APPELLO AI SINDACI E AI CONSIGLI COMUNALI DELLE CITTA’ SEDE DI PORTI COMMERCIALI

The Weapon Watch | 6a puntata: Intermediari e clienti per i droni killer israeliani - Sunday, October 19, 2025

Alla luce delle manifestazioni di protesta contro l’invio di armi a Israele si ritiene matura la proposta di creare nelle città sede di porti commerciali degli osservatori indipendenti sulla movimentazione degli armamenti nei porti, perché essa suscita preoccupazione politica, turbamento morale e insicurezza materiale nei lavoratori e nei cittadini.

La movimentazione degli armamenti, disciplinata dalla legge 185/1990, è soggetta all’autorizzazione e al controllo dello Stato, ma le istituzioni che esercitano questi poteri latitano in trasparenza opponendo cortine burocratiche alle istanze di accesso ai dati che dovrebbero essere pubblici.

Pertanto, che si sia di fronte a una qualche palese violazione della legge così come a una qualche insufficiente informazione sulla natura delle merci in transito nel porto, i lavoratori e i cittadini chiedono di non essere costretti a iniziative di astensione sindacale dal lavoro o di manifestazione pubblica per opporsi all’illegalità di certe movimentazioni e per dovere sostenere da sé i diritti di informazione, tutela, sicurezza, obiezione di coscienza.

Nel caso particolare del trasporto di esplosivi e munizioni, i lavoratori del porto e i cittadini che abitano in prossimità degli scali chiedono trasparenza che la movimentazione avvenga in assoluta e verificata conformità agli speciali regolamenti in materia.Oltre alle barriere burocratiche che ostacolano la trasparenza e oltre alla complessità intrinseca del sistema commerciale, sono state verificate pratiche elusive o ingannevoli da parte di vettori, spedizionieri e imprese portuali, circa la natura militare delle merci movimentate nei porti.

Di fronte a questi comportamenti, i lavoratori chiedono di potere conoscere tempestivamente e ufficialmente l’eventuale natura militare della merce, la sua origine e destinazione geografica, per avere certezza che non si infranga la legge e che se ne interpreti autenticamente il valore costituzionale («I portuali non lavorano per la guerra»).

A queste esigenze di puntuale informazione sindacale e pubblica, si accompagna l’istanza di conoscere, attraverso dati statistici, l’incidenza della movimentazione di queste merci nell’economia e nell’occupazione del porto e della città.

Non è una domanda fine a sé, perché la stessa legge 185/1990 prescrive che il Governo predisponga misure idonee ad assecondare la graduale differenziazione produttiva e la conversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa (art.1 comma 3). Tale previsione, disattesa sinora da tutti i governi avvicendatisi, nel caso specifico dei porti è priva di qualsiasi fonte statistica utile a affrontare la questione.

Le conseguenze di questa lacuna si riverberano nell’assenza nei bilanci sociali dei porti nazionali di una rendicontazione dedicata alla sostenibilità etica, intesa come policy e atti regolatori con l’obiettivo di promuovere e attuare l’attività portuale a esclusivo servizio di commerci di pace e di sviluppo del benessere e della libertà dei popoli.

La necessità del confronto tra autorità, lavoratori e cittadini pone la questione di disporre di un Osservatorio permanente, ossia di un “luogo” e di un “tempo” in cui tale confronto possa avvenire con la necessaria franchezza e trasparenza sulla base di dati e informazioni certe e qualificate.

Viste anche le recenti prese di posizione e deliberazioni di Sindaci e Consigli comunali sui traffici d’armi nei rispettivi porti, la sede ospitante dell’Osservatorio dovrebbe essere a nostro avviso nei Comuni sede di porti, per la loro autorità elettiva sulla città da cui il porto dipende e a cui il porto restituisce lavoro, ricchezza, identità e reputazione con i relativi costi sociali e ambientali.

Il confronto può avvenire solo nella trasparenza dei processi decisionali e delle informazioni che ne sono il presupposto. Informazioni che non sono in alcun modo segrete, e semmai sottoposte all’obbligo della riservatezza statistica. Di alcune informazioni, invece, è la stessa Legge 185 che impone la pubblicità: il soggetto autorizzato, la natura e il valore degli armamenti, il destinatario finale, i valori doganali dichiarati, l’appartenenza o meno a un progetto di produzione internazionale, ecc.

L’osservatorio dovrà dotarsi della capacità di un triplice ordine di obiettivi:1. un report periodico che dia conto dei traffici di armamenti (origine/destinazione/merce) e della loro incidenza quantitativa e qualitativa sul bilancio complessivo del porto;2. un servizio informativo, “a sportello”, tempestivo e verificato con tutti gli attori coinvolti, su domanda dei lavoratori e delle loro organizzazioni di rappresentanza, oltre che dei cittadini, su arrivi e partenze di navi con carichi di armamenti eventualmente sospetti;3. promuovere la qualificazione del porto sotto il profilo della “sostenibilità etica”, improntata a capitali e organizzazioni di impresa non compromessi in attività militari aggressive e in violazione dei diritti umani, e a produzioni e commerci di pace.

Le fonti locali operanti dell’Osservatorio dovranno essere gli attori istituzionali, sociali e civili che agiscono attivamente o passivamente nella circostanza del traffico di materiali di armamento nel porto: Prefettura, Capitaneria di porto-Guardia costiera, Autorità di Sistema Portuale, Agenzia delle Dogane, Vettori e spedizionieri, Agenti marittimi, Imprese portuali, Organizzazioni sindacali dei lavoratori, Municipi di circoscrizioni urbane prospicienti il porto, Comitati civici e Associazioni pertinenti.