
Genova: I portuali, la città e il traffico delle armi del genocidio
Osservatorio Repressione - Saturday, June 7, 2025Da Marsiglia a Genova, i blocchi al traffico di armi verso i paesi in guerra, come Israele, ricordano non solo che la guerra orienta sempre di più qualsiasi scelta dei governi ben oltre la produzione, ma anche che la logistica ha dei punti deboli, intorno a cui possono emergere esperienze d’intelligenza popolare di cui abbiamo molto bisogno in questo tempo
di Stefano Rota da Comune-info
Sabato 7 giugno, c’è stata a Genova un’importante manifestazione organizzata dal CALP (Collettivo Autonomo dei Lavoratori del Porto), con il blocco del varco di Ponte Etiopia e un breve corteo nell’area portuale, con alcune centinaia di partecipanti. La motivazione è quella di cui il CALP ha fatto una bandiera e persegue con convinzione da anni: il blocco al traffico di armi verso i paesi in guerra, in questo caso Israele. Vale la pena precisarlo, perché nel 2019 la stessa azione ha avuto come obiettivo un’altra guerra. In quel caso il carico era destinato all’Arabia Saudita, impegnata a massacrare la popolazione Huti dello Yemen del Sud.
La collaborazione con i portuali organizzati di altre città è un punto di forza di questa lotta. La nave della compagnia israeliana ZIM sarebbe dovuta arrivare a Genova con un carico di quattro containers pieni di materiale bellico da Marsiglia e destinata a Israele, ma i portuali di quella città si sono rifiutati di caricarli. La nave è così arrivata a Genova con un giorno di ritardo rispetto al previsto e senza il famigerato carico di morte. Tutto questo era già a conoscenza del CALP e l’informazione era stata condivisa il giorno precedente in una affollata assemblea a Music For Peace. Nonostante questo, si è deciso di proseguire con la manifestazione in programma per sabato (personalmente, la considero una scelta sacrosanta).
Provando a vedere le cose al di là del singolo evento, va ribadito un punto fondamentale che ha a che vedere con la crescente forza strategica della logistica e della finanza nei processi globali di creazione di valore. La logistica ha dei punti deboli nella catena di approvvigionamento su scala mondiale (ne ha anche la finanza, ma sono di altra natura). Sono quelli in cui una forza organizzata riesce a bloccare temporaneamente o rendere problematico il fluire di merci. Questo vale per i porti, per Amazon, per gli Steamers americani. Mettersi con i propri corpi in quegli snodi, con il blocco di un varco o il picchetto all’entrata di un magazzino, significa mettere in evidenza la (parziale) vulnerabilità della supply chain, costringere a cambiamenti di rotta marittima o autostradale le corporations che gestiscono quelle catene. Viene in mente una domanda che ha fatto Foucault nel corso di due interviste nella seconda metà degli anni Settanta: “Quando parliamo di lotta di classe, di che lotta stiamo parlando?” Di queste azioni, non c’è dubbio.
Ciò che è accaduto nel porto di Genova ha una strettissima relazione con tutto questo, ma con un valore aggiunto, anzi due. Il primo è quello già ricordato della stretta collaborazione con i lavoratori di altri porti, che crea un effetto moltiplicatore del danno prodotto dalla lotta. Il secondo è la forza d’attrazione che il CALP riesce a emanare, producendo una variegata partecipazione alle proprie iniziative. Rappresenta a Genova un punto di riferimento importante, funziona come elemento attorno a cui si articolano altri soggetti. Questo anche perché il CALP sa porsi non solo come collettivo di lavoratori, ma come collettivo politico, nel senso più preciso del termine. La lotta che conduce il CALP su questo fronte è una lotta che contribuisce a definire, nel suo articolarsi con altre forze, l’essere di un soggetto politico collettivo.
Da anni ormai, come ribadiscono con chiarezza sia Sandro Mezzadra, sia Maurizio Lazzarato, la guerra è alla base del modello governamentale, quindi ben oltre quello produttivo, che sta definendo il nuovo assetto globale. Le strategie continentali, oltre che nazionali (il piano Von Der Layer da 800 mld, e il processo di riarmo della Germania, ad esempio) stanno disegnando nuovi rapporti ed equilibri, nuove priorità nella destinazione di risorse e di potere decisionale. La finanza e la logistica (non dimentichiamoci che quest’ultima ha una impostazione organizzativa che deriva dal modello bellico) divengono sempre più strategiche nella costruzione di quel nuovo ordine. I grandi centri d’investimento che muovono migliaia di trilioni di dollari hanno già scelto su cosa puntare, come dimostrano le crescite vertiginose del valore delle grandi multinazionali degli armamenti.
Senza sminuire il valore, che non può essere altro che simbolico, delle manifestazioni in cui ci sdraia in piazza nei sudari, dell’esibizione di gigantesche bandiere palestinesi negli stadi (non prendo neanche in considerazione le ipocrite dichiarazioni di politici che, dopo oltre 50.000 morti, affermano che si sta passando il segno!), l’iniziativa del CALP e dei lavoratori di altri porti assume una tonalità diversa. È una manifestazione d’intelligenza operaia, popolare, che dimostra di aver capito bene dove si deve intervenire se si vuole produrre un sia pur parziale ostacolo. Ma è soprattutto un progetto politico che si manifesta in uno spazio pubblico (in questo caso del porto, pubblico-privato), dove al danno materiale si somma la manifestazione della “alleanza dei corpi” attorno a una lettura del mondo, dove si produce senso vero di quale sia oggi l’agire politico.
Un caro amico e grande esperto di traffici marittimi-portuali, nonché sostenitore della prima ora del CALP, con cui eravamo insieme alla manifestazione (Riccardo degli Innocenti), mi ha detto indicando una nave che caricava centinaia di container della ZIM: “Chi lo sa cosa può contenere realmente anche solo il 2% di quei container?” Ha ragione, chiaro. Lui più di me sa bene come possa essere facile aggirare i controlli.
Oltre a correre il rischio di divenire oggetto d’interesse delle nuove norme del DDL Sicurezza, chi organizza e chi partecipa a queste forme di lotta sa bene quali siano i loro limiti. L’estensione del fronte ad altri soggetti, anche di categorie differenti, può consentire una maggiore efficacia di quelle lotte, aggiungendo informazioni che consentano di mappare con maggior chiarezza i nodi della rete logistica che devono essere presidiati. Informazioni, intelligenze, reti e logistica: del resto, il nemico va affrontato e combattuto sul suo terreno.
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