(disegno di ottoeffe)
Mercoledì il Tg3 ha mandato in onda un video che mostra il lungo inseguimento al
termine del quale è morto Ramy Elgaml, diciannovenne di origini egiziane
ammazzato da un carabiniere lo scorso 24 novembre a Milano. Dal video, e
soprattutto dagli audio, si capisce bene con quale concitazione e rabbia i
carabinieri abbiano cercato di colpire con la loro auto il motorino su cui
viaggiavano Ramy e il suo amico Fares. I carabinieri si dicono tra loro che Ramy
ha perso il casco, ma nonostante ciò continuano a cercare di speronare il mezzo,
fino allo schianto finale contro un palo. Dalle immagini si vede anche il
momento in cui due militari si avvicinano a un ragazzo, testimone
dell’incidente, per fargli cancellare il video con cui aveva ripreso la scena
(circostanza raccontata dallo stesso ragazzo ai magistrati).
Ci vorrebbe non un breve articolo ma un libro, per raccontare le storie di tutte
le persone che sono state ammazzate nel nostro paese dalle forze di polizia. Un
importante sforzo è rappresentato dalle schede costruite nel corso degli anni da
Acad – Associazione contro gli abusi in divisa. Mi limito quindi a ricordare
solo alcuni tra loro, considerando i recenti o prossimi importanti anniversari
dell’assassinio.
Lo scorso 5 settembre, per esempio, è ricorso il decimo anniversario della morte
di Davide Bifolco, sedicenne ammazzato da un carabiniere in servizio a Napoli,
al termine di un inseguimento. Quando è stato sparato, Davide era a terra,
disarmato. Il 29 febbraio saranno invece passati cinque anni dalla morte di Ugo
Russo, quindici anni, sparato alle spalle da un carabiniere fuori servizio
mentre scappava dopo un tentativo fallito di rapina.
Sempre a febbraio, il 6 del mese, ma del 2010, moriva invece Aziz Amiri, ucciso
da un carabiniere dopo un tentativo di fermo, con una Beretta calibro 9 non in
ordinanza all’agente. Sempre quindici anni fa, il 21 settembre 2010, moriva
anche Roberto Collina, dopo una colluttazione con due agenti in borghese, fuori
servizio, nel comune di Largo Campo, in provincia di Salerno.
A settembre, il 25 per la precisione, saranno passati vent’anni dalla morte di
Federico Aldrovandi, diciottenne al momento della sua morte, pestato brutalmente
con calci, pugni e manganellate da una pattuglia di poliziotti, e poi morto una
volta immobilizzato al suolo per “asfissia da posizione”.
Luglio 2025: sarà il decimo anniversario della morte di Mauro Guerra, trentatré
anni, sparato da un carabiniere in un campo di sterpaglie poco distante da casa
sua, a Carmignano di Sant’Urbano (in provincia di Padova), dopo un tentativo di
trattamento sanitario obbligatorio. «Mauro era stato bloccato, già gli era stata
infilata una delle manette ma il carabiniere lo ha aggredito e lui ha reagito
con due o tre pugni. […] È andato via camminando, ma l’agente gli ha sparato
alle spalle. E gli altri carabinieri, che erano a cento metri, quando sono
arrivati hanno continuato a prenderlo a calci mentre già era a terra», la
testimonianza dei familiari.
Nell’aprile 2020, cinque anni fa, moriva nel carcere di Santa Maria Capua Vetere
Hakimi Lamine, che qualche settimana prima era stato tra i detenuti
violentemente pestati nel corso della Mattanza operata dagli agenti di polizia
penitenziaria, e non solo. Dopo il pestaggio Hakimi era rimasto fino alla sua
morte in isolamento punitivo (qui un diario del processo in corso)
Ne approfitto per segnalare che tra gennaio e febbraio ci saranno due iniziative
a Napoli, all’università L’Orientale, su questi temi, organizzate da dottorandi
e dottorande in Studi Internazionali: il 20 gennaio (ore 10:30, palazzo Giusso,
Sala Dottorato) un seminario con Enrico Gargiulo dell’università di Torino, e
Gaia Tessitore, avvocato del foro di Napoli); il 3 febbraio una mostra – dalle
10 alle 18, palazzo Giusso, Sala Dottorato – sui familiari dei cittadini uccisi
dalle forze dell’ordine (la mostra è promossa da Amnesty International con foto
di Antonio De Matteo, che incontrerà gli studenti alle 15 insieme a Francesca
Corbo, Luigi Manconi, i familiari di Davide Bifolco e quelli di Ugo Russo).
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2025/01/polizia-parolasettimana.mp4
(credits in nota1)
(a cura di riccardo rosa)
__________________________
¹ Immagini da:
Sulla mia pelle, di Alessio Cremonini (2018)
The Sleepers, di Barry Levinson (1996)
Blue Bayou, di Junstin Chon (2021)
Colorblind, di Mostafa Keshvari (2023)
Judas and the Black Messiah, di Shaka King (2021)
A Clockwork Orange, di Stanley Kubrick (1971)
Hunger, di Steve McQueen (2008)
Tag - rubriche
(disegno di peppe cerillo)
Il primo dicembre la preside del Liceo Virgilio organizza una manifestazione
contro l’occupazione della scuola (sic!) in piazza Santi Apostoli, convocando
insegnanti, studenti e genitori contrari. Il due il tribunale rinvia di un’altra
settimana l’udienza per Tiziano L., dopo due mesi di arresti domiciliari per
presunta aggressione a un poliziotto che stava caricando contro la
manifestazione per la Palestina del 5 ottobre (nonostante i video dimostrino
chiaramente che l’accusa è falsa). Due ladri entrano nella villa di Berlusconi
sull’Appia antica. Il tre il Movimento per l’abitare manifesta per il blocco
degli sfratti sotto la sede di Confedilizia, dietro via Condotti. Nel
pomeriggio, a piazza Vittorio, si inaugura la trasformazione degli storici
Magazzini Allo Statuto (MAS) in un Museo della Moda. Il cinque maxi operazione
di polizia al Quarticciolo, dove a ottobre c’era stata una manifestazione
“contro le occupazioni”. Polizia, carabinieri, vigili, uniti per sgomberare le
case popolari occupate. Intanto, alla celebrazione per i centoventi anni della
sinagoga, il rabbino capo di Roma insiste sull’antisemitismo “in crescita dal 7
ottobre”.
Il sei l’Atac inaugura una nuova pensilina “smart” per l’attesa degli autobus:
il nome ufficiale è “eterna”, sembra uno scherzo. Condannato a sei anni di
carcere l’imprenditore Ricucci per una truffa immobiliare. Sempre il sei,
conferenza nazionale autogestita per la salute mentale a San Lorenzo. Il sette
un uomo viene ucciso a coltellate durante una lite nell’androne di un palazzo
sul litorale, a Nettuno. Manifestazione studentesca verso il Campidoglio contro
il Giubileo, contro il caro affitti e contro il sindaco: “Nessuna indulgenza per
Gualtieri”, è lo slogan. L’otto a piazza di Spagna un’attivista animalista
spagnola si avventa sul Papa con un cartello “Basta benedire le corride”. Il
nove a Ostia le onde raggiungono i due metri di altezza, infliggendo il colpo di
grazia allo storico stabilimento Kursaal, già danneggiato. Il dieci nuova
udienza in tribunale e presidio per Tiziano L., finalmente libero. Arrivano a
Roma il re e la regina di Spagna, che dopo una grande festa all’Accademia sul
Gianicolo, l’undici partecipano a un’offerta propiziatoria all’Altare della
Patria a piazza Venezia. Durante il festeggiamento con Mattarella al Quirinale,
la regina rimarrà senza corona per non umiliare il suo omologo repubblicano.
Negli stessi giorni gira per Roma anche Thom Yorke, che ha comprato un attico in
Campo Marzio; il dodici arriva il presidente argentino Milei, a cui viene
regalata la cittadinanza, negata a migliaia di persone nate in Italia.
Il tredici sciopero di USB e corteo studentesco da piazzale Aldo Moro; sciopera
anche la Rete Università e Ricerca per la Palestina. Sabato quattordici c’è
un’enorme manifestazione nazionale contro il DDL 1660: si muovono cento pullman
da tutta Italia, il corteo attraversa Villa Borghese, riesce a entrare in centro
e riempie tutta piazza del Popolo. Per la questura c’erano solo settemila
persone: ma non ci credono neanche loro, visto che la capienza della piazza è di
sessantamila. La notte un ragazzo che probabilmente usciva dal lavoro viene
investito e lasciato agonizzante sulla Tiburtina, è il cinquantesimo pedone
ucciso con una macchina nel 2024. Il sedici l’Università Roma Tre conferisce una
laurea honoris causa a una magistrata della Corte Suprema israeliana,
confermandosi come l’università della capitale più legata al sionismo e ai suoi
tentativi di riscrivere il diritto internazionale. Intanto, dibattiti sulla
presenza del trapper Tony F. al concerto di Capodanno. Il diciassette il
Prefetto annuncia settecento nuovi agenti per Roma durante il Giubileo. Gli
artificieri recuperano una bomba inesplosa a San Lorenzo, un residuo dei
bombardamenti statunitensi del 1943, vicino alla sede dei Cavalieri di Colombo.
Il diciotto una settantina di manifestanti entrano nella sede romana di Leonardo
S.p.A. sulla Tiburtina, in protesta contro l’attacco alla rivoluzione curda in
Rojava e al popolo palestinese a Gaza, con armi, elicotteri e dispositivi
prodotti anche da Leonardo.
Il diciannove si celebra l’ennesimo processo a Stella B. per le manifestazioni
studentesche contro la Palestina: la sentenza arriverà a gennaio. Sabato ventuno
ancora manifestazione per la Palestina a piazza Vittorio; e il ventidue diverse
attiviste e attivisti srotolano una grande bandiera palestinese a piazza del
Pantheon. Il ventitre crolla un albero in un parco sulla Tiburtina, uccidendo
una donna davanti ai suoi tre figli; nei giorni precedenti c’erano già stati
morti sulle strade (a Velletri, a San Basilio) e due pescatori erano annegati
davanti a Focene.
Il ventiquattro sera arriva l’agognata apertura dell’Anno Santo e della Porta
Santa: migliaia di persone si affollano a piazza San Pietro e all’inizio di via
della Conciliazione, senza incidenti notevoli, anche grazie alla presenza
massiccia di forze dell’ordine dello stato italiano; fermato un gruppo di sette
persone “di nazionalità straniera” secondo i giornali, che portavano uno
striscione con scritto “Cancellate il debito”. Eppure cancellare i debiti era
proprio il senso del Giubileo. Durante la notte, una donna senza casa muore di
freddo, proprio lì su via della Conciliazione. Anche il giorno di Natale, il
venticinque, muore di freddo un uomo di cinquanta anni che viveva in una tenda a
Ostia.
Il ventisei il papa apre simbolicamente la porta della cappella del carcere di
Rebibbia, che definisce “una cattedrale del dolore e della speranza”. La
speranza, filo conduttore di questo Giubileo, la ritroviamo anche nel motto
della polizia penitenziaria: diffondere speranza è il nostro dovere. Il
ventisette un altro morto in strada, a San Basilio, un altro ancora il ventinove
alla Borghesiana, mentre si apre la seconda porta santa, quella della basilica
di San Giovanni, ma questa volta il Papa non è presente. Il trenta mattina
violento sgombero al ForteLaurentino: poliziotti antisommossa caricano sulla
folla che protesta, due feriti, due fermati processati per direttissima (il
trentuno presidio davanti al tribunale in solidarietà con i processati).
L’anno finisce con la manifestazione intorno al carcere di Rebibbia; perché
mentre fuori si celebra, si protesta, si discute, si posta, si twitta, si
sparla, si scrive, si scrocca, si specula, si sfratta, si perde, si guadagna, si
ride e si scherza, più di sessantamila persone sono tagliate fuori da tutto
questo, chi per qualche tempo, chi per anni, chi per sempre. Per chi è rinchiuso
in carcere, per chi non ha neanche la libertà di scegliere dove stare, non
bastano la speranza nell’anno nuovo, nel Giubileo, nel futuro: ci vuole qualcosa
di molto diverso. E finché non si liberano loro, non ci liberiamo neanche noi.
(stefano portelli)
(disegno di ottoeffe)
Nel rifugio capitava pure gente avventizia: passanti casuali oppure qualche
personaggio senza recapito: accattoni, prostitute da poco prezzo, trafficanti di
borsa nera […]. Alcuni di costoro, provenienti da Napoli, raccontavano che la
città, dai cento bombardamenti che aveva avuto, era ridotta a un cimitero e un
carnaio. Tutti quelli che potevano ne erano fuggiti; e i poveri pezzenti che
c’erano rimasti, per ripararsi andavano ogni sera a dormire dentro le grotte,
dove avevano portato materassi e coperte (elsa morante, la storia).
C’è un posto, nell’università che ho frequentato negli ultimi due anni grazie a
una borsa pagata dal Pnrr (vale la pena sottolinearlo perché con la riforma
Bernini, e con la fine della sfrenata stagione di ripresa&resilienza, la ricerca
accademica si appresta a chiudere definitivamente bottega, il che considerando
la situazione attuale potrebbe pure non essere un male), che tutti chiamano
“aula bunker”. Si dice fosse il vecchio appartamento di un custode, e in effetti
la struttura a stanze e il bagno da casa della nonna lascia pensare che sia
così. Non è il massimo del comfort, ma le stufe ci sono, l’affaccio su piazza
Banchi Nuovi rende gradevoli le pause, e di recente siamo riusciti ad avere una
stampante-fotocopiatrice.
Dentro al bunker, in questi due anni, sono confluite un po’ di persone legate in
maniera diversa all’università, e confrontandosi hanno pianificato e organizzato
iniziative, costruito alleanze dentro e fuori l’università, creato – con alterne
fortune – un minimo di conflitto, fatto insomma quello che si dovrebbe fare
quando si sta dentro un’istituzione e se ne vedono tutti i limiti: politica.
Tra le iniziative organizzate nei prossimi mesi e partite dal bunker ci sono due
seminari interessanti: uno a febbraio, con una docente
e ricercatrice dell’università dell’East London che racconterà il processo di
resistenza degli abitanti di Dalston – a cui ha partecipato con i suoi studenti
– contro il tentativo di “rigenerazione urbana” (ovvero “capitalizzazione
economica”) del quartiere; l’altro con uno tra i più meticolosi studiosi delle
forze di polizia del nostro paese, anche lui docente all’università di Torino.
«Presidente, ne approfitto per comunicarvi che l’avvocato Marziale, che difende
la posizione della parte civile Fakhri Marouane mi ha appena notiziato […] che
il suo assistito purtroppo si è dato fuoco in carcere a Pescara. È in condizioni
gravissime, è stato trasportato in eliambulanza sabato a Bari, dove attualmente
è ricoverato».
Il ragazzo marocchino aveva trent’anni ed è morto dopo due mesi di agonia in
quell’ospedale. Era nel gruppo selezionato dei quattordici il giorno
della Mattanza; prelevato con la forza dalla sua cella, aveva percorso il
“corridoio umano” prendendo diversi pugni e calci. […] Dopo il corridoio, giunto
nella saletta della socialità, Fakhri è costretto a inginocchiarsi al cospetto
degli agenti e a strisciare fino al muro della stanza; alzarsi in piedi e poi
inginocchiarsi di nuovo dinanzi all’altro agente di polizia. (estratti
dalla puntata n.7 di Diario dal bunker, una rubrica della redazione di Napoli
Monitor sul processo per le violenze della polizia nel carcere di Santa Maria
Capua Vetere)
Qualche giorno fa il rapper Marracash ha pubblicato un nuovo disco, È finita la
pace, suo settimo album. Il pezzo migliore è Factotum: primo perché parla di
cose di cui nessuno parla più (i lavoratori, gli operai, gli sfruttati, il lento
crepare non solo alla fine, ma anche in mezzo tra il “produci” e il “consuma”) e
poi perché mostra che anche se si fa successo si può continuare ad avere
contatto con la realtà – rifuggendo per quanto possibile il rifugio – e
raccontarla.
Il lavoro debilita l’uomo,
non rinuncio la sera all’uscita,
vado a letto la notte che muoio e mi sveglio che sono quasi in fin di vita.
Oggi in un cantiere io e un eritreo,
metto canaline su un piano intero.
In pausa stecchiti
dormiamo in cartoni imbottiti di lana di vetro.
La vita è “produci-consuma-crepa”
chiunque di noi prima o poi lo accetta
che si crepa già prima di finire sottoterra.
Produco il mеno possibile, rubo il rubabile, per ritardare che mi crepi l’anima,
poi fuori fa scuro e ognuno va nel formicaio in cui abita.
La pace come condizione strutturale non è più un orizzonte, e lo si è capito da
un po’. È opinione comune che viviamo tempi cronicamente bellici, dove per
guerra è limitante intendere solo le bombe e le granate contro popoli e
territori di conquista, ma anche quella quotidiana ai poveri, ai migranti,
ai marginali, a chi protesta.
Tempo fa lessi che Zuckerberg si stava costruendo un gigantesco bunker
antiatomico in Nuova Zelanda. A inizio settimana, più modestamente, ho visto un
paginone sul Corriere della Sera in cui si pubblicizzava un kit di difesa ai
CBRN (chimici, batteriologici, radiologici, nucleari): mille e duecento euro
trasporto e iva inclusi, da febbraio 2025, per proteggersi dagli attacchi
nemici.
In quei primi anni le strade erano affollate di profughi imbacuccati dalla testa
ai piedi. Protetti da maschere e occhialoni, seduti tra gli stracci sul bordo
della strada come aviatori in rovina. Carriole piene di cianfrusaglie. Carri e
carretti al seguito. Gli occhi spiritati in mezzo al cranio. Gusci di uomini
senza fede che avanzavano barcollanti sul selciato come nomadi in una terra
febbricitante. La rivelazione finale della fragilità di ogni cosa. Vecchie e
spinose questioni si erano risolte in tenebre e nulla. L’ultimo esemplare di una
data cosa si porta con sé la categoria. (cormac mccharty, la strada)
Una mattina di un bel po’ di anni fa ero in treno con alcuni amici. Era la prima
volta che prendevamo un’alta velocità, tutto era nuovo e pulito, e i viaggiatori
apparivano molto soddisfatti di poter percorrere il tragitto tra Napoli e Roma
in un’ora. Uno tra noi quattro o cinque, credo, non aveva il biglietto. La
controllora lo scoprì e, con disgusto, al nostro rifiuto di pagare ci intimò di
consegnarle i documenti. Si lasciò scappare, poi, qualcosa sul fatto che su quel
tipo di treno, non erano ammessi comportamenti del genere, e che avremmo dovuto
vergognarci di un gesto simile. Il mio amico le rispose che quella cosa si
chiamava “Repubblica di Weimar” e che “dopo di questo c’è il nazismo”. Lei non
colse, ma alla fine non ci fece la multa e neppure lo fece identificare dalle
guardie.
C’è una scena nella versione televisiva de La paura numero uno (commedia di De
Filippo del 1950) in cui Eduardo prova a spiegare a una perplessa Luisa Conte il
rapporto tra consumo compulsivo e guerra.
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2024/12/paura-n1def.mp4
(credits in nota1)
Insomma, più la fine è vicina, ci dice anche Pasolini, più l’asticella si alza.
E nulla è meglio di una villa a Salò, come bunker.
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2024/12/salo.mp4
(credits in nota2)
Rifugiati in bunker anti-nucleari
nuje ce l’ammo guadagnata ‘st’aria:
meno uommene, cchiù vuommeche;
‘na sola banca emette carta straccia
e nun è manco eletta pe’ suffragio.
E a nuje ce spetta ‘e muri’ pe’ ‘na causa
pecchè suffri’ vo’ dicere curaggio.
(enzo avitabile ft. co’sang, maje ‘cchiù)
(a cura di riccardo rosa)
_________________________
¹ Eduardo De Filippo e Luisa Conte in: La paura numero uno, Eduardo De Filippo
(1964, versione televisiva)
² Paolo Bonacelli, Uberto Paolo Quintavalle, Hélène Surgère, Sonia Savange in:
Salò o le 12o giornate di Sodoma, Pier Paolo Pasolini (1975)
E se tu la credevi vendetta
il fosforo di guardia segnalava la tua urgenza di potere,
nentre ti emozionavi nel ruolo più eccitante della legge,
quello che non protegge:
la parte del boia.
(fabrizio de andrè, sogno numero due)
I giornali di tutto il mondo si sono arrovellati per giorni perché non
riuscivano a cogliere la motivazione più profonda che ha portato il ventiseienne
Luigi Mangione ad ammazzare Brian Thompson, amministratore della United Health
Care, negli Stati Uniti.
Le eventuali motivazioni che lo hanno spinto al gesto estremo dello scorso 4
dicembre saranno presumibilmente principale materia per le indagini. (luca
celada, il manifesto)
L’insospettabile Mangione vanta un curriculum scolastico specchiato, nessun
profilo da killer professionista né da “uomo addestrato” capace di uccidere
nonostante la pistola […] si fosse inceppata. Se mai ci dovesse essere un
movente omicida va ricercato nella profonda ostilità del ventiseienne nei
confronti del sistema capitalistico. (domenico di cesare, rainews.it)
There are things police know and things they are still working through,
including the motive. (marcia kramer e tim mac nicholas, cbs.news)
Devo aver sviluppato nel tempo una certa capacità di leggere nel pensiero delle
persone, perché a me queste motivazioni non sembrano così oscure, considerando
tra l’altro che Mangione si portava dietro una sorta di “manifesto” in cui erano
descritti gli abusi che le compagnie di assicurazioni “continuano a perpetrare a
scopo di immenso lucro contro il paese” e che “francamente questi parassiti se
lo meritano”. Si deve poi tenere conto del fatto che una buona parte della
popolazione americana è letteralmente in ostaggio delle assicurazioni sanitarie,
un business da oltre mille e cinquecento miliardi l’anno, e che produce utili di
livello mostruoso (solo per la United Healt parliamo di trecentosettanta
miliardi nel 2023). Ah, oltre centocinquantamila famiglie americane, ogni anno,
non riescono a pagare i debiti contratti con le assicurazionil’anno precedente.
La prima cosa che mi è venuta in mente quando ho letto la notizia è quel libro
di Don DeLillo in cui si segue il destino di un giovane multimiliardario che,
dalla sua limousine rivestita di marmo di Carrara, gestisce faraonici affari,
perdendo enormi quantità di soldi giocando in borsa. Intanto, intorno a lui New
York va in fiamme, travolta da una rivolta anticapitalista.
Non vale questa modesta rubrica lo spoiler di un libro così bello, ma si può
almeno dire che Cosmopolis è una delle cose più chiare e feroci scritte contro
il capitalismo, e su un futuro in cui “il topo diventerà l’unità monetaria”.
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2024/12/cosmopolis-copia.mp4
(credits in nota1)
I know a mouse, and he hasn’t got a house
I don’t know why I call him Gerald.
He’s getting rather old, but he’s a good mouse.
(pink floyd, bike)
In psicologia, “motivazione” è “quanto concorre a determinare il comportamento
di un individuo o anche di una collettività”.
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2024/12/demotivtore.mp4
(credits in nota2)
Due brevi storie da raccontare, sebbene note ai più.
Storia numerouno. 1975, i Pink Floyd sono ad Abbey Road a registrare alcuni
pezzi di quello che sarà Wish you were here. Il gruppo deve fare a meno del
genio psichedelico di Syd Barret, uscito nel ’68 perché non riesce nemmeno più a
reggersi in piedi sul palco, a causa delle tante e devastanti dipendenze. Barret
era un ragazzo bellissimo, ma quel giorno si presenta in studio senza capelli e
molto grasso (“Ho un frigo gigante pieno di carne di maiale”, spiegherà), tanto
che i suoi amici in un primo momento non lo riconoscono. Dopo qualche minuto gli
fanno ascoltare Shine on you crazy diamond, la canzone che hanno appena
registrato e che tra l’altro è quella che contiene più riferimenti all’ex
chitarrista. Quando gli chiedono un parere, lui fa una smorfia e commenta: “Non
mi pare un granché, suona un po’ vecchia”. La sera, prima di andare a una festa
insieme al gruppo, Barret se ne va senza salutare né dir niente. Nessuno dei
suoi amici lo rivedrà mai più, fatta eccezione per Waters, che lo incontrerà una
volta per caso da Harrods. Dopo quell’incontro, però, scriveranno per lui Wish
you were here, una delle più belle canzoni della storia della musica.
Storia numero due. 1993, dopo un disastroso girone di qualificazione l’Argentina
deve affrontare l’Australia in uno spareggio per conquistarsi l’accesso al
mondiale. Sarebbe il primo mondiale dal 1978 senza Maradona, squalificato per
uso di cocaina nel 1991 e da pochissimo tornato in campo col Siviglia. La Fifa,
come sempre, approfitta della situazione, e terrorizzata dal rischio flop del
mondiale americano pensa di buttare nella mischia il calciatore più forte e
famoso di tutti i tempi. Il presidente Blatter fa un lavoro diplomatico enorme,
garantisce che non sarà oggetto del controllo antidoping, e di fatto fa
convocare Maradona per la doppia sfida con i canguri. Diego non si tira
indietro, è un po’ disgustato ma vuole vincere il mondiale per le sue figlie,
che nell’86 non erano ancora nate, e avevano negli occhi solo le lacrime per la
finale rubata nel 1990 dalla “mafia federale italiana”. In America Diego sarà
scaricato dalla stessa Fifa (lo racconta bene in
quest’intervistaquest’intervista rilasciata a Gianni Minà subito dopo la nuova
squalifica), ma in quelle due partite fece il suo, servendo l’assist a Balbo per
il gol all’andata, e combattendo fino alla fine nell’uno a zero del Monumental.
Tutto questo per dire che si avvicina il nuovo anno. La guerra è alle porte, il
capitalismo ci sta divorando e il topo non è ancora unità monetaria. Trovatevi
qualcuno che vi dia motivazioni come Syd Barret ai Pink Floyd e Diego Maradona
ai suoi compagni prima di Argentina-Australia.
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2024/12/diego.mp4
.
(a cura di riccardo rosa)
_________________________
¹ Cosmopolis (2012), un film di David Cronenberg
² Toni Bonji nei panni del Demotivatore
(disegno di malov)
La notte tra il primo e il 2 novembre muore Santo Romano, diciannove anni,
ucciso da un proiettile sparato da un diciassettenne, in una strada di San
Sebastiano al Vesuvio. La vittima, promettente portiere di calcio della squadra
Micri di Volla (militante nel campionato di Eccellenza), è giunta ancora in vita
all’Ospedale del Mare, ma lì è deceduta poco dopo. Il 2 muore anche un operaio
ghanese cinquantatreenne, caduto da un’impalcatura di tre metri mentre lavorava
per la ristrutturazione di un negozio a Portici. Il 4 vengono arrestate sei
persone riconducibili a una “banda del buco” che svaligiava e rapinava fast food
e altre attività commerciali. Il loro capo è Mario Mazza, sessant’anni, detto ‘o
Zio, specialista in esplosioni e operazioni sottoterra. La banda aveva
svaligiato di recente un fast food a piazza Carità, percorrendo un chilometro e
mezzo di cunicoli, tra quelli già esistenti e quelli appena scavati, venendo
fuori nelle vicinanze del porto. Lo stesso giorno il Vaticano annuncia che il
prossimo 7 dicembre l’arcivescovo di Napoli, Domenico Battaglia, sarà nominato
cardinale. Battaglia commenta dicendo che porterà con sé “le gioie e le
speranze, le tristezze e le angosce dei poveri e di tutti coloro che soffrono
nel nostro Meridione e in tutti i Sud del mondo”.
Martedì 5 viene approvata al consiglio regionale della Campania la proposta di
legge che apre la strada a un terzo possibile mandato per il presidente De Luca.
Prima del voto, durante l’intervento di un esponente di Italia Viva, De Luca
mostra all’aula un corno portafortuna. Una sola consigliera del Pd si astiene.
Lo stesso giorno ottantuno migranti di diverse nazionalità sbarcano a Napoli
sulla nave Solidaire. Sempre il 5, la Procura di Roma contesta al presidente del
Napoli, Aurelio De Laurentiis, il reato di falso in bilancio, in relazione alla
compravendita del calciatore greco Kostas Manolas (2019).
Il 6 viene diffusa dalla stampa una lettera con cui i genitori del minorenne reo
confesso dell’omicidio del giovane Santo Romano si rivolgono ai familiari della
vittima. Padre e madre dell’assassino chiedono il perdono dei genitori di
Romano, raccontano la storia del figlio, dei loro tentativi inutili di tenerlo
sotto controllo e fargli seguire le terapie psichiatriche che gli erano state
prescritte. “Perdere un figlio – scrivono – è una cosa inaccettabile,
inspiegabile, un dolore che vi accompagnerà per tutta la vita. Siamo una
famiglia umile, normale, come tante. Il ragazzo è sempre stato curato e seguito,
da piccolo dalla neuropsichiatria infantile, ma due anni fa è diventato
ingestibile. Rifiutava medicinali e visite. […] Nostro figlio ha distrutto la
vostra famiglia ma anche la nostra”. La madre di Giovanbattista Cutolo,
musicista di ventiquattro anni ucciso da un sedicenne nell’agosto del 2023,
aveva commentato al Corriere della Sera il nuovo omicidio il giorno prima,
sostenendo che “moriremo tutti uccisi da bambini killer. […] Le carceri minorili
sono diventate ormai dei centri ricreativi dove non vengono fatti fare percorsi
nei quali i ragazzi prendono coscienza dei loro reati, ma hanno la Play Station,
fanno corsi di pizza, addirittura fanno le cravatte di Marinella”.
Il 7 i giornali fanno un bilancio del concorso per infermieri indetto dall’Asl
Napoli nord e svoltosi alla Mostra d’Oltremare qualche giorno prima. Cinquemila
candidati per trenta posti. La notte successiva muore Arcangelo Correa,
diciottenne incensurato, ucciso da un proiettile sparato per errore da suo
cugino diciannovenne. Il ragazzo, costituitosi, ha detto di aver pensato di
avere in mano una pistola finta e di essersi reso conto che fosse una vera arma
solo al momento dello sparo.
Il 9 Goffredo Fofi stronca sul Corriere del Mezzogiorno l’ultimo film di Paolo
Sorrentino. Parthenope è “superficiale storicamente e antropologicamente, è di
una scarsa poesia, con un fiacco personaggio centrale a sostenerla”. Nel film
San Gennaro è “chiamato in causa con rozzezza” e il suo regista è un
“chiattillo”.
Il 12 all’Albergo dei Poveri si svolge la seconda edizione della Maratona di
ascolto e confronto tra Comune, associazioni e un comitato tecnico-scientifico
per il percorso “Napoli ascolta. Democrazia partecipata per il Centro storico
Unesco”. Tema centrale è quello della videosorveglianza, con un bilancio
dell’esistente e – scrive il Corriere del Mezzogiorno – “un check sugli impianti
da realizzare quartiere per quartiere. […] Al momento sono in arrivo
quattrocento cinquantotto nuove telecamere” che si aggiungeranno alle quasi
mille già presenti.
Il 13 Luigi Roano scrive sul Mattino che non è il disagio sociale, l’abbandono,
la violenza dilagante, l’insufficienza delle risposte istituzionali,
l’inconsistenza del terzo settore, ma “le scorribande dei motorini guidati da
centauri giovanissimi, scatenati e armati, a lasciare una scia di sangue di
ragazzi sulle strade di Napoli”. La risposta individuata dal ministro
dell’interno Piantedosi è un piano straordinario per il sequestro dei veicoli a
due ruote utilizzati in maniera pericolosa durante la notte. Per Roano,
“togliendo dalla strada quei motorini – che spesso non sono in regola perché
senza assicurazione, o potenziati o addirittura rubati – si dovrebbe attenuare
anche il triste fenomeno del gangsterismo urbano di bande che dal loro quartiere
si spostano verso altri per dichiarare guerra alle bande rivali”. Lo stesso
giorno parte l’operazione “Natale a Napoli”: una delibera che sgrava i pastorai
di San Gregorio Armeno dalla tassa di occupazione di suolo in cambio della
collaborazione nelle operazioni di sorveglianza e sicurezza dell’area.
Lunedì 18 tre persone muoiono a causa di una esplosione in un capannone a
Ercolano. Si apprenderà successivamente che si trattava di una fabbrica illegale
di fuochi di artificio. I tre “lavoratori” (la paga che ricevevano era di
venticinque euro al giorno) erano giovanissimi: Samuele Tafciu aveva diciotto
anni, era al suo primo giorno di lavoro, ed era padre di una bambina di quattro
mesi. Sara e Aurora Esposito erano gemelle, avevano ventisei anni, e una di loro
(Aurora) aveva una figlia di quattro.
Il 19, per l’ennesima volta, la Linea 6 della metropolitana di Napoli lavora a
scartamento ridotto. Viaggia un solo treno, dalle 10 alle 13, soltanto sulla
tratta tra Mergellina-Municipio. Tagliate fuori le tre stazioni di Fuorigrotta:
per un funzionamento completo, efficace e regolare, la data individuata slitta
al 20 dicembre. Qualche giorno dopo sui giornali si apprende che la stazione di
Chiaia di questa stessa linea riceverà in Francia il Prix Versailles per essere
stata scelta tra le sei migliori al mondo.
Il 21 gli studenti delle università L’Orientale e della Federico II bloccano per
quarantott’ore, occupandole, due sedi dei rispettivi atenei. Protestano contro
il genocidio in Palestina e contro il coinvolgimento dell’Italia nelle politiche
di guerra a livello internazionale.
Il 22 un operaio ventinovenne viene travolto da una tettoia mentre lavora in un
cantiere nel centro commerciale MaxiMall di Torre Annunziata. Rimane
miracolosamente illeso. Muore invece una donna cinquantenne precipitata dal
trentesimo piano dell’hotel NH Panorama, nel centro della città. Lo stesso
giorno un trentanovenne napoletano viene arrestato mentre cerca di entrare in
Italia dal confine svizzero con un carico di pellicce di contrabbando. Oltre a
pellicce di lince e giaguaro (specie protette) trasportava un’arma da fuoco
detenuta illegalmente.
Il 25 quindici persone ritenute organiche al clan Esposito/Marsicano vengono
arrestate a Pianura perché “gravemente indiziate” di associazione di tipo
mafioso, tentato omicidio, detenzione e porto di armi da fuoco, estorsione,
utilizzo illecito di telefoni in stato di detenzione e spaccio di stupefacenti.
Gli arresti sono frutto di indagini avviate dopo il sequestro di persona e il
successivo omicidio di Andrea Covelli, il cui corpo era stato trovato a luglio
2022 in contrada Pignatiello. Il 26 i commercianti di piazza Dante minacciano la
“serrata” per protestare contro la scarsa sicurezza nella piazza e il “rodeo” di
motorini che girano a tutta velocità spaventando o aggredendo i passanti. Il
prefetto aumenta il numero di soldati e poliziotti, poi incontra i commercianti
e la protesta rientra.
Il 27 il Corriere del Mezzogiorno pubblica un’intervista a Italo Bocchino.
Titolo: “Io di destra ho avuto store d’amore con due deputate Pd”. Tralasciando
le prime quindici righe in cui Roberto Russo si sofferma sulla fama da tombeur
de femmes di Bocchino, tra gli spunti più interessanti, riportiamo i
virgolettati: “Gli atteggiamenti fascistoidi e razzisti non appartengono a chi
milita in Fratelli d’Italia”; “Matteotti è stato un eroe coraggioso. […] La
sinistra lo ritiene ingombrante e vecchio, si occupa più di Michela Murgia che
di lui”; “Sangiuliano è un uomo di un’intelligenza pazzesca”. Lo stesso giorno
scoppia la polemica a Sant’Anastasia per la scelta di intitolare una rotonda al
fondatore del Msi Giorgio Almirante, ministro fascista per la cultura popolare
nel governo nazi-collaborazionista di Salò. L’iniziativa parte da un consigliere
di Fratelli d’Italia. Il sindaco si difende: “Non l’ho condivisa molto”.
Il 28 novembre i giornali riportano gli esiti del processo per l’incendio di
Città della Scienza del 2013. Paolo Cammarota, ex vigilante, non aveva favorito
l’ingresso dei piromani nella struttura, né tantomeno azionato le bombe.
Mandante ed esecutore rimangono quindi ignoti. Sono certi, invece, tredici (o
forse quindici, scrivono i giornali), i milioni di euro incassati per la
ricostruzione del museo, avvenuta però solo in minima parte. La notte seguente
Emanuela Chirilli, turista ventottenne nata in provincia di Lecce, perde la vita
nel corso di un incendio avvenuto in una struttura ricettiva nei pressi di
piazza Municipio.
Il 29 la città si ferma per lo sciopero generale. Tra picchetti all’esterno
delle fabbriche, manifestazioni, cortei e presidi, scendono in piazza lavoratori
iscritti a due sigle su tre dei sindacati confederali, a tutte quelle dei
sindacati di base, e poi precari dell’università, movimenti contro la guerra,
solidali al popolo palestinese e cittadini che denunciano il genocidio in atto a
Gaza e in Cisgiordania. (redazione napoli)
(disegno di peppe cerillo)
Il primo novembre al Circo Massimo apre il Villaggio della Difesa, enorme fiera
dell’Esercito, con zone in cui, per esempio, i bambini possono giocare a stanare
mine antiuomo. Nel ponte del 2, mentre le piogge torrenziali provocano centinaia
di morti intorno a Valencia, le spiagge di Ostia si riempiono di bagnanti. Il 4
è la giornata delle forze armate, in memoria dei massacri della Prima guerra
mondiale, di cui la capa del governo fa apologia nel suo discorso ufficiale. La
Rete universitaria per la Palestina celebra uno “Stop genocide day”: centinaia
di persone lasciano aule e insegnamento per seguire un seminario di Omar
Barghouti, fondatore del movimento di boicottaggio a Israele, altri fanno gesti
di disobbedienza contro la militarizzazione di scuole e università; il
Laboratorio ebraico antirazzista protesta davanti al Villaggio della Difesa. La
notte un gruppo di abitanti di Rocca Cencia blocca i camion diretti
all’inceneritore, preoccupati per l’aumento dei miasmi. Martedì 5 studenti e
studentesse del Liceo Albertelli (di fronte a Santa Maria Maggiore) occupano la
scuola in solidarietà con la Palestina e “per cambiare tutto”. È la prima
occupazione della stagione. Il 6 grossi controlli polizieschi tra Centocelle e
Quarticciolo, un elicottero sorvola la Togliatti per ore. Sulla Tiburtina,
altezza GRA, un carabiniere pesantemente ubriaco alla guida travolge una
macchina dei vigili: uno di loro perde una gamba. Mancano cinquanta giorni
all’apertura della Porta Santa che segna l’inizio del Giubileo 2025: ma su
duecentoquattro cantieri aperti a Roma, solo cinque sono stati terminati.
Il 7 presidio per la Palestina davanti alla rappresentanza UE in via Quattro
Novembre. Il ministro Valditara sospende un insegnante di Roma, reo di averlo
attaccato politicamente: per tre mesi sarà fuori servizio, a metà stipendio. I
suoi studenti al Liceo Archimede manifestano in solidarietà. Nel pomeriggio don
Coluccia, “prete antimafia”, guida una fiaccolata “contro il degrado” al
Quarticciolo: partecipano esponenti di Fratelli d’Italia, oltre al commissario
dell’Ater, i funzionari dell’ufficio sgomberi e il presidente della Regione. I
residenti naturalmente sbroccano, visto che sono proprio questi personaggi a
spingere per la svendita delle case popolari.
L’8 notte maxi-rapina al negozio di Valentino a piazza di Spagna: i ladri
portano via centoquarantamila euro di borse, senza lasciare tracce. Alcune
attiviste di Non Una di Meno aprono striscioni e bandiere per la Palestina sul
balcone della stazione Termini. Il 9 la preside del Liceo Albertelli convoca
docenti e genitori davanti alla scuola per manifestare contro l’occupazione
(sarebbe manifestazione non autorizzata!); studenti e studentesse decidono
comunque di mantenere l’occupazione. Intanto: assemblea di preparazione alla
manifestazione per la Palestina al cinema L’Aquila e nuova protesta intorno
all’inceneritore di Rocca Cencia. La sera un gruppo di fascisti entra al cinema
Atlantic dove si proiettava il film su Berlinguer, insultando i comunisti e
sputando per terra; per i carabinieri sono “ragazzate”. Il 10 è una domenica
ecologica, con eventi e spettacoli in centro: ma tutto il guadagno in CO2 è
annullato da un aereo per Shenzen costretto a tornare in emergenza a Fiumicino
dopo aver scaricato il carburante in mare. Gli scoppi del motore si sentono da
Ostia a Casal Palocco. A Torre Angela un gruppo di fascisti contesta
l’intitolazione di un parco ai partigiani, chiedendolo per i morti nelle foibe.
Il 12 il Comune annuncia l’apertura di un “Punto abitare” al Dipartimento
politiche abitative, esternalizzato a una cooperativa sociale (Azzurra 84): dopo
il servizio informazioni, forse affideranno ai privati anche la porta, le scale,
il corrimano.
Il 13 perquisizione della Guardia di Finanza in Campidoglio: diversi funzionari
sarebbero coinvolti in una rete di corruzione per accaparrarsi appalti per il
manto stradale, forse anche con fondi del Giubileo, concessi a un imprenditore
di Frascati in cambio di favori e regali. A corso Francia una cinquantina di
studenti occupa la sede di Leonardo, una delle principali aziende europee che
forniscono armi al genocidio in Palestina. Il 14 muore Franco Ferrarotti, padre
fondatore della sociologia italiana, attento studioso delle periferie romane sin
dagli anni Sessanta. Accordo tra Airbnb e Parco del Colosseo per permettere a
turisti facoltosi di simulare un incontro tra gladiatori in mezzo all’arena.
Presidio per Tiziano L., accusato di aver picchiato un agente alla
manifestazione per la Palestina del 5 ottobre, nonostante una ricostruzione
video mostri chiaramente che non è vero. Il 15 sciopero della scuola e corteo
studentesco in centro. Il 16 migliaia di persone sfilano per la Palestina a
Centocelle. La notte una studentessa fuori sede di ventun’anni muore in un
incidente a Portonaccio; il giorno prima un anziano era stato ucciso da un’auto
sulla Prenestina; a Roma ci sono due morti al giorno, in Italia oltre tremila
l’anno. Il 17 a largo Argentina c’è un presidio contro le morti in strada e il
nuovo codice della strada. Apre una sede di Forza Nuova a via Genzano
(Tuscolano).
Il 18 l’Eni denuncia un attivista di ReCommon per diffamazione, dopo
un’intervista in cui metteva in relazione la corporazione petrolifera con
l’uccisione di Giulio Regeni: è una SLAPP, una “azione strategica contro la
partecipazione pubblica”. Al Quarticciolo apre uno sportello sanitario gestito
dall’università La Sapienza e dall’associazione Nonna Roma (che già ne gestisce
uno per l’assegno d’inclusione e uno per la casa con la fondazione Charlemagne).
Intanto però nel quartiere ha chiuso il consultorio, che invece era pubblico. La
notte a Torrevecchia grosso scontro tra tre volanti della polizia: muore un
agente, quartiere bloccato fino al pomeriggio. Il 19 tentativo di sfratto di una
signora di sessantacinque anni da via dei Gonfaloni, dietro via Giulia: a
ordinarlo è l’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (APSA) – il
Vaticano insomma. Il 20 all’alba venti arresti a Ostia per una rete di traffico
di cocaina dall’Olanda. Mareggiate e vento forte. Il sindaco tira fuori un video
in cui annuncia l’installazione di venti apparati tecnologici sopra le macchine
dei vigili, per multare più velocemente le macchine parcheggiate.
Il 21 a Ostia chiude il pontile per il vento e pioggia. Il 22 durante la
presentazione annuale del rapporto Caritas il sindaco annuncia che chiederà al
governo Meloni una moratoria degli sfratti durante il Giubileo. Un gruppo di
fascisti manifesta dentro la città universitaria al grido di “Fuori i rossi
dall’università”, ma viene respinto. Corteo contro la violenza di genere il 23.
La notte del 24 brucia un capannone abitato a Tor Cervara, il fumo inonda un
intero quadrante; cinquanta famiglie sfollate.
Lunedì 25 inizia l’occupazione del Liceo Cavour, accanto al Colosseo.
L’assessore alla casa del III municipio dichiara che almeno novecento famiglie
nelle case popolari di Donna Olimpia, Tufello, Vignenuove e Val Melaina sono
ancora al freddo, ma il problema riguarda anche Alessandrino e forse altri
quartieri. Vandalizzata la corona d’alloro in via Rasella, in ricordo delle
persone che nel 1944 furono rastrellate e fucilate alle FosseArdeatine: in
quella strada il giorno prima un gruppo partigiano aveva attaccato una colonna
occupante nazista. Il 26 muore un motociclista in uno scontro con uno scuolabus;
la notte alcuni sconosciuti incappucciati bruciano a sedici auto in un
parcheggio a Colli Aniene. Il 27 inizia l’occupazione del Liceo Cavour, la
quarta scuola a mobilitarsi dopo Albertelli, Plinio e Enzo Rossi; nel pomeriggio
viene occupato anche il tetto della facoltà di Lettere della Sapienza, contro i
tagli all’istruzione e l’aumento delle spese militari. Il 29 sciopero generale
contro la guerra e contro il governo: la mattina ci sono due cortei, uno della
Cgil e uno dei comitati di base. Il 30 un grandissimo corteo per la Palestina –
ventimila, forse trentamila persone – chiude il mese di mobilitazioni.
Tralasciamo cosa è successo dentro al corteo. Meglio ricordare solo la musica, i
carri, la murga, gli slogan, i canti, e tutta quella gente che si riprende le
strade. (stefano portelli)
(disegno di ottoeffe)
Mille e cinquecento impianti di sorveglianza già esistenti a Napoli e
trecentocinquanta nell’area metropolitana. Due milioni messi a disposizione
dalla Regione Campania per aumentare le telecamere nelle periferie. Il raddoppio
di presidi fissi di soldati e forze dell’ordine nelle piazze napoletane, in
particolare a piazza Dante, nell’ambito dell’operazione “Strade Sicure”, di
fatto una guerra aperta agli adolescenti della città (per la quale il prefetto
Di Bari ha ringraziato “la sensibilità del ministro Piantedosi”). Che non sia
questa la soluzione, considerando che tutti si lamentano?
E invece i commercianti della zona insistono, e in settimana hanno protestato
per chiedere ancora più telecamere, più pattuglie, più sicurezza. Soprattutto,
vogliono che i militari non stiano fermi in un posto ma si muovano avanti e
indietro nella piazza. Pronti a intervenire contro il nemico minorenne.
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2024/12/taci.mp4
(credits in nota1)
Per evitare la “serrata” dei commercianti, che minacciavano di lasciare le
saracinesche abbassate per protesta contro le baby gang e contro lo Stato, il
prefetto ha messo su una sorta di consiglio di guerra, convocando il comandante
dei carabinieri e il questore, e portandoseli a un incontro con i commercianti
di cui sopra (che si sono tranquillizzati e hanno cancellato l’iniziativa).
Personalmente ho appreso quest’accezione del termine “serrata” (“sospensione
dell’attività lavorativa da parte di piccoli imprenditori, specialmente
commercianti e artigiani, consistente nella chiusura dei propri esercizi di
vendita e distribuzione, come forma di tutela dei propri interessi”) solo di
recente. Più nota mi era quella di “sospensione totale o parziale del lavoro
disposta dal datore di lavoro come mezzo di intimidazione, di coercizione e di
rivalsa contro i lavoratori, durante vertenze e lotte sindacali; non avendo,
come il diritto di sciopero, specifica tutela costituzionale, la serrata va
considerata violazione degli obblighi contrattuali del datore di lavoro, e, nei
casi più gravi, può configurare una forma di comportamento antisindacale vietato
dallo Statuto dei lavoratori”.
Il proprietario delle fonderie
una serrata aveva ordinato,
ma gli operai avevan lottato
per difendere il posto di lavor.
Il boss fascista Adolfo Orsi
e Mario Scelba suo degno compare
a sangue freddo fecero sparare
su quella folla seminando terror.
(bruna montorsi, l’eccidio di modena)
Da qualche anno esiste una piattaforma che si chiama “Rilanciare il settore,
rilanciare il paese” che di fatto è un’intesa tra organizzazioni datoriali e
sindacati confederali (Cgil compresa) perché il comparto delle costruzioni venga
sostenuto da investimenti pubblici su infrastrutture e grandi opere. Nel 2019,
quando in occasione di un #climastrike il sindacato guidato da Landini chiamò
una giornata di mobilitazione dei lavoratori delle costruzioni, richiamando
esplicitamente a quella piattaforma e quindi all’intesa con i padroni, in molte
città italiane, e in particolare davanti alle sedi dei sindacati, comparvero dei
manifesti:
(foto da: contropiano.org)
Alle due di notte dello scorso 7 ottobre, con l’ausilio di ruspe e lacrimogeni
delle forze dell’ordine, un gruppo di militanti No Tav è stato sgomberato da un
terreno che il movimento aveva collettivamente acquistato e che era in corso di
esproprio (lo sgombero è avvenuto addirittura prima dei termini previsti dalla
legge). Il terreno è stato recintato da blocchi di cemento e griglie di ferro
protette da filo spinato.
Secondo il sito Volere la luna, sul terreno non sarebbero previsti lavori nel
breve-medio termine. Il gruppo di proprietari ha avviato un’azione legale
contestando le modalità di esproprio dell’area che considera illegittime.
Sulla storia del grande inganno Torino-Lione sono stati prodotti decine di
reportage, documentari, libri, oltre che materiale che di anno in anno si
rinnova e viene presentato nel corso del festival che si tiene ogni estate in
Val di Susa. Due tra le cose migliori sono Un viaggio che non promettiamo bene.
Venticinque anni di lotte No Tav, di Wu Ming1, e Binario Morto. Alla scoperta
del corridoio 5 e dell’Alta velocità che non c’è, autori Andrea Benedetti e il
compianto Luca Rastello, di cui ricorrerà quest’estate il decimo anniversario
della precoce scomparsa.
Poi, magari, ti assale un pensiero: sono gli oggetti che ti sopravviveranno. Un
giorno tu sarai morto e nel solito vecchio pettine ci sarà ancora impigliato
qualche tuo capello. (luca rastello, piove all’insù)
A proposito di scioperi e di Tav, è bene ricordare che l’articolo 15 del Ddl
1660 in corso di approvazione – uno dei motivi per cui si è manifestato negli
ultimi due giorni – prevede alcune modifiche all’articolo 583-quater del codice
penale “in materia di lesioni personali ai danni di un ufficiale o agente di
polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza nell’atto o a causa dell’adempimento
delle funzioni o del servizio”. Una aggravante di nuova formulazione prevede
che:
all’articolo 339 è aggiunto il seguente comma: “Se la violenza o la minaccia è
commessa al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di
un’infrastruttura strategica, la pena è aumentata”.
Blocchi, disobbedienza, picchetti. Quanto sembri lontano, millenovecento.
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2024/12/classe-operaia.mp4
(credits in nota2)
(a cura di riccardo rosa)
_________________________
¹ Totò e Tina Pica in: Destinazione Piovarolo, Domenico Paolella (1955)
² da: La classe operaia va in Paradiso, Elio Petri (1971)
(disegno di ottoeffe)
Ha una sola regola, questa rubrica: mai un nome proprio come “parola della
settimana”. Come Braque, però, amo la regola che corregge l’emozione, ma ancor
di più l’emozione che corregge la regola. E allora diventa, la rubrica,
occasione per ricordare Ciro Esposito, tifoso del Napoli ammazzato nel 2014 dal
neofascista Daniele De Sanctis, ultras della Roma che aveva organizzato un
agguato ad alcuni pullman di tifosi del Napoli prima della finale di Coppa
Italia contro la Fiorentina, a Roma.
De Santis, come gran parte dei fascisti della capitale, galleggiava nel torbido
mondo tra micro e macro-criminalità, intrallazzava con politica e imprenditoria,
abusava di droghe e girava armato. Quel pomeriggio aveva assaltato un pullman di
tifosi napoletani, per lo più famiglie con bambini al seguito. Negli stessi
momenti Ciro Esposito camminava a piedi verso lo stadio dopo aver parcheggiato
l’auto, e intervenne con altri suoi compagni per provare ad allontanare De
Sanctis, che aveva appena lanciato due bombe carta nel bus del Club Napoli
Milano Partenopea (qui una nostra dettagliata ricostruzione del fatto e della
vicenda giudiziaria).
Ieri Ciro avrebbe compiuto quarant’anni, e i tifosi del Napoli hanno deciso di
ricordarlo prima della partita che la squadra di Conte giocherà tra poche ore –
qui la sorte ci ha messo del suo – proprio contro la Roma. Domani a Scampia,
invece, una squadra del quartiere incontrerà in un’amichevole alcuni tifosi del
Boca Juniors, a Napoli per l’anniversario della morte di Maradona.
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2024/11/ciro-esposito-VEED.mp4
(credits in nota1)
Esposito era anche il cognome di Sara e Aurora, le due sorelle morte a inizio
settimana, insieme a un altro ragazzo, Samuel Tafciu, mentre lavoravano in una
fabbrica abusiva di fuochi artificiali a Ercolano (che poi è anche il cognome di
un altro tifoso napoletano, Sergio, morto nel 2003 dopo il crollo di una tettoia
dello stadio Partenio di Avellino).
Sara e Aurora erano gemelle, avevano ventisei anni. Samuel ne aveva diciotto.
Aurora aveva una figlia di quattro anni, Samuel una di cinque mesi. A cavallo
tra il 2023 e il 2024 la richiesta per un decreto di ispezione dell’immobile
trasformato in fabbrica era stata inoltrata alla procura di Ercolano, dopo che i
vigili erano stati allontanati dal proprietario durante un controllo. In quasi
un anno quel decreto non è mai arrivato. Sara, Aurora e Samuel lavoravano a nero
per uno stipendio di circa venticinque euro al giorno.
‘A Massaria ‘e Rumano ‘na fabbrica è scuppiata,
‘a ggente ca fujeva e l’ata ca chiagneva.
Chi jeva e chi turnava p’à paura e l’ati botte,
ma arrivato annanz’ ‘o canciello,
Maronna, e che maciello!
[…] Cammino, e che tristezza, m’avoto e ncopp’ ‘a rezza
‘dduje povere operaje cu ‘e carne tutt’abbruciate.
[…] So’ arrivate ‘e tavute e ‘a chiesa simmo jute,
pe’ l’urdemo saluto, p’e cumpagne sfurtunate.
P’e mmane nuje pigliammo tutte ‘sti telegramme
so’ lettere ‘e condoglianze mannate pè crianza.
[…] Chi va a fatica’ pure ‘a morte adda affrunta’:
murimm’ uno ‘a uno pe’ colpa ‘e ‘sti padrune.
A chi avimm’ aspetta’ sti padrune a cundanna’
ca ce fanno fatica’ cu ‘o pericolo ‘e schiatta’.
‘Sta gente senza core cu ‘a bandiera tricolore
cerca d’arripara’ tutte ‘e sbaglie ca fà.
(gruppo operaio ‘e zezi, ‘a flobert)
Sebbene sia stato un re attento a bilanciare la sua sete di conquiste con la
volontà di limitare guerre e massacri, alle origini della presa del potere da
parte di Ciro il Grande di Persia vi è una storia un po’ inquietante. Ciro era
infatti nipote di Astiage, re dei Medi, che aveva dato sua figlia in sposa al re
Cambise I, nel tentativo di neutralizzare la potenza dei persiani (la classica
zappa sui piedi, perché da questo matrimonio sarebbe nato proprio Ciro, che da
giovane principe si sarebbe ribellato al nonno, e da lì avrebbe iniziato
l’ascesa verso il trono).
Astiage aveva tentato già nei primi giorni della sua vita di uccidere Ciro,
allertato da un sogno premonitore del suo grande destino. Solo che aveva
affidato l’incarico ad Arpago, generale e stratega che, racconta Erodoto, si era
inventato l’utilizzo dei cammelli come mezzo militare. Arpago non volle però
eseguire il compito e lo delegò al pastore Mitradate, che una volta conosciuta
l’identità del neonato si rifiutò a sua volta di ucciderlo e se lo portò in
casa, sostituendolo con il figlio partorito morto da sua moglie.
Qualche anno dopo, a causa di una lite, il giovane Ciro fu portato davanti ad
Astiage, che lo riconobbe e capì che il suo omicidio non era mai avvenuto.
Decise però di non ucciderlo, ma in compenso fece ammazzare il figlio di Arpago,
e ne fece mangiare le carni al padre con un inganno, durante un banchetto.
Mangiare o essere mangiati, non c’è scelta in certi casi.
Mentre scrivevo mi sono ricordato di aver visto, quando ero bambino, alcuni
cartoni animati che raccontavano episodi e personaggi della storia antica
attraverso la Bibbia, e che uno di questi aveva come protagonista, mi pareva,
proprio Ciro. Ho provato così a cercarlo per condividerlo con un altro Ciro, un
mio giovane amico che attualmente si sta formando in un asilo dei Quartieri
Spagnoli. Ho scoperto però che a dispetto di un tentativo di riequilibrio alla
fine del cartone, con una piccola spiegazione storica, la ricostruzione è
totalmente appiattita sulla Bibbia, avvalorando alcuni grossi luoghi comuni
storici come il presunto ruolo svolto dagli ebrei e come l’esistenza di un
sanguinoso assedio al termine del quale Ciro conquistò Babilonia (in realtà lo
fece senza spargimento di sangue e attraverso una politica di accordi con la
classe dirigente della città).
Cartone bocciato, insomma: meglio aspettare, mi sono detto, che il mio amico
impari a leggere. Le più belle storie sul regno di Persia sono infatti raccolte,
insieme ad altre, in In viaggio con Erodoto, splendido libro in cui Kapuscinski
racconta il suo peregrinare tra India, Cina, Africa e Medio Oriente, rileggendo
Erodoto, il “primo grande reporter della storia” (che pure qualche licenza
creativa nella narrazione di certi eventi se la concede).
Scena numero uno. Sostenuti dagli ateniesi, gli Ioni occupano e incendiano Sardi
(seconda città persiana dopo Susa). Scena numero due (famosa): dopo due o tre
mesi Dario, re dei persiani, viene informato del fatto. “Si dice – scrive
Erodoto – che dapprima, appena lo seppe, senza tener conto degli Ioni poiché ben
sapeva che non impunemente si erano ribellati, Dario chiedesse chi fossero gli
Ateniesi; e poi, saputolo, chiedesse un arco e, presolo e accostatovi un dardo,
lo scagliasse verso il cielo e mentre fendeva l’aria esclamasse: “O Zeus, che mi
riesca di vendicarmi degli Ateniesi!”. Detto questo ordinò a uno dei suoi servi
che ogni volta che gli veniva imbandito il pranzo gli dicesse per tre volte:
“Signore, ricordati degli Ateniesi”. (ryszard kapuscinski, in viaggio con
erodoto)
(a cura di riccardo rosa)
(disegno di ottoeffe)
Sui giornali napoletani si è parlato molto questa settimana della due giorni
dedicata a don Pedro Tellez Giron, terzo duca di Osuna e vicerè di Sicilia e
Napoli, una manifestazione organizzata tra gli altri dalle università
L’Orientale e Suor Orsola Benincasa, dalla Biblioteca Nazionale e dall’Istituto
Cervantes.
Uomo di cultura e politico di lungo corso, il viceré combatté con fervore i
turchi ottomani e i repubblicani veneziani. Organizzò a suon di intrighi,
corruttele e tradimenti una congiura nel tentativo di conquistare Venezia e
riguadagnare i favori di Filippo III, che aveva perso a causa della difficoltà
nel gestire le province dell’Italia meridionale.
Dalla storia del golpe tentato, come da altre che lo riguardano, Tellez Giron
non esce esattamente bene. Dei congiurati spagnoli che volevano distruggere la
repubblica marinara si racconta invece in una tragedia di Simone Weil (in realtà
incompiuta), Venezia salvata, “forse l’unica vera tragedia contemporanea”
per L’indice dei libri del mese (dal numero 8 del 1987, dove tra gli altri si
può leggere una bella intervista a Dario Fo, a cui per la prima volta era stato
concesso di recitare negli Stati Uniti ).
Verso la fine degli anni Sessanta cominciammo a renderci conto che nonostante il
nostro successo rischiavamo di essere trasformati in qualcosa di simile a un
alka-seltzer, o a diventare una sorta di sauna energetica. Così abbiamo deciso
di abbandonare il teatro istituzionale e di costruire una nostra struttura
operativa. Ci siamo collegati a spazi proletari come le case del popolo, nate
nell’Ottocento come centri culturali, poi cadute in disuso e ridotte per lo più
a sale per giocare a carte. Abbiamo inventato una forma di teatro adatta a
questi spazi, spettacoli su argomenti controversi che suscitavano lunghe
discussioni dopo la rappresentazione: […] la catena di montaggio, la strategia
della lotta di classe, lo sfruttamento trionfalistico della Resistenza da parte
del Pci e così via. (dario fo intervistato da daniela salvioni e anders
stephanson)
Il 13 giugno 1971 Fo fu tra i firmatari della Lettera aperta a L’Espresso sul
caso Pinelli, un documento che chiedeva la destituzione di numerosi funzionari
di polizia che avevano provato a inquinare le ricostruzioni sulla morte dell’ex
partigiano e ferroviere anarchico, condizionando il processo a favore del
commissario Calabresi (in Morte accidentale di un anarchico Fo lo chiamava
“commissario Cavalcioni”, perché interrogava i sospettati piazzandoli gambe a
penzoloni sulla finestra aperta della questura). Qualche giorno fa ci ha
lasciati Licia, moglie di Pinelli, che alla ricerca della verità e alla difesa
della memoria di suo marito ha dedicato gran parte della propria vita.
La casa era molto piccola, le telefonate le prendevo io, si sentiva tutto
attraverso le pareti, leggevo la posta. Pino poi con me era trasparente, magari
voleva tacermi qualcosa ma finiva sempre per dirla, le bugie non era in grado di
raccontarle perché aveva un suo modo di esprimerle che le capivo subito. Ci
capivamo molto. Il trovarsi d’accordo nelle sfumature e nelle risposte da dare
agli altri, guardarsi ed essere veramente d’accordo sulla frase che io sto
dicendo e lui la sta dicendo nello stesso modo, sulla stessa lunghezza d’onda,
con un’occhiata. C’era un quiz in tv: si presentavano due coppie, di ogni coppia
uno doveva rispondere a una domanda e l’altro, della stessa coppia, che non
sentiva, doveva dare la stessa risposta. Come affinità elettive. Ecco, Pino
aveva mandato la domanda di partecipazione, non so se ti ho risposto. Eravamo
cresciuti bene insieme. (licia pinelli e piero scaramucci, una storia quasi
soltanto mia. la breve vita di giuseppe pinelli)
A proposito di America, sbirri e fascisti: il nuovo vecchio presidente degli Usa
ha annunciato le nomine della nuova amministrazione. Tra i personaggi illustri
ci sono: Elon Musk, alla guida del Dipartimento per l’efficienza governativa
(una specie di dipartimento per l’eliminazione delle regole fissate dallo Stato
sull’impresa privata, con la scusa della lotta alla burocrazia); Robert Kennedy
Junior (il terzo degli undici figli di Robert Kennedy), sostenitore della cura
di praticamente tutte le malattie con i raggi del sole; Stephen Miller, fautore
del “Muslim ban” del 2017, che impediva ai cittadini di numerosi paesi musulmani
di entrare negli Stati Uniti. Il vice? J. D. Vance, per anni nemico giurato del
presidente e tra i leader del movimento “Never Trump”, poi divenuto suo
fedelissimo. Vance ha investito grosse cifre di denaro nella piattaforma video
on-line Rumble (uno Youtube di estrema destra), attribuisce la maggior parte dei
mali del paese all’immigrazione irregolare e pensa che l’aborto vada abolito.
Vance si oppone al diritto all’aborto anche in caso di incesto o stupro, ma
ritiene che si debbano fare eccezioni per i casi in cui la vita della madre è in
pericolo. Si è appellato alla decisione della Corte Suprema nel caso Roe vs.
Wade. Durante la preparazione per le elezioni al Senato del 2022, una sezione
sul sito della sua campagna recitava semplicemente: “Eliminazione
dell’aborto” (traduzione da un articolo di adam nagourney, pubblicato sul new
york times il 17 luglio 2024).
Fino al 2021, Vance non aveva mai avuto a che fare con la politica. È stato
giornalista, scrittore, ha lavorato in uno studio legale e al fianco di Peter
Andreas Thiel, il fondatore di PayPal. In politica estera sostiene la necessità
per gli Stati Uniti di non intervenire ulteriormente nei conflitti in corso in
Europa e di una politica isolazionista. Con Zelenskyj e Putin si dovrà tornare a
parlare quando sarà finita la guerra. O sarà finito il vino:
Merita, in chiusura, una menzione l’ex calciatore olandese Ruud van Nistelrooij,
sfortunato “vice” dell’allenatore ten Hag durante la sua disastrosa esperienza
sulla panchina del Manchester United. Del Manchester van Nistelrooij é stato una
leggenda: è il calciatore che ha raggiunto in meno partite quota cento gol, e
per due anni di fila è stato miglior marcatore della Champions League. Dal gol
in effetti era ossessionato: Gary Neville, suo capitano, ha raccontato che per
almeno tre anni van Nistelrooij è stato sempre di cattivo umore perché non
riusciva a staccare l’attaccante francese Henry, rivale dell’Arsenal, nella
classifica dei migliori cannonieri della Premier League. Si dice che al termine
dell’ultima partita del campionato 2004-05, dopo che Alex Ferguson (con cui
aveva più volte litigato) lo aveva tenuto di proposito in panchina con
l’obiettivo di non fargli vincere l’agognato trofeo individuale, van
Nisterlrooij si avvicinò al suo allenatore mettendogli le mani addosso al grido
di “maiale scozzese”.
A dispetto degli ottimi risultati (dieci punti in quattro partite) ottenuti
nella sua esperienza di allenatore del Manchester dopo l’esonero di ten Hag, la
società ha scelto di sollevare RVN dall’incarico di primo allenatore ma anche di
vice, con un messaggio un po’ paraculo del tipo: “Il Manchester United conferma
che Ruud van Nistelrooy ha lasciato il club. Ruud è tornato in estate e ha preso
in mano la squadra nelle ultime quattro partite come capo allenatore ad
interim. Ruud è, e sarà sempre, una leggenda del Manchester United. Siamo grati
per il suo contributo e per il modo in cui ha affrontato il suo ruolo durante
tutto il suo tempo con il club. Sarà sempre il benvenuto all’Old Trafford”.
Nel caso in cui Ruud dovesse essere tra i lettori di questa rubrica lo
consoliamo, e ci consoliamo, così:
(a cura di riccardo rosa)
__________________________
¹ Pietro Carloni e Alberto Sordi in: Accadde al commissariato, Giorgio Simonelli
(1954)
(disegno di ottoeffe)
Io voglio che l’Italia non esca dal Patto Atlantico anche per questo, e non solo
perché la nostra uscita sconvolgerebbe l’equilibrio internazionale. Mi sento più
sicuro stando di qua, ma vedo che anche di qua ci sono seri tentativi per
limitare la nostra autonomia. (enrico berlinguer intervistato da gianpaolo pansa
per il corriere della sera, 1976)
Giovedì ho visto il film su Berlinguer di Andrea Segre, ambientato negli anni
del compromesso storico. C’è dietro un bel lavoro sulle immagini di repertorio
da parte del regista e sul personaggio da parte di Elio Germano. Poco altro.
Politicamente è quantomeno semplificante e in alcuni passaggi nemmeno troppo
onesto. Qualche giorno fa Nanni Moretti ha fatto notare a regista e attore – che
nella propria carriera hanno sempre preso precise posizioni politiche ma che
nelle presentazioni del film si entusiasmano oltre ogni ragionevolezza per la
figura dell’ex segretario del Pci – che se avessero avuto vent’anni nel ’73
probabilmente non sarebbero stati dalla parte di Berlinguer.
La gravità dei problemi del paese, le minacce sempre incombenti di avventure
reazionarie e la necessità di aprire finalmente alla nazione una sicura via di
sviluppo economico […], rendono sempre più urgente e maturo che si giunga a […]
un nuovo grande “compromesso storico” tra le forze che raccolgono e
rappresentano la grande maggioranza del popolo italiano. (enrico berlinguer
su rinascita, 1973)
Qualcuno uscendo dal cinema, come di solito fa la gente quando vuole criticare
un film ma non sa cosa dire, lo definiva “lento”:
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2024/11/berli.mp4
(credits in nota1)
In queste settimane di dibattito sulla probabile approvazione al senato del Ddl
1660 mi è capitato di rileggere della scomunica che il Pci aveva fatto
su l’Unità a sindacalisti, magistrati, docenti, giornalisti che avevano
sottoscritto un appello lanciato dai gruppi extraparlamentari contro la legge
Reale sull’ordine pubblico.
Qualche anno prima il partito aveva organizzato, nel suo istituto di formazione
delle Frattocchie, un Seminario sull’estremismo, in cui si faceva un dettagliato
punto sugli sviluppi delle realtà extraparlamentari, denotando particolare
preoccupazione per la crescita di alcune, che avrebbe potuto rafforzarsi a causa
della scarsa accettazione di una parte della base comunista della politica del
compromesso storico.
È falso che io abbia definito provocatori gli studenti in lotta. Ho accusato di
essere provocatori oltre ai fascisti alcuni gruppi dell’area dell’Autonomia che
il 2 febbraio scatenarono un’intollerabile violenza in risposta al raid
squadrista del giorno precedente. […] Mi riferivo (quando ho detto che è
necessario chiudere i covi da cui partono le azioni violente, ndr) anche a covi
di gruppi come quelli della cosiddetta Autonomia, per esempio quello di via dei
Volsci, i cui aderenti da anni paralizzano alcune facoltà universitarie. […]
Sono vere e proprie formazioni paramilitari che bisogna cercare di comprendere
ma senza giustificazionismi e applicando la legge fino in fondo. […] In nessun
modo i tentativi di capire questi estremisti devono poter essere confusi con un
modo paternalistico di civettare con loro. (ugo pecchioli, responsabile della
sezione “problemi dello stato” del pci, intervistato da paolo mieli nel febbraio
1977)
Nella mia adolescenza, e fino credo al primo anno di università, sono stato
iscritto a uno dei due partiti comunisti che ancora portavano qualche
parlamentare in Camera e Senato. Una cosa che trovavo difficile era capire, e
poi giustificare, i continui cambiamenti di opinione e collocazione rispetto al
nascente “centrosinistra”. In effetti, nel ’98 i Comunisti Italiani avevano due
ministri (prima volta al governo nella storia d’Italia), nel 2001 due
parlamentari europei, appoggiavano Rutelli e Prodi, poi non appoggiavano Prodi
in un nuovo governo, si scindevano da Rifondazione Comunista, appoggiando di
nuovo Prodi, poi proponevano sempre a Rifondazione, ogni sei mesi, un partito
unitario, e infatti poi i due si univano ma intanto era nato il Pd e li aveva
scaricati. A livello locale andava ancora peggio: le posizioni sulle giunte
comunali e regionali Bassolino e Iervolino cambiavano più o meno ogni tredici
giorni, a seconda della convenienza politica. Non si può certo dire che la
politica del compromesso non sia stata assorbita bene dai comunisti.
‘O ‘vvi’, so’ stato bbuono…
Quanno ‘o sanghe cavero int’e vvene scurreva
io ero pronto pe’ fa’ ‘a rivoluzione.
Succedeva o nun succedeva
ca murevano o nun murevano
io ero pronto pe’ fa’ ‘a rivoluzione.
‘O ‘vvi’, so’ stato bbuono…
Quanno tu diciste: “Lotta ‘e classe sì, ma senza sanghe;
ca ‘o sanghe nun ha maje fatto ‘nu munno nuovo”,
me cunviciste e dint’e ccarne meje nascette Cristo.
‘O ‘vvi’, so’ stato bbuono…
Ma mo’ me so’ rutt’o cazzo!
Mò ‘o nemico mio ‘o staje pittanno ‘e russo,
e parle ‘e compromesso cu’ chi m’ha fatto fesso,
cu’ chi so’ secoli ca me sta rumpenno l’ossa,
cu’ chi me fa scava’ ‘a fosse cu’ ‘e stesse mmane mieje…
(napoli centrale, ‘o nemico mio)
Le scene meno riuscite del film su Berlinguer sono in realtà proprio quelle che
dovrebbero, nelle idee di chi l’ha pensato, dare profondità alla pellicola, come
quando il segretario si trova a spiegare ad altri – a un’assemblea operaia, o ai
suoi figli – le scelte alla base del compromesso. Mi è venuta in mente un paio
di volte una scena di Palombella Rossa, quando la giornalista che “si occupa di
sport” lancia, senza capirci troppo, al protagonista, una serie di accuse anche
sensate ma rese ridicole dalle frasi retoriche che ha trovato su “un libricino”.
Apicella risponde con un paio di supercazzole a cui sembra non credere nemmeno
lui, non troppo diversamente dal Berlinguer di Germano, che invece nelle sue
scelte, nel resto del film, sembra avere una fede incrollabile.
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2024/11/PALOMBELLA-def.mp4
«Se fossi cattolico come lei crederei anche nel dogma dell’Immacolata
Concezione. Ma non sono cattolico, e non credo né a questo dogma né
all’evoluzione democratica dei comunisti italiani». (henry kissinger ad aldo
moro, 1975)
Del Pci del compromesso storico diamo una definizione diversa da prima. Ai
nostri occhi era stato un grosso partito democratico che mirava per via opposta
al nostro stesso scopo. Ma col tempo era diventato – scrivemmo – il partito che
riduceva gli interessi della classe operaia a quelli dello Stato. […] A un certo
punto della prigionia Moro si rivolge “al Santo Padre”, con tutto quello che
questa espressione significa per lui. Montini risponde con una lettera politica
a noi. Gli accenti sono molto alti, accorati, anche toccanti, ma il significato
del messaggio è un macigno. Moro se ne rende conto. Quelle parole che
cominciano con “Uomini delle Brigate Rosse” e finiscono con “lasciatelo senza
condizioni” gli dicono che anche Montini si è schierato, e il cerchio si è
chiuso. È disperato. Se il Papa, che avrebbe tutta l’autorità morale per
percorrere i sentieri di un compromesso, non si è proposto come mediatore o
almeno come interlocutore neutrale, vuol dire che sta con chi ha deciso: meglio
Moro morto che trattare con le BR. Dopo quel “senza condizioni” nessuno avrà il
coraggio di fare la minima mossa. (mario moretti intervistato da rossana
rossanda e carla mosca, 1994)
[…] Paolo VI ha gettato la ghiara
si è travestito in abiti da prete.
Sta ingozzando a viva forza Berlinguer
per punirlo della sua frugalità,
lo ucciderà parlandogli d’amore
dopo averlo avvelenato di pietà.
E mentre Paolo grida
quattro suore si son spogliate già:
Berlinguer sta per essere violentato
in via della Povertà.
(fabrizio de andrè, via della povertà – uncensored)
(a cura di riccardo rosa)
__________________________
¹ Mario Pachi, Roberto Benigni, Carlo Monni e Maresco Frantini in: Berlinguer ti
voglio bene, Giuseppe Bertolucci (1977)
² Mariella Valentini e Nanni Moretti in: Palombella Rossa, Nanni Moretti (1989)