
Il taser uccide. Morire a 30 anni a Pescara
Osservatorio Repressione - Wednesday, June 4, 2025Ennesima vittima degli abusi di polizia. Ieri 3 giugno, a Pescara, un 30enne coinvolto poco prima in una lite stradale e morto a causa dell’uso del taser da parte gli agenti di polizia
di Mario Di Vito da il manifesto
Una rissa in strada a Pescara ieri mattina, l’arrivo della polizia, un colpo di taser. Poi l’arresto, il trasferimento in questura, il malore in sala d’attesa, l’arrivo del 118 e la corsa in ospedale. Dove però i medici non hanno potuto fare altro che constatare il decesso. Questa è la prima ricostruzione delle ultime ore di Riccardo Zappone, trent’anni, originario di San Giovanni Teatino, paese a pochi chilometri a ovest di Pescara.
IL COMUNICATO con cui la procura di Pescara ha diffuso nel pomeriggio la notizia parla dell’arresto di Zappone, «apparentemente coinvolto poco prima in un alterco da strada», per resistenza a pubblico ufficiale «che è stato necessario vincere con l’uso del taser».
Ed è proprio su questo uso «necessario» che si concentreranno le indagini delegate alla squadra mobile. Nel mentre, dalla questura, sia pure informalmente, vengono soffiate altre possibili cause, perché «non è emersa una correlazione accertata tra l’uso del taser e l’arresto cardiaco». Quindi, dicono i poliziotti, bisogna valutare attentamente la dinamica della rissa, perché pare che Zappone avesse avuto la peggio. Poi bisogna capire se il trentenne fosse sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. E c’è un dettaglio biografico che viene sottolineato: parliamo di un tossicodipendente con precedenti.
Quindi se da una parte si suggerisce che il cuore di Zappone potrebbe essersi fermato per motivi non legati alla scarica elettrica subita, dall’altra siamo indubbiamente davanti all’identikit della tipica vittima di malapolizia: un marginale per il quale non è necessario usare tante accortezze.
I PRECEDENTI, almeno in fatto di taser, parlano chiaro. Poco meno di due anni fa, nell’agosto del 2023, proprio a San Giovanni Teatino è morto Simone Di Gregorio, 35enne in cura presso un centro psichiatrico di Pescara. Nel suo caso lo storditore venne usato dai carabinieri perché l’uomo «stava dando in escandescenze» e, completamente nudo, correva verso i binari della ferrovia. La procura di Chieti aprì un fascicolo contro ignoti per omicidio colposo, ma l’autopsia escluse che la morte fosse arrivata a causa della scossa elettrica.
Un anno dopo, nel luglio 2024, in Alto Adige, il taser è stato usato contro Carlo Lattanzio, un operaio 42enne di Barletta salito a Vipiteno per lavorare in un’azienda edile. Era stato lui a chiamare i carabinieri, che lo avrebbero trovato in stato confusionale, forse ubriaco. E lui prima avrebbe provato ad aggredirli e poi si sarebbe lanciato da una finestra. Sopravvissuto alla caduta, avrebbe tentato di nuovo di aggredire i militari che a quel punto lo hanno colpito col taser. L’indagine condotta dalla procura di Bolzano non ha portato a nulla, perché l’autopsia non ha rilevato una correlazione diretta tra il decesso e l’intervento dei carabinieri. Il problema degli accertamenti medici per queste vicende appare evidente: da un punto di vista strettamente legale, stabilire un nesso causale tra taser e arresto cardiaco è pressoché impossibile nel momento in cui esistono altri elementi che potrebbero causare una morte improvvisa.
Restano le parole con cui, nella sentenza numero 5.830 del 2019 la Cassazione ha descritto il taser: «Arma comune da sparo sicuramente idonea a recare danno alla persona». Chi produce e commercia questi strumenti, da parte sua, insiste molto sul fatto che parliamo di «dispositivi non letali». Almeno in teoria perché, in più rapporti, Amnesty International ha spiegato che, per quanto riguarda l’uso di pistole elettriche, «il rischio zero non esiste» e che «gli studi medici a disposizione sono concordi nel ritenere che l’uso dei taser abbia avuto conseguenze mortali su soggetti con disturbi cardiaci o le cui funzioni, nel momento in cui erano stati colpiti, erano compromesse da alcool o droga o, ancora, che erano sotto sforzo, ad esempio al termine di una colluttazione o di una corsa».
SIA NEL CASO di Zappone, sia nei precedenti di Di Gregorio e Lattanzio, in ogni caso, parliamo dell’uso di un’arma comune da sparo contro persone evidentemente disarmate.
Ai microfoni di Radio Onda d’Urto il commento di Susanna Marietti, dell’Associazione Antigone. Ascolta o scarica.
Maurizio Acerbo, pescarese e segretario nazionale di Rifondazione comunista a così commentato: “Abbiamo sempre contestato la decisione politica di dotare le forze dell’ordine di taser. Se verrà confermato che la causa della morte del trentenne a Pescara è stata causata dall’uso del taser non sarà il primo caso. La responsabilità di questa morte non ricade solo sulla destra ma è stata bipartisan. La sperimentazione del taser è cominciata nel 2014 con il governo Renzi e fu rilanciata nel 2018 su iniziativa di Salvini con il governo Conte 1. Nel 2020 l’adozione della pistola elettronica è stata confermata dal governo Conte 2 in cui c’erano PD e Sinistra Italiana con LeU. La gravità di quella scelta sta nel fatto che la pericolosità della pistola elettronica era già nota quando è stata adottata. Ricordo che vari organismi internazionali intergovernativi e non governativi avevano stigmatizzato l’uso del Taser in quanto potenzialmente mortale e mai realmente sostitutivo delle armi da fuoco. Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura aveva già affermato che l’introduzione dei Taser apriva la porta a risposte sproporzionate. La Reuters aveva già documentato che dal 2001 erano almeno 1.042 i casi di persone colpite a morte con un taser dalla polizia. La stessa azienda produttrice, la Taser International Incoporated, aveva già dovuto riconoscere un fattore di rischio mortale che si aggira intorno allo 0,25%. Una persona su 400, tra quelle colpite da Taser, rischia cioè il decesso. Denunciammo inascoltati essendo fuori dal parlamento e delle TV che sarebbe stato più utile investire risorse in formazione delle forze di polizia o in strumenti logistici (autovetture, vestiario e altre strumentazioni utili al contrasto della criminalità). Da anni assistiamo a una deriva sicuritaria di imitazione delle modalità di gestione dell’ordine pubblico tipiche degli Stati Uniti e che si accompagnano a un modello sociale neoliberista. Segnaliamo che l’Europa dello stato sociale ha indici di sicurezza infinitamente superiori agli USA che collezionano non invidiabili record di omicidi, nonostante un altissimo numero di persone detenute e metodi polizieschi raccapriccianti. Anche per le politiche della sicurezza – come per l’economia e il lavoro – va ripresa la via maestra della Costituzione. Il taser va vietato“.
Nel decreto “Milleproroghe“, approvato in via definitiva dalla Camera dei Deputati, nel febbraio 2025, è previsto che tutti i Comuni – non solo i capoluoghi di provincia o quelli con più di 20mila abitanti – potranno dotare la Polizia Municipale della letale pistole elettronica “taser”.
Taser ai poliziotti. Uno strumento di tortura gira per le città
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