Prima del crollo. La lunga strada verso Restart Scampia

NapoliMONiTOR - Thursday, July 25, 2024
(archivio disegni napolimonitor)

Negli ultimi giorni il quartiere Scampia, con uno dei suoi più controversi simboli, è tornato agli onori della cronaca per la morte di tre persone (ma ce ne sono ancora in pericolo di vita) e il ferimento di numerose altre a causa della caduta di un ballatoio della Vela celeste. Arrivo dei soccorsi, collocazione degli sfollati, condizioni di agibilità ed eventuale rientro degli abitanti nella Vela, responsabilità tecniche, responsabilità politiche storiche e attuali, accelerazione degli interventi del progetto Restart Scampia… Le questioni connesse a questa tragedia sono talmente tante e così delicate che abbiamo deciso di restare in osservazione per qualche giorno prima di scrivere qualcosa.

L’ultima volta che eravamo stati nel quartiere era lo scorso maggio, quando con l’aiuto del portavoce del Comitato Vele avevamo fatto il punto della situazione sul progetto Restart e sulle Vele stesse. Pensiamo sia utile riproporre oggi quell’articolo, prima di esprimere un punto di vista più ampio e fornire informazioni utili su quanto sta succedendo a Scampia.

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La riconfigurazione degli insediamenti di edilizia popolare in gravi condizioni di disagio è un problema strutturale della città e il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha dato un impulso anche a progetti importanti, da tempo in corso d’opera ma a corto di fondi.

Tra questi il programma Restart a Scampia, incentrato sull’area delle Vele.

Il progetto prevede la riqualificazione della Vela B, la cosiddetta Vela Celeste, e la demolizione e sostituzione delle altre due Vele rimaste in piedi, la Gialla e la Rossa, per fare posto a venti edifici contenenti 433 nuovi alloggi, tutti classificati come Nzeb (Nearly zero-emission building) per massimizzare l’efficienza energetica. L’insediamento verrà completato con spazi destinati a orti e frutteti, un parco pubblico, una fattoria (sic) con funzioni ludiche e didattiche, un mercato, un complesso scolastico (scuola dell’infanzia e asilo nido) e un centro civico.

Ogni edificio sarà dotato di spazi comuni. I piani terra dovrebbero ospitare punti d’incontro per gli abitanti e per il quartiere. Nel progetto si parla di “servizi locali e urbani, gestiti da associazioni, cooperative o imprese sociali”. E naturalmente di attività commerciali e “piccole imprese artigianali o sociali”. Questo sulla carta, poi bisognerà fare i conti con la realtà.

Per attuare il programma, il comune di Napoli ha messo insieme risorse per un ammontare di circa 159 milioni di euro, provenienti da diverse fonti, con l’apporto decisivo dei fondi Pnrr, che vanno spesi entro il 2026. Alle prime linee di finanziamento attivate – 18 milioni del Programma periferie e 7 milioni del Fondo sviluppo e coesione – si sono aggiunti quindi i circa 84 milioni per i Piani urbani integrati inseriti nel Pnrr; 15 milioni del Piano per gli investimenti complementari, nato per integrare gli interventi del Pnrr; infine 35 milioni dal fondo Pon Metro Plus.

IL RUOLO DEL COMITATO
Gli abitanti di Scampia hanno denunciato fin da subito lo scandalo delle condizioni abitative nelle Vele. Nel marzo 1988 la prima protesta, durante un convegno nella sala Santa Chiara, cui fece seguito l’istituzione di una commissione comunale per accertare responsabilità e possibilità d’intervento. In seguito alle mobilitazioni e alle indicazioni della commissione, il Comune deliberò il 10 giugno 1989 di assoggettare i lotti delle Vele (L e M) a piani di recupero ai sensi della legge 457/1978, concordando con gli abitanti la realizzazione di edifici di tre-quattro piani, cortili sistemati a verde e nuovi spazi sociali. Solo nel 1994 venne approvata una delibera che prevedeva l’abbattimento (anche se parziale) delle Vele e, nel 1995 fu approvato il piano di riqualificazione Vele-Scampia, sulla scorta di studi e proposte della facoltà di Architettura. La demolizione delle prime tre Vele avvenne rispettivamente nel dicembre 1997, febbraio 2000 e aprile 2003. L’apertura dei cantieri delle nuove case per le famiglie presenti negli edifici da demolire, risale al 1997 e termina venti anni dopo con l’assegnazione degli ultimi alloggi. Il programma Restart è di fatto la coda del piano di riqualificazione di metà anni Novanta.

«In tutti questi anni il ruolo del comitato è stato fondamentale – racconta Omero Benfenati, portavoce del comitato degli abitanti delle Vele  – . Non è un caso che abbattono le Vele e si danno mille e seicento alloggi dignitosi, non è un caso che sopra quelle macerie nasce l’università; è stato frutto della lotta, che sembrava la strada più tortuosa ma è stata quella vincente. Una lotta cominciata quarant’anni fa con l’occupazione della Vela Gialla… tra l’altro io sono nato lì dentro. Fa riflettere che la battaglia comincia per farsi assegnare le case e poi diventa una lotta per farle abbattere, una doppia lotta, un processo complesso, che ha comportato sempre un alto grado di responsabilità sulle spalle del comitato, perché deve rappresentare allo stesso tempo la disperazione e la speranza di centinaia di famiglie. Il comitato non ha avuto solo un ruolo di trattativa nei tavoli istituzionali, ma di sprone per la partecipazione popolare. Ai tavoli abbiamo portato quello che si decideva insieme. Tutto Restart viene da quel percorso. Il piano è stato firmato dal Comune, dall’Università e dal comitato Vele. Quel piano parte dai tempi della 167, con le proposte fatte dalle famiglie, dai giovani, dai bambini. Il campo di pallone, l’asilo nido, tutto viene da lì, attraverso un confronto con gli architetti e con il mondo dell’urbanistica, proposte serie, non calate dall’alto, che sono frutto di decenni di sofferenza».

Nel luglio 2020  è terminata la demolizione della Vela A e nel marzo 2021 è stato pubblicato l’avviso di manifestazione d’interesse per progettare gli alloggi temporanei da realizzare sulla stessa area, che ospiteranno 180 famiglie domiciliate presso la Vela Celeste, destinata ad accogliere gli abitanti delle vele demolite per poi essere adibita a funzioni miste, “con una prevalenza di attrezzature pubbliche”. Ad aprile sono cominciati i lavori nella Vela Celeste.  

Il Comune ha predisposto un piano per lo spostamento degli abitanti nelle nuove abitazioni che non prevede sistemazioni in case temporanee fuori dal quartiere. Il piano verrà attuato in maniera incrementale, e sarà coordinato con la costruzione dei nuovi edifici.

Il cronoprogramma prevede per il biennio 2024-25 la riqualificazione dei piani terra e piani interrati della Vela Celeste, insieme alla realizzazione del primo gruppo di nuovi alloggi. Gli abitanti della Vela Gialla verranno trasferiti nei nuovi alloggi. Una volta completato il trasferimento, la Vela Gialla verrà demolita. Sull’area liberata verranno realizzati i nuovi alloggi della fase successiva. Nel frattempo prenderanno forma il centro civico e il parco pubblico.

Nel biennio successivo (2025-26), si procederà con il secondo gruppo di nuovi alloggi sull’area della Vela Gialla. Gli abitanti della Vela Rossa verranno trasferiti nei nuovi alloggi e la Vela Rossa verrà demolita. In questa fase, prenderà forma il complesso scolastico.

La terza fase (2026-27) prevede la realizzazione dell’ultimo gruppo di nuovi alloggi sull’area della Vela Rossa. Gli abitanti della Vela Celeste verranno trasferiti nei nuovi alloggi e intanto verranno completati gli interventi di riqualificazione e recupero della Vela Celeste.

REQUISITI DI LEGGE
I nuovi alloggi sono destinati alle stesse persone che oggi abitano nelle Vele, qualora queste siano in possesso dei requisiti previsti dalla legge. I Pui delle Vele a Scampia e di Taverna del Ferro nella periferia est, delimitano un territorio che comprende circa quattromila abitanti, molti dei quali senza titolo e con morosità plurime. Come accaduto a San Giovanni a Teduccio, nell’iter per l’abbattimento e la ricostruzione delle due “stecche” di Taverna del Ferro, il Comune ha previsto una sistemazione temporanea della durata di tre anni nei nuovi edifici per coloro che attualmente risiedono nelle case senza titolo di assegnazione. Durante il triennio, il Comune dovrebbe effettuare un monitoraggio per verificare l’acquisizione dei requisiti previsti. Intanto, sia a Scampia che a San Giovanni, sono stati effettuati rilievi porta a porta per ricostruire o aggiornare il censimento dei nuclei familiari, che per le Vele risaliva al 2015 e per Taverna del Ferro non era mai stato fatto.

«Dentro le Vele – continua Benfenati – al momento ci sono ancora circa cinquecento nuclei familiari, che hanno avuto un riconoscimento attraverso una delibera comunale; attendono un alloggio da circa quindici anni; abbiamo avuto la sfortuna del Covid mentre era in corso il processo di abbattimento, questo ha tenuto fermi i cantieri due anni. Oggi i lavori sono ripresi, anche grazie all’arrivo dei fondi del Pnrr. Noi abbiamo detto fin dall’inizio che chi vive in posti del genere non può essere considerato benestante, deve necessariamente essere in una situazione di indigenza, quindi deve stare dentro una graduatoria speciale sul diritto all’abitare, che poi in questo caso è anche diritto alla salute, all’infanzia, a un’esistenza degna… noi quando eravamo bambini scrivevamo sui muri non con i gessetti, ma con l’amianto!».

«Per la prima volta – conclude Benfenati – c’è tutta la disponibilità delle risorse stanziate. Quello che dobbiamo fare noi è un monitoraggio, perché non si perdano soldi e non si perda tempo. Poi c’è la questione del diritto al lavoro. Sul territorio si è attivata un’economia, e questa dev’essere un’opportunità anche per gli abitanti del posto, a cominciare dai disoccupati che vanno impiegati nei cantieri. Chi ha resistito, chi ha lottato in tutti questi anni, anche alla luce delle tante speculazioni fatte su Scampia, ha il diritto di veder riconosciuti i propri sforzi. Stiamo parlando di processi straordinari, donne e uomini che sono stati instancabili, per decenni: Vittorio Passeggio che chiamava la gente a raccolta con il megafono, la forza e le urla di quelle donne, non ti mettono sulle spalle solo una responsabilità, ti danno proprio materialmente la forza per andare avanti con la lotta. Se c’è stato un piano di abbattimento, se c’è arrivata l’università è stato soprattutto per la lotta. Niente è caduto dal cielo, è stato un processo molto duro». (luca rossomando)