È il mercato, bellezza. La diaspora degli abitanti delle Vele abbandonati a sé stessi(foto di leonardo galanti)
A Scampia si sta consumando un esodo silenzioso. Anche l’ultima delle tre Vele
rimaste in piedi è ormai quasi vuota. Una volta erogato il contributo di
“autonoma sistemazione” a chi lascia gli appartamenti, il comune di Napoli si è
lavato le mani di tutto il resto. Il crollo del 23 luglio scorso nella Vela
Celeste ha accelerato e stravolto le tabelle di marcia fissate con il programma
Restart Scampia. Nella Celeste gli abitanti non sono mai più rientrati. Da
settembre gli inquilini delle Vele Gialla e Rossa hanno ricevuto un preavviso
che annunciava la comunicazione, nelle settimane successive, dello sgombero ad
horas. Così si è completata la diaspora.
Non appena le persone lasciano l’abitazione, gli operai procedono a murarla. Da
quel momento in poi, e se gli abitanti risultano presenti nel censimento
realizzato dal Comune nel 2023, si attiva il sussidio – dai quattrocento ai
novecento euro, a seconda del numero dei componenti il nucleo familiare, della
presenza di anziani e disabili. Un sussidio che verrà erogato fino a che “le
esigenze abitative siano state soddisfatte in modo stabile”. In ogni caso, non
oltre il 31 dicembre 2025 e comunque non spetterà più “qualora l’esigenza
abitativa sia stata temporaneamente soddisfatta a titolo gratuito da una
pubblica amministrazione”. Per il sussidio sono state stanziate risorse per
circa tre milioni di euro (917 mila per il 2024 e poco più di due milioni per il
2025).
L’apertura di un cantiere per la costruzione degli alloggi che sostituiranno le
Vele è stata annunciata a inizio novembre. Il sindaco ha dichiarato che entro il
2026 saranno completati i primi duecentocinquanta appartamenti. La data di
ultimazione dei lavori è prevista per il 2027. Sono scadenze che suscitano non
pochi timori tra gli ex abitanti delle Vele, dal momento che l’erogazione del
contributo di autonoma sistemazione terminerebbe molto prima. Il presidente
dell’ottava Municipalità, Nicola Nardella, ha dichiarato però che nessuno deve
allarmarsi, perché un decreto del governo garantirebbe la continuità del
finanziamento fino a che l’ultimo alloggio di nuova costruzione non sia stato
consegnato.
Lo stesso Nardella ha affermato che la situazione di emergenza abitativa causata
dallo sgombero delle tre Vele riguarda 543 nuclei familiari, ovvero circa mille
e settecento persone. Di quale sarà il loro destino, però, nessuno sembra
preoccuparsi. Gli assistenti sociali sono comparsi al fianco della polizia
municipale solo per intimare agli irriducibili di sgomberare, ma nessun piano di
reale supporto è stato progettato, e tanto meno realizzato, per accompagnare un
esodo di simili proporzioni. Ancora Nardella – in questi mesi onnipresente sui
media locali – a fine novembre si è preso la briga di farsi intervistare dal tg
regionale unicamente per lanciare velate minacce contro una quindicina di
famiglie che ancora si attardavano a lasciare la Vela Gialla. “Bisogna uscire e
bisogna farlo in maniera rapidissima…”, ha intimato dal teleschermo.
(leonardo galanti2)
Del fatto che gli ex abitanti delle Vele non riescano a trovare chi affitti loro
un appartamento, nessuna istituzione sembra volersi fare carico. Al mercato non
si comanda. Nelle aree limitrofe a Scampia – corso Secondigliano, Melito, Miano
–, i proprietari stanno ponendo condizioni capestro, al di fuori della portata
di molte famiglie – due buste paga, tre mensilità anticipate –, quando non
apertamente provocatorie, come il divieto di portare con sé animali domestici e
addirittura più di un certo numero di bambini. In tanti si stanno arrangiando da
familiari e parenti, ma per quanto ancora potranno farlo? Qualcuno ha trovato
casa verso Giugliano, oppure direttamente dalle parti di Castel Volturno, a
chilometri di distanza dai luoghi di lavoro, dalle relazioni familiari e
amicali. Più della metà degli sgomberati sono minori. Dalle scuole di Scampia, a
partire da settembre, è cominciata una continua migrazione di allievi. Tutto
questo – la difficoltà a trovare una sistemazione, lo sradicamento forzato, il
percorso scolastico interrotto di centinaia di bambini – non è oggetto di alcun
accompagnamento. Il sussidio in tasca, e poi ognuno per sé.
Fatima, vent’anni, abitava nella Vela Gialla con la madre e il fratello. «A
settembre sono arrivati i vigili – racconta –. “Iniziate a prepararvi, perché da
un momento all’altro vi portiamo un’altra carta di sfratto immediato”. Questa
seconda carta ci è arrivata a fine ottobre. Ce ne siamo andati da casa un
venerdì mattina. Gli operai dovevano murarla, ma avevano altre case da chiudere
al piano di sotto. L’hanno murata il martedì successivo, ma era già entrato
qualcuno a prendersi quel che restava… Abitavamo lì dal 2007».
«Il sussidio è arrivato qualche giorno dopo – continua Fatima –. Ottocento euro
per tre persone: mia mamma, che è invalida, mio fratello di ventisette anni che
fa il barbiere e io che faccio la parrucchiera. Stiamo cercando una
sistemazione, ma qui in zona non si trova niente. Per il momento ci appoggiamo
dai miei zii a Miano, che hanno già quattro figli. Un giorno ci siamo fatti
tutti i vicoli intorno al mercatino di Secondigliano per chiedere se ci fossero
case in affitto. Una signora ci ha detto: “Andatevene, per la gente delle Vele
le case non ci stanno”. Alle agenzie diciamo che siamo di Mugnano, di Giugliano.
Poi ci chiedono le buste paga, ma chi ce le ha? Io lavoro a nero, e pure mio
fratello. Anche le mie amiche stanno avendo difficoltà. La mia vicina ha cinque
figli, qui non ha trovato niente, se n’è dovuta andare a Castel Volturno. Pensa
che a un’amica di mia mamma hanno chiesto: “Signora, quanti figli avete?” Lei ha
tre figli. “Ci dispiace, ne accettiamo solo due”. “E quest’altro che ne faccio,
lo devo buttare?”, gli ha detto lei».
(foto di leonardo galanti)
Gli abitanti delle Vele sono sempre stati trattati come umanità di scarto.
Abbandonati per decenni dentro edifici inabitabili – l’ultimo censimento del
2016 lo metteva nero su bianco, ma non accadde niente –, in quelle mura è
comunque trascorsa la loro vita, e per quanto abbiano lottato per decenni per
vederle andare giù, adesso staccarsene non è facile, soprattutto in vista di
destinazioni incerte e comunque precarie.
Elvira Quagliarella insegna da quarant’anni a Scampia. La sua scuola si chiama
Virgilio IV, un istituto che comprende scuola dell’infanzia, primaria e
secondaria. In questi mesi ha provato a darsi da fare per alleviare la
situazione critica di molte famiglie dei suoi alunni, ma ha dovuto constatare
che le dimensioni dell’esodo in corso sopravanzano di molto la buona volontà dei
singoli individui. «L’amministrazione locale – racconta Elvira – aveva proposto
a ciascun nucleo un sussidio mensile, oppure la scelta di abitare in albergo.
Quasi tutti hanno scelto il sussidio perché negli alberghi sarebbero stati
costretti a lasciare la camera ogni mattina per rientrare nel tardo pomeriggio.
Per nuclei familiari che hanno spesso almeno tre-quattro bambini era
improponibile. Così da settembre hanno cominciato a cercare casa. Ma è successo
che nessun proprietario, né a Scampia, né a Napoli centro, né in provincia, si è
mostrato disposto ad affittare loro la propria abitazione. Si sono visti
chiudere le porte in faccia da tutti… Io ho provato a smuovere le mie
conoscenze, mi sono rivolta a vari gruppi ecclesiastici conosciuti grazie a un
progetto fatto a scuola: prelati, sacerdoti e altra gente del settore, chiedevo
se avessero abitazioni da affittare, ma sempre pagando; tutti mi hanno risposto
che non era nelle loro possibilità… Allora ho interpellato un gruppo WhatsApp di
circa cento persone; ho spiegato la situazione, ho chiesto aiuto, nessuno mi ha
risposto, tranne uno che mi ha parlato di una casa a Bagnoli a mille duecento
euro al mese… Ho chiesto anche ad altri gruppi e associazioni che fanno
volontariato nella zona di Giugliano, Qualiano, Lago Patria; anche lì mi hanno
promesso di interessarsi ma non è successo nulla. L’unico che si sta occupando
di queste famiglie è padre Alessandro, il parroco della zona, che ha aperto uno
sportello di ascolto e supporto, provando a fornire delle garanzie ai
proprietari, ma anche lì con scarsi risultati. Alla fine, la maggior parte di
queste famiglie sono state costrette a orientarsi verso la zona di Castel
Volturno, Baia Verde, Villaggio Coppola. Lì è terra di nessuno, e molte villette
e abitazioni sono gestite in modo equivoco. La conseguenza è che moltissimi
bambini sono stati costretti ad abbandonare la scuola. Io insegno in una quarta
elementare, ma sono la responsabile dell’inclusione per tutto l’istituto, e
conosco tantissime situazioni del genere: si tratta di un esodo enorme…».
«Alcune famiglie sono state anche truffate – continua Elvira –, hanno versato
tre mensilità anticipate e sono state derubate. Qualcuno è riuscito a trovare
casa a Giugliano, o dalle parti di via Stadera. Ma anche questi hanno dovuto
lasciare la scuola. Al momento, almeno il sessanta per cento dei bambini
dell’istituto ha cambiato scuola o non sta frequentando, perché dalla periferia
di Giugliano o di Marano è difficile raggiungere Scampia. La preside, grazie ad
alcune donazioni, ha noleggiato un pulmino da ventotto posti, ma i punti di
raccolta sono troppo distanti dalle abitazioni di questi bambini. L’autista ne
carica solo quattro o cinque ogni mattina… Molti si sono appoggiati dai parenti,
e intanto continuano a cercare. Per quanto precarie, per loro quelle case erano
un punto fermo. C’è gente che viveva lì da trent’anni, avevano la loro storia,
le loro amicizie. Le stesse donne, che spesso devono fronteggiare situazioni
drammatiche, riuscivano a fare gruppo. I bambini non ne parliamo, hanno perso la
scuola, gli amichetti… Ad agosto il Comune si è preoccupato di garantire gli
autobus per accompagnare queste famiglie al mare. La maggior parte non ne ha
usufruito, perché dopo il crollo non avevano nemmeno gli indumenti da mettere
addosso, non c’era la testa per andare al mare; quindi questi pullman hanno
viaggiato vuoti, addirittura fino alla fine di settembre, quando le scuole erano
iniziate da un pezzo; poi si sono fermati, ma a quel punto perché non usarli per
andare a prendere questi bambini sradicati, sparpagliati ovunque, e
accompagnarli a scuola la mattina?». (luca rossomando)