Napoli, in piazza contro il processo ai disoccupati organizzati
NapoliMONiTOR - Monday, October 28, 2024
28 ottobre è la data di inizio del maxi-processo a quarantatré disoccupati del Movimento di lotta 7 Novembre, del Cantiere 167 Scampia, militanti del laboratorio politico Iskra e del SI Cobas Napoli, processo che si svolgerà all’interno dell’aula bunker del carcere di Poggioreale. Il procedimento arriva al termine di un’indagine che aveva comportato la pesantissima accusa di associazione a delinquere per i qurantatré indagati, sulla base di avvenimenti incorsi durante nove manifestazioni svoltesi tra il 19 dicembre 2022 e il 24 marzo 2023. Tre mesi nei quali la vertenza era in stallo e la pressione per il suo sblocco era particolarmente forte. In particolare, l’obiettivo a breve termine dei movimenti che lottano per un lavoro dignitoso e sicuro in città era in quella fase l’avvio della formazione attraverso corsi organizzati da cooperative convenzionate con la Città Metropolitana e il Comune di Napoli.
Per l’attivazione dei corsi era necessaria una modifica all’articolo 33 del Codice del terzo settore che regolamenta il processo di assunzione dei lavoratori all’interno delle cooperative e che impedisce nuovi ingressi, se non in caso di turn over dei lavoratori in pensionamento. Una modifica che, però, poteva arrivare a seguito di interventi ministeriali e governativi. Nei tre mesi a cavallo tra il 2022 e il 2023, dopo diversi incontri a Roma e Napoli che ufficializzavano un pronto inizio della formazione, i corsi furono rinviati per delle generiche “complicazione tecniche”: le istituzioni di fatto rinnegavano gli impegni assunti con i disoccupati. La tensione per questo dietro front si concretizzò in una serie di azioni in città: blocchi stradali, cortei non autorizzati, occupazioni, tutti eventi letti dalla Procura come parte di un disegno preciso, che in termini politici era in realtà la volontà di mettere alle strette le istituzioni attraverso la lotta. Il reato di associazione a delinquere, inizialmente ipotizzato dalla procura, è infatti decaduto in fase di indagini preliminari, ma i capi di imputazione per le azioni condotte nei vari mesi sono stati riuniti in un unico grande processo, amplificandone di fatto la gravità.
È lunedì, ma la mattinata comincia presto. Già alle 8:30 piazza Nazionale, al centro di Napoli, si inizia a riempire di bandiere. Si riconoscono quelle palestinesi e quelle delle realtà che hanno promosso la manifestazione, a cominciare da Si Cobas e Iskra. Il corteo è aperto dal camioncino per gli interventi e dallo striscione “La lotta per il lavoro non si processa. Liberi di lottare. Fermiamo il Ddl sicurezza”. La piattaforma di lancio della manifestazione intende infatti andare oltre la denuncia di una spropositata accusa per delle persone che lottano per un proprio diritto; lancia anche l’allarme rispetto alla gestione sempre più repressiva di ogni pratica di dissenso, da quelle pacifiche fino a quelle più conflittuali, sublimata dal provvedimento sponsorizzato dall’asse Meloni-Nordio-Salvini. Un po’ più dietro, dopo qualche cordone di sicurezza, spuntano le bandiere del gruppo sudamericano del Polo Obrero, poi quelle della FGC e dell’Usb. Gli spezzoni più numerosi sfilano però dietro i due striscioni storici dei disoccupati organizzati: i volti degli uomini e delle donne delle prime file riflettono la rabbia per le ultime uscite “a vuoto” dei tavoli istituzionali. I cori che risuonano attorno ai palazzi e nei vicoli attirano l’attenzione dei napoletani impegnati nel quotidiano tran tran. La polizia sorveglia il tutto, ma il corteo comincia con determinazione e senza problemi.
Sono circa cinquecento, i manifestanti, quando iniziano a muoversi, percorrendo la rotonda di piazza Nazionale. Gli interventi dei militanti delle varie realtà presenti fanno spesso riferimento al decreto 1660, in via di approvazione al Senato. Ci si muove a passo lento, la strada da fare è molto breve. Si costeggia il perimetro del carcere di Poggioreale, vengono accesi simbolicamente dei fumogeni in solidarietà ai detenuti. Tra un intervento e l’altro c’è spazio anche per i giornalisti e le loro domande. Mentre il corteo avanza verso via Giovanni Falcone, però, arriva la notizia di un rinvio dell’udienza, per un rilevato vizio di forma nelle convocazioni.
Una volta a ridosso dei padiglioni, i disoccupati e gli altri partecipanti al corteo si fermano. Salutano con fuochi pirotecnici, cori e canzoni i detenuti, spiegando al microfono il nesso tra la marginalità sociale, la condizione detentiva, la lotta per il lavoro e la dignità, le leggi sempre più dure da parte del governo contro chi fa attività politica. È poco distante, su un marciapiede di piazzale Cenni, che gli interventi conclusivi chiudono la manifestazione, in attesa che una nuova udienza venga convocata e che questo processo così deciso alle lotte sociali cominci. (angelo della ragione)