La parola della settimana. Musica

NapoliMONiTOR - Saturday, September 14, 2024
(disegno di ottoeffe)

E adesso vuoi una sedia, ma una sedia elettorale,
e con i piedi gonfi, come hai voglia di votare?
E poi mi levi luce, perché sai che son capace,
e poi mi levi vino, pecché sì ‘nu figlio ‘e bucchino.
(pino daniele,
 musica)

Mercoledì leggo sul Corriere del Mezzogiorno un’intervista al delegato del sindaco – una sorta di assessore ombra – per “l’industria della musica e dell’audiovisivo”, dicitura perfetta se parti dal presupposto di considerare questi due ambiti della produzione culturale solo come ambiti della produzione di valore economico. Vanni Fondi (l’intervistatore) e Ferdinando Tozzi (l’assessore ombra) sono sulla stessa lunghezza d’onda, compiacendosi in particolare della trasformazione di piazza Plebiscito in un’arena per concerti, per lo più a pagamento. Eventi il cui successo “arricchisce la nostra brand reputation”, e che “interagiscono con il turismo, aiutandolo” (il trenta-quaranta per cento degli spettatori dei concerti al Plebiscito arriva da fuori Napoli). In particolare si fa riferimento al marchio Napoli città della Musica e a iniziative che “hanno un risvolto sociale”, tipo Gigi D’Alessio che destina fondi al Santobono, Renato Zero che compra completini agli scugnizzi-calciatori, Liberato ai baby-musicisti (tutte cose di cui sarebbe magari opportuno si occupassero i governi, nazionali e locali).

(credits in nota 1)

Mi ricordo che dieci anni fa, con alcuni gruppi politici e associazioni dell’area flegrea, mettemmo in piedi un progetto per restituire la gigantesca ex base Nato di Bagnoli alla gente del quartiere, che ne era stata espropriata per mezzo secolo, e in particolare ai bambini e agli adolescenti, che dovevano fruirne sfruttando un vincolo che risaliva agli anni Trenta del Novecento. Gli assessori (comunali e regionali) e i presidenti della fondazione che la gestivano ci dicevano che una cittadella dei giovani lì sopra non era poi così importante, e che il vincolo veniva rispettato perché la fondazione stessa affittava quegli spazi a improbabili enti (prima la Nato, poi associazioni di amici, amici di amici, e amici di amici degli amici) e destinava quei soldi ai bambini poveri della città. Oggi alla ex Nato si fanno un sacco di concerti, tutti a pagamento.

Ho ripensato a questa storia della Nato quando ho letto del risvolto “sociale” dei concerti al Plebiscito, e mi sono chiesto come mai nessuno pensa mai che un risvolto sociale potrebbe essere per esempio far sentire la musica (che è sempre crescita culturale, anche quella di Zero e D’Alessio) gratis a tutti i napoletani che lo desiderano, piuttosto che dare cinquanta o cento euro a una manciata di loro (in realtà non me lo sono chiesto, lo so bene; semplicemente volevo scriverlo).

Come certi ragazzi si dedicano al pianoforte o al violino per quattro o cinque ore al giorno, così io mi addestravo con carta e penna. Pure non parlai mai a nessuno di ciò che scrivevo. Se qualcuno mi domandava che cosa combinavo in quelle ore rispondevo che facevo i compiti. In realtà non ho mai fatto un compito. (truman capote, musica per camaleonti)

Ieri sono stato a un festival a Roma, la cui serata finale si concludeva con una sessione live degli Acid Arab, due dj francesi che contaminano i suoni della techno e dell’house con flash strumentali dalle tradizioni nordafricane e mediorientali. Mi sembra che negli ultimi anni questo tipo di sperimentazioni e in generale di ricerca musicale (Raia/Fiorito, Einsturzende Neubauten, Shkoon, ma anche cose un po’ diverse tipo Paradis) offra gli spunti più interessanti rispetto a tanta musica noiosa che si sente in giro. Sarebbe bello sentire anche questa roba al Plebiscito, senza effetti troppo speciali e con impianti da mandare alla neuro l’INGV. Senza pagare un euro, naturalmente.

 

(riccardo rosa)

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¹ Adriano Celentano e Don Backy in: Il monaco di Monza, Sergio Corbucci (1963)