La «Bahri Yanbu» è nel porto di Genova con il suo carico di morte

The Weapon Watch | 6a puntata: Intermediari e clienti per i droni killer israeliani - Thursday, August 7, 2025

COMUNICATO STAMPA (7 agosto 2025)

L’osservatorio Weapon Watch esprime piena solidarietà ai lavoratori del porto di Genova e alle loro organizzazioni sindacali, che hanno organizzato la protesta – l’ennesima – contro l’arrivo di una nave della compagnia marittima saudita Bahri, come al solito carica di armi ed esplosivi. In questa occasione, la nave doveva imbarcare anche cannoni di produzione Leonardo destinati ad Abu Dhabi, giunti dalla Spezia e visti sulle banchine del terminal GMT.

Le ragioni della protesta sono molte e serie.

Per quello che riguarda i sistemi d’arma di produzione italiana destinati agli Emirati Arabi Uniti, ricordiamo ciò che abbiamo scritto sul nostro sito web e sulla pagina FB, cioè che la Legge 185 del 1990 vieta l’esportazione di armi a paesi che non rispondono a una serie di criteri stringenti, tra cui quello di non essere in stato di guerra, e di non utilizzare la guerra per risolvere le controversie internazionali (gli Emirati hanno partecipato alla guerra contro lo Yemen, con migliaia di vittime civili dal 2014 a oggi, guerra che non si è conclusa e anzi minaccia di riesplodere dopo l’attacco israeliano all’Iran; e stanno sostenendo le Forze di intervento rapido, milizia operante nel Sud Sudan e protagonista della sanguinosa guerra civile in corso). Gli Emirati Arabi Uniti nel 2025 sono al 119° posto (su 167 paesi) del Democracy Index della rivista «the Economist», inseriti tra i paesi autoritari privi di sistema elettorale e con scarsissime libertà civili.

Lo stesso vale per il transito di materiale militare non prodotto in Italia e nell’Unione Europea. La «Bahri Yanbu» toccherà nel suo viaggio porti in Egitto e Arabia Saudita, paesi ancora più autoritari degli Emirati, per proseguire poi nell’oceano Indiano e il Far East. Non abbiamo garanzie circa circa il destinatario finale e l’impiego del materiale militare trasportato.

Mezzi anfibi a bordo della «Yanbu», Genova 7 agosto 2025.

Oltre ai cannoni di Leonardo, la «Yanbu» trasporta un ingente carico di blindati, carri armati e munizioni di fabbricazione statunitense, in particolare mezzi anfibi da sbarco del tipo AAV-7 tipicamente usati dai marines, che non ci risulta siano in dotazione nei paesi arabi. Il carico sembra preludere a un’operazione militare dal mare di grandi dimensioni.

Motivo di allarme, poi, sono i molti container che trasportano dangerous goods della classe 1.1, cioè la classe più pericolosa, in sostanza esplosivi con rischio di esplosione di massa.

I containe con esplosivi (classe 1.1) a bordo della «Yanbu».
La nave saudita accerchiata dalla bettolina «Brezzamare» e dalla chimichiera «Imera», oggi a Genova, tra POnte Eritrea e Ponte Somalia.

Oggi (7 agosto 2025) a fianco della «Yanbu» carica di esplosivo ha sostato la bettolina-cisterna «Brezzamare», che ha rifornito di nafta la multipurpose «Coe Luisa», mentre pochi metri più in là era ormeggiata la chimichiera maltese «Imera» da 9.000 tonnellate: un ‘ingorgo’ altamente pericoloso a pochi passi dai container carichi di esplosivi posizionati sul ponte della «Yanbu».

Abbiamo già sollevato in passato il problema della gestione del rischio di esplosione, in occasione delle visite delle navi Bahri al molo Eritrea (https://www.weaponwatch.net/2020/02/03/esplosivi-in-porto-siamo-sicuri/ ). Le navi saudite cariche di munizioni ed esplosivi stazionano a 450 m dalle prime case di Sampierdarena alle spalle del porto, e nel raggio di mille metri si trovano consistenti depositi petroliferi e chimici.

Per dare un quadro dei rischi che lavoratori e cittadini hanno corso e corrono ogni volta che gli esplosivi militari entrano in porto, ricordiamo che l’esplosione che ha colpito il porto di Beirut il 4 agosto 2023 ha demolito ogni fabbricato nel raggio di mezzo miglio, pari a 800 metri, e che le vittime si sono registrate nel raggio di un miglio (1600 m).

Finora non abbiamo mai ricevuto sul tema della resistenza alcuna risposta dalle autorità interessate. Nel giugno 2023 c’è stato un incontro informativo con il Consiglio comunale di Genova, poi rimasto lettera morta.

Ci conforta che in occasione dell’odierna protesta le organizzazioni sindacali abbiano ripreso il tema della sicurezza portuale e che abbiano ottenuto dall’Autorità di Sistema portuale del mar Ligure occidentale la proposta di avviare un osservatorio sul traffico delle armi in porto, nello sforzo di garantire trasparenza e prevenzione dei rischi nel rispetto delle normative e della Legge 185/1990.
L’iniziativa dei lavoratori di Genova può essere di stimolo per altre città portuali italiane coinvolte in un traffico di armi sempre più intenso.