Addio alle Vele. Gli ultimi giorni di Maria

NapoliMONiTOR - Monday, August 19, 2024

Foto e testo di Irene Angelino

Napoli, ultimi mesi del 2016.
L’abbattimento delle Vele di Scampia viene annunciato per la prossima estate. Alcune famiglie (188) hanno ricevuto nuovi alloggi, altre sono state trasferite da una Vela all’altra.

Partecipo per la prima volta alle riunioni del Comitato Vele verso la seconda metà di dicembre. Volevo raccontare l’ultimo Natale nelle Vele ma non è stato possibile. Ho raccontato così la storia di Maria.

Maria ha quattro figli e il marito in carcere per una condanna a dieci anni, metà dei quali già scontati. Vive con sua figlia disabile e con il figlio diciottenne rifugiatosi in una chiusura nei confronti di tutti e tutto. Il suo altro figlio maschio vive con i suoceri al quindicesimo piano mentre la prima figlia vive altrove, con seri problemi di salute.

Maria si guadagna da vivere pulendo i ballatoi del quarto e del terzo piano della Vela Celeste. Le vicine le danno cinque euro al mese, a testa, per questo lavoro che svolge due volte a settimana. Ogni martedì va a colloquio in carcere. Gli aiuti maggiori li riceve dalle suore che le offrono una “famiglia allargata” e la possibilità di cantare in un coro per la figlia più piccola. Scatto delle foto ma il mio progetto rimane aperto e temporaneamente sospeso per l’impossibilità a seguire Maria in carcere durante i colloqui, e per le difficoltà a fotografare l’attività del coro.

Ferragosto 2024
Sono in auto, alla radio parlano de Il sorpasso di Dino Risi. Sto raccattando scatole di cartone per Maria. Le ho promesso che domani l’aiuterò con il trasloco. Nei suoi vocali mi ha raccontato che ha due ore di tempo per liberare la casa dai suoi effetti personali e andare via definitivamente, dopo il crollo che ha coinvolto l’edificio lo scorso luglio.

Il grosso è fatto. Maria è riuscita a salire e a sistemare quasi tutto. Io raccatto i cartoni lasciati agli angoli delle strade. Nei negozi dei cinesi, così forniti, mi sono stati chiesti soldi.

Sono felice e sola in auto e in paese. C’è un sole caldissimo d’agosto e una lucertolina bianca che spunta fuori vivace da una scatola raccolta tra i rifiuti di una tabaccheria.

Scrivo a Maria. Le mando le foto. Lei mi chiama “cuore”. È felice come lo sono io di esserci riuscita.

Faccio tardi e dormo ancora meno. A ferragosto la mia famiglia celebra la ritrovata unione con un pranzo o una cena e stiamo bene. Mi sveglio prestissimo. Ho lo stomaco in subbuglio ma ho promesso e alle otto, in anticipo sul nostro appuntamento, sono alla Vela Celeste.

Maria mi chiama alle 8:27 e mi indica il percorso da fare per portare l’auto alla Vela “sigillata” (forse dovrei dire “inertizzata” come dicevano al Comitato nel 2016). Quando arrivo è lì con una fascia al ginocchio per l’artrosi. Ha una gonnellina leggera e il volto triste. Aspettiamo che arrivino i Vigili del fuoco per salire. Ci sono tre ragazzi neri che per settanta euro si fanno carico di portare giù i pacchi dal settimo, ottavo, quindicesimo piano. La Vela è coperta da scritte nuove: “Ora ho paura che sia vero e che l’inganno diventi abitudine”. Le appunto sul mio cellulare. Non ho con me la macchina fotografica perché dovrò fingere di essere una sua parente.

Le prime cose che raccoglie sono di Cleo, la sua ragazza down. Sono Barbie senza vestiti e scarpette spaiate che riempiono un cassettone e altri cassetti della camera da letto. Ho vergogna di scattare. Chiedo il permesso. Maria mi dice si.

Le scatole che ho portato sembrano bastare. Mettiamo dentro le statue di Padre Pio e un crocifisso che prendo con le mie mani. Mettiamo dentro i piatti, i vent’anni di Maria nella sua casa. Prima di salire mi ha detto che il deposito dei mobili si trova a Volla, in un ambiente umido e che le è già capitato di essere sgomberata.

Gli agenti di polizia presenti accennano al trasferimento del mobilio nei depositi e al trasloco nelle nuove abitazioni a carico del comune di Napoli. Dopo ammetteranno di non essere certi di questa informazione. I vigili non sono arrivati fino a quando l’assistente sociale non ha registrato il documento di Maria.

Settimo piano, quarto ballatoio. Sento il mio respiro affannoso. In mente ho i versi di Patrizia Cavalli: “Al cuore fa bene fare le scale”. Aiuto Maria con lo scotch scuro, sollevo qualche pacco, tutti gli altri li portano via i suoi nipoti e suo figlio Gianni. Riempiono il terrazzino delle scale. Non c’è luce in casa e poco dopo chiuderanno anche l’acqua. Non si può bere. L’odore di carogna su per le scale è passato. Qualcuno ha gettato cibo e tante altre cose.

L’ingresso degli altri ha portato vento nella Vela. Le porte aperte, le finestre aperte. Salgo le scale dell’interno 801 e scatto foto al ballatoio, poi torno in casa e scopro la bellezza di un “Ti amo” su un tavolino con due sedie nel salotto che Maria non svuota. C’è anche una piccola chitarra. Cleo sta imparando a suonarla.

Mi sento un po’ come una ladra. Ho salutato Maria dopo quasi tre ore. Mi ha guardata sorpresa e delusa. Mi ha abbracciata e ci siamo guardate negli occhi. Da settembre sarà possibile prendere in affitto una casa, Maria non sa ancora dove, il sussidio di settecento euro offerto dal comune non è poi così alto se hai famiglia e se vuoi abitare non troppo lontano da dove hai passato metà della tua vita. Non si sa bene (c’è chi parla addirittura di ottobre) quando inizieranno a portare via i mobili dalla Vela ai depositi, e senza un’adeguata sorveglianza potrebbe sparire tutto in breve tempo. Ho in mente impressi i volti delle persone che aspettavano di salire. Le soluzioni prospettate, le cose da fare, i bambini in braccio con il ciuccio in bocca. Chi ha trovato casa ha quasi paura a dirlo. Qualcuno dice d’aver sbagliato a lasciare la Vela dopo la tragedia del 22 luglio. Tutti sono d’accordo.

Non so quando rivedrò Maria. Volevo invitarla a cena ma hanno idee forti alcuni miei parenti sulle occupazioni. Anche se la casa è un diritto. Forse prima della mia partenza la inviterò da me. Le Vele rappresentano per me tutto il dolore e l’abbandono di cui siamo capaci.

Raccontare la tua storia è il mio modo per augurarti buona fortuna, Maria.