Foglie di gelso. Racconti palestinesi

Osservatorio Repressione - Wednesday, January 22, 2025

A Belal, del campo profughi di Aida, scomparso nelle prigioni israeliane e di cui oggi non si hanno notizie.

di Edoardo Todaro da La Città Invisibile

Aysar Al-Saifi, ormai in Italia da diversi anni, ci porta la sua testimonianza che arriva dal campo profughi di Dheisheh a Betlemme, in Palestina. Una testimonianza che ci viene riportata attraverso 146 pagine e che non può non farci riflettere su quanto sta accadendo in Palestina in questi ultimi mesi, anzi da oltre un anno.

Non è la prima volta che scrivo qualcosa dopo aver letto un libro sulla Palestina, sicuramente non sarà l’ultima. Chi legge potrebbe obiettare: ancora! Sì, perché anche con una piccola cosa, come ciò che scrivo, è dare un contributo per sostenere il popolo palestinese, far conoscere le sue sofferenze e la sua determinazione nel non darsi per vinto. E’ una cosa importante. Necessaria? Sicuramente utile nell’opporsi al genocidio in corso.

Aysar, come l’attivista afroamericano George Jackson, ci racconta cosa voglia dire non solo l’essere sotto occupazione, ed i neri negli Stati Uniti lo erano e lo sono, ma essere sottoposti al “sorvegliare e punire”, al fatto che – e nessuno può metterlo in discussione – qualsiasi famiglia in Palestina deve fare i conti con il carcere e i suoi effetti collaterali, come una tassa che grava, un debito che ogni famiglia palestinese deve pagare.

Ma se ricordiamo Jackson non possiamo non citare anche Suaad Genem, ex prigioniera palestinese, con il suo Il racconto di Suaad. Quelli che ci riporta Aysar sono i racconti di chi non ha voce. Racconti che emergono dalle celle nelle quali i/le palestinesi devono sottostare, devono sopravvivere. Aysar non si sottrae dal descrivere il baratro in cui si trovano i palestinesi e cosa significa essere rinchiusi nelle prigioni israeliane. E visto che descrive quanto accade ai prigionieri palestinesi ostaggi nelle mani dell’occupante, non può non dire di quanto di aberrante avviene per i palestinesi con la cosiddetta detenzione amministrativa. Detenzione amministrativa che, riprendendo dallOng Addameer, realtà messa al bando da Israele che interviene nella difesa dei prigionieri palestinesi che quotidianamente svolge un lavoro importante rispetto alle condizioni della detenzione, non è che: “ … una procedura che consente all’esercito israeliano di trattenere i prigionieri a tempo indeterminato sulla base di  informazioni segrete senza accusarli o consentire loro di essere processati …”. Praticamente avviene una vera e propria sparizione, in realtà un ostaggio, perché essere palestinesi è colpa sufficiente per essere perseguitati.

Se Aysar fa riferimento alla detenzione amministrativa, non poteva tacere su quanto avviene nel carcere di Offer, luogo di detenzione e tortura: dell’attesa infinita per i possibili, e sperati, colloqui, delle “stanze” in cui avvengono le umilianti perquisizioni corporali; ma anche delle letture, delle riunioni collettive, dell’imperativo categorico da tenere in riferimento: mai parlare, delle domande e le risposte che si susseguono in testa, delle lettere ricevute che sostituiscono le visite che non avverranno. Ma Offer, non è un caso a sé stante. Offer è la quotidianità a cui sono sottoposti i palestinesi. Una quotidianità che non è fatta solo di carcere, ma di check-point con le “spiumatrici” = la porta per disumanizzare.

Ciò che emerge dalla sua descrizione è la volontà, oggettiva, dei palestinesi di resistere e di sopravvivere, con la solidarietà come arma per sfuggire alla sopraffazione, all’arroganza dell’esercito occupante, con la speranza, la forza, la combattività ed anche “il profumo della patria”, il disprezzo, la ribellione; la militanza che sottrae l’infanzia al proprio tempo. Un’occupazione che ha trasformato bambini che non capiscono nulla di politica in nuovi militanti per la libertà, che non dimenticheranno mai il giorno in cui sono stati privati della possibilità di vivere. Un libro sulla prigionia: “… ma c’è ancora il sole che si leverà …” ed i detenuti hanno la capacità di trasformare il silenzio in parole; lo sciopero della fame con le conseguenze che comporta, arma penultima/ultima di forza e pressione.

Posso permettermi un consiglio? “Lettere da carcere. Racconti palestinesi” per il titolo della prossima edizione italiana, che ci dovrà sicuramente essere. L’entità sionista sta procedendo verso uno sterminio politico e culturale per cancellare memoria e cultura, noi non possiamo fare altro che essere con la Palestina che resiste.

Aysar Al-Saifi, Foglie di gelso. Racconti palestinesi, Prospero Editore, 2024,  164 pp, 14 euro

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