Ravenna crocevia dei traffici di armi per Israele?

The Weapon Watch | 6a puntata: Intermediari e clienti per i droni killer israeliani - Wednesday, July 9, 2025

Le inchieste di «Altreconomia» e le segnalazioni dei lavoratori confermano quello che Weapon Watch ha più volte pubblicato e sostenuto anche in incontri pubblici: nel porto di Ravenna la violazione di leggi e trattati riguardanti il commercio di armamenti è provata da molti episodi, a partire dal primo registrato nel maggio 2021 – uno ‘sciopero sulla merce’ dichiarato da Cgil-Cisl-Uil durante uno dei tanti bombardamenti su Gaza – che ha avuto il merito di scoperchiare l’ipocrisia nel porto romagnolo.

Una ulteriore svolta verso la trasparenza si deve alla magistratura ravennate, con l’inchiesta ancora in corso riguardante la ditta lecchese Valforge.

Così si sono esauditi gli auspici invocati nel febbraio 2024 dall’allora presidente dell’autorità portuale Daniele Rossi in una sua lettera pubblica, quando WW promosse insieme a Pax Christi e a numerose associazioni ravennati un incontro pubblico sul tema. Rossi sostanzialmente disse: non ho notizia di passaggi di armi in porto, se avete informazioni di violazioni di legge denunciatele alla magistratura. Ebbene, oggi la denuncia c’è stata, ed è arrivata non da esaltati pacifisti filo-palestinesi, bensì dal rappresentante di un primario operatore logistico, cioè dall’interno del mondo dei trasporti internazionali. Riguarda una filiera di pezzi forgiati per cannoni che ha origine tra Varese e Lecco e destinazione una filiale di una delle maggiori industrie militari di Israele, fornitura avvenuta aggirando il divieto governativo di esportare armamenti verso Israele e del tutto priva di autorizzazioni, anzi presentando in dogana il materiale come se fosse ad uso civile.

Ora stanno prendendo forza le voci dei lavoratori e le loro denunce. I portuali a Ravenna stanno vedendo passare i container di munizioni destinate alle IDF. Caricano queste merci di morte sulle portacontainer dirette a Haifa e Ashdod, quasi sempre navi della compagnia israeliana ZIM. Prima caricavano per lo più ortofrutta e merci varie, ora sempre più dispositivi militari e munizioni la cui probabilità di essere impiegate sulla popolazione civile inerme, in flagranti crimini di guerra – come dovranno prima o poi verificare i tribunali internazionali –, è altissima.

Ultima denuncia in ordine di tempo risale al 30 giugno scorso, quando alcuni container con l’etichetta “esplosivi” classe 1.4 (cioè munizioni) sono stati caricati a bordo della «ZIM New Zealand», partita con destinazione Haifa, dove è regolarmente arrivata il 4 luglio.

Recentemente il presidente della Regione Emilia-Romagna ha dichiarato di voler interrompere le relazioni con Israele. Ricordiamo al presidente De Pascale che il principale operatore terminalistico del porto di Ravenna – unico scalo internazionale della regione – è SAPIR-Porto Intermodale di Ravenna Spa, che controlla direttamente anche Terminal Nord Spa e TCR (Terminal Container Ravenna) Spa.

L’azionariato di SAPIR è così composto:

  • 29,45% a Ravenna Holding Spa (77% del Comune di Ravenna, 7% Provincia di Ravenna, il resto ai Comuni di Cervia, Faenza e Russi);
  • 13,59 a Fin.Coport Srl (100% della Compagnia Portuale Srl, )
  • 11,58% Camera di Commercio di Ferrara
  • 10,46% Regione Emilia-Romagna
  • tutti gli altri soci, a partire da La Petrolifera Italo Rumena Spa (8,70%, nelle mani della famiglia Ottolenghi), hanno quote inferiori.

Teoricamente Comune, Regione e Compagnia portuale possono governare tutto il porto di Ravenna con la maggioranza assoluta. Ci si aspetterebbe che queste entità istituzionali concorressero almeno a vigilare – se non a controllare – affinché non si possano svolgere i traffici illeciti che stanno rendendo il porto di Ravenna indiretto complice di ciò che accade in Cisgiordania e a Gaza. Quanto al rispetto della Costituzione, il presidente De Pascale ha correttamente citato l’art. 117, che dà potere alle Regioni di intrattenere le proprie relazioni internazionali. Ma bisognerebbe anche richiamarsi all’art. 11, quello del rifiuto esplicito della guerra come soluzione delle divergenze internazionali: un articolo che è violato clamorosamente dai governi italiani da oltre trent’anni.