Sei giorni di picchetti alla fabbrica Stellantis di Pomigliano. La lotta degli operai della Trasnova

NapoliMONiTOR - Monday, December 9, 2024
(foto di -gd)

“Lavoratrici e lavoratori, a seguito della mancanza materiale per il blocco degli ingressi, domani 6 dicembre 2024, primo turno, secondo turno e terzo turno di tutti i reparti dello Stabilimento non lavora. Per tale giornata verrà richiesta la CIGO”.

Sabato 7 dicembre 2024. È da poco passata la mezzanotte quando Felice, con una certa soddisfazione, mi mostra dal suo cellulare il messaggio inviato dalle RSA (Fim, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr) nel pomeriggio di giovedì 5 dicembre agli operai e alle operaie della fabbrica Stellantis di Pomigliano d’Arco. Il blocco della produzione di automobili in uno dei più grandi stabilimenti italiani del gruppo è la conseguenza diretta dei picchetti degli operai della Trasnova cominciati lunedì 2 dicembre dopo la decisione del colosso francese Stellantis di non rinnovare la commessa all’impresa di logistica automotive Trasnova e di re-internalizzare le attività utilizzando la forza lavoro interna in eccesso.

«Lunedì abbiamo iniziato il picchetto, il giorno dopo hanno finito già il materiale. L’azienda ha chiamato la cassa integrazione. Abbiamo bloccato la produzione. Era l’unico modo per farci sentire e iniziare la trattativa. Da mesi chiedevamo il rinnovo del contratto e ogni volta che si faceva una call ci dicevano “non vi preoccupate” e rimandavano l’incontro. Quando abbiamo capito che stavano solo prendendo tempo abbiamo cominciato scioperare. Non avevamo mai fatto sciopero prima d’ora. Lo stiamo facendo perché non possiamo accettare il licenziamento. Con il blocco abbiamo fermato anche lo stabilimento Sevel di Atessa. Qui c’è un reparto che stampa i portelloni dei furgoni assemblati alla Sevel. I camion non possono entrare a caricare, quindi Stellantis è costretta a fermare la produzione anche lì».

Siamo all’Ingresso Merci n.1 bis dello stabilimento Giambattista Vico di Pomigliano. Molti autoarticolati sono fermi, in fila lungo lo stradone che collega Acerra a Pomigliano, nella speranza di poter entrare e caricare la merce. Le lettere di licenziamento sono arrivate venerdì 6 dicembre. Tutti i partiti politici hanno espresso solidarietà, gli stessi partiti che in questi anni hanno sostenuto i processi di deregolamentazione del mercato del lavoro, accelerato l’erosione della base manifatturiera del paese, favorito la crescente degradazione del lavoro e delle relazioni di impiego, dichiarato guerra alla classe operaia e criminalizzato le lotte per il lavoro. La solidarietà politica e sindacale ricevuta da questi lavoratori non è stata di certo la stessa riservata agli operai di un’altra azienda della logistica, quelli della GLS di Napoli e provincia, in lotta da marzo per il miglioramento delle condizioni di lavoro e raggiunti poche settimane fa da sessantaquattro lettere di licenziamento.

A picchettare ci sono una decina di operai. Lo striscione a sinistra del presidio recita: “Stellantis. Il colosso francese chiude le imprese”. È stato proprio Felice a scriverlo con la bomboletta blu su un lenzuolo bianco. I varchi per l’ingresso delle merci nello stabilimento sono quattro. Per impedire l’accesso ai tir, i cinquanta operai in lotta si sono distribuiti a gruppi di dieci sui diversi ingressi. Con il ricorso al picchetto i lavoratori della Trasnova bloccano l’ingresso delle merci prodotte dalle aziende della filiera automotive (sedili, motori, cruscotti, portelloni, marmitte, sospensioni, pneumatici, traverse, martinetti, verricelli, ecc.), in modo da impedire alla multinazionale Stellantis – il gruppo nato dalla fusione nel gennaio 2021 dei gruppi Fiat Chrysler Automobile e PSA – di immagazzinare i componenti da assemblare nella fabbrica napoletana del gruppo, rallentando così la produzione e determinando dei ritardi nella consegna delle vetture.

«Ho cominciato a lavorare nel 2002, nel reparto carrozzeria di un’azienda della componentistica – racconta Mario –. L’impresa si chiamava Stola Sud e si occupava della lavorazione delle lamiere. Era una delle tante aziende della componentistica che lavorava per Fiat, produceva i longheroni posteriori (destro e sinistro) della Stilo che venivano poi consegnati allo stabilimento di Cassino per l’assemblaggio. Dopo due anni in carrozzeria sono passato in logistica. In questi venti anni ci sono stati diversi cambi di società, ma a lavorare siamo sempre gli stessi. Si firma un nuovo contratto e si ricomincia con una nuova casacca. Con l’arrivo di Stellantis non si è capito più niente. Noi siamo solo la punta dell’iceberg. Tutte le ditte esterne faranno la nostra stessa fine. Qui c’è un’altra ditta esterna che si chiama Fenice. Ci siamo confrontati anche con gli operai di questa azienda e abbiamo capito che stanno cominciando da noi semplicemente perché la nostra commessa scade il 31 dicembre, ma nel 2025 la stessa sorte toccherà anche a loro. Stellantis si è messa in testa di buttare fuori le ditte esterne. Vogliono cacciare anche la Sirio, l’azienda che si occupa di sicurezza industriale. Vogliono mettere una società di vigilanza privata e automatizzare tutto con le telecamere pur di non pagare i lavoratori. Questo per dire che il problema qua è di tutti, non è solo il nostro. Ma il problema vero è che in questo stabilimento non ci sono più investimenti. Attualmente a Pomigliano sono in produzione solo la Panda, l’Alfa Romeo Tonale e la Dodge Hornet, destinata esclusivamente al mercato americano. Non c’è un modello nuovo in questo sito. Tieni conto che solo per allestire una linea ci vogliono minimo due anni. Questo significa che se lo dicono nel 2025 la produzione partirà, se tutto va bene, nel 2027».

L’Italia è l’unico paese industrializzato in cui è presente un solo produttore di automobili. Il paese è passato da una produzione di circa due milioni di autovetture e veicoli commerciali nel 1990 a 750 mila vetture e veicoli commerciali nel 2023, perdendo più del venti per cento degli occupati negli ultimi venti anni.

Sugli operai della Trasnova si sta abbattendo la crisi che attraversa l’industria automobilistica italiana e il suo indotto. Una crisi attribuita furbescamente da Stellantis – alimentando la storica contrapposizione salute-lavoro – alla regolamentazione europea che mette fine alla produzione di motori endotermici entro il 2035, ma in realtà determinata da fattori di ordine produttivo, tecnologico e di mercato: i cambiamenti nella domanda di consumo; la riduzione degli investimenti in ricerca e sviluppo e nella produzione di nuovi modelli; il ridimensionamento dell’attività produttiva nei siti di assemblaggio italiani a seguito di precise scelte manageriali in termini di allocazione geografica delle produzioni e la ristrutturazione della catena di approvvigionamento del gruppo.

Trasnova è un’azienda di logistica del frusinate alla quale Stellantis commissiona la movimentazione delle vetture all’interno degli stabilimenti di Pomigliano, Cassino, Melfi e Mirafiori. È Antonio a descrivere il funzionamento di un piccolo segmento della logistica dell’automotive, quello relativo all’organizzazione delle attività che regolano lo spostamento di una vettura dalla catena di montaggio al concessionario finale: «Noi ci occupiamo della movimentazione delle vetture, dello stoccaggio e della manutenzione. La macchina quando sta ferma per un periodo lungo all’interno dello stabilimento necessita di manutenzione. Inoltre, all’interno del parcheggio arrivano anche vetture usate, a cui bisogna fare il controllo pneumatici, il conteggio chilometri, l’analisi dei danni, verificare il kit di accessori all’interno del cofano… A queste attività si aggiunge poi la spedizione delle vetture. Nel piazzale, a bordo di furgoni, gli operai selezionano le vetture che devono andare in Italia e quelle destinate all’estero. A ogni vettura prodotta è associato un codice a barre, un certificato che ti dice dove è destinata: Milano, Venezia, Austria, Germania, Francia, Belgio, Olanda, Sudafrica, Giappone, ecc. Quando arrivano le bisarche gli autisti, dopo aver compilato le bolle di accompagnamento, si rivolgono a noi “piazzalisti” per il carico della merce sulla bisarca. Anche per lo scarico delle auto che arrivano da fuori hanno bisogno della bolla. Sono le vetture prodotte negli altri stabilimenti del gruppo: Cassino, Mirafiori, Melfi, Atessa, Polonia, Serbia, ecc. In pratica, non movimentiamo solo le vetture prodotte qui a Pomigliano ma anche quelle prodotte negli altri stabilimenti Stellantis e destinate al mercato dell’Italia meridionale e ai mercati esteri. Il piazzale di Pomigliano è un punto strategico sia per il porto di Napoli che per quello di Salerno. È uno dei piazzali più grandi d’Italia e d’Europa, abbiamo una capienza di oltre ventimila macchine».

A fare da sottofondo al racconto di Antonio è lo scricchiolio della legna che brucia nel bidone di ferro posto al centro del presidio. I lavoratori sono disposti in cerchio e discutono del più e del meno. Ci sono sette gradi e l’umidità è al novanta per cento. Intorno a noi solo terre e capannoni. G., amico d’infanzia da cui è partita l’idea di passare al presidio e portare la solidarietà ai lavoratori con un paio di bottiglie di vino, mi presenta Gennaro. Ha una sessantina d’anni ed è uno dei più anziani del gruppo. Dopo avermi domandato vita, morte e miracoli si lascia finalmente andare a un breve racconto del proprio lavoro e dei continui cambi di appalto delle aziende di logistica che operano da decenni nel sito produttivo napoletano per conto della casa automobilistica. «Trasnova è stata costituita all’inizio del Duemila, ma io sto sul piazzale da più di trent’anni. All’inizio le attività erano gestite da Fiat Auto, poi sono passato alla Logint, che mi ha ceduto alla Novafero e da questa alla Trasnova. Noi siamo rimasti sempre gli stessi sul piazzale, l’unica cosa che è cambiata, per noi, è stata la divisa, anzi la casacca, perché spesso manco le divise ci danno».

Alle dipendenze dirette della Trasnova qui a Pomigliano ci sono cinquantatré lavoratori. Poi c’è un’altra società, costituita da trentasette lavoratori, a cui la Trasnova subappalta alcune lavorazioni. Sono i lavoratori della Logitech e provengono da Cassino. «Con il passare degli anni molti nostri colleghi sono andati in pensione e non sono stati più rimpiazzati – continua Gennaro –. Trasnova non ha fatto assunzioni ed è subentrata questa società che opera in supporto a Trasnova. Ovviamente i lavoratori della Logitech non hanno lo stesso livello contrattuale che abbiamo noi. La società lavora sia sul piazzale di Pomigliano che su quelli di Melfi, Cassino e Torino. È chiaro che se Trasnova perde le commesse su tutti questi piazzali, in automatico li perderà anche la Logitech. Stellantis ha deciso di non rinnovare più la commessa e di internalizzare queste attività, cioè di farle fare ai suoi dipendenti diretti. Noi abbiamo iniziato lo sciopero perché abbiamo visto che le vetture in uscita dal reparto finizione non andavano più nel piazzale ma in pista, cioè venivano messe come in un parcheggio, e le bisarche non venivano a caricare nel piazzale ma nei corridoi dello stabilimento. Così, senza sicurezza e senza il rispetto della procedura: arrivavano e prendevano le macchine senza alcun criterio. Questo è illegale e l’abbiamo detto anche al prefetto di Napoli. Abbiamo denunciato questa cosa con i sindacati perché noi abbiamo un contratto e loro lo devono rispettare fino al giorno della scadenza. A causa dello sciopero, stanno portando le macchine a Pontecagnano dove c’è un piazzale dell’Automar e da lì le distribuiscono nei concessionari. Stanno pagando un’altra società per fare quello che facciamo noi, stanno pagando le penali più il costo della gestione di questo piazzale fittato a Pontecagnano. Abbiamo denunciato tutto al prefetto, non lo possono fare. Adesso abbiamo un tavolo di trattativa il 10 dicembre al ministero delle imprese, perché Stellantis non vuole tavoli provinciali ma solo tavoli nazionali».

«Ti spremono e poi ti buttano via – sbotta Felice –. Noi abbiamo un contratto a tempo indeterminato, però Trasnova si occupa solo di spedizione. Dato che perderà le commesse in tutti gli stabilimenti in cui opera, per noi non ci sarà possibilità di essere collocati altrove. Dal primo gennaio siamo a casa. Siamo incazzati perché è una vita che lavoriamo per loro. Se ci chiedevano di lavorare il sabato, la domenica o di notte noi ci andavamo. Ad agosto, quando tutto lo stabilimento va in ferie, per garantire le spedizioni facevamo la rotazione. Il piazzale è sempre aperto, non si ferma mai. Solo il 15 agosto. Quante volte è capitato che pure la vigilia di Natale e di Capodanno siamo stati qua dentro a lavorare, perché quando le macchine escono dalla fabbrica c’è l’urgenza di consegnare. Non sapevamo manco cosa fosse un picchetto. Lo stiamo imparando adesso perché ci vogliono togliere il posto di lavoro».

Sono quasi le due quando si intravedono delle luci in lontananza. Sono i fari di una bisarca. Si avvicina all’Ingresso Merci n.2. Gli operai capiscono che l’autista ha intenzione di forzare il picchetto. Immediatamente, arrivano le telefonate dall’altro presidio. Un operaio sale in macchina, ingrana la prima e sfreccia verso l’ingresso 2. Lo seguiamo con la macchina di Felice. Tre minuti e siamo all’altro presidio. L’autoarticolato è fermo. Quattro macchine messe di traverso gli sbarrano l’accesso. Sono tutte Fiat. (giuseppe d’onofrio)