
Milano: licenziata per aver urlato “Palestina libera”
Osservatorio Repressione - Friday, May 30, 2025La libertà d’espressione ai tempi del governo Meloni. Alla Scala di Milano, maschera urla «Palestina libera» e viene licenziata. Il fatto è avvenuto subito prima del concerto del 4 maggio per il meeting annuale della Asian Development Bank, la presidente Meloni era presente in sala
di Roberto Maggioni da il manifesto
La libertà d’espressione ai tempi del governo Meloni. Una giovane maschera del Teatro alla Scala di Milano è stata licenziata per aver urlato «Palestina libera» prima del concerto del 4 maggio scorso al quale ha partecipato anche la presidente del consiglio Giorgia Meloni. La maschera ha urlato la sua solidarietà al popolo palestinese all’ingresso di Meloni nel palco reale. La notizia è stata diffusa dal sindacato di base Cub, dal Teatro per il momento non è arrivato alcun commento, se non la conferma del licenziamento che, secondo quanto riferito dalla Cub, porterebbe la firma del sovrintendente del teatro Fortunato Ortombina.
Il concerto del 4 maggio era quello per il meeting annuale della Asian Development Bank e la presidente Meloni era presente in sala. «La persona licenziata è una giovane studentessa che fa la maschera nel teatro» racconta il sindacalista scaligero della Cub, Roberto D’Ambrosio. «Prima del concerto ha gridato ‘Palestina libera’, è stato un gesto per esprimere la sua solidarietà ai palestinesi», solidarietà portata in un contesto con personalità politiche, come la presidente del consiglio, che possono, devono, prendere posizioni sul massacro israeliano a Gaza. «È stata subito portata fuori dalla polizia, nei giorni successivi non l’hanno fatta lavorare e poi è arrivata la lettera di licenziamento».
Il motivo formale del licenziamento? «Non ha rispettato la sua postazione di lavoro e ha creato scompiglio con le forze dell’ordine». Un gesto di disobbedienza civile, come altri ce ne sono stati anche nella storia della Scala, represso nella maniera più dura. «È evidente – scrive il sindacato Cub in una nota – che esprimere questa solidarietà non è un fatto isolato, infatti sono milioni i giovani nel mondo che stanno manifestando per fermare il genocidio in atto a Gaza. Evidentemente per la direzione la giovane ha detto qualcosa da punire severamente. Nel provvedimento di licenziamento, firmato da Ortombina, viene sottolineato che ha tradito la fiducia disobbedendo a ordini di servizio, ma a noi vien da dire che lei ha dato retta alla sua coscienza».
Scrive ancora la Cub: «A Giorgia Meloni la direzione del teatro per compiacenza offre la testa della ribelle che intendeva denunciare il silenzio complice del suo governo verso il genocidio che si compie tutti i giorni a Gaza. In questo teatro – conclude Cub – sembra di assistere al restringimento di tutti gli spazi democratici in sintonia col decreto sicurezza che il governo ha appena sfornato».
Il licenziamento è stato commentato anche dal capogruppo del Pd in consiglio regionale, Pierfrancesco Majorino: «Provvedimento assolutamente sproporzionato su cui fare chiarezza». Dal M5S il capogruppo in commissione cultura al Senato, Luca Pirondini: «Alla Scala non c’è spazio per la libertà di parola. Chiediamo immediati chiarimenti ai vertici del teatro e a tutte le istituzioni coinvolte».
Condanna anche da Rifondazione Comunista: «Questa lavoratrice merita l’encomio di tutta la comunità per aver dato voce all’indignazione per il genocidio a Gaza e la complicità del governo italiano – ha detto il segretario nazionale Maurizio Acerbo e la segretaria milanese Nadia Rosa -. Chiediamo che il comune assuma una posizione di netta condanna e di solidarietà alla lavoratrice». Nel pomeriggio il sindaco Sala ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano di commentare il licenziamento: «Non ne ho parlato con il sovrintendente, non ero informato, voglio parlare con lui e capire le ragioni. Ero presente anche io quando è successo, ma non avevo focalizzato».
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