Milano: nuovo video inedito sulla morte di Ramy

Osservatorio Repressione - Wednesday, January 8, 2025

«Vaffanculo non è caduto», «Chiudilo chiudilo che cade, nooooo merda non è caduto», «Ha perso il casco». Sono le frasi choc dell’inseguimento di una gazzella dei carabinieri a uno scooter in fuga per le vie di Milano. A bordo c’è Ramy Elgaml, 19 anni, e il suo amico Fares Bouzidi, 22 anni, alla guida. È la sera del 24 novembre 2024 e le immagini vengono dall’auto delle forze dell’ordine.

Le ha pubblicate ieri per la prima volta corredate di audio il Tg3. La folle corsa, di oltre 8 km, si conclude con il motorino che finisce a terra incalzato dalla volante: Ramy morirà di lì a poco, incendiando la rabbia del quartiere Corvetto perché, gridavano i manifestanti, «l’hanno investito, l’hanno ammazzato». Nel registro degli indagati, per diverse ipotesi, ci sono al momento Bouzidi e tre carabinieri.

Ilaria Salis deputata europea con un post su X dichiara:” à ! Il video dell’inseguimento in cui Ramy ha perso la vita è terribile e lascia addosso una rabbia profonda. Le parole dei Carabinieri, e ancor più il loro comportamento, sono inaccettabili in un paese civile. Come lo è il fatto che i video registrati da un testimone siano stati fatti cancellare, eliminando così possibili prove. Molte cose che sono state dette dopo l’incidente – senza sapere di cosa si stesse parlando o addirittura in malafede – sono vergognose e contribuiscono a un clima di ingiustizia e mistificazione. Se oggi il caso non può più essere insabbiato, come è già accaduto altre volte in situazioni simili, lo dobbiamo anche alle proteste del quartiere Corvetto, grazie a cui l’opinione pubblica ha iniziato a interessarsi della vicenda. Lo dobbiamo alla comunità di amici e solidali che reclamano verità e giustizia per Ramy e Fares. Ma queste proteste raccontano qualcosa che va oltre Corvetto: ci parlano del razzismo sistemico e del classismo che permeano la nostra società e che si manifestano nella mancanza di opportunità per chi vive nelle periferie e, spesso, negli abusi di potere. È la gioventù proletaria e meticcia di questi quartieri popolari che ha alzato la voce, rifiutando di essere trattata come una cittadinanza di serie B.”

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