Appello: Barghouti è il più popolare leader politico palestinese. È prigioniero
dal 2002 nelle carceri israeliane, condannato dopo un processo politico e senza
garanzie Marwan Barghouti è il più popolare leader …
Tag - appello
Appello per la immediata messa al bando della “pistola taser” Al presidente
della RepubblicaA tutte le persone interessateAi sindaci e alle sindache
italiani/e nella loro veste di autorità sanitaria locale …
di GAP – Giuristi e Avvocati per la Palestina Il Ministro degli Esteri con una
sua dichiarazione ha di fatto riconosciuto il diritto del Governo Israeliano di
effettuare il blocco, …
Un appello pubblico rilancia le gravi preoccupazioni emerse dall’inchiesta di
Fanpage sull’infiltrazione, senza mandato giudiziario, di agenti
dell’antiterrorismo in organizzazioni politiche di opposizione come Potere al
Popolo. L’operazione, condotta in diverse città italiane, solleva interrogativi
allarmanti sul rispetto delle libertà costituzionali e sull’uso politico degli
apparati di sicurezza. I firmatari chiedono risposte istituzionali, trasparenza
e […]
Difendere Anan, Alì e Mansour significa difendere la resistenza palestinese.
Udienze ed iniziative all’Aquila Il 25, 26, 27 giugno si terranno al tribunale
dell’Aquila tre udienze consecutive del processo ad Anan, Alì e Mansour, tre
palestinesi accusati di proselitismo e finanziamento del terrorismo,
contemporaneamente si terranno alcune giornate di mobilitazione. La corte ha
intenzione di arrivare […]
La guerra avanza, la repressione aumenta. Organizziamoci per dotarci di una
consapevolezza maggiore affinché la solidarietà possa svilupparsi, possa
crescere e rendersi più capillare della repressione stessa. di Rete liberi/e di
lottare Dal 12 aprile il DL 11 aprile 2025, n. 48 è in vigore. Il disegno di
legge ex-1660, poi 1236, bloccato in Senato, […]
Dieci giuristi chiedono al governo di revocare il Memorandum militare con
Israele, ritenuto incostituzionale e complice di crimini internazionali
di Linda Maggiori da Valori
Dieci giuristi italiani hanno firmato il 21 maggio 2025 una diffida formale al
governo, affinché revochi il Memorandum d’intesa in materia di cooperazione
militare e della difesa con Israele. Il Memorandum, entrato in vigore l’8 giugno
2005, si rinnova tacitamente ogni 5 anni. Ciò a meno che non sia “denunciato”
(termine tecnico che significa revocato) da una delle due parti. In questo caso,
cessa di avere efficacia al sesto mese successivo alla sua notifica.
Vent’anni di Memorandum militare Italia-Israele segnati da violenze sui civili
«Se il governo italiano non farà nulla, l’8 giugno 2025 si rinnoverà la
ventennale alleanza militare con Israele. E questo nonostante la gravissima
situazione attualmente in corso a Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est. Questo
sarebbe il quarto rinnovo», ricorda Ugo Giannangeli, uno dei giuristi che hanno
firmato la diffida. «Ogni rinnovo del Memorandum è stato segnato da una
violazione del diritto umanitario», prosegue il giurista ricordando come il
primo rinnovo sia stato preceduto dall’eccidio di 1.400 palestinesi a Gaza, con
l’azione militare denominata “Piombo fuso” (2009).
«Il secondo rinnovo è coinciso con l’azione dell’esercito israeliano “Margine
protettivo” (2014-2015). Che ha provocato 2.200 vittime palestinesi (di cui 547
bambini) e migliaia di feriti a Gaza», spiega Giannangeli. E prosegue: «Il terzo
rinnovo dopo le 86 settimane della “Grande marcia del ritorno” (2018-2020),
durante le quali ogni venerdì i civili palestinesi marciavano fino al confine.
Rivendicando il diritto al ritorno dei profughi e quindi l’applicazione della
risoluzione 194/1948. I soldati israeliani più volte aprirono il fuoco sulla
folla inerme, uccidendo 230 palestinesi e ferendone 33mila».
Ora, al quarto rinnovo, «il massacro di civili ha raggiunto dimensioni
inaccettabili, ed è sotto agli occhi del mondo, con autorevoli interventi nel
corso del 2024 della Corte internazionale di giustizia dell’Aia (Cig), dell’Onu
e della Corte penale internazionale (Cpi). Ora come giuristi, diciamo basta.
Abbiamo richiamato il dovere legale, non solo morale, del nostro governo di
rispettare i principi costituzionali e i trattati internazionali».
I dieci giuristi hanno inviato la diffida al ministero della Difesa e al
ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci). Oltre
a Ugo Giannangeli, i firmatari sono Luigi Paccione, Michele Carducci, Veronica
Dini, Domenico Gallo, Fausto Giannelli, Fabio Marcelli, Ugo Mattei, Luca
Saltalamacchia, Gianluca Vitale.
Perché il Memorandum Italia-Israele viola la Costituzione e i diritti
internazionali
La diffida richiama la Costituzione italiana, la Convenzione europea dei diritti
umani (Cedu), i trattati dell’Unione europea, nonché la Dichiarazione universale
dei diritti dell’uomo dell’Onu. E si basa su due profili di incostituzionalità.
Il primo riguarda la segretezza con cui il Memorandum copre le attività e gli
scambi di informazioni tra Italia e Israele, mentre comporta oneri per il
bilancio dello Stato. Ai cittadini italiani non è dato conoscere «non solo le
ragioni e le finalità del suo utilizzo da parte degli Stati contraenti, ma
soprattutto la sua effettiva applicazione negli scenari reali di impiego. Per
esempio se riferiti al territorio italiano oppure a quello dello Stato
israeliano o addirittura nel “Territorio palestinese occupato”. Su cui, com’è
noto, pende una pluridecennale strutturale violazione, da parte dello Stato di
Israele, del diritto internazionale e umanitario», spiega la diffida.
Il tutto è in contraddizione con l’articolo 21 della Costituzione (diritto
all’informazione) e con la legge 185/1990 che all’art. 1 comma 6 vieta
«l’esportazione ed il transito di materiali di armamento ai Paesi in stato di
conflitto armato, la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11
della Costituzione, e verso i Paesi i cui governi sono responsabili di accertate
violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti dell’uomo».
Nel 2024 l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama),
ufficio tecnico presso il ministero degli Affari esteri e della cooperazione
internazionale (Maesi), ha infatti sospeso le nuove autorizzazioni all’export di
armamenti verso Israele. Come può quindi essere rinnovato il Memorandum?
Segretezza, costi pubblici e mancanza di trasparenza
La seconda grave ragione di incostituzionalità, secondo la diffida, risiede
nella coincidenza del Memorandum con una «palese, deliberata, sistematica
violazione del diritto internazionale e umanitario di cui invece la Costituzione
impone il rispetto», continua la diffida. «A Gaza ci troviamo in un contesto di
distruzione, morte e costante mortificazione della dignità della persona umana,
con 60mila vittime accertate di cui 18mila bambini, nonché 115mila feriti e
oltre 60mila bambini a rischio morte per malnutrizione o malattie e 1.055
bambini in stato di detenzione o restrizione della libertà personale in
Cisgiordania. […] Inoltre, dopo le ultime  dichiarazioni ufficiali dei
rappresentanti dello Stato di Israele, è evidente un progetto di annessione
territoriale tramite l’uso della forza. Quindi strumenti e conoscenze (militari,
di intelligence, di know-how, di impianti e infrastrutture) oggetto del
Memorandum saranno finalizzati a perpetuare e a incrementare atti illeciti di
aggressione».
Le condanne delle corti internazionali contro Israele nel 2024
La diffida elenca tutti gli atti formali di condanna delle violazioni commesse
da Israele. Ciò in particolare nel corso del 2024, che rappresenta un punto di
svolta: il 26 gennaio 2024 la Corte internazionale di giustizia nel procedimento
South Africa vs. Israel ha ravvisato nelle condotte dello Stato di Israele gli
estremi del crimine di genocidio. Nel maggio 2024 la Cig ha ordinato a Israele
di «interrompere immediatamente le operazioni militari potenzialmente miranti
alla distruzione del popolo palestinese».
Il 19 luglio 2024 sempre la Cig ha ribadito l’illegittimità della colonizzazione
israeliana nei territori occupati, compresa Gerusalemme Est. Chiarendo che gli
altri Stati hanno l’obbligo di non prestare aiuto o assistenza per mantenere la
situazione creata dalla presenza illegale di Israele nei Territori palestinesi
occupati. Più volte la Corte ha denunciato il regime coloniale, la violazione
persistente del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, la
segregazione razziale e l’apartheid in cui vivono sei milioni di palestinesi.
L’Assemblea generale dell’Onu con la risoluzione del 13-19 settembre 2024 ha
fatto proprio il parere della Cig, confermando definitivamente l’obbligo di
tutti gli Stati di astenersi dal fornire allo Stato di Israele qualsiasi forma
di cooperazione. E questo a partire dalla fornitura di armi. Secondo la
risoluzione delle Nazioni Unite, l’occupazione israeliana deve essere ritirata
totalmente e incondizionatamente entro il 17 settembre 2025. Fino a quel momento
non deve esservi alcun riconoscimento, assistenza o sostegno a Israele.
Infine, la diffida ricorda l’ordine di arresto emesso dalla Corte penale
internazionale il 21 novembre 2024 nei confronti del primo ministro di Israele
Benjamin Netanyahu e del ministro della Difesa Yoav Gallant, per crimini di
guerra e contro l’umanità.
Il rischio di complicità dell’Italia nei crimini contro i palestinesi
Insomma, se l’Italia non interrompe il Memorandum, «può configurarsi l’ipotesi
di concorso o comunque appoggio ai crimini internazionali di uno Stato
straniero» spiega Ugo Giannangeli. «Come riporta il parere della Corte
internazionale di giustizia del luglio 2024, l’inazione è complicità. Perché
l’adesione alla Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di
genocidio, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 9 dicembre
1948, impone agli Stati l’obbligo di attivarsi per prevenire e impedire il
genocidio. Definito come quegli atti mirati a distruggere, in tutto o in parte,
un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Quindi è concorso in
genocidio sia fornire armi, sia non fare nulla per prevenire e opporsi ad esso.
Il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni verso Israele sono quindi
diventati un dovere, non più solo un’opzione».
Anche Peacelink da tempo denuncia il Memorandum. Secondo Alessandro Marescotti,
infatti, «è inaccettabile un’intesa militare con un Paese che bombarda
indiscriminatamente scuole, ospedali e campi profughi. Che fa assedi umanitari e
reprime sistematicamente i diritti della popolazione civile. Chiediamo quindi a
tutti i cittadini di scrivere una lettera ai parlamentari per la revoca del
Memorandum».
 
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Oltre 80 ong italiane ed europee hanno scritto una lettera al commissario
europeo per la Democrazia e lo Stato di diritto, Michael McGrath, esortando la
Commissione a chiedere l’abrogazione del decreto sicurezza
Il decreto sicurezza, che tra oggi e domani riceverà il via libera dalla Camera,
rappresenta «una seria minaccia per la democrazia», nel contesto di un
«sistematico regresso» dello Stato di diritto che «evidenzia tendenze
autoritarie». Con queste preoccupazioni oltre 80 ong italiane ed europee hanno
scritto una lettera al commissario europeo per la Democrazia e lo Stato di
diritto, Michael McGrath, esortando la Commissione a chiedere l’abrogazione
della legge promossa dal governo Meloni, verificarne la compatibilità con il
diritto Ue e se necessario aprire un procedimento di infrazione. Il decreto, si
legge nella missiva, ha già «ricevuto condanne anche dal Consiglio d’Europa,
dall’Osce-Odhir e dai relatori speciali delle Nazioni unite». L’Italia,
concludono, è stata aggiunta alla Watchlist di Civicus Monitor, che segnala i
Paesi che si trovano ad affrontare un «grave deterioramento» delle libertà
civili.
Anche il Parlamento della Catalunya ieri ha presentato una risoluzione contro il
decreto sicurezza affinché venga discussa presso la Commissione Giustizia e
Qualità democratica, dove si afferma che la legge rappresenta un «significativo
passo avanti nella repressione statale», con particolare riferimento alla
possibilità di incarcerazione delle donne incinte, l’introduzione di nuove
fattispecie di reato legate alla protesta – con aggravanti che portano le pene
fino a vent’anni di carcere – e l’inasprimento della pena per qualsiasi forma di
manifestazione, compresa la resistenza passiva. «L’approvazione di tale norma
mira a reprimere duramente le proteste e ridurre gli spazi di dissenso sociale»,
recita il testo.
La risoluzione è stata poi promossa in conferenza stampa dai rappresentanti a
Barcellona delle associazioni italiane – Altraitalia, Anpi, Inca-Cgil,
Mediterranea e Open arms – insieme ai gruppi parlamentari catalogni Comuns, Cup
e Erc. Il decreto, si legge nel comunicato stampa rilasciato dalle associazioni,
«introduce norme che colpiscono duramente la protesta pacifica, limitano i
diritti delle persone migranti e violano principi costituzionali e
internazionali in materia di diritti umani».
 
 
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“Per una sicurezza democratica”. L’appello pubblico di 257 giuspubblicisti di
tutte le Università italiane
Il decreto sicurezza viola le prerogative costituzionali garantite al Parlamento
e, nel merito, punta a reprimere il dissenso e comprime alcuni diritti
fondamentali , tassello fondamentale in qualunque democrazia. Per questo ben 257
giuspubblicisti di tutte le Università italiane lanciano un appello pubblico in
cui elencano la macroscopica incostituzionalità del decreto e invitano gli
organi di garanzia a tenere alta l’attenzione.
Di seguito riportiamo il testo integrale e i firmatari.
È compito dei giuspubblicisti nei periodi normali della vita del paese
interpretare ed insegnare la nostra Costituzione. È anche compito dei singoli
giuspubblicisti assumere delle posizioni individuali all’esterno
dell’Università.
Ci sono momenti però nei quali accadono forzature istituzionali di particolare
gravità, di fronte alle quali non è più possibile tacere ed è anzi doveroso
assumere insieme delle pubbliche posizioni.
È questo il caso che si è verificato nei giorni scorsi quando il disegno di
legge sulla sicurezza, che stava concludendo il suo iter dopo lunghi mesi di
acceso dibattito parlamentare dati i discutibilissimi contenuti, è stato
trasformato dal Governo in un ennesimo decreto-legge, senza che vi fosse alcuna
straordinarietà, né alcun reale presupposto di necessità e di urgenza, come la
Costituzione impone.
Tale decreto – ultimo anello di un’ormai lunga catena di attacchi volti a
comprimere i diritti e accentrare il potere – presenta una serie di gravissimi
profili di incostituzionalità, il primo dei quali consiste nel vero e proprio
vulnus causato alla funzione legislativa delle Camere. È accaduto spesso in
passato ed anche in tempi recenti che la dottrina si trovasse a denunciare l’uso
abnorme dello strumento della decretazione d’urgenza. Presidenza della
Repubblica, Corte costituzionale, Presidenti delle Camere hanno più volte preso
posizione in difesa del Parlamento e delle sue prerogative gravemente calpestate
nell’esercizio della potestà legislativa, rimanendo inascoltati.
In quest’occasione la violazione è del tutto ingiustificata e senza precedenti,
dato che l’iter legislativo, ai sensi dell’art. 72 della Costituzione era ormai
prossimo alla conclusione, quando è intervenuto il plateale colpo di mano con
cui il Governo si è appropriato del testo e di un compito, che, secondo l’art.
77 Costituzione può svolgere solo in casi straordinari di necessità e di
urgenza, al solo scopo, sembra, di umiliare il Parlamento e i cittadini da esso
rappresentati.
Quanto al merito, si tratta di un disegno estremamente pericoloso di repressione
di quelle forme di dissenso che è fondamentale riconoscere in una società
democratica. Ed è motivo di ulteriore preoccupazione il fatto che questo disegno
si realizzi attraverso un irragionevole aumento qualitativo e quantitativo delle
sanzioni penali che – in quanto tali – sconsiglierebbero il ricorso alla
decretazione d’urgenza, dal momento che il principio di colpevolezza richiede
che chi compie un atto debba poter sapere in anticipo se esso è punibile come
reato mentre, al contrario, l’immediata entrata in vigore di un decreto-legge ne
impedisce la preventiva conoscibilità.
Numerosi sono i principi costituzionali che appaiono compromessi. Solo a scopo
esemplificativo vogliamo ricordarne alcuni: il principio di uguaglianza non
consente in alcun modo di equiparare i centri di trattenimento per stranieri
extracomunitari al carcere o la resistenza passiva a condotte attive di rivolta;
in contrasto con l’art. 13 Cost. e la tutela della libertà personale è il c.d.
daspo urbano disposto dal questore che equipara condannati e denunciati; non
meno preoccupante è la previsione con cui si autorizza la polizia a portare
armi, anche diverse da quelle di ordinanza e fuori dal servizio.
Una serie di disposizioni del decreto-legge aggravano gli elementi di
repressione penale degli illeciti addebitati alla responsabilità di singoli o di
gruppi solo per il fatto che l’illecito avvenga “in occasione” di pubbliche
manifestazioni, disposizione che per la sua vaghezza contrasta con il principio
di tipicità delle condotte penalmente rilevanti, violando per giunta la
specifica protezione costituzionale accordata alla libertà di riunione in luogo
pubblico o aperto al pubblico (art. 17 Cost.) mentre altre disposizioni violano
palesemente il principio di determinatezza e di tassatività tutelato dall’art.
25 Cost.: si punisce con la reclusione chi occupa o detiene senza titolo “un
immobile destinato a domicilio altrui o sue pertinenze”; si rischiano pene fino
a sette anni per l’occupazione di luoghi che presentano un’estensione del tutto
imprecisata e rimessa a valutazioni e preferenze del tutto soggettive
dell’interprete.
Torsione securitaria, ordine pubblico, limitazione del dissenso, accento posto
prevalentemente sull’autorità e sulla repressione piuttosto che sulla libertà e
sui diritti rappresentano le costanti di questi interventi
Insegniamo che la missione di chi governa dovrebbe essere quella di cercare un
equilibrio nel rapporto tra individuo e autorità. Invece, il filo che lega il
metodo e il merito di questo nuovo intervento normativo rende esplicito un
disegno complessivo, che tradisce un’impostazione autoritaria, illiberale e
antidemocratica, non episodica od occasionale ma mirante a farsi sistema, a
governare con la paura invece di governare la paura.
Confidiamo che tutti gli organi di garanzia costituzionale mantengano alta
l’attenzione e censurino questo allontanamento dallo spirito della nostra
Costituzione, che fonda la convivenza della comunità nazionale su democrazia,
pluralismo, diritti di libertà ed uguaglianza di fronte alla legge, affinché
nessuno debba temere lo Stato e tutti possano riconoscerne, con fiducia, il
ruolo di garante della legalità e dei diritti.
Firme (promotori)
 1. Ugo de Siervo (Presidente emerito della Corte costituzionale)
 2. Gaetano Silvestri (Presidente emerito della Corte costituzionale)
 3. Gustavo Zagrebelsky (Presidente emerito della Corte costituzionale)
 4. Enzo Cheli (vice-Presidente emerito della Corte costituzionale)
 5. Paolo Maddalena (vice-Presidente emerito della Corte costituzionale)
 6. Maria Agostina Cabiddu – Politecnico di Milano
 7. Vittorio Angiolini – Università degli Studi di Milano
 8. Roberto Zaccaria – Università di Firenze
 9. Roberta Calvano – Unitelma Sapienza
Giuspubblicisti aderenti
 10.  Stefano Agosta – Università di Messina
 11.  Alessandra Algostino – Università di Torino
 12.  Maria Romana Allegri – Università la Sapienza
 13.  Carlo Amirante – Università di Napoli Federico II
 14.  Felice Ancora – Università di Cagliari
 15.  Francesca Angelini – Università la Sapienza
 16.  Adriana Apostoli – Università di Brescia
 17.  Antonio Ignazio Arena – Università di Messina
 18.  Marco Armanno – Università di Palermo
 19.  Vincenzo Atripaldi – Università La Sapienza
 20.  Gaetano Azzariti – Università la Sapienza
 21.  Enzo Balboni – Università cattolica S.C.
 22.  Stefania Baroncelli – Università di Bolzano
 23.  Sergio Bartole – Università di Trieste
 24.  Rosa Basile – Università di Messina
 25.  Franco Bassanini – Università “La Sapienza”
 26.  Gianluca Bellomo – Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara
 27.  Auretta Benedetti – Università Milano Bicocca
 28.  Marco Benvenuti – Università la Sapienza
 29.  Chiara Bergonzini – Università di Macerata
 30.  Cristina Bertolino – Università di Torino
 31.  Ernesto Bettinelli – Università di Pavia
 32.  Paolo Bianchi – Università di Camerino
 33.  Giovanni Bianco – Università di Sassari
 34.  Roberto Bin – Università di Ferrara
 35.  Marco Bombardelli – Università di Trento
 36.  Paolo Bonetti – Università Milano Bicocca
 37.  Monica Bonini – Università Milano Bicocca
 38.  Giuditta Brunelli – Università di Ferrara
 39.  Eugenio Bruti Liberati – Università del Piemonte orientale
 40.  Camilla Buzzacchi – Università Milano Bicocca
 41.  Marina Calamo Specchia – Università di Bari “Aldo Moro”
 42.  Debora Caldirola – Università cattolica S.C.
 43.  Quirino Camerlengo – Università di Milano Bicocca
 44.  Aristide Canepa, Università di Genova
 45.  Antonio Cantaro – Università “Carlo Bo” di Urbino
 46.  T. Paola Caputi Iambrenghi – Università di Bari “Aldo Moro”
 47.  Francesco Cardarelli – Università di ROMA “Foro Italico”
 48.  Andrea Cardone – Università di Firenze
 49.  Paolo Caretti – Università di Firenze
 50.  Agatino Cariola – Università di Catania
 51.  Massimo Carli – Università di Firenze
 52.  Enrico Carloni – Università di Perugia
 53.  Arianna Carminati – Università di Brescia
 54.  Paolo Carnevale – Università Roma 3
 55.  Daniele Casanova – Università di Brescia
 56.  Carlo Casonato, Università di Trento
 57.  Maria Cristina Cavallaro – Università di Palermo
 58.  Elisa Cavasino – Università di Palermo
 59.  Angelo Antonio Cervati – Università la Sapienza
 60.  Roberto Cherchi – Università di Cagliari
 61.  Omar Chessa – Università di Sassari
 62.  Lorenzo Chieffi – Università della Campania
 63.  Paola Chirulli – Università la Sapienza
 64.  Pietro Ciarlo – Università di Cagliari
 65.  Alessandro Cioffi – Università del Molise
 66.  Ines Ciolli – Università la Sapienza
 67.  Stefano Civitarese Matteucci – Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara
 68.  Giovanna Colombini – Università di Pisa
 69.  Manuela Matilde Consito – Università di Torino
 70.  Gianluca Conti – Università di Pisa
 71.  Guido Corso – Università di Palermo
 72.  Matteo Cosulich – Università di Trento
 73.  Luigi Cozzolino – Università di Macerata
 74.  Enrico Cuccodoro – Università del Salento
 75.  Chiara Cudia – Università di Firenze
 76.  Francesco Dal Canto – Università di Pisa
 77.  Giovanni D’Alessandro – UniCusano
 78.  Gianfranco D’Alessio – Università Roma3
 79.  Giacomo D’Amico – Università di Messina
 80.  Antonio D’Andrea – Università di Brescia
 81.  Luigi D’Andrea – Università di Messina
 82.  Guerino D’Ignazio – Università della Calabria
 83.  Claudio De Fiores – Università della Campania
 84.  Maria Elisabetta De Franciscis – Università di Napoli
 85.  Gabriella De Giorgi – Università del Salento
 86.  Gian Candido De Martin – LUISS Guido Carli
 87.  Francesco Raffaello De Martino – Università del Molise
 88.  Giovanna De Minico – Università di Napoli Federico II
 89.  Andrea de Petris – Università degli studi internazionali di Roma
 90.  Ambrogio De Siano – Università della Campania Luigi Vanvitelli
 91.  Andrea Deffenu – Università di Cagliari
 92.  Michele Della Morte – Università del Molise
 93.  Gianmario Demuro – Università di Cagliari
 94.  Michele Di Bari – Università di Padova
 95.  Giovanni Di Cosimo – Università di Macerata
 96.  Alfonso di Giovine – Università di Torino
 97.  Guerino D’Ignazio – Università della Calabria
 98.  Carlo Di Marco Leone – Università di Teramo
 99.  Alessandra Di Martino – Università La Sapienza
 100. Enzo Di Salvatore – Università di Teramo
 101. Mario Dogliani – Università di Torino
 102. Francesco Duranti – Università per stranieri di Perugia
 103. Gianluca Famiglietti – Università di Pisa
 104. Vera Fanti – Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara
 105. Veronica Federico – Università di Firenze
 106. Gennaro Ferraiuolo – Università di Napoli Federico II
 107. Leonardo Ferrara – Università di Firenze
 108. Giancarlo Ferro – Università di Catania
 109. Mario Fiorillo – Università di Teramo
 110. Francesco Follieri – Università LUM “Giuseppe Degennaro”
 111. Giampaolo Fontana – Università Roma 3
 112. Matteo Frau – Università di Brescia
 113. Salvatore Mario Gaias – Università di Sassari
 114. Marco Galdi – Università di Salerno
 115. Silvio Gambino – Università della Calabria
 116. Gianluca Gardini – Università di Ferrara
 117. Paolo Giangaspero – Università di Trieste
 118. Federico Girelli – UniCusano
 119. Mario Gorlani – Università di Brescia
 120. Stefano Grassi – Università di Firenze
 121. Nicola Grasso – Università del Salento
 122. Andrea Gratteri – Università di Pavia
 123. Maria Cristina Grisolia – Università di Firenze
 124. Tania Groppi – Università di Siena
 125. Enrico Grosso – Università di Torino
 126. Cosimo Pietro Guarini – Università di Bari “Aldo Moro”
 127. Riccardo Guastini – Università di Genova
 128. Andrea Guazzarotti – Università di Ferrara
 129. Nicola Gullo – Università di Palermo
 130. Antonio Gusmai – Università di Bari “Aldo Moro”
 131. Danila Iacovelli – Politecnico di Milano
 132. Giovanna Iacovone – Università della Basilicata
 133. Maria Pia Iadicicco– Università della Campania
 134. Carlo Iannello – Università della Campania
 135. Luca Imarisio – Università di Torino
 136. Maria Immordino – Università di Palermo
 137. Marco Ladu – Università E-Campus
 138. Fulco Lanchester – Università La Sapienza
 139. Anna Maria Lecis Cocco Ortu – Sc. Po Bordeaux
 140. Eva Lehner – Università di Siena
 141. Erik Longo – Università di Firenze
 142. Fabio Longo – Università di Torino
 143. Donatella Loprieno – Università della Calabria
 144. Laura Lorello – Università di Palermo
 145. Matteo Losana – Università degli Studi di Torino
 146. Federico Losurdo – Università di Urbino Carlo Bo
 147. Filippo Lubrano – Università LUISS Guido Carli
 148. Nadia Maccabiani – Università di Brescia
 149. Paolo Maci – Università telematica PEGASO
 150. Marco Magri – Università di Ferrara
 151. Elena Malfatti – Università di Pisa
 152. Maurizio Malo – Università di Padova
 153. Susanna Mancini – Università di Bologna
 154. Michela Manetti – Università di Siena
 155. Francesco Manganaro – Università Mediterranea di RC
 156. Vanessa Manzetti – Università di Pisa
 157. Valeria Marcenò – Università di Torino
 158. Barbara Marchetti – Università di Trento
 159. Francesco Marone – Istituto Suor Orsola Benincasa
 160. Ilenia Massa Pinto – Università di Torino
 161. Anna Mastromarino – Università di Torino
 162. Antonio Mastropaolo – Università della Valle d’Aosta
 163. Giuditta Matucci – Università di Pavia
 164. Paola Mazzina – Università Parthenope di Napoli
 165. Alessandra Mazzola – Università di Brescia
 166. Giacomo Menegus – Università di Macerata
 167. Livia Mercati – Università di Perugia
 168. Francesco Merloni – Università di Perugia
 169. Giovanni Moschella – Università di Messina
 170. Angela Musumeci – Università di Teramo
 171. Carla Negri – Università di Palermo
 172. Matteo Nicolini – Università di Verona
 173. Raffaella Niro – Università di Macerata
 174. Walter Nocito – Università della Calabria
 175. Giorgio Orsoni – Università Ca’ Foscari Venezia
 176. Fabio Pacini – Università della Tuscia
 177. Francesco Palermo – Università di Verona
 178. Elisabetta Palici di Suni – Università di Torino
 179. Francesco Pallante – Università di Torino
 180. Saulle Panizza – Università di Pisa
 181. Nino Paolantonio – Università di Roma Tor Vergata
 182. Stefania Parisi – Università di Napoli Federico II
 183. Maurizio Pedrazza Gorlero – Università di Verona
 184. Luca Raffaello Perfetti – Università telematica Pegaso
 185. Sergio Perongini – Università di Salerno
 186. Barbara Pezzini – Università di Bergamo
 187. Valeria Piergigli – Università di Siena
 188. Andrea Pierini – Università di Perugia
 189. Roberto Pinardi – Università di Modena-Reggio Emilia
 190. Cesare Pinelli – Università la Sapienza
 191. Piero Pinna – Università di Sassari
 192. Alessandra Pioggia – Università di Perugia
 193. Paola Piras – Università di Cagliari
 194. Giovanna Pistorio – Università di Roma3
 195. Filippo Pizzolato – Università di Padova
 196. Marco Podetta – Università di Brescia
 197. Giovanni Poggeschi – Università del Salento
 198. Fabrizio Politi – Università dell’Aquila
 199. Salvatore Prisco – Università di Napoli Federico II
 200. Andrea Pubusa – Università di Cagliari
 201. Francesca Pubusa – Università di Cagliari
 202. Giusto Puccini – Università di Firenze
 203. Stefania Puddu – Università di Cagliari
 204. Andrea Pugiotto – Università di Ferrara
 205. Mario Alberto Quaglia – Università di Genova
 206. Alberto Randazzo – Università di Messina
 207. Margherita Raveraira – Università di Perugia
 208. Saverio Regasto – Università di Brescia
 209. Giorgio Repetto – Università di Perugia
 210. Giuseppe Ugo Rescigno – Università la Sapienza
 211. Giuseppe Pio Rinaldi – Università Cattolica S.C.
 212. Giancarlo Rolla – Università di Genova
 213. Roberto Romboli – Università di Pisa, membro CSM
 214. Laura Ronchetti – Università del Molise
 215. Emanuele Rossi – Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
 216. Stefano Rovelli – Università di Pisa
 217. Antonio Ruggeri – Università di Messina
 218. Paolo Sabbioni – Università Cattolica S.C.
 219. Fabio Saitta – Università di Catanzaro
 220. Marcello Salerno – Università di Bari “Aldo Moro”
 221. Simone Scagliarini – Università di Modena-Reggio Emilia
 222. Michelangela Scalabrino – Università cattolica del Sacro Cuore
 223. Paolo Scarlatti – Università Roma Tre
 224. Angelo Schillaci – Università la Sapienza
 225. Gianni Serges – Università Roma 3
 226. Davide Servetti – Università Piemonte orientale
 227. Stefano Sicardi – Università di Torino
 228. Massimo Siclari – Università Roma 3
 229. Giorgio Sobrino – Università di Torino
 230. Alessandro Somma – Università la Sapienza
 231. Domenico Sorace – Università di Firenze
 232. Giusi Sorrenti – Università di Messina
 233. Federico Sorrentino – Università “La Sapienza”
 234. Lorenzo Spadacini – Università di Brescia
 235. Renata Spagnuolo Vigorita – Università di Napoli Federico II
 236. Vittorio Teotonico – Università di Bari “Aldo Moro”
 237. Luigi Testa – Università dell’Insubria
 238. Marco Tiberi – Università della Campania
 239. Elisa Tira – Università E-Campus
 240. Marta Tomasi Università di Trento
 241. Rosanna Tosi – Università di Padova
 242. Roberto Toniatti – Università di Trento
 243. Alessandro Torre – Università di Bari “Aldo Moro”
 244. Francesca Trimarchi – Università di Milano
 245. Chiara Tripodina – Università Piemonte orientale
 246. Michela Troisi – Università di Napoli Federico II
 247. Riccardo Ursi – Università di Palermo
 248. Alessandra Valastro – Università di Perugia
 249. Giuseppe Verde – Università di Palermo
 250. Paolo Veronesi – Università di Ferrara
 251. Giulio Enea Vigevani – Università di Milano Bicocca
 252. Luigi Ventura – Università “Magna Graecia” di Catanzaro
 253. Stefano Villamena – Università di Macerata
 254. Massimo Villone – Università di Napoli Federico II
 255. Mauro Volpi – Università di Perugia
 256. Jens Woelk – Università di Trento
 257. Eugenio Zaniboni – Università di Foggia
 
 
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Lə 104 ricorrentə No Ponte non sono statə ascoltatə e addirittura condannatə a
spese di giudizio spropositate (ben 348.153 euro) solo per aver esercitato il
proprio diritto di accesso alla giustizia, mentre in tutto il mondo si
incoraggiano le class action. Il Movimento ha deciso di ricorrere promuovendo
nel frattempo un crowdfunding per sostenere le spese
di Movimento No Ponte
«[…] Condanna i ricorrenti indicati in epigrafe al pagamento, in favore della
soc. Stretto di Messina S.p.A., delle spese del giudizio che liquida in
complessivi €238.143,00 per compensi professionali, oltre oneri di legge». Con
queste parole il 9 gennaio scorso il Tribunale delle imprese di Roma ha
dichiarato inammissibile il ricorso dellə 104 cittadinə No Ponte gravandolə del
pagamento delle spese che, con il conteggio degli oneri di legge, arrivano alla
spropositata cifra di euro 348.143. Avevamo messo nel conto di potere perdere in
giudizio, non certo di dover pagare una tale somma. Ma cosa chiedevano lə 104
ricorrentə?
Semplicemente che un soggetto terzo, in questo caso il Tribunale di Roma, si
potesse esprimere sulla correttezza delle procedure fin qui seguite dal governo
e dall’azienda per realizzare il ponte sullo Stretto di Messina e di «ordinare
alla società Stretto di Messina spa, in persona del suo legale rappresentante
pro tempore, la cessazione immediata di ogni atto o comportamento
pregiudizievole dei diritti e degli interessi collettivi e diffusi e
giuridicamente protetti, di ogni attività tendente all’approvazione del progetto
definitivo ed esecutivo», oltre che di «dichiarare rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale» della serie
di norme che hanno consentito il riavvio delle procedure per la costruzione del
ponte sullo Stretto.
A oggi la “pratica” ponte sullo Stretto è andata avanti solo grazie
all’approvazione dei Si Ponte, ovvero il governo, la maggioranza di centrodestra
del Parlamento, la Stretto di Messina, il Comitato tecnico scientifico nominato
dalla Stretto di Messina e, a conclusione della procedura, sarà addirittura il
Cipess presieduto dalla Meloni ad approvare il progetto definitivo. Al momento
della presentazione del ricorso non era ancora stato emesso il parere della
Commissione Via-Vas, risultato positivo con 62 “prescrizioni” e un parere
negativo sull’impatto sulle Zps dell’area dello Stretto, commissione nella quale
sono stati inseriti tecnici vicini all’area governativa.
Si confidava quindi in un soggetto terzo, in questo caso il tribunale delle
imprese di Roma, utilizzando lo strumento dell’azione inibitoria che, similmente
alla class action, consente ai cittadini di potersi difendere davanti ai “poteri
forti” rivendicando la tutela di diritti costituzionalmente protetti come in
questo caso il diritto all’ambiente e alla salute.
Ad avviso del Wwf la sentenza di Roma rappresenta «una pagina nera per il
diritto italiano perché vengono colpiti semplici cittadini che hanno scelto di
esercitare il proprio diritto di accesso alla giustizia. Mentre nel resto del
mondo, sulla base di convenzioni internazionali a cui anche l’Italia aderisce,
si incoraggia l’attivazione dei cittadini, singoli o organizzati in
associazioni, in Italia si intende reprimere questo diritto?»
Ma non è solo il Wwf a essere preoccupato per le conseguenze che questa sentenza
possa avere su future azioni collettive, ma anche le associazioni
consumeristiche italiane. Ben otto associazioni che tutelano i consumatori in
Italia hanno richiesto, all’indomani della sentenza, un incontro con il ministro
Nordio perché «Stiamo osservando un preoccupante orientamento giurisprudenziale
in vari Tribunali d’Italia che di fatto tende a scoraggiare, se non proprio
impedire, il ricorso alle azioni di classe da parte delle Associazioni». Le
associazioni consumeristiche aggiungono inoltre che «la vicenda del Tribunale di
Roma non è un caso isolato, anzi è la regola applicata dai Tribunali. In
particolare, ci preme segnalare la disparità di trattamento che si crea nel
calcolo delle spese legali: in caso di rigetto si applica il principio del
“disputatum” e in caso di soccombenza il principio del “decisum”, violando così
il principio generale di proporzionalità e adeguatezza», senza dunque tenere
conto della «funzione economica-sociale delle azioni collettive, previste
dall’Ordinamento europeo e nazionale in funzione di regolazione del mercato».
Che fare dunque? Come testimonia la storia del Movimento No Ponte, non ci si
arrende mai neanche quando ormai era tutto pronto per la messa a dimora della
prima pietra del ponte nel 2006, anno in cui si tenne a Messina la più grande
manifestazione No Ponte con oltre 20mila persone in piazza, che hanno
sicuramente contribuito a dare la spallata decisiva per lo stop al progetto.
Lə 104 ricorrenti hanno dunque deciso, tranne poche defezioni, a fare ricorso
contro l’inspiegabile liquidazione delle spese (a cui non è stata data
motivazione nella sentenza) e ad avviare, con l’appoggio di tutto il Movimento
No Ponte, una raccolta fondi per sostenere l’onere delle spese liquidate e
sostenere il nuovo giudizio, tramite la piattaforma on line “Produzioni dal
basso” con il progetto di crowfunding “Difendere lo Stretto di Messina costa:
sostieni il Movimento No Ponte”.
Per chi volesse inoltre contribuire con bonifico IBAN:
IT85G0503416504000000002792 Intestato a: ASS CULT AMB – Ragione Sociale:
ASS.CULT.AMB. la città dello stretto
 
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