Difendere lo Stretto costa!. Movimento No Ponte condannatə al pagamento delle spese

Osservatorio Repressione - Tuesday, April 1, 2025

Lə 104 ricorrentə No Ponte non sono statə ascoltatə e addirittura condannatə a spese di giudizio spropositate (ben 348.153 euro) solo per aver esercitato il proprio diritto di accesso alla giustizia, mentre in tutto il mondo si incoraggiano le class action. Il Movimento ha deciso di ricorrere promuovendo nel frattempo un crowdfunding per sostenere le spese

di Movimento No Ponte

«[…] Condanna i ricorrenti indicati in epigrafe al pagamento, in favore della soc. Stretto di Messina S.p.A., delle spese del giudizio che liquida in complessivi €238.143,00 per compensi professionali, oltre oneri di legge». Con queste parole il 9 gennaio scorso il Tribunale delle imprese di Roma ha dichiarato inammissibile il ricorso dellə 104 cittadinə No Ponte gravandolə del pagamento delle spese che, con il conteggio degli oneri di legge, arrivano alla spropositata cifra di euro 348.143. Avevamo messo nel conto di potere perdere in giudizio, non certo di dover pagare una tale somma. Ma cosa chiedevano lə 104 ricorrentə?

Semplicemente che un soggetto terzo, in questo caso il Tribunale di Roma, si potesse esprimere sulla correttezza delle procedure fin qui seguite dal governo e dall’azienda per realizzare il ponte sullo Stretto di Messina e di «ordinare alla società Stretto di Messina spa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, la cessazione immediata di ogni atto o comportamento pregiudizievole dei diritti e degli interessi collettivi e diffusi e giuridicamente protetti, di ogni attività tendente all’approvazione del progetto definitivo ed esecutivo», oltre che di «dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale» della serie di norme che hanno consentito il riavvio delle procedure per la costruzione del ponte sullo Stretto.

A oggi la “pratica” ponte sullo Stretto è andata avanti solo grazie all’approvazione dei Si Ponte, ovvero il governo, la maggioranza di centrodestra del Parlamento, la Stretto di Messina, il Comitato tecnico scientifico nominato dalla Stretto di Messina e, a conclusione della procedura, sarà addirittura il Cipess presieduto dalla Meloni ad approvare il progetto definitivo. Al momento della presentazione del ricorso non era ancora stato emesso il parere della Commissione Via-Vas, risultato positivo con 62 “prescrizioni” e un parere negativo sull’impatto sulle Zps dell’area dello Stretto, commissione nella quale sono stati inseriti tecnici vicini all’area governativa.

Si confidava quindi in un soggetto terzo, in questo caso il tribunale delle imprese di Roma, utilizzando lo strumento dell’azione inibitoria che, similmente alla class action, consente ai cittadini di potersi difendere davanti ai “poteri forti” rivendicando la tutela di diritti costituzionalmente protetti come in questo caso il diritto all’ambiente e alla salute.

Ad avviso del Wwf la sentenza di Roma rappresenta «una pagina nera per il diritto italiano perché vengono colpiti semplici cittadini che hanno scelto di esercitare il proprio diritto di accesso alla giustizia. Mentre nel resto del mondo, sulla base di convenzioni internazionali a cui anche l’Italia aderisce, si incoraggia l’attivazione dei cittadini, singoli o organizzati in associazioni, in Italia si intende reprimere questo diritto?»

Ma non è solo il Wwf a essere preoccupato per le conseguenze che questa sentenza possa avere su future azioni collettive, ma anche le associazioni consumeristiche italiane. Ben otto associazioni che tutelano i consumatori in Italia hanno richiesto, all’indomani della sentenza, un incontro con il ministro Nordio perché «Stiamo osservando un preoccupante orientamento giurisprudenziale in vari Tribunali d’Italia che di fatto tende a scoraggiare, se non proprio impedire, il ricorso alle azioni di classe da parte delle Associazioni». Le associazioni consumeristiche aggiungono inoltre che «la vicenda del Tribunale di Roma non è un caso isolato, anzi è la regola applicata dai Tribunali. In particolare, ci preme segnalare la disparità di trattamento che si crea nel calcolo delle spese legali: in caso di rigetto si applica il principio del “disputatum” e in caso di soccombenza il principio del “decisum”, violando così il principio generale di proporzionalità e adeguatezza», senza dunque tenere conto della «funzione economica-sociale delle azioni collettive, previste dall’Ordinamento europeo e nazionale in funzione di regolazione del mercato».

Che fare dunque? Come testimonia la storia del Movimento No Ponte, non ci si arrende mai neanche quando ormai era tutto pronto per la messa a dimora della prima pietra del ponte nel 2006, anno in cui si tenne a Messina la più grande manifestazione No Ponte con oltre 20mila persone in piazza, che hanno sicuramente contribuito a dare la spallata decisiva per lo stop al progetto.

Lə 104 ricorrenti hanno dunque deciso, tranne poche defezioni, a fare ricorso contro l’inspiegabile liquidazione delle spese (a cui non è stata data motivazione nella sentenza) e ad avviare, con l’appoggio di tutto il Movimento No Ponte, una raccolta fondi per sostenere l’onere delle spese liquidate e sostenere il nuovo giudizio, tramite la piattaforma on line “Produzioni dal basso” con il progetto di crowfunding “Difendere lo Stretto di Messina costa: sostieni il Movimento No Ponte”.

Per chi volesse inoltre contribuire con bonifico IBAN: IT85G0503416504000000002792 Intestato a: ASS CULT AMB – Ragione Sociale: ASS.CULT.AMB. la città dello stretto

 

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