A Napoli il G7 dei ministri della difesa. In piazza i movimenti contro la guerra e il genocidio in Palestina
NapoliMONiTOR - Sunday, October 20, 2024Il 19 ottobre a Napoli si è tenuto un incontro di grande rilievo per il G7, il forum che riunisce i sette paesi più industrializzati del mondo. Durante il summit, i ministri della difesa dei “grandi 7” si sono confrontati su temi come la sicurezza globale e i conflitti mondiali. Secondo un recente rapporto dell’International Crisis Group ci sono più di quaranta conflitti armati in corso al momento, mentre l’’industria bellica continua a rappresentare un motore economico per molti paesi nel mondo: solo gli Stati Uniti nel 2022 hanno speso oltre ottocento miliardi di dollari per la difesa, il quaranta per cento della spesa militare globale, a fronte di costi umani e sociali enormi. La retorica della “sicurezza” prova a nascondere, giustificando i conflitti, le conseguenze devastanti delle guerre: nel recente conflitto russo-ucraino si contano (lo dice il Wall Street Journal) quasi un milione di vittime tra morti e feriti mentre altri sette milioni di persone circa sono state costrette a lasciare le proprie case e città ridotte in macerie. A Gaza i bombardamenti “strategici”, che nella pratica sono quelli su civili e infrastrutture essenziali, stanno causando una crisi umanitaria senza precedenti.
Mentre all’interno del Palazzo Reale i ministri studiano accordi e strategie mirati a “garantire la stabilità globale”, “affrontare la crisi russo-ucraina”, gestire “le sfide poste dalla Cina” e “riportare l’Africa nell’agenda europea”, all’esterno le strade di Napoli si riempiono di persone pronte a far sentire la propria voce. Sebbene, sulla carta, il summit avesse come priorità la cooperazione su temi come il cambiamento climatico, la sicurezza alimentare e la condizione femminile, anche solo i precedenti di questi mega-incontri evidenziano l’ipocrisia dei proclami e delle promesse dei leader mondiali.
Un corteo organizzato da diversi gruppi che sostengono la causa palestinese, che negli ultimi mesi hanno costantemente manifestato contro il genocidio e le violazioni dei diritti umani nei territori occupati, è partito da piazza Garibaldi intorno alle quattro, con l’imposizione, posta dalla questura, di non superare piazza Bovio. Da un anno la situazione in Palestina è catastrofica, e peggiora drammaticamente di giorno in giorno. Gli attacchi aerei israeliani hanno colpito aree residenziali dense, distruggendo ospedali e scuole, con decine di migliaia di civili tra le vittime. A Gerusalemme Est e in Cisgiordania le espulsioni forzate di famiglie palestinesi dalle loro case continuano ad alimentare tensioni, come dimostrato dai casi recenti di Sheikh Jarrah e Silwan, dove interi quartieri sono stati sgomberati per fare spazio a insediamenti israeliani.
A Gaza, un territorio già martoriato da anni di blocco, la popolazione vive in condizioni disumane, con la maggior parte delle famiglie senza accesso costante a elettricità e acqua. Le testimonianze raccolte dalle Ong internazionali riportano una situazione di sofferenza estrema, aggravata dal continuo isolamento e dal mancato accesso agli aiuti umanitari. Intanto, anziché aumentare, le speranze di pace sembrano affievolirsi.
Gli striscioni colorati con slogan diversi esprimono l’opposizione del corteo al G7, tenendo sempre in primo piano la questione palestinese. I partecipanti sono per lo più giovani, molti dei quali provenienti da collettivi studenteschi come il CAU – Collettivo Autorganizzato Universitario, centri sociali e gruppi politici come Iskra ed ex Opg – Je so’ pazzo, ma anche il centro culturale Handala Ali, e ancora partiti e sindacati di base come Potere al Popolo e USB.
I loro volti brillano sotto la pioggia, mentre sventolano bandiere e intonano cori. Un camioncino con un impianto audio accompagna la manifestazione, decorato da un scritta in rosso con la parola “Israhell”, gioco di parole che fonde “Israele” ed “hell” (inferno). Gli speaker intervengono al microfono per animare la folla. Il servizio d’ordine composto da volontari dei gruppi organizzatori vigila sul corteo, anche in considerazione dell’enorme spiegamento di forze di polizia.
Contestando le politiche di corsa alla guerra messe in atto dalla totalità dei paesi e delle istituzioni internazionali, i manifestanti hanno messo in luce una questione cruciale: il crescente investimento del governo italiano nell’industria bellica e nell’invio di armi. Negli ultimi anni la spesa militare italiana ha visto un aumento significativo, superando i trenta miliardi di euro nel 2023, con un incremento del 4,6 per cento dall’anno precedente e con previsioni di ulteriore crescita. Il Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa 2023-2025 prevede infatti un’ulteriore crescita della spesa, destinando risorse consistenti all’acquisto di nuovi sistemi d’arma e al potenziamento delle capacità belliche del paese.
Alla fine del corteo gli organizzatori conteranno circa duemila partecipanti. All’altezza della sede centrale dell’Università Federico II, un intervento al megafono incita la folla: «Il G7 della guerra non è il benvenuto. Ripudiamo la guerra e il genocidio del popolo palestinese: Crosetto e i ministri del G7 non passeranno!». All’improvviso, svoltando su via Mezzocannone, la manifestazione cambia direzione. La tensione aumenta quando si giunge a piazza Carità. Il corteo infatti cerca di proseguire verso via Toledo, con l’intento di raggiungere piazza Trieste e Trento, ma la polizia è schierata disponendo agenti e camionette in gran numero per impedirlo. In un attimo, la situazione si fa più animata: gli agenti lanciano lacrimogeni e avviano una carica “di alleggerimento” a danno dei manifestanti, che, protetti da grossi scudi di plexiglass, provano a resistere, mentre alle loro spalle qualcuno lancia oggetti nel tentativo di fermare la polizia. Lo scontro si consuma comunque rapidamente, senza feriti né fermi, a differenza di quanto successo a Roma una settimana fa.
Successivamente a questo momento di tensione il corteo riprende a muoversi, giungendo a piazza del Gesù, occupata dai manifestanti e trasformata in un luogo di resistenza simbolica. I tamburi fanno da sottofondo a danze e cori di protesta. Anche qui il messaggio è chiaro: il G7 della guerra non è il benvenuto a Napoli. (serena bruno)