La parola della settimana. Vice
NapoliMONiTOR - Sunday, November 17, 2024Sui giornali napoletani si è parlato molto questa settimana della due giorni dedicata a don Pedro Tellez Giron, terzo duca di Osuna e vicerè di Sicilia e Napoli, una manifestazione organizzata tra gli altri dalle università L’Orientale e Suor Orsola Benincasa, dalla Biblioteca Nazionale e dall’Istituto Cervantes.
Uomo di cultura e politico di lungo corso, il viceré combatté con fervore i turchi ottomani e i repubblicani veneziani. Organizzò a suon di intrighi, corruttele e tradimenti una congiura nel tentativo di conquistare Venezia e riguadagnare i favori di Filippo III, che aveva perso a causa della difficoltà nel gestire le province dell’Italia meridionale.
Dalla storia del golpe tentato, come da altre che lo riguardano, Tellez Giron non esce esattamente bene. Dei congiurati spagnoli che volevano distruggere la repubblica marinara si racconta invece in una tragedia di Simone Weil (in realtà incompiuta), Venezia salvata, “forse l’unica vera tragedia contemporanea” per L’indice dei libri del mese (dal numero 8 del 1987, dove tra gli altri si può leggere una bella intervista a Dario Fo, a cui per la prima volta era stato concesso di recitare negli Stati Uniti ).
Verso la fine degli anni Sessanta cominciammo a renderci conto che nonostante il nostro successo rischiavamo di essere trasformati in qualcosa di simile a un alka-seltzer, o a diventare una sorta di sauna energetica. Così abbiamo deciso di abbandonare il teatro istituzionale e di costruire una nostra struttura operativa. Ci siamo collegati a spazi proletari come le case del popolo, nate nell’Ottocento come centri culturali, poi cadute in disuso e ridotte per lo più a sale per giocare a carte. Abbiamo inventato una forma di teatro adatta a questi spazi, spettacoli su argomenti controversi che suscitavano lunghe discussioni dopo la rappresentazione: […] la catena di montaggio, la strategia della lotta di classe, lo sfruttamento trionfalistico della Resistenza da parte del Pci e così via. (dario fo intervistato da daniela salvioni e anders stephanson)
Il 13 giugno 1971 Fo fu tra i firmatari della Lettera aperta a L’Espresso sul caso Pinelli, un documento che chiedeva la destituzione di numerosi funzionari di polizia che avevano provato a inquinare le ricostruzioni sulla morte dell’ex partigiano e ferroviere anarchico, condizionando il processo a favore del commissario Calabresi (in Morte accidentale di un anarchico Fo lo chiamava “commissario Cavalcioni”, perché interrogava i sospettati piazzandoli gambe a penzoloni sulla finestra aperta della questura). Qualche giorno fa ci ha lasciati Licia, moglie di Pinelli, che alla ricerca della verità e alla difesa della memoria di suo marito ha dedicato gran parte della propria vita.
La casa era molto piccola, le telefonate le prendevo io, si sentiva tutto attraverso le pareti, leggevo la posta. Pino poi con me era trasparente, magari voleva tacermi qualcosa ma finiva sempre per dirla, le bugie non era in grado di raccontarle perché aveva un suo modo di esprimerle che le capivo subito. Ci capivamo molto. Il trovarsi d’accordo nelle sfumature e nelle risposte da dare agli altri, guardarsi ed essere veramente d’accordo sulla frase che io sto dicendo e lui la sta dicendo nello stesso modo, sulla stessa lunghezza d’onda, con un’occhiata. C’era un quiz in tv: si presentavano due coppie, di ogni coppia uno doveva rispondere a una domanda e l’altro, della stessa coppia, che non sentiva, doveva dare la stessa risposta. Come affinità elettive. Ecco, Pino aveva mandato la domanda di partecipazione, non so se ti ho risposto. Eravamo cresciuti bene insieme. (licia pinelli e piero scaramucci, una storia quasi soltanto mia. la breve vita di giuseppe pinelli)
A proposito di America, sbirri e fascisti: il nuovo vecchio presidente degli Usa ha annunciato le nomine della nuova amministrazione. Tra i personaggi illustri ci sono: Elon Musk, alla guida del Dipartimento per l’efficienza governativa (una specie di dipartimento per l’eliminazione delle regole fissate dallo Stato sull’impresa privata, con la scusa della lotta alla burocrazia); Robert Kennedy Junior (il terzo degli undici figli di Robert Kennedy), sostenitore della cura di praticamente tutte le malattie con i raggi del sole; Stephen Miller, fautore del “Muslim ban” del 2017, che impediva ai cittadini di numerosi paesi musulmani di entrare negli Stati Uniti. Il vice? J. D. Vance, per anni nemico giurato del presidente e tra i leader del movimento “Never Trump”, poi divenuto suo fedelissimo. Vance ha investito grosse cifre di denaro nella piattaforma video on-line Rumble (uno Youtube di estrema destra), attribuisce la maggior parte dei mali del paese all’immigrazione irregolare e pensa che l’aborto vada abolito.
Vance si oppone al diritto all’aborto anche in caso di incesto o stupro, ma ritiene che si debbano fare eccezioni per i casi in cui la vita della madre è in pericolo. Si è appellato alla decisione della Corte Suprema nel caso Roe vs. Wade. Durante la preparazione per le elezioni al Senato del 2022, una sezione sul sito della sua campagna recitava semplicemente: “Eliminazione dell’aborto” (traduzione da un articolo di adam nagourney, pubblicato sul new york times il 17 luglio 2024).
Fino al 2021, Vance non aveva mai avuto a che fare con la politica. È stato giornalista, scrittore, ha lavorato in uno studio legale e al fianco di Peter Andreas Thiel, il fondatore di PayPal. In politica estera sostiene la necessità per gli Stati Uniti di non intervenire ulteriormente nei conflitti in corso in Europa e di una politica isolazionista. Con Zelenskyj e Putin si dovrà tornare a parlare quando sarà finita la guerra. O sarà finito il vino:
Merita, in chiusura, una menzione l’ex calciatore olandese Ruud van Nistelrooij, sfortunato “vice” dell’allenatore ten Hag durante la sua disastrosa esperienza sulla panchina del Manchester United. Del Manchester van Nistelrooij é stato una leggenda: è il calciatore che ha raggiunto in meno partite quota cento gol, e per due anni di fila è stato miglior marcatore della Champions League. Dal gol in effetti era ossessionato: Gary Neville, suo capitano, ha raccontato che per almeno tre anni van Nistelrooij è stato sempre di cattivo umore perché non riusciva a staccare l’attaccante francese Henry, rivale dell’Arsenal, nella classifica dei migliori cannonieri della Premier League. Si dice che al termine dell’ultima partita del campionato 2004-05, dopo che Alex Ferguson (con cui aveva più volte litigato) lo aveva tenuto di proposito in panchina con l’obiettivo di non fargli vincere l’agognato trofeo individuale, van Nisterlrooij si avvicinò al suo allenatore mettendogli le mani addosso al grido di “maiale scozzese”.
A dispetto degli ottimi risultati (dieci punti in quattro partite) ottenuti nella sua esperienza di allenatore del Manchester dopo l’esonero di ten Hag, la società ha scelto di sollevare RVN dall’incarico di primo allenatore ma anche di vice, con un messaggio un po’ paraculo del tipo: “Il Manchester United conferma che Ruud van Nistelrooy ha lasciato il club. Ruud è tornato in estate e ha preso in mano la squadra nelle ultime quattro partite come capo allenatore ad interim. Ruud è, e sarà sempre, una leggenda del Manchester United. Siamo grati per il suo contributo e per il modo in cui ha affrontato il suo ruolo durante tutto il suo tempo con il club. Sarà sempre il benvenuto all’Old Trafford”.
Nel caso in cui Ruud dovesse essere tra i lettori di questa rubrica lo consoliamo, e ci consoliamo, così:
(a cura di riccardo rosa)
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¹ Pietro Carloni e Alberto Sordi in: Accadde al commissariato, Giorgio Simonelli (1954)