Nuova stretta sull’asilo. Paesi sicuri e Corti d’appello nel dl flussi
Osservatorio Repressione - Thursday, November 21, 2024Decreto legge flussi, ok agli emendamenti della maggioranza. Passa anche il segreto di Stato sulle motovedette
di Giansandro Merli da il manifesto
Il decreto paesi sicuri è diventato un emendamento al decreto flussi, in cui entrano anche le proposte firmate Sara Kelany (Fdi): spostare la competenza sul trattenimento dei richiedenti asilo dalle sezioni specializzate in immigrazione alle Corti d’appello; secretare i contratti per i controlli di frontiera stipulati con i paesi terzi. I via libera agli emendamenti della maggioranza sono arrivati dalla Commissione affari costituzionali tra lunedì e martedì.
CHE SAREBBE ANDATA così era chiaro dalle mosse della destra, impermeabile a pareri tecnici e critiche. Per le opposizioni si tratta di «un doppio scempio», di metodo e merito. Basti pensare che il dl paesi sicuri era stato incardinato al Senato ma è finito in quello sui flussi in fase di conversione alla Camera. A contestare la «confluenza» è il Comitato per la legislazione di Palazzo Madama, che fornisce indicazioni sulla qualità dei disegni di legge allo studio delle commissioni, presieduto dal senatore Pd Andrea Giorgis. «Questa tecnica di produzione normativa costituisce un uso anomalo del procedimento di conversione del dl, che può essere giustificato solo in casi eccezionali e con modalità tali da non pregiudicare l’esame parlamentare», dice il parere. Di giustificazioni, però, il governo non ne ha date. Il risultato è un’ulteriore riduzione del ruolo del parlamento. Con l’unione di vari decreti la discussione si concentra nel ramo in cui inizia l’esame «contribuendo a rafforzare quel monocameralismo di fatto che necessita invece di essere superato riconducendo l’esercizio della funzione legislativa alle modalità previste dalla Costituzione», scrive ancora il Comitato.
CI SONO POI le questioni di merito. Il governo aveva deciso di trasformare il precedente decreto interministeriale sui paesi sicuri in una norma primaria per rispondere al primo round di non convalide delle detenzioni in Albania. Ha sostenuto, impropriamente, che così le toghe non avrebbero potuto disapplicare la legge, ma solo rinviare alla Consulta. 24 ore dopo il varo del dl è stato chiesto l’intervento di un tribunale sovraordinato: non la Corte costituzionale, ma quella di Giustizia Ue. Il primo rinvio pregiudiziale è partito dal tribunale di Bologna, i seguenti da Palermo, Catania e Roma.
NEL FRATTEMPO il decreto è diventato un emendamento, ma il testo è rimasto uguale. I «paesi sicuri» sono 19 e tra questi figurano l’Egitto, che le opposizioni chiedevano di depennare, il Bangladesh e la Tunisia. Ovvero i tre Stati che interessano al governo Meloni perché sono in cima alla classifica degli sbarchi: poterne rinchiudere i cittadini in Albania darebbe un senso ai tanti soldi spesi per il progetto. La legge stabilisce che l’elenco andrà aggiornato periodicamente e che ogni anno, entro il 15 gennaio, il Consiglio dei ministri delibererà una relazione informativa. Questa sarà trasmessa alle Commissioni parlamentari. Le valutazioni di sicurezza andranno fatte «in applicazione dei criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa Ue e dei riscontri rinvenuti dalle fonti di informazione fornite dalle organizzazioni internazionali competenti». È proprio questo il punto di scontro con la magistratura: chi valuta che l’elenco nazionale rispetti il diritto comunitario? Il governo ritiene quella lista un atto politico e pretende di sottrarla al controllo giurisdizionale, invocato invece dalle toghe. Deciderà la Corte del Lussemburgo, che in parte si è già pronunciata il 4 ottobre dando ragione ai giudici.
«LA LISTA DEI COSIDDETTI “paesi sicuri” manca di trasparenza e ignora le evidenti violazioni dei diritti umani, minando le tutele che un paese civile dovrebbe garantire», attacca il Pd. Per Riccardo Magi (+Europa) le destre vogliono «nascondere il fallimento della campagna di Albania». Magi ha anche contestato duramente l’emendamento Kelany, che chiama «emendamento Musk», perché carente della relazione tecnica sull’impatto organizzativo ed economico del cambio di competenza tra i tribunali. «È inammissibile», afferma. Secondo il 5S Alfonso Colucci i 5mila fascicoli gestiti annualmente dalle Corti d’appello raddoppieranno, complice soprattutto il ripristino del secondo grado per le domande d’asilo, e «sarà il caos». Nei corridoi dei palazzi di giustizia la preoccupazione è alle stelle per l’inevitabile aggravio di lavoro. I presidenti di Corte d’appello lo avevano messo nero su bianco in una lettera al governo. Quello, però, ha tirato dritto.
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