
Precarietà sveltata: cronaca dalla mobilitazione universitaria a Napoli
NapoliMONiTOR - Friday, March 28, 2025
Ieri pomeriggio, nel cortile di Porta di Massa, precarie, precari della ricerca, studentesse e studenti si sono incontrati in occasione del consiglio di dipartimento di studi umanistici. Hanno richiesto e ottenuto che una delegazione intervenisse durante l’assemblea per proporre una mozione che prevede il rifinanziamento dell’università pubblica, il contrasto al Ddl Bernini 1240, l’impegno per la stabilizzazione del personale precario e l’istituzione di un osservatorio permanente che si incarichi di monitorare la situazione di ricercatrici e ricercatori al fine di riconoscerne i diritti e le garanzie in quanto lavoratori. È il secondo dipartimento della Federico II in cui viene proposta e approvata all’unanimità questa mozione e l’obiettivo è quello di portare avanti le istanze di precari e studenti al senato accademico dell’ateneo.
Quello di ieri non è però un episodio isolato bensì l’ultima tappa di un percorso cominciato nel novembre 2024 e i cui lavori si sono intensificati nel corso dei mesi con assemblee e iniziative. Il 14 marzo, per esempio, si è tenuta una contestazione alle porte del conservatorio San Pietro a Majella, dove la ministra Bernini si trovava in occasione dell’inaugurazione della stagione concertistica. Tuttavia, il momento più significativo è stato lo scorso 20 marzo, data scelta dalla Conferenza dei rettori delle università italiane come giornata nazionale delle università.
Il ciclo di eventi organizzati per l’occasione aveva per titolo “Università svelate”. A Napoli vi sono state conferenze, proiezioni, mostre e aperture straordinarie dei musei di proprietà degli atenei. A dover essere svelata però, non è l’avanguardia del sistema formativo pubblico, bensì la sua graduale dismissione che si protrae da più di un decennio e che con il Ddl Bernini 1240 rischia di diventare irreparabile.
L’8 e il 9 febbraio, due giorni di assemblee a Bologna hanno prodotto un manifesto che denuncia la precarietà del lavoro accademico in Italia, risultato di decenni di sotto-finanziamento, e si oppone alla riforma Bernini del pre-ruolo, ai tagli lineari al fondo di finanziamento ordinario, ai meccanismi premiali nell’assegnazione dei fondi gestiti da dispositivi come l’Agenzia nazionale valutazione università e ricerca, e alla crescente influenza di logiche di mercato e militari su didattica e ricerca.
Sulla scorta di questa piattaforma, a Napoli, come in molte altre città, il 20 marzo tutte le componenti subalterne dell’università si sono mobilitate. Al mattino ricercatori, docenti e studenti sono intervenuti in vari corsi di molte sedi della Federico II e dell’Orientale per spiegare le ragioni della protesta e invitare i presenti a seguirli negli altri appuntamenti della giornata. In seguito, un presidio nella sede del dipartimento di studi umanistici della Federico II, in via Porta di Massa: al centro del cortile, banchi con sopra ammassati articoli, libri, ricerche e tesi di laurea di studentesse e studenti a cui precarie e precari del dipartimento hanno lavorato; di fianco, un cartello, “ricerca precaria, didattica gratis”, a rappresentare l’enorme lavoro di cui il personale non strutturato si fa carico per uno stipendio inadeguato, senza tutele e prospettive di stabilizzazione.
Mentre i tagli all’università pubblica nel triennio 2024-2027 arriveranno complessivamente a 1,2 miliardi di euro, le spese in difesa sfiorano i massimi storici. Le pareti del porticato si ricoprono di cartelli con su scritto “Vendesi l’università pubblica, per info chiedere a Leonardo S.p.A.” o “a Unipegaso”, che ironicamente denunciano l’intrusione di interessi privati nel sistema universitario pubblico e le agevolazioni che il Ddl Bernini porterà alle università telematiche.
Intanto, una delegazione dell’assemblea precaria si dirigeva verso l’università – privata – Suor Orsola Benincasa, dove erano riuniti per un convegno tutti i rettori campani e il sindaco di Napoli. La delegazione, scortata dalla Digos che tentava di identificare i partecipanti e sequestrava uno striscione e qualche cartello, otteneva di intervenire, criticando la compiacenza della governance accademica rispetto alla riforma Bernini ed esponendo la piattaforma rivendicativa sviluppata durante l’assemblea di Bologna.
“Noi proponiamo il raddoppio dei finanziamenti ordinari. Voi cosa dite? Noi proponiamo la stabilizzazione di precari e precarie della ricerca. Voi cosa dite? Noi proponiamo la sospensione degli accordi con aziende belliche e con stati genocidi. Voi cosa dite?”.
Sono state le parole della ricercatrice intervenuta per conto dell’assemblea precaria, tra l’interesse della platea, gli applausi della delegazione e i volti dei rettori visibilmente imbarazzati.
La Conferenza dei rettori ha di recente ribadito il suo pieno sostegno alla riforma Bernini, attualmente sospesa. Il lavoro accademico italiano si regge infatti sulle spalle di precarie e precari, che costituiscono più del quaranta per cento del personale docente, e rettrici e rettori sanno perfettamente che senza questa altissima quota di manodopera, sfruttata e ricattabile, la macchina accademica si fermerebbe.
Quello che l’assemblea precaria chiede dunque ai rettori è di prendere una posizione chiara e pubblica in merito al definanziamento e alla privatizzazione dell’università pubblica. La risposta è vaga e non esaustiva.
Nel centro storico la mobilitazione è poi proseguita con azioni simboliche in diversi plessi universitari. Quando il corteo è arrivato alla sede centrale di Corso Umberto, ha trovato le porte già chiuse: si scoprirà poi che la governance universitaria aveva deciso di sospendere le lezioni previste in sede e di interdirne l’accesso per ragioni di “sicurezza”.
Nel primo pomeriggio, in piazza San Domenico, la professoressa Simona Taliani ha tenuto una lezione pubblica. Le circa duecento persone rimaste dopo sei ore di mobilitazione si sono dirette da lì verso il complesso di San Marcellino, dove sono entrate nella sala prevista per la proiezione di un cortometraggio cui avrebbero dovuto partecipare il rettore della Federico II, Lorito, e il sindaco Manfredi; ma, come prevedibile, del rettore e del sindaco non c’era traccia. C’era però la prorettrice Angela Zampella, che in un primo momento ha provato a ignorare l’elefante nella stanza (centinaia di precari e studenti con uno striscione e dei cartelli piuttosto vistosi) ma dopo un po’ i manifestanti hanno preso la parola chiedendo un confronto con Zampella. Piuttosto che rispondere, la prorettrice ha abbandonato la sala invitando i presenti a fare lo stesso e cancellando l’evento in programma per la giornata.
Si è conclusa così la mobilitazione nazionale del 20 marzo in cui il precariato accademico si è riconosciuto intorno a rivendicazioni comuni. Rettori e governance accademica, si sono invece dimostrati silenti di fronte alle decisioni del governo e restii a comunicare con le parti sociali coinvolte. A partire da questo, le assemblee precarie di tutta Italia ora intendono costruire, nei prossimi mesi, uno sciopero nazionale dell’università. (flora molettieri)