
L’esempio dei portuali di Genova è contagioso
The Weapon Watch | 6a puntata: Intermediari e clienti per i droni killer israeliani - Tuesday, December 9, 2025Boicottare Battaggion Spa
L’esempio dei portuali di Genova, dopo una pratica di azione diretta iniziata nel 2019 contro l’esportazione e il transito di materiali d’armamento verso l’Arabia Saudita coinvolta nella guerra in Yemen e continuata negli anni con coerenza fino ai blocchi verso Israele, con il tempo è diventato contagioso.
Non solo tra altri lavoratori dei porti mediterranei ed europei (fino a quelli australiani e nord-americani), ma nei diversi nodi della filiera logistica militare, nel mondo della ricerca e università fino all’industria che produce sistemi d’arma, dove sempre più giovani si rifiutano di lavorare.
È sempre più frequente incontrare, negli eventi in cui siamo invitati come The Weapon Watch, singole persone, gruppi organizzati, associazioni che non si accontentano solo di manifestare, ma si pongono il problema, a partire dai territori in cui vivono, di mettere il classico granello di sabbia negli ingranaggi logistici, produttivi e finanziari che, dall’economia delle guerre e dei genocidi, traggono notevoli profitti.
È quanto avvenuto in questi mesi a Bergamo dove, nonostante sia un territorio con una ridotta presenza di aziende coinvolte nella filiera militare, diversi cittadini e associazioni che avevano accompagnato con solidarietà e speranza la missione della Global Sumud Flotilla, hanno avviato un lavoro di ricerca e intervento per interrompere qualsiasi complicità presente nell’economia bergamasca con l’economia del genocidio, perpetrato dallo Stato di Israele nei confronti dei palestinesi.
Nonostante il balbettio e le mezze verità del ministro degli Esteri e la falsità arrogante di quello della Difesa, le istituzioni italiane sono responsabili di violazione palese della Legge 185/90 per;
- non aver interrotto tutte le esportazioni di materiali d’armamento verso Israele, derivanti da autorizzazioni precedenti all’ottobre del 2023;
- non aver bloccato i transiti dai nostri porti di navi cariche di armi, munizioni, esplosivi ecc. provenienti da paesi terzi e diretti nei porti israeliani di Haifa e Ashdod;
- non aver impedito il traffico illecito e non autorizzato di materie prime, semilavorati, componenti, composti chimici, tecnologie dual use ecc. destinate alle principali industrie militari israeliane, tranne che in un caso nel porto di Ravenna (come Weapon Watch ha già riferito in dettaglio).
Ma alle responsabilità pubbliche, come ha dimostrato la giurista italiana Francesca Albanese nel suo rapporto all’Onu, si associano responsabilità private delle imprese che traggono profitto dal contribuire o sostenere l’economia del genocidio e le guerre israeliane.
A questo fine, ad esempio, la vendita di materiale d’armamento del Gruppo Leonardo a Israele è finita in tribunale. Il 29 settembre 2025 le associazioni AssoPacePalestina, A Buon Diritto, ATTAC Italia, ARCI, ACLI, Pax Christi, Un Ponte Per… e la dott.ssa Hala Abulebdeh, cittadina palestinese, hanno depositato un atto di citazione notificato a Leonardo e allo Stato italiano presso il Tribunale civile di Roma, per chiedere che vengano dichiarati nulli i contratti stipulati da Leonardo Spa e sue controllate con lo Stato di Israele, relativamente alla vendita e alla fornitura di armi all’IDF, le forze armate dello Stato d’Israele.
A loro volta gli attivisti bergamaschi, partendo dal loro territorio, hanno per prima cosa identificato, analizzando i dati contenuti nelle relazioni annuali presentate dal Governo a Camera e Senato, le sette aziende del territorio che hanno esportato materiali di armamento dal 2022 al 2024. La principale di queste è la Battaggion Spa, un’azienda metalmeccanica con stabilimento nel cuore della città, che produce tecnologie civili e militari, le ultime destinate alla produzione di esplosivi. A differenza delle altre aziende bergamasche che hanno esportato verso altri paesi europei (compreso il Regno Unito) e negli Stati Uniti, la Battaggion ha esportato verso Israele e paesi coinvolti in conflitti armati (come l’India) e/o con documentate violazioni dei diritti umani (come l’Uzbekistan).

Questa tabella e il grafico seguente sono stati presentati alla conferenza stampa nel quale è stato lanciato l’appello “NO all’Economia di Guerra in Bergamasca, NO all’Economia del Genocidio in Palestina”.Il valore delle esportazioni di Battaggion rappresenta oltre l’80% dell’esportazione complessiva bergamasca di materiali d’armamento. Tra il 2022 e il 2024, l’azienda ha fatturato oltre 5 milioni di euro da commesse israeliane. Le esportazioni verso Israele sono quindi avvenute anche durante il genocidio in corso. Oltre ad esportare tecnologie per la produzione di esplosivi, l’azienda invia in Israele personale specializzato per la loro installazione e configurazione. La Battaggion vanta nuove commesse per ulteriori 5 milioni di euro destinate a paesi teatro di conflitto, che attendono solo l’autorizzazione del governo italiano.

A questo punto, oltre a dissociarsi apertamente – in quanto cittadini bergamaschi – da qualsiasi coinvolgimento nell’economia del genocidio perpetrato da Israele contro i palestinesi, sono state avanzate precise richieste alla proprietà della Battaggion Spa, alle istituzioni locali e all’insieme della società civile bergamasca.
- A Battaggion Spa: Riconsiderare immediatamente ogni esportazione di materiali d’armamento verso Israele, con particolare riferimento alle commesse in attesa di autorizzazione. Riposizionare l’offerta commerciale a favore esclusivo degli usi civili delle sue tecnologie, evitando ogni possibile utilizzo in violazione del diritto internazionale. Destinare risorse concrete alla riparazione materiale dei danni subiti dal popolo palestinese, attraverso contributi verificabili per la ricostruzione di ospedali, infrastrutture sanitarie e idriche distrutte a Gaza. Garantire che il riposizionamento commerciale dell’azienda non comporti alcuna conseguenza sui livelli occupazionali. La riconversione produttiva deve essere accompagnata da piani di salvaguardia dei posti di lavoro e riqualificazione professionale.
- Alle istituzioni locali: Prendere posizione ufficiale contro il commercio di materiali d’armamento da parte di aziende bergamasche a favore dello Stato di Israele, con particolare riferimento al caso documentato di Battaggion Spa. Sollecitare con urgenza il governo nazionale alla piena applicazione della legge 185/1990. Vigilare affinché il territorio bergamasco non tragga profitto da commerci con paesi sospetti di violazioni del diritto internazionale umanitario. Opporsi con forza allo sviluppo dell’industria militare locale alimentato dagli investimenti del piano di riarmo europeo.
- Alla società civile bergamasca: associazioni, enti giuridici, forze politiche, sindacati e singoli cittadini detengono il potere dell’azione collettiva. Esercitiamolo con determinazione, ciascuno in indipendenza e secondo le proprie specificità, per contrastare le pratiche locali che alimentano l’economia bellica di Israele.
(Gianni Alioti)