in questo paese si continua ostentatamente a negare».
L’applicazione selettiva del diritto penale
Anche i giuristi si sono opposti al decreto: «Il più grande attacco alla libertà di protesta della storia repubblicana, parliamo di una forzatura istituzionale gravissima, perché il dl è stato sottratto alla discussione parlamentare ed è stato approvato nell’arco di 48 ore», afferma Federica Borlizzi, avvocata e attivista dell’associazione Nonna Roma.
«Assistiamo a una pericolosa applicazione selettiva del diritto penale ma anche del diritto amministrativo-punitivo», continua Borlizzi, «da un lato un diritto penale “dell’amico”, applicato con indulgenza alle reti del potere che garantisce fette di impunità, pensiamo a tutte quelle previsioni del decreto che introducono una tutela rafforzata per le forze dell’ordine nella gestione delle piazze, criminalizzando ulteriormente i manifestanti; d’altro lato, abbiamo un diritto penale del “nemico”, in cui i nemici sono individuati chiaramente: persone migranti, detenute, chi si trova in condizione di marginalità sociale; i movimenti ambientalisti, per il diritto all’abitare, che sono colpiti attraverso l’uso spropositato del diritto penale e amministrativo punitivo».
Il diritto a manifestare pacificamente viene ricordato anche dai rappresentanti del mondo del lavoro: «A volte è necessario anche occupare la propria sede di lavoro per farsi sentire», afferma Roberta Turi, NIdiL CGIL, rappresentante delle lavoratrici e dei lavoratori non subordinati.
CI SONO ANCHE alcuni parlamentari. Anche loro testimoniano del clima repressivo: «Poter arrivare sotto ai palazzi del potere è un diritto. Il decreto sicurezza limita la libertà delle persone. Il dialogo tra le piazze che manifestano e l’opposizione è fondamentale», aggiunge il deputato Avs Filiberto Zaratti. «Non vogliamo sentire parlare di emergenza sicurezza – sostiene il capogruppo al senato Peppe De Cristofaro – L’unica emergenza è quella che riguarda i diritti sociali».
ARRIVA ANCHE l’adesione del cartello Stop Rearm Europe, che sta costruendo l’altra grande manifestazione nazionale delle prossime settimane: quella del 21 giugno. «Saremo anche noi in piazza per chiedere la tutela di diritti civili, libertà d’espressione e d’informazione, contro l’approvazione del dl sicurezza, volto a criminalizzare il dissenso e il conflitto sociale e a considerare problemi di ordine pubblico la povertà e le emergenze sociali – affermano Arci, Sbilanciamoci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Fondazione Perugia Assisi, Greenpeace Italia, Attac e Transform Italia – Perché autoritarismo e militarizzazione si alimentano a vicenda in quanto aspetti delle stesse politiche liberticide. Il 31 maggio sarà una tappa fondamentale del percorso di mobilitazione verso la manifestazione nazionale contro guerra, riarmo, genocidio e autoritarismo che ha già raccolto oltre 300 adesioni di reti, gruppi, organizzazioni politiche e sociali italiane, arrivando fino ad oltre 1500 sigle in Europa».
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