Cercasi “mele sane”: a Verona, nove poliziotti delle volanti accusati di torture. E Meloni attacca il Consiglio d’Europa

Osservatorio Repressione - Thursday, May 29, 2025

A Verona, nove poliziotti delle volanti accusati di torture e lesioni in questura. Il governo inventa una polemica per una vecchia raccomandazione sulla profilazione razziale durante fermi e perquisizioni. 

Ematomi al volto e ferite al labbro. Ma anche calci, sberle e spintoni nella sala Aquario, nella sala redazione atti e nel corridoio. Queste azioni violente sarebbero avvenute in questura a Verona nell’agosto e nel novembre del 2022 nei confronti di due fermati: Mattia Tacchi, già da tempo noto alle forze dell’ordine e con problemi di tossicodipendenza, e il marocchino Amiri Tororo. Gli autori di queste aggressioni, secondo la procura che ha chiuso qualche settimana fa le indagini sulle violenze in questura, sarebbero nove poliziotti della squadra volanti, indagati per lesioni o tortura. Alcuni di loro sono accusati, assieme ad altri sette, anche di peculato, dell’omissione di denuncia di reato o di identificazione di alcuni loro conoscenti e della falsificazione di alcuni verbali. Tutti e 16 gli indagati dovranno presentarsi all’udienza preliminare, fissata davanti alla giudice Arianna Busato il prossimo 22 settembre.

Gli episodi di violenza

Per quel che riguarda l’aggressione nei confronti di Mattia Tacchi, due colleghi avrebbero agito in concorso con l’ex poliziotto Alessandro Migliore, tuttora a processo assieme all’ex collega Loris Colpini. Secondo l’accusa, Mattia Tacchi sarebbe stato trascinato fuori dalla sala Acquario e sarebbe stato colpito più volte. Dieci minuti dopo Alessandro Migliore avrebbe tirato a Tacchi uno schiaffo facendogli perdere i sensi per alcuni minuti. Un altro episodio di violenza, stando all’accusa, si sarebbe verificato nei confronti del marocchino Amiri Tororo che sarebbe stato colpito con calci, sberle e spintoni. Gli sarebbe poi stato spruzzato lo spray al peperoncino, «facendogli urtare violentemente il capo contro una panca in cemento», si legge nel capo d’imputazione. Gli indagati lo avrebbero poi «trattenuto all’interno della stanza fermati circa un’ora e trenta senza decontaminarlo . riporta l’accusa –, sebbene egli avesse più volte rappresentato come l’irritante gli provocasse dolore». Dopo l’aggressione Amiri Tororo si sarebbe ritrovato con diverse lesioni sul corpo e l’ematoma a un occhio.

 Cacciaviti e cutter

Tra gli episodi contestati ci sarebbe stata da parte di alcuni degli indagati anche l’interruzione di una perquisizione domiciliare per la ricerca di armi da sparo nell’abitazione di un loro conoscente. Nella sua auto sarebbero però stati trovati una decina di cacciaviti e un cutter che l’uomo avrebbe usato per bloccare e minacciare l’ex fidanzata. In quella circostanza i poliziotti che erano intervenuti avrebbero dovuto denunciare l’uomo. In un’altra occasione invece uno degli indagati si sarebbe intascato 40 euro e due pacchetti di sigarette, contenenti nel borsello di una donna che era stata portata in questura per un controllo.

L’inchiesta

Le indagini sono state svolte dalla squadra mobile tra il 2022 e il 2025 e coordinate dai sostituti procuratori Carlo Boranga e Chiara Bisso. Su 28 indagati sono stati chiesti 16 rinvii a giudizio, 2 giudizi immediati (Migliore e Colpini), 2 patteggiamenti e 8 archiviazioni. A far partire l’inchiesta sono state le denunce di alcune persone fermate che avevano raccontato di essere state maltrattate. A quel punto erano scattate le intercettazioni delle conversazioni tra gli indagati. Alcuni episodi di violenza sono stati poi immortalati da una telecamera presente nella sala Acquario dove venivano portati i fermati. (di Beatrice Branca da il Corriere del Veneto)

«Avevamo raccomandato al governo italiano di realizzare uno studio indipendente sulla profilazione razziale [da parte delle forze dell’ordine, ndr] per valutare il fenomeno». È bastata questa frase pronunciata ieri da Bertil Cottier, presidente della Commissione europea contro razzismo e intolleranza (Ecri) del Consiglio d’Europa (Coe), per scatenare un circo politico. Al centro la maggioranza, con Giorgia Meloni in testa, a difendere a spada tratta una polizia che nessuno aveva attaccato.

Le parole del giurista svizzero sono il dito, la luna è la nuova aggressione alle istituzioni internazionali. La linea è la stessa della recente lettera contro la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che ricade sempre sotto il Consiglio d’Europa, per limitarne l’indipendenza in materia di diritti dei migranti.

Cottier, infatti, era semplicemente intervenuto nella conferenza stampa di presentazione del report annuale Ecri, che per il 2024 affronta quattro fenomeni «strutturali»: selezione delle persone fermate e perquisite in base a origini nazionali o etniche; segregazione scolastica dei bambini rom; discriminazioni contro le persone trans e intersessuali. Nel rapporto presentato ieri non ci sono numeri, né riferimenti ai singoli Stati nazionali.

Perciò un giornalista dell’Ansa ha chiesto a Cottier se aveva raccomandazioni specifiche per qualche paese, in particolare l’Italia. Il presidente ha rimandato allo studio pubblicato lo scorso ottobre e ribadito quanto l’Ecri aveva consigliato in quell’occasione: uno studio indipendente sul fenomeno della profilazione razziale. La notizia in pratica non esisteva, non c’era nulla di nuovo. Ma a prescindere da qualsiasi dato di realtà, la maggioranza è partita all’attacco seguendo l’ordine di scuderia: tutti insieme contro Ecri e Coe.

«Osservazioni astruse e false», ha detto il vicepremier Antonio Tajani (Fi), che evidentemente il report non lo ha nemmeno visto. Per il presidente di Noi moderati Maurizio Lupi: «La Commissione europea contro razzismo e intolleranza del Consiglio d’Europa prende un’altra cantonata dopo quella dell’ottobre 2024, quando con una relazione fotocopia accusò di razzismo le nostre forze dell’ordine». La cantonata è solo sua, lo studio è lo stesso.

La vera posta in gioco emerge invece dalle dichiarazioni di Meloni e della Lega. «L’Italia fu, nel 1949, tra i dieci Stati fondatori del Coe, nato nel dopoguerra per difendere la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto. Eppure oggi quello spirito originario sembra smarrito, sostituito da dichiarazioni sempre più faziose e lontane dalla realtà», dice la premier. È la stessa tesi sostenuta nella lettera contro la Cedu promossa da Italia e Danimarca e firmata da altri sette Paesi Ue. In sostanza diceva che i diritti costituzionalizzati dopo il secondo conflitto mondiale e le istituzioni di garanzia create per garantirli sono ormai superati. Almeno per gli stranieri (si comincia sempre da là). E infatti la Lega va dritta al punto: «Consiglio d’Europa? Altro ente inutile, da sciogliere. Giù le mani dalle nostre forze di Polizia!», scrive su X.

Il Coe fu istituito per promuovere democrazia e diritti umani, con lo scopo di evitare che gli orrori del nazifascismo e della guerra mondiale potessero ripetersi. Ne fanno parte 46 paesi, di cui i 27 Ue, e non va confusa con le istituzioni dell’Unione europea. Nel 2022 è stato abbandonato dalla Russia, esclusa. Forse a Meloni o ai suoi alleati leghisti piacerebbe seguire le orme di Putin. Più probabilmente dovranno accontentarsi di colpire il Coe dall’interno. A questo serviva la bordata contro la Cedu. Un attacco inedito a cui sabato aveva replicato Alain Berset, presidente del Consiglio d’Europa. «La Cedu è il braccio giuridico del Coe – ha dichiarato Berset – Il rispetto dell’indipendenza e dell’imparzialità della Corte è il nostro fondamento».

In tale contesto colpisce la mossa di ieri del Quirinale, che ha convocato il capo della polizia Vittorio Pisani per rinnovare «stima e fiducia». A ottobre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si era detto «stupito» dal rapporto dell’Ecri, stavolta stupito è chi confida nel Colle per frenare la deriva sovranista di Meloni: l’incontro che si terrà questa mattina non serve a coprire le forze dell’ordine, serve a coprire il governo. (di Giansandro Merli da il manifesto)

 

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