No al ddl sicurezza 1660Una norma che viola i diritti umani fondamentali utilizzando strumenti
repressivi.
Comunicato congiunto della rete In Difesa Di con Ultima Generazione,
Extinction Rebellion, Legal Team Italia, Osservatorio Repressione, Giuristi
Democratici
Una società sana deve poter esprimersi anche attraverso forme di dissenso e di
pacifica protesta e in particolare di chi, come gli ambientaliste ed
ambientalisti, lotta per la giustizia climatica e quindi sociale nel mondo
Il disegno di legge 1660, approvato il 18 settembre alla Camera dei Deputati, si
colloca nel solco del panpenalismo repressivo che connota da molti anni la
risposta delle istituzioni alla protesta, al dissenso e al disagio.
Questa tendenza ha caratterizzato i governi e le maggioranze parlamentari che si
sono succedute almeno a far data dal 2001, con la ricorrente adozione di
“pacchetti sicurezza” che hanno introdotto nuovi reati e aggravanti – o nuovi
sistemi sanzionatori parapenali, come il DASPO – e aumento delle pene per
quelli già previsti (nel marzo 2001 era Presidente del Consiglio Giuliano Amato
e Ministro dell’Interno Enzo Bianco, ma altri “pacchetti” sono ricordati per i
nomi dei Ministri dell’epoca, da Maroni a Veltroni, da Minniti a Salvini).
> Il DDL 1660 si caratterizza, però, per un notevole “salto di qualità” nella
> stretta repressiva e nella costruzione di quello che potremmo definire un vero
> e proprio “diritto penale (e non solo) del nemico”, ed anche nel ridisegnare
> alcuni istituti mutandone profondamente la natura.
Così vi sono norme che innalzano le pene per il reato di occupazione
introducendo anche nuove ipotesi di reato (sarà punito penalmente anche il non
lasciare l’immobile locato dopo una procedura di sfratto), che consentono
l’incarcerazione anche delle donne in gravidanza e delle donne con neonato (in
disposizioni che è stata significativamente battezzata “norma anti donne rom”),
che introducono il reato di “detenzione di materiale con finalità di terrorismo”
(per cui sarà reato il semplice possesso di materiale, al di là del concreto
pericolo che il soggetto intenda porre in essere attività terrorista, così
anticipando la soglia di punibilità sino al limite della sfera esclusivamente
privata della persona), che introducono nuove ipotesi di Daspo disposto dal
questore o di cd. “Daspo giudiziario” (imponendo per chi sia condannato per
alcuni reati il divieto di accedere a determinati luoghi e subordinando la
concessione della sospensione condizionale della pena al rispetto di tale
divieto), che sanciscono l’obbligo per i cittadini stranieri di esibire il
permesso di soggiorno per poter attivare una utenza mobile (norma finalizzata ad
impedire alle persone migranti irregolari di poter avere un telefono cellulare,
facendo loro intorno “terra bruciata”), che aumentano le possibilità di revoca
della cittadinanza italiana acquisita dal cittadino straniero, che aumentano le
pene per il reato di accattonaggio.
> A queste norme se ne aggiungono alcune che intendono reprimere duramente le
> proteste e ridurre gli spazi di possibile espressione di dissenso, colpendo
> anche (e in alcuni casi specificamente) i movimenti ambientalisti, e altre che
> tendono a demolire anni di conquiste democratiche (nelle istituzioni totali e
> nei rapporti tra autorità e cittadini), tentando di fatto di far “tornare
> indietro le lancette della storia” di ottant’anni.
A quest’ultimo proposito non si può non far riferimento al “nuovo” reato di
rivolta carceraria e nei CPR (ma anche negli hot spot e nei centri di
accoglienza per persone migranti, quindi non solo in luoghi di detenzione e di
privazione della libertà ), con il quale si vuole punire (con pene che vanno, a
seconda delle ipotesi, da un minimo di uno a un massimo di venti anni) non solo
le rivolte (non meglio definite) violente, ma anche gli atti di resistenza anche
passiva all’esecuzione degli ordini impartiti che impediscano il compimento
degli atti di ufficio o servizio: si disegna un “nuovo” modello di detenuto (ma
non solo, anche di migrante accolto in un centro) del tutto spersonalizzato,
privato anche del diritto di utilizzare metodi non violenti e pacifici di
contestazione e dal quale si pretende obbedienza “cieca e assoluta” agli ordini.
La persona detenuta e la persona migrante (trattenuta o accolta) devono essere
dei docili oggetti di controllo, pena la perpetuazione della loro condizione di
persone private della libertà personale (il reato di rivolta carceraria verrebbe
anche ricompreso tra i cd reati ostativi alle misure alternative al carcere).
Questa “prima volta” nella repressione della resistenza passiva rischia di
divenire un precedente che permetterà, in futuro, di punire ogni forma di
disobbedienza a qualunque ordine ed in qualunque ambito (così come il Daspo,
nato negli stadi per reprimere gli ultras, è stato poi esteso agli ambiti
urbani ed è oggi uno strumento di repressione amministrativa – la cui violazione
peraltro fa cadere l’interessato nel sistema penale – buono per tutte le forme
di disagio e/o di dissenso).
Un altro palese esempio di questa involuzione è la volontà (non nascosta) di
ridisegnare i rapporti tra le forze di “pubblica sicurezza” e le persone che
sono loro sottoposte, allontanandosi da quella che la Corte Costituzionale ha
definito una “diversa disciplina dei rapporti tra cittadino e autorità
rispettivamente negli ordinamenti liberal-democratici e nei regimi totalitari”
che aveva caratterizzato la produzione normativa repubblicana post fascista (la
Corte aveva usato quella definizione a proposito della discriminante della
reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale, per cui non è punibile il
cittadino che reagisca, anche con violenza, ad un atto illegittimo ed arbitrario
del pubblico ufficiale).
Nel senso di consolidare una supremazia anche formale degli apparati di pubblica
sicurezza rispetto al popolo vanno: l’introduzione di una circostanza aggravante
per i reati di violenza e resistenza a pubblico ufficiale quando i fatti sono
commessi ai danni di un agente o ufficiale di pubblica sicurezza (così potrà
essere punita molto più gravemente la resistenza a un agente di polizia che non
quella a un impiegato comunale, a un medico di ospedale, anche a un giudice); la
previsione di un aumento di pena per il reato di lesioni se cagionate a un
agente di pubblica sicurezza (anche in questo caso, quindi, si sancisce la
“supremazia” della vittima-agente su ogni altra vittima); la previsione che gli
agenti di pubblica sicurezza possano portare senza licenza armi anche fuori dal
servizio; la copertura delle spese per un legale di fiducia (sino a 10.000 euro
per ogni grado di giudizio) per gli agenti di pubblica sicurezza (nonché vigili
del fuoco e militari) indagati o imputati per fatti inerenti il servizio (salva,
invero, possibile rivalsa se infine condannati a titolo doloso; non ci sarebbe
rivalsa, ad esempio, in caso di omicidio colposo di un arrestato). Le forze di
pubblica sicurezza, dunque, sono collocate normativamente (potrebbe dirsi
ideologicamente) in una posizione di supremazia su tutta la popolazione e di
preminenza anche all’interno dell’apparato dello Stato.
Il Disegno di legge contiene, poi, una lunga serie di disposizioni
specificamente destinate a reprimere il dissenso, spesso palesemente disegnate
su uno “specifico” soggetto ritenuto, evidentemente, da reprimere in modo
particolare: una vera e propria costruzione di un diritto sanzionatorio speciale
d’autore (in cui la gravità del reato, e talvolta la stessa sussistenza di un
reato, dipendono non tanto dal “fatto” che è stato commesso quanto dal “tipo
d’autore” che lo ha commesso).
Già con il decreto cd ecovandali, peraltro, questa legislatura ci aveva abituato
alla costruzione di reati sugli attivisti ambientalisti e sulle loro modalità di
protesta (si pensi alla circostanza aggravante prevista per il reato di
imbrattamento se commesso su “teche, custodie e altre strutture adibite
all’esposizione, protezione e conservazione di beni culturali esposti in musei,
pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni,
degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto
pubblico”; è evidente che si è voluto specificamente colpire determinate
proteste e determinati attivisti).
Tra le disposizioni specificamente dirette alla repressione del dissenso (e
degli attivisti ambientali in primis) spicca la circostanza aggravante (e dunque
la previsione che la pena sia aumentata, con un massimo che può raggiungere i 20
anni) per i reati di resistenza e violenza a pubblico ufficiale (ma anche ad
altri reati, come le minacce) nel caso in cui il fatto “è commesso al fine di
impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura
strategica”. Qui è chiarissima la volontà di colpire più duramente i movimenti
che si battono contro le grandi opere (come il movimento No Tav, il movimento No
Tap, il movimento No Ponte, per citarne solo alcuni).
Ancora, un aggravio di pena viene introdotto per i danneggiamenti commessi in
occasione di manifestazioni (ipotesi che era già stata introdotta nel 2019) se
commessi con violenza o minaccia (anche qui evidente è che questa norma è
finalizzata a reprimere il dissenso ed il conflitto, essendo sufficiente che il
danneggiamento sia accompagnato da una semplice condotta minacciosa).
Così come una circostanza aggravante (con conseguente aggravio di pena) è
previsto per il reato di imbrattamento se commesso su beni adibiti all’esercizio
di funzioni pubbliche con la finalità di ledere l’onore, il prestigio o il
decoro dell’istituzione (vengono alla mente alcune proteste simboliche, come il
collocamento di mucchi di letame presso sedi istituzionali).
> Le disposizioni del DDL 1660 attualmente in discussione, dunque, paiono voler
> disegnare un nuovo assetto nei rapporti tra il potere esecutivo (la cui
> espressione ultima sono proprio le forze di pubblica sicurezza) e la
> popolazione, e colpire ogni forma di dissenso, riducendo il cittadino
> (vogliamo utilizzare questo termine in senso atecnico, non come cittadino
> italiano ma come persona che è sottoposta a quel potere sovrano) ad un
> docile oggetto di controllo, in una società che si vorrebbe plebiscitaria. Chi
> si ribella (oggi in particolar modo nelle carceri o nei CPR, ma con un modello
> che potrà essere esteso a chiunque), chi anche solo protesta (magari
> rivendicando il diritto ad un ambiente salubre e in ultima analisi ad un
> futuro) è un soggetto estraneo al modello di società che deve essere punito.
E’ un modello di società estremamente pericoloso ed estraneo ai principi
costituzionali; ecco perché la rete In Difesa Di, che dal 2016 raccoglie ed
organizza enti ed associazioni impegnate in Italia e nel mondo per la difesa
delle persone difensore dei diritti umani ed ambientali, ritiene che se il
disegno di legge sarà definitivamente approvato, molte delle sue norme saranno
poi, probabilmente, dichiarate incostituzionali; ma avranno nel frattempo fatto
germogliare nella società le male piante politiche e culturali che le nutrono
(oltre ad aver colpito le persone che ne saranno nel frattempo state vittime).
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