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Rewind Roma, maggio 2025 # Giubilei chiacchierati, proteste contro il riarmo e per la Palestina libera
(disegno di peppe cerillo) Il mese si apre e si chiude con grandi manifestazioni di piazza, da quelle del 1 maggio in preparazione del referendum, a quelle del 31 contro il Decreto Sicurezza, e continue proteste contro il genocidio a Gaza. Il Giubileo va avanti come se niente fosse, morto un Papa se ne fa un altro, mentre la strada per l’estate è interrotta da frequenti temporali, freddo e vento. Il 3 sera un uomo, forse un borseggiatore in fuga, viene ucciso da un treno della Metro A; il 4 c’è un incendio nella rimessa Atac di via Candoni: un autobus in dismissione finisce in fiamme. La notte un turista statunitense che cercava di entrare nel Colosseo rimane infilzato, lo portano in pronto soccorso. Intanto in Vaticano si celebra il “Giubileo degli imprenditori” subito dopo quello dei lavoratori – forse per ribadire che l’imprenditoria non è un lavoro. Il 5 a Ostia una ruspa per il ripascimento della spiaggia si mette a lavorare a pieno regime in mezzo alle sdraio e gli ombrelloni. Protesta degli avvocati penalisti contro il Decreto Sicurezza a piazza Cavour. Il 6 ci sono due incidenti mortali causati da automobili, uno a San Basilio e uno al Foro Italico, viene ferita gravemente anche una bimba di due anni. Il 7 inizia il conclave nella Cappella Sistina, e l’8 si elegge il nuovo Papa. Venerdì 9 manifestazione “antidegrado” a Cinecittà-Don Bosco, con il prete antispaccio don Coluccia e i comitati di quartiere di destra – tutte organizzazioni che non si sono mai interessate alla svendita degli appartamenti degli enti previdenziali né alla gentrificazione forzata del quartiere, ma ora se la prendono con i più poveri. Il 10 una manifestazione a Garbatella esprime solidarietà contro la vandalizzazione di una statua autogestita per la Palestina a largo Sette Chiese. L’11 la S.S.Lazio (i cui ultras sono noti in Europa, tra le altre cose, per il loro antisemitismo) firma un accordo di collaborazione con il Maccabbi Israel, la squadra sionista i cui tifosi avevano già dato prova di aggressività l’anno scorso a Amsterdam. Lunedì 12 il comune di Roma tenta di recintare il parco di Pietralata per iniziare i lavori del nuovo stadio, ma trova la resistenza di un centinaio di abitanti che si sdraiano davanti ai camion per impedire l’ingresso. La celere trascina via, malmena, spinge, ma alla fine è costretta a ritirarsi. Il giorno dopo il Comune convoca il comitato a un tavolo di discussione, e mentre gli attivisti sono riuniti, a Pietralata arrivano i camion a recintare il parco. Continuano gli abbattimenti di alberi, tra le proteste degli abitanti e degli ambientalisti: cinque grossi pioppi sono demoliti su viale Quattro Venti, il giorno dopo altrettanti a Montesacro. Il 14 c’è una conferenza stampa contro le grandi opere all’assessorato all’ambiente, in via di Porta Metronia. Intanto, alcuni consiglieri chiedono formalmente al sindaco di restituire al Comune le centinaia di migliaia di euro spesi per finanziare la piazza per il riarmo europeo del 15 marzo. In Vaticano si celebra il “Giubileo delle Chiese Orientali”, proprio a ridosso dell’anniversario della Nakba palestinese. Nel pomeriggio, manifestazione per la Palestina a Torpignattara; durante la notte, ignoti vandalizzano il centro sociale La Strada, a Garbatella. Il 15 maggio, anniversario della Nakba, l’AMA fa una piccola pulizia etnica a piazza Vittorio, buttando tutti i materassi, le coperte e le valigie dei senzatetto che ci vivono. Interventi in diretta connessione con la promozione di uno sguardo disumanizzante rivolto a chi vive in strada. Sempre il 15, in una villetta di Fregene, i carabinieri trovano il corpo di una donna di cinquantotto anni uccisa con quindici coltellate. Il giorno dopo a Civitavecchia un uomo uccide a coltellate la compagna di quarantacinque anni, lasciando il corpo nell’androne del palazzo. Il 16 inizia il convegno dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università nell’occupazione abitativa Spin Time su viale Manzoni. Il 17  presidio in Campidoglio contro le grandi opere e le devastazioni ambientali; nel pomeriggio manifestazione per la Palestina, e festa di Ciro Principessa alla Certosa, in memoria del giovane comunista ucciso dai fascisti mezzo secolo fa. Diluvio improvviso sulla città. Il 19 mattina arrivano le ruspe nel parco di Pietralata, e cominciano a tagliare alberi. Un presidio di abitanti si scontra con le guardie. Il 20 in un incidente mortale sulla Cassia Bis muore un cinquantacinquenne sullo scooter. Il 22 c’è un presidio davanti al carcere di Regina Coeli per Tarek, detenuto arrestato durante la manifestazione del 5 ottobre per la Palestina. Il 26 durante il presidio a piazza Barberini, in occasione della votazione sul Decreto Sicurezza in Parlamento, un gruppo di duecento manifestanti tenta di sfondare il cordone di polizia che impedisce l’accesso alla piazza di Montecitorio: la polizia manganella e provoca diversi feriti, tra cui anche il presidente del Terzo municipio. Il 29 c’è una “passeggiata rumorosa” a San Giovanni, contro il femminicidio di Afragola, in cui un diciottenne ha ucciso una ragazza di quattordici anni a pietrate in testa: il Vaticano intanto inaugura il “Giubileo delle famiglie“. Il mese si chiude con la manifestazione contro il Decreto Sicurezza del 31 maggio, a Roma arrivano cento pullman da tutta Italia. Decine di migliaia di persone, forse più di centomila, sfilano per il centro, intorno al Colosseo, con cinque tir che accompagnano il corteo, che termina con un accampamento per la Palestina a Caracalla. Una trentina di tende rimangono tutta la notte in attesa del passaggio del Giro d’Italia la mattina del 1 giugno. (stefano portelli)
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La parola della settimana. Scudo
(disegno di ottoeffe) La parola “scudo” viene dal latino scutum, in riferimento al cosiddetto scudo oblungo, elemento difensivo “con una nervatura centrale lignea di rinforzo, detta ‘spina’, dal materiale organico, derivato da più antichi modelli micenei e utilizzato dall’esercito romano ma anche da bande guerriere”. A parte alcune rare eccezioni, non è stato più usato in battaglia fin dall’introduzione delle armi da fuoco. Una di queste eccezioni è il “targe scozzese”, piccolo scudo in legno, cuoio e metallo, utilizzato fino al 1700 e capace di difendere anche dai proiettili dell’epoca. «Per anni allo United sono entrato in campo per difendere, da mediano o centrale, ma il mio istinto è offensivo. Il mio punto di forza è buttarmi in area, segnare, creare pericoli». (scott mc tominay) https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2025/05/bv.mp4 (credits in nota1) Lo scudo può avere forme diverse: c’è lo “scudo normanno”, triangolare, con la punta in basso; lo “scudo gotico antico”, con i fianchi ricurvi; il “gotico moderno”, con la parte inferiore arrotondata; lo “scudo inglese” o “da torneo”, che riproduce il modello di “targe” di cui sopra. In araldica lo scudetto è la struttura di legno su cui vengono disegnate figure e simboli. In battaglia poteva capitare di veder sventolare i simboli nemici, capovolti, per evidenziare la loro disfatta o resa. (curva b, scudetto 2023) Nel linguaggio sportivo, lo “scudetto” è un piccolo scudo tricolore che viene cucito sulla maglia degli atleti campioni d’Italia, nel calcio ma anche in altri sport di squadra. La sua introduzione risale alla stagione 1924-25, anche se nel 1930, e per tredici anni, Mussolini impose l’apposizione del fascio littorio sul petto dei campioni in carica. Lo scudetto fu contestualmente retrocesso a simbolo della vittoria in Coppa Italia, fino a quando non tornò in palio, con la ripresa dei campionati nell’ottobre 1945 (al termine della stagione fu assegnato al Torino ma privo dello stemma sabaudo, nonostante al referendum che decretava la fine della monarchia mancasse ancora quasi un anno). Per quelli innamorati come noi, per quelli che non ti han tradito mai, magico Napoli, torna campion: cuci sul petto un’altra volta il tricolor! (coro ultras napoli sulle note de i maschi, di gianna nannini) Quando ero bambino mi ci è voluto un po’ per capire che non a tutte le squadre vincitrici nel mondo di un campionato spettasse lo scudo tricolore. In Germania il premio per la vittoria è il Meisterschale, il “piatto dei campioni”, dal peso di cinque chili e mezzo e dal valore di venticinquemila euro circa; in Francia il capitano della squadra vincente alza al cielo il meno pregiato Hexagoal, trofeo minimalista, in alluminio spazzolato con innesti dorati. In Inghilterra, la coppa in palio tra il vincitore del campionato e della FA Cup si chiama Community Shield (“lo scudo della comunità”). Il suo nome era prima Charity Shield (“scudo della beneficenza”) ma nel 2002 la Charity Commission inglese scoprì che la federazione calcistica si era intascata i soldi che avrebbe dovuto devolvere per opere di bene e ne impose il cambiamento. Quest’anno per conquistarselo si sfideranno il Liverpool e il Crystal Palace, squadra del brutto sobborgo operaio di Croydon, che si chiama così perché fu fondata, seppure non ancora ufficialmente, dagli operai dell’omonima struttura costruita per l’Esposizione Universale di Londra, nel 1851. (credits in nota2) Uno dei momenti più emozionanti della premiazione del Napoli campione venerdì sera è stato quando sul maxischermo è comparsa la mano di un incisore che calcava sulla coppa scudetto il nome della mia squadra. Mi sono guardato intorno e ho visto gente piangere, altra telefonare alla propria moglie, altra consumare sostanze (va detto che all’intervallo della partita i bar della curva avevano già tutti esaurito le scorte di birra). Al fischio finale di Napoli-Fiorentina del 10 maggio 1987, intervistato da Giampiero Galeazzi, Maradona disse che la vittoria di quello scudetto valeva persino più del Mondiale che aveva vinto un anno prima, perché quella vittoria era avvenuta “a casa mia”. È bello che oggi quella casa porti il suo nome, e fa riflettere (forse fa riflettere solo me) che da quando gli è stata intitolata, il Napoli abbia vinto due scudetti e una Coppa Italia. Insieme a un paio di amici con cui abbiamo visto la partita-scudetto al Maradona, riflettevamo, durante la cerimonia di premiazione, su quanto a volte la vita possa essere ingiusta, sulla potenza del caso e delle sue sliding doors, e su quanto sia importante trovarsi al posto giusto al momento giusto. Non che avessimo la forza per teorizzare, ma qualcosa del tipo:  A: Scudetti vinti da Zico? B: Zero! A: E da Ronaldo? B: Zero! A: Mmmm… da Kroll? Hamsik? Cavani? B: Zero! A: Scudetti vinti da Okafor? B: Uno! A: E da RafaMarin? B: Uno! A: Juan Jesus? B: Due… . PS. Una menzione speciale sento il dovere di farla allo steward che in queste ore sta rischiando il suo precario posto di lavoro, perché ripreso dai soliti invadenti videoamatori mentre si disinteressa di una piccola folla che a pochi passi da lui scavalca i cancelli dello stadio, per entrare in curva utilizzando il biglietto di un altro settore. Buona fortuna amico mio, questo scudetto è anche tuo. (a cura di riccardo rosa) __________________________ ¹ Da: Braveheart. Cuore impavido, di Mel Gibson (1995) ² Operai inglesi smantellano il Crystal Palace. Cinegiornale a cura del British Pathé.
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parola della settimana
La parola della settimana. Ricorsi
(disegno di ottoeffe) Un cittadino bolognese si è visto annullare la scorsa settimana migliaia di euro di multe relative a infrazioni del codice della strada, sfruttando il sistema del silenzio-assenso. L’uomo aveva presentato un ricorso al prefetto per ognuna delle multe ricevute e, non essendogli stata recapitata l’istanza di rigetto, aveva presentato domanda di annullamento in autotutela. Il Comune aveva comunque proceduto a emettere cartelle di pagamento contro di lui, ma alla fine a spuntarla è stato il multato, grazie all’intervento del giudice di pace. Perplessità dal comando locale della polizia municipale. (credits in nota1) Dopo decenni di corteggiamento, e dopo momenti tristemente memorabili – la sindaca Iervolino che attende i risultati sull’assegnazione della sede in mezzo ad assessori e giornalisti, stringendo un corniciello rosso fuoco – finalmente Napoli riesce a ottenere il ruolo di città ospitante della Coppa America di vela. Esultano i giornali, che tornano a parlare di Bagnoli annunciando la realizzazione di piattaforme a mare e di un costruzione di un villaggio organizzativo sulla colmata (l’abbiamo già sentita); colmata che, come ampiamente prevedibile e previsto, una volta blindata dall’accoppiata Manfredi-Meloni, si prepara a diventare uno spazio privatizzato per grandi eventi e sottratto, come da settant’anni a questa parte, ai cittadini. «Bagnoli è stato un elemento essenziale per convincere gli organizzatori – ha detto il ministro dello sport Andrea Abodi – e l’America’s Cup sarà un elemento di accelerazione per un processo che è andato avanti troppo lentamente sottraendo all’Italia un’area che può essere produttiva e che sarà la vera eredità di questa sfida». Ora con tal Ricorso di Cose Umane Civili, che particolarmente in questo libro si è ragionato, si rifletta su i confronti, che per tutta quest’opera in un gran numero di materie si sono fatti, circa i tempi primi e gli ultimi delle Nazioni antiche e moderne: e si avrà tutta spiegata la Storia, non già particolare […]; ma dall’identità in sostanza d’intendere, e diversità de’ modi lor di spiegarsi, si avrà la Storia Ideale delle Leggi eterne, sopra le quali corron’i fatti di tutte le Nazioni, ne’ loro sorgimenti, progressi, stati, decadenze, e fini, se ben fusse, lo che è certamente falso, che dall’Eternità di tempo in tempo nascessero Mondi Infiniti. (giambattista vico, la scienza nuova) Nelle estati del 2012 e del 2013, con il collettivo Ba.Fu.Ca. (Bagnoli-Fuorigrotta-Cavalleggeri) e con altre realtà di movimento, mettemmo in piedi, per fare il verso alla ricorrente farsesca candidatura napoletana alla competizione velistica (all’epoca “LuisVittonCup”), una regata autorganizzata. La chiamammo Giggin Vuitton Cup, una coppa finalmente dedicata a un povero Cristo di Bagnoli, senza casa né lavoro, che si arrangiava vendendo prodotti taroccati. A proposito tengo ‘nu frat’ che da quindici anni sta disoccupato. Che s’ha fatto cinquanta concorsi, novanta domande e duecento ricorsi. Voi che date conforto e lavoro, eminenza, vi bacio e v’imploro: chillo dorme cu’ mamma e cu’ me, che crema d’Arabia ch’è chistu cafè! (fabrizio de andrè, don rafè) La “coppa America dei poveri” portò a Bagnoli centinaia di persone, improvvisati skipper di imbarcazioni incerte e traballanti, canoe sgangherate, zattere mezze marce, bidoni dell’immondizia riciclati che girarono la scogliera antistante il Lido Fortuna provando ad arrivare in testa. Barche affondate, remate in testa, gavettoni: tutto era concesso data l’assenza di regole, lo stesso spirito con cui gli amministratori avevano agito nei vent’anni precedenti (oggi ne sono passati più di trenta e non è cambiato nulla) truccando una finta bonifica, elaborando progetti urbanistici sconclusionati, sognando una speculazione edilizia che è ancora dietro l’angolo. (foto d’archivio) Se Bagnoli piange, i bagnolesi non ridono. Sono passati più di due mesi dallo sciame sismico di marzo e dalla più violenta scossa degli ultimi cinquant’anni e le risposte istituzionali sono assolutamente insufficienti su tutti i fronti (i più eclatanti: un decreto governativo che sa di elemosina; il mancato pagamento del sostegno agli affitti; il mancato arrivo dei fondi per la messa in sicurezza degli edifici; la mancata programmazione di una sistemazione in strutture pubbliche e private per gli sfollati, che vengono trattati come pacchi vedendosi prorogato un soggiorno in alberghi dall’altra parte della città ogni dieci giorni). Lo scorso mercoledì era programmato un incontro tra l’Assemblea popolare e tutti gli assessori competenti, che è saltato senza nessun avviso. Rimandato a venerdì, le risposte sono state a dir poco imbarazzanti. Successivamente, nella stessa giornata, un corteo ha attraversato il quartiere ribadendo l’urgenza di interventi reali e non di rappezzi che sanno di presa in giro. Di quando in quando abbiamo bisogno di una catastrofe per spezzare l’incessante bombardamento dell’informazione. […] Il flusso è costante, – riprese Alfonse. – Parole, immagini, numeri, fatti, grafici, statistiche, macchioline, onde, particelle, granellini di polvere. Soltanto le catastrofi attirano la nostra attenzione. Le vogliamo, ne abbiamo bisogno, ne siamo dipendenti. Purché capitino da un’altra parte. Ed è qui che entra in ballo la California. Smottamenti, incendi nei boschi, erosione delle coste, terremoti, massacri di massa eccetera. Possiamo metterci lì tranquilli a goderci tutti questi disastri perché nell’intimo sappiamo che la California ha quello che si merita. Sono stati loro a inventare il concetto di stile di vita. Basta questo a condannarli. (alfonse spiega a jack la sua teoria sulle catastrofi in: rumore bianco, di don delillo) Le impronte digitali e di notte le pattuglie che inseguono le falene e le comete come te. Tra le lettere d’amore scritte a computer Che poi ci metteremo a tremare come la California, amore, nelle nostre camere separate a inchiodare le stelle, a dichiarare guerre. (a cura di riccardo rosa) __________________________ ¹ Valerio Mastandrea in: Non pensarci, di Gianni Zanasi e Lucio Pellegrini (2009)
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parola della settimana
La parola della settimana. Forma
(disegno di ottoeffe) Avevo vent’anni, ero giovane e inesperto ma scrivevo già meglio di altri colleghi con il doppio della mia età. Il caporedattore di Cronache di Napoli mi mise a fare un’inchiesta sulla casa. Era una roba abbastanza complessa: si trattava di mettere in relazione, andandola a verificare sul campo, la condizione penosa dell’edilizia pubblica nei quartieri più periferici e complicati con il piano politico, e soprattutto con le vicende giudiziarie che stavano coinvolgendo Alfredo Romeo, gestore di quel patrimonio per conto del Comune. In due mesi tirai fuori un bel lavoro, così che qualcuno mi suggerì, dopo la sua pubblicazione, di proporlo anche a un periodico di approfondimento e reportage, all’epoca a me sconosciuto (forse ho già raccontato di questa vicenda, ma la memoria ormai m’inganna). L’inchiesta – ampiamente rivista dal responsabile editoriale – fu il mio primo pezzo per Monitor: andò in prima pagina sul tabloid, una sciccheria che, ad averci i soldi, bisognerebbe riproporre. (n. 26, ottobre 2009) Mentre facevo le interviste, raccolsi anche del materiale video e lo montai in un documentario, dal contenuto interessante ma dalla forma oscena. I redattori di Monitor me lo fecero comunque proiettare in un evento pubblico nella redazione della Sanità, credo per incoraggiarmi a continuare a frequentare il giornale. Quando qualche mese dopo gli chiesi un parere su quel lavoro, R. mi rispose laconico: «La forma è il contenuto». Tuttavia ci sono delle menzogne che, se le si crede, non recano alcun danno, per quanto l’intenzione di ingannare anche con questo tipo di menzogne non è esente da danni: i quali però ricadono su chi mente e non su chi gli presta fede. (sant’agostino, contro la menzogna) Oltre che in matematica, a scuola, ero molto scarso anche in filosofia, complici docenti dalla preparazione e dalle capacità comunicative imbarazzanti. So, però, che su forma e contenuto delle cose interessanti le ha dette Kant, così me ne sono andate a cercare alcune. Oggi mi sembrano più chiare. Nella sua Critica della ragion pura adopera la parola “forma” per descrivere le categorie entro cui la conoscenza è in grado di ordinare la realtà fenomenica. Spazio e tempo cessano di essere contenuti e iniziano ad essere modi, categorie attraverso cui la sensibilità umana può conoscere. Ma la forma, ogni forma, pone sempre il problema della sua necessità. E così, nella Critica del giudizio, Kant si domanda quale sia la facoltà umana in grado di trovare il senso della forma. È l’intelletto, legiferante, che stabilisce i significati. (carlotta bandieramonte, culturefuture.net) Se il linguaggio è contenuto e il contenuto è politico, allora il linguaggio è politico. E quindi ci sono parole precise per discriminare una persona per la sua religione, il suo colore della pelle o la sua provenienza, e altre per attaccarne un’altra che si professa seguace di una ideologia basata sull’omicidio e la deportazione (caso in cui, per quanto mi riguarda, bisognerebbe direttamente menargli, alla persona in questione). Sulla vicenda del blitz di due provocatori sionisti in un ristorante napoletano che aderisce a campagne contro l’apartheid israeliano si è detto e scritto anche troppo: l’importante è che la comunità vicina a Nives Monda (che è proprietaria e organizzatrice di quel luogo) sia riuscita a rispondere con una certa prontezza proteggendola da un linciaggio assai pericoloso, nei tempi in cui un cinguettio e una recensione su Tripadvisor, e le implicazioni che si trascinano dietro, possono far sicuramente più male di un calcio nel sedere. Resta l’indecente figura fatta dal comune di Napoli e dalla sua assessora al turismo Teresa Armato, che si è precipitata a solidarizzare con i provocatori sionisti, invece di provare a capire i fatti e andare a sostenere Nives e i lavoratori di quell’attività. La Suprema Corte (sent. n. 48553/2011) ha stabilito che chiamare “parassita” un personaggio politico costituisce diffamazione a meno che non si argomentino le ragioni dalle quali l’insulto è scaturito. Perché vi sia esercizio del diritto di critica, è necessario insomma che il giudizio – anche severo, anche irriverente – sia collegato col dato fattuale dal quale il “criticante” prende spunto. (laleggepertutti.it) Tornando su piani più alti, se il rapporto tra forma e contenuto, per esempio nell’arte, è tema troppo profondo persino per questa rubrica, alcuni spunti utili possono tornarci da immagini efficaci, pur portatrici di linee discutibili. Apprezzabile, sul tema, è Vladimir Ermakov, critico letterario e traduttore russo: La forma si fonde al meglio con il contenuto proprio quando non si fa notare. È come la buona vodka in un bicchiere trasparente. Un po’ meno Wilde: Odio il realismo volgare nella letteratura. Chi chiama vanga una vanga dovrebbe essere costretto ad usarla. È l’unica cosa per cui è adatto.  Altre suggestioni dal più noto Bertoli: E adesso che farò non so che dire: ho freddo come quando stavo solo, ho sempre scritto i versi con la penna non ho ordini precisi di lavoro. […] Adesso dovrei fare le canzoni con i dosaggi esatti degli esperti. Magari poi vestirmi come un fesso per fare il deficiente nei concerti. E dal solito Tolstoj: Il contenuto deve essere facile da capire, non astratto. È assolutamente falso. Il contenuto può essere come volete. Ma non si deve sostituire l’andare al sodo con le chiacchiere, non si deve nascondere con parole scelte il vuoto del contenuto.  https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2025/05/bsg-clip.mp4 (credits in nota1) POST SCRIPTUM – Qualche giorno fa, parlando con una cara amica e compagna di forma e contenuto nel discorso politico “interno” (inteso come il confronto tra militanti che fanno parte di uno stesso gruppo), riflettevamo sull’opportunità o meno di inserire dei filtri nel linguaggio, a beneficio degli attivisti più giovani che hanno sviluppato una sensibilità più elevata, rispetto alla nostra, in relazione alla forma-parola. Abbiamo preso atto alla fine che forse dovremmo, ma che probabilmente non ne siamo capaci, per cui la sua soluzione (sensata) è dire a tutti (e tutte) qualcosa tipo: mi dispiace se ho avuto dei modi troppo diretti, fatemelo notare, magari davanti a una birra così siamo tutti più rilassati. Forse sbagliammo ‘e modi ma nun sbagliammo moda. Trasimm’ int’a galera cu ‘a tuta r’a Legea. a cura di riccardo rosa __________________________ ¹ Christoph Waltz in: Bastardi senza gloria, di Quentin Tarantino (2009)  
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La parola della settimana. Matematica
(disegno di ottoeffe) Figlio: Papà mi dai cinquemila lire? Padre: Quattromila lire? Che devi fare con tremila lire? Hai sempre voluto duemila lire mo’ vuoi mille lire? Prenditi cinquecento lire e dividi con tuo fratello! Questa gag – ripetuta ossessivamente dal papà di un amico, ai tempi della scuola, per non sganciare soldi a suo figlio – mi è tornata in mente quando ho ascoltato la conferenza stampa del ministro Musumeci, che dopo la riunione dell’esecutivo ha annunciato in pompa magna la destinazione di fondi per l’emergenza sismica e geologica nel paese. Una roba tipo: “Abbiamo destinato un miliardo” […] “da dividere per quattro regioni” […] “che cacceremo in dieci anni” […] “forse dodici” […] “solo una minima parte nel primo anno” (l’ho un po’ semplificata ma è andata veramente così). Alla fine è venuto fuori, come prevedibile, che per Bagnoli ci sono pochi spiccioli, assolutamente insufficienti per l’unica cosa che si dovrebbe fare: un investimento a tappeto per il miglioramento e/o l’adeguamento sismico di tutto l’abitato, con l’obiettivo di permettere alle persone di “convivere con il bradisismo” (espressione di cui le istituzioni si riempiono la bocca senza avere minimamente l’idea di cosa stiano dicendo). “Fuori gli sghei per i Campi Flegrei”, recitava uno striscione a una manifestazione di qualche settimana fa. Sta andando più o meno così:   Ieri di ritorno da Lecce abbiamo ascoltato la partita dell’Inter sperando che il Verona potesse strappare un risultato contro una squadra stanca e piena di assenze. I nerazzurri hanno fatto una partitaccia ma è bastata, considerando la qualità veramente scadente degli avversari (raramente si sono viste in serie A tutte insieme squadre così scarse come i vari Lecce, Verona, Empoli, Cagliari, Monza di quest’anno). Si rifletteva, in macchina, sul fatto che mentre due anni fa la preoccupazione principale di noi tifosi era fare continui conticini su pezzetti di carta improvvisati per capire in che giornata il Napoli avrebbe vinto lo scudetto, quest’anno dovremmo soffrire fino all’ultimo secondo dell’ultima partita, ma almeno ci risparmieremo di metterci a fare i ragionieri. Pure per questo va ringraziato Conte, anche se personalmente non so se sono pronto. Le energie non solo fisiche ma anche mentali (retorica degli addetti ai lavori calcistici per dire che azzeccare con la testa su una cosa stanca anche il corpo) sono quasi all’esaurimento, e al ritorno a casa ho dovuto mangiare un chilo di patatine fritte per ristabilizzare la serotonina che aveva fatto su e giù tra la partita del Napoli e quella dell’Inter. Durante la fase maniacale queste persone vivono un momento di grande autostima, sono molto loquaci, parlano rapidamente, passano di continuo da un argomento all’altro, si sentono invulnerabili e per questo assumono comportamenti rischiosi, anche nella sfera sessuale, possono darsi a spese pazze che non si possono permettere, sono irritabili e a volte molesti. Un tratto caratteristico è la mancanza di sonno: possono non aver bisogno di dormire per diversi giorni. […] Questa situazione deve durare almeno una settimana per poter essere definita clinicamente “maniacale”. (luigi ripamonti, siamo tutti bipolari? per fortuna no: gli sbalzi d’umore non sono una malattia in: corriere salute, 31 luglio 2022) L’alcool interferisce con il funzionamento di due recettori neuronali: quelli per il GABA (acido gamma-aminobutirrico) e quelli per il glutammato. […] Se da una parte l’aumento dell’attività del GABA produce gli effetti sedativi, dall’altra la soppressione dell’attività del glutammato, anche a dosi molto basse, ha un effetto specifico sulla formazione dei ricordi e sulle funzioni esecutive, come i processi decisionali, di problem solving e di memoria di lavoro. […] Con l’assunzione cronica di alcool, si verificano dei cambiamenti irreversibili a strutture cerebrali importanti per la memoria, come l’ippocampo. […] La perdita delle cellule nervose dell’ippocampo è responsabile dei cosiddetti “black-out”, con perdita di memoria a breve termine. I ripetuti blackout, un chiaro segno di consumo eccessivo, possono causare danni permanenti che impediscono al cervello di conservare nuovi ricordi. Ad esempio, un individuo può essere in grado di ricordare eventi passati con perfetta chiarezza ma non ricordare di aver avuto la conversazione poche ore dopo. (da: brainandcare.com) Come il Verona sul campo da calcio, sono sempre stato molto scarso in matematica. Al terzo o al quarto anno di liceo incominciai a prendere lezioni da un amico più grande, per cercare di capirci qualcosa di disequazioni, funzioni e derivate. Un giorno, mentre correggevamo un esercizio, mi chiese come potevo averlo risolto in un certo modo, dato che quel metodo si basava su operazioni che avrei studiato almeno l’anno successivo (in realtà me l’ero fatto fare mio fratello più grande, che già studiava architettura). Quando dissi che ci avevo perso molto tempo, finché non mi era “venuta un’intuizione”, mi cacciò di casa, telefonò a mia madre per dirgli che con me si perdeva il tempo e che si sarebbe dimesso dal suo incarico. (credits in nota1) Vattenne a ‘lloco, vattenne pazzarella! Va’ palummella e torna, e torna a st’aria accussì fresca e bella! ‘O bbi’ ca io pure m’abbaglio chianu chiano, e ca m’abbrucio ‘a mano pe’ te ne vulè caccià? (palomma ‘e notte) a cura di riccardo rosa __________________________ ¹ Carlo Cecchi in: Morte di un matematico napoletano, di Mario Martone (1992)
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Rewind Roma, aprile 2025 # Cadaveri eccellenti
  (disegno di peppe cerillo) Il primo aprile senza sapere dell’imminente morte del papa il sindaco annuncia il blocco degli sfratti, l’esproprio delle case vuote, l’annullamento dei maxiprogetti del Porto di Fiumicino, dello Stadio di Pietralata e dell’inceneritore di Santa Palomba, nonché la fine del Giubileo in protesta contro il patriarcato e la gerarchia vaticana. Purtroppo il 2 tutto torna alla normalità: una studentessa di ventidue anni viene trovata uccisa e infilata morta in una valigia, il femminicida è un coetaneo che viveva sulla Nomentana; muore anche il turista scozzese ustionato nell’esplosione del palazzo di Monteverde; e anche una ragazza ventunenne degli Usa per uno shock anafilattico da street food del Pigneto. Il Comune intanto affida la manutenzione della pineta di Ostia a una società già indagata per truffa negli appalti pubblici. Il 3 una fiaccolata a Ostia protesta contro la diffamazione causata dal commissariamento “per mafia” del Municipio dieci anni fa, di recente definito “una supercazzola” dal prefetto Gabrielli. Intanto a Ostiense si inaugura “La Dolce Vita Orient Express”, un treno di lusso che attraverserà l’Italia al modico prezzo di 3.500 euro a notte. Il 4 una ruspa demolisce l’iconico ponticello del Pigneto con cui si attraversavano i binari che tagliano il quartiere, pronti a essere sommersi da una nuova colata di cemento. Nel pomeriggio presidio di un centinaio di liceali e universitari al Pantheon contro il DDL sicurezza, le guardie circondano la piazza e manganellano sulla folla. Il 5 grande manifestazione contro il riarmo: arrivano centinaia di pullman da tutta Italia, e centoventimila persone sfilano in corteo da piazza Vittorio fino ai Fori Imperiali. Domenica 6 nel viterbese migliaia di persone sfilano in protesta contro un deposito di scorie nucleari previsto a Vulci; alla scuola Di Donato dell’Esquilino grande assemblea di insegnanti e genitori contro le linee guida sulla scuola firmate da Ernesto “Solo l’occidente” Galli della Loggia. Lunedì 7, mentre atterra a Roma re Carlo d’Inghilterra con la reale consorte, a Torpignattara un ragazzo viene aggredito da un gruppo di coetanei, forse perché del Bangladesh; era successa la stessa cosa alcuni giorni prima. Intanto nel ghetto ebraico un ragazzo di tredici anni si spara alla testa, per suicidio o per errore ma sicuramente giocando con una pistola. Gualtieri inaugura l’Hotel extra-lusso Orient Express a piazza della Minerva (Pantheon). Martedì 8 sul muro dell’Ex Snia Viscosa appare una scritta in cirillico inneggiante al battaglione Azov, mentre scritte contro il 25 aprile appaiono in altre parti del quartiere Pigneto. Il 9 il Tar autorizza il Comune ad affidare la manutenzione di Villa Ada a una società privata già indagata per truffa negli appalti. La notte del 10 la Banda Robin Hood tira vernice bianca sulla facciata dell’albergo privato Social Hub a San Lorenzo, costruito sui terreni pubblici dell’Ex Dogana. L’11, giorno della firma del decreto sicurezza, un insegnante di liceo e membro di Ultima Generazione inizia uno sciopero della fame davanti Montecitorio. Arrivano a Roma i genitori di Wissem, ragazzo tunisino morto nel 2021 durante la detenzione nel Cpr di Ponte Galeria, per chiedere giustizia per loro figlio. A piazza del Popolo inizia il “Villaggio della legalità”, grande festa della polizia. La notte di sabato 12 veglia per la Palestina durante la notte a Montecitorio, mentre a Milano il corteo viene attaccato dalla polizia: alcuni agenti portano simboli di estrema destra sulle felpe. Il 13 c’è il derby in notturna: nel pomeriggio un gruppo di circa cinquecento ultras romanisti tentano di raggiungere i laziali radunati a Ponte Milvio, tirando bombe carta e attaccando la polizia intorno all’Olimpico: tredici agenti feriti. Ma l’attenzione dei giornali, è sui “facinorosi” pro-Palestina, in vista del 25 aprile, quando l’Anpi nazionale lascerà la piazza alla Brigata ebraica. Un altro ragazzo morto in strada, trentesima vittima delle auto del 2025. Duplice omicidio la notte di lunedì 14 al Pigneto, sotto la Tangenziale: gli assassini sono arrivati in moto e hanno sparato alla testa di un uomo e di una donna che lavoravano nel tessile. Martedì 15 grande assemblea di movimento alla Sapienza, si decide di non permettere che piazzale dei Partigiani il 25 aprile sia monopolizzato dai sionisti. Il 16 protesta degli inquilini Ater di via Pincherle e Colli Portuense contro la privatizzazione del patrimonio pubblico. Il 17 vento e pioggia; l’assessore all’urbanistica convoca i concessionari dei lidi di Ostia in Campidoglio e decide di allungare la stagione fino al 30 ottobre nonostante la scadenza delle concessioni. Intanto all’Infernetto una commessa del Todis sferra un pugno in faccia alla giornalista Federica Angeli di Repubblica, che le aveva chiesto di servirla con più lena. Venerdì 18 manifestazione a piazza Vittorio per la Giornata dei prigionieri palestinesi; enorme preghiera collettiva dei bangladesi romani contro il genocidio a Gaza. A Roma c’è anche il vice di Trump, JD Vance, che incontra la presidentessa del consiglio; chiede udienza anche al papa ma gli viene negata. Il 19 all’ambasciata dell’Oman alla Camilluccia si incontrano il primo ministro iraniano e il delegato degli Usa per l’accordo sul nucleare. Intanto il Colosseo viene fatto chiudere un’ora prima, lasciando fuori centinaia di turisti che avevano già pagato, per lasciare entrare il vicepresidente Usa Vance, che però non viene.  Il 20 è Pasqua, ultimo giorno del pontificato di Bergoglio, che muore il 21 mattina, la pasquetta del Giubileo e Natale di Roma. Il 22 si espone la salma del papa in Vaticano, accorrono i capi di stato tra cui Trump e Zelensky, di cui il pontefice aveva detto “sono dei pazzi”. Duemila poliziotti intorno al Vaticano, tra cui sistemi antidroni e tiratori scelti sui tetti di via della Conciliazione, a proteggere il cadavere di uno che aveva appena invocato il disarmo. Il 24 arriva a Roma Francesca Albanese, relatrice Onu per la Palestina, e parla nell’Aula magna di Lettere della Sapienza. Il 25 aprile tra morte del papa e cortei per la Liberazione ci sono trentamila agenti schierati in città. Il primo presidio è già alle otto di mattina a Piazzale Ostiense, per evitare di lasciare la piazza all’ambasciata di Israele e alla Brigata ebraica; poi un grande corteo da Garbatella si divide sull’Ostiense, con l’Anpi e il Pd verso Parco Schuster e i movimenti verso Ostiense; poi un corteo da una decina di migliaia di persone a Centocelle, concerti pranzi e cene ovunque, anche nel bosco di Pietralata minacciato di distruzione dal progetto dello stadio. Il 26 si tengono i funerali di Bergoglio: tra i partecipanti anche Assange con la sua famiglia. Trump e Zelensky ne approfittano per farsi una foto insieme nella basilica di San Pietro, novelli mercanti nel tempio. Il 27 mentre Bergoglio viene seppellito a Santa Maria Maggiore, si tiene la celebrazione annuale per Gramsci al cimitero acattolico: proibite le bandiere rosse. Lunedì 28 in una grossa fabbrica abbandonata sull’Aurelia muore una ragazza di diciannove anni cadendo dal settimo piano mentre fotografava i graffiti con un gruppo di amiche, e il 29 una molotov distrugge una sede ultras al Quadraro. Infine, il 30 viene resa pubblica la lettera di cinque relatori speciali Onu che chiedono al governo italiano spiegazioni su sette sfratti o tentati sfratti illegali a Roma: l’Onu aveva chiesto misure cautelari per evitare danni irreparabili, ma il governo aveva intimato al Tribunale di ignorare le richieste. L’amministrazione capitolina, perfettamente al corrente della situazione, ora si arrampica sugli specchi. (stefano portelli)
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La parola della settimana. Fake
(disegno di ottoeffe) Avevamo una gag, con El Trinche Carlovich, che prendeva un po’ in giro Nicolao Dumitru, giocatore del Napoli nel 2010-11. In realtà la gag era sull’incontentabilità del tifoso partenopeo che, spazientito per le prestazioni del calciatore, se la prendeva con lui a ogni occasione, chiedendogli più sfrontatezza quando lo vedeva timido e diligente in campo, e più umiltà non appena il povero Dumitru tentava una giocata. Questo atteggiamento provocava crisi di identità al ragazzo, fino a fargli chiedere all’allenatore di tenerlo in panchina (vero è che a fine stagione Dumitru andò via da Napoli e non combinò più nulla in carriera) Quella gag diventò uno dei migliori pezzi tra i fake che di tanto in tanto ci divertiamo a pubblicare, talmente riuscito che il procuratore o l’avvocato, ora non ricordo, del calciatore, ci mandò una mail intimandoci di rimuoverlo (una cosa simile successe anche con uno dei nostri bersagli preferiti, lo scrittore Maurizio De Giovanni; per questo articolo Bassolino e i suoi si divertirono invece parecchio). Più divertente ancora, fu che il pezzo su Dumitru – confuso dai più per una vera intervista – cominciò a girare sui siti web dedicati al Napoli, dando vita a un dibattito tra tifosi che riproponeva gli stessi atteggiamenti su cui noi credevamo di scherzare. (screenshot dal forum di partenopeo.net) Nel 2023 il Napoli vinse lo scudetto con largo anticipo. Travolti dal fiume di retorica che scorreva tra le pagine dei quotidiani, decidemmo di pubblicare un intero giornale fake. Ancora una volta, i più distratti lo scambiarono per una cosa reale. In questi anni ho imparato a fare tutto: ho scritto libri e racconti, ho mostrato il calcio e la politica, sono stato dalla parte dei deboli e ho girato spot per gli Agnelli e film commissionati da Hollywood. Ma sono rimasto il ragazzo con l’orecchino che non ci credeva che “solo ‘e strunz’ vanno a Roma”. Sono andato e tornato, di nascosto, tanto che una notte di due anni fa un barbone davanti al centro Paradiso, stupito nel vedermi piangere e baciare un santino di Ciccio Romano, mi disse: “M’a vuo’ ra’ ‘na sigarett’?”. Va così, quando mi perdo e la mente vaga. Torno nel mio film. C’è Silvio Orlando che scrocca le partite sul pezzotto; c’è Bentivoglio che interpreta De Laurentiis e sale sul motorino di un passante gridando: “Siete delle merde!”; c’è Morgan Freeman in un flash forward metaforico su Osimhen da vecchio, che spezza le sue catene e cammina sul prato del Paradiso circondato da fenicotteri che no, non so che cazzo vogliono dire, ma comunque ce li devo mettere. (paolo sorrentino, il mio film tricolore in: la gazzella dello sport) In napoletano c’è una parola che, come l’inglese fake, vuol dire molto di più di “falso”. “Pezzotto” è la app pirata che ti permette di vedere le partite pagando un quarto del costo di Sky e Dazn (già negli anni Novanta esistevano le “schede pezzottate” di Stream e Tele+); “pezzottati” erano i vestiti di marca simili all’originale ma cuciti chissà dove e smerciati nei mercati di strada (oggi il termine è passato di moda a favore di “paralleli”); “pezzotta” è una ragazza bassina e dal carattere forte, “pezzotto” era il cd masterizzato con l’ultimo album di Tizio o Caio o il gioco appena uscito per la Play Station, ma anche la zeppa che si infila sotto a un tavolo o un mobile traballante, o una persona che cerca di imitare altri senza successo. Compa’ si bell’ comme ‘a sta palla e leccame ‘a caramella che tengo acopp’. ‘O vero mast’ ‘e festa, ‘o peggio guastafeste p’e pezzott’, vengo aropp’ l’otto pecchè song’ ‘o guaje ‘e notte. […] Chesta è ‘a ricett si sì ‘nu favez’ MC, siente e statte: uno, doje, tre e quatte! Chiste so’ ‘e nummere e accussì va ‘o fatto, ‘ngopp’ ‘o beat spaccamm’ ‘o pezzotto: cinche, sei, sette e otto! (la famiglia; uno, due, tre e quatto) Donald Trump ha respinto in settimana la richiesta di un giudice di fornire informazioni sulla sorte di un migrante erroneamente deportato in El Salvador. Kilmar Abrego Garcia è stato arrestato il 12 marzo da agenti della polizia dell’immigrazione e deportato con altre duecentocinquanta persone circa, ritenute appartenenti a gang che il governo ha equiparato a organizzazioni terroristiche, utilizzando una legge che gli consente di farlo in caso di guerre o invasioni. La cosa più inquietante (oltre al fatto che questa storia non è troppo diversa da quanto accade in Italia) è che in America sta succedendo un casino per questo poveraccio che non ha nulla a che vedere con la criminalità, ma nessuno mette realmente in discussione quella che è una vera deportazione in violazione totale dei diritti umani, basata peraltro su una serie infinta di fake news. Tanti americani – ma in realtà è un’impostazione, questa, condivisa da opinioni pubbliche e governi di ogni paese, quando si parla di mafiosi, camorristi, stupratori – pensano semplicemente che essendo questi uomini terroristi, sia lecito somministrargli qualsiasi tortura usando qualsiasi metodo.  . I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per sapere […]: 1) se il Governo sia a conoscenza del fatto che, nel corso dell’interrogatorio del 2 febbraio 1982 di fronte al sostituto procuratore della Repubblica di Verona, il terrorista Cesare Di Lenardo, arrestato nella base di via Pindemonte a Padova (dove le Brigate rosse tenevano sequestrato il generale della Nato, James Lee Dozier), avrebbe dichiarato di essere stato sottoposto a tortura: bruciatura su una mano, tagliuzzamenti ai polpacci delle gambe, scosse elettriche ai testicoli, rottura di un timpano, finta fucilazione in aperta campagna, percosse, denudamento, forzato ingerimento di acqua e sale, eccetera; […] 3) se il Governo sia a conoscenza del fatto che, sui fatti denunciati, la procura della Repubblica di Padova […] ha aperto una inchiesta giudiziaria […] 4) se il Governo non ritenga che quanto sopra esposto […] contrasti totalmente con le sue smentite, tanto più essendo stati smentiti fatti di tale natura anche specificatamente e nominativamente in relazione al caso del terrorista Di Lenardo; 5) se il Governo non ritenga doveroso rettificare, di fronte alla Camera, le affermazioni non vere fatte nel corso della seduta del 15 febbraio. (boato, bonino, pinto, mellini; interrogazione alla camera dei deputati del 22 marzo 1982) (immagine da: les complotistes) Un’amica mi ha regalato qualche settimana fa un fumetto francese dal titolo Les Complotistes, facendo riferimento alla mia tendenza a vedere ovunque inganni, insidie, falsi amici e profeti (va detto che il novanta per cento delle volte il tempo mi dà ragione). Mi ero quasi offeso nel leggerlo, sentendomi accostato a terrapiattisti e company, poi per fortuna il libricino, e la mia amica, si sono salvati all’ultima tavola, quando gli autori ci fanno capire che il problema in fondo non sono le scie chimiche e i cerchi nel grano, ma il capitalismo.  (a cura di riccardo rosa)
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La parola della settimana. Diserzione
(disegno di ottoeffe) Maje lassat’ ‘a questura fotografie e impronte, pecché capette forse ca ‘eva brucia’ ‘a bandiera ‘e l’obbedienza a l’uniforme. (co’sang, fuje tanno) Ho un’amica a cui tengo molto, vive all’estero da tanto tempo – non so se queste cose siano in relazione tra loro, ma non credo. Credo invece che andiamo d’accordo perché ha un carattere spigoloso simile al mio, e più di me dice sempre quello che pensa, a costo di risultare antipatica. Conosce bene Praga, città in cui vive da anni (forse per questo non la sopporta più) e la letteratura del paese che l’ha “adottata”. Qualche tempo fa mi ha parlato di Jaroslav Hašek, irriverente e anticonformista scrittore ceco, morto solo e in miseria quarantenne, noto soprattutto per il suo romanzo Le fatidiche (o fatali) avventure del buon soldato Švejk durante la guerra mondiale, parodistico testo antimilitarista tradotto in centoventi lingue. Il soldato Švejk è un uomo semplice, gioviale, modesto, amante del bere, e che cerca sempre di accontentare il prossimo. Vive senza drammi tutte le assurdità che la vita e il potere gli riservano, dal manicomio alla galera, dall’esercito alla guerra, agendo assai più razionalmente del mondo pazzo con cui deve confrontarsi e che non perde occasione per accusarlo di sabotaggio e diserzione. M. mi raccontava che a dispetto della chiarezza del messaggio di Hašek, il soldato Švejk viene oggi ritratto in patria come un ingenuo fessacchiotto (un pepe, si dice nel suo dialetto). Il gruppo del calcetto del lunedì di cui faccio parte ha pensato invece di stamparsi sulle maglie un disegno che lo ritrae. La squadra si chiamerà, anche in suo onore, “I disertori”. –.Voi avete tradito sua maestà l’imperatore! –.Gesummaria e quando? –.Smettetela con queste stupidaggini. –.Faccio rispettosamente notare che tradire sua maestà l’imperatore non è per niente una stupidaggine… –.Non volete confessare? Avete volontariamente indossato un’uniforme russa? –.Volontariamente. –.Senza alcuna pressione? –.Senza alcuna pressione. –.Sapete che siete perduto? –.Lo so, al 91º reggimento mi staranno senz’altro cercando… (da un dialogo tra il soldato švejk e il maggiore che presiede il tribunale militare) Al contrario di quanto comunemente noto, la diserzione non è un atto solo confinato all’ambito militare. Disertare è, da dizionario, anche “abbandonare” o “non recarsi in un luogo” in cui si è attesi o dove si sarebbe forzati a essere. Per estensione figurativa, è anche “esimersi dal compimento di un obbligo”. https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2025/04/high-2.mp4 (credits in nota1) Qualche anno fa gli ultras del Napoli protestarono per l’emanazione da parte della società di un regolamento d’uso dello stadio (all’epoca ancora San Paolo) che sembrava fatto apposta per rompergli le scatole. No fumogeni, no bandiere, no megafoni per lanciare i cori. Non si poteva vedere la partita in piedi e si era obbligati a rispettare il posto numerico scritto sul biglietto. Per chi è abituato a seguire la partita in maniera attiva e non da semplice spettatore, i gradoni rischiavano di diventare così una specie di servizio militare. Fortunatamente, col tempo si è arrivati a più miti consigli e, forse informalmente – personalmente non so che fine abbia fatto quell’astruso regolamento – almeno in curva si lascia l’agibilità meritata a chi vive la partita come un precetto (la parola “diserzione”, riferita allo stadio, dice molto di questo rapporto di vincolo reciproco).   (foto di archivio) Nelle ultime settimane si è molto parlato del disco di La Niña, cantante napoletana figlia d’arte, laureata in filosofia e con un master in comunicazione musicale preso a Milano. Dopo aver vissuto a Londra e aver scritto testi in inglese La Niña è tornata a Napoli e ha iniziato a cantare in napoletano. È stata scritturata dalla Sony e da lì la sua produzione si è gradualmente fissata su un folk-elettronico che mi sembra di aver già sentito molte volte e che trovo francamente troppo ammiccante. Furesta, l’album del momento, mi è parso abbastanza scontato e ripetitivo. Rolling Stone (giornale bollito da tempo) ha definito invece La Niña “la nuova Teresa De Sio”. Teresa stanca di guerra senza scarpe se ne va, su questa terra che è bella muove i piedi in libertà. E ha un cappello dalle falde larghe larghe, che se piange non si sente, ma se ride tu la puoi sentire mentre ride, e cantando se ne va. Teresa stanca di guerra. (teresa de sio, teresa stanca di guerra) (a cura di riccardo rosa) __________________________ ¹ Totò e Peppino De Filippo in: La banda degli onesti, di Russel Mulcahy (1956)
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Rewind Roma, marzo 2025 # Sfrattare i poveri per riarmare i potenti
(disegno di peppe cerillo) Il mese di marzo si apre con un sabato di proteste: la mattina del primo i movimenti per la casa manifestano davanti al dipartimento municipale per la programmazione e l’attuazione urbanistica a Garbatella, contro l’inceneritore di Santa Palomba, e il pomeriggio diverse migliaia sfilano al Quarticciolo contro il “modello Caivano” di militarizzazione del quartiere. A Fiumicino, di notte e di nascosto, lunedì 3 la Royal Caribbean fa costruire un muro di cemento di cinquecento metri per recintare la spiaggia dei Bilancioni, dove è previsto il porto privato. Il 4 mattina un picchetto fa rinviare di un mese lo sfratto per una donna vittima di violenza, con tre figlie, terrorizzata sia dalla possibilità di rimanere per strada, sia dalla scarcerazione del marito. La Sapienza annuncia l’annullamento della presentazione del libro di Yahya Sinwar, capo politico di Hamas ucciso da un drone il 16 ottobre scorso. Giovedì 6 in centro c’è un presidio di solidarietà davanti al liceo Virgilio, in protesta contro i quattordici consigli di disciplina contro gli studenti accusati di aver occupato la scuola; nel frattempo, un gruppo di studenti del Rossellini che protesta contro una conferenza sulle foibe viene malmenato dalla Celere, anche dentro scuola. Il 7 viene arrestato un uomo di Vetralla che a ottobre aveva aggredito con un bastone il ministro Rapisarda, nell’androne del suo palazzo a piazza di Spagna. L’8 grande manifestazione transfemminista da piazza Vittorio a Circo Massimo; partecipa quasi mezzo milione di persone. La guardia di finanza di Fiumicino sequestra una rimessa abusiva sul Tevere, dove erano ancorate cinquantaquattro barche e stoccati rifiuti. Il 9 notte qualcuno forza la porta del centro sociale Auro e Marco, attivo da trentatré anni a Spinaceto. Nel pomeriggio, giornata di protesta al Bilancione di Fiumicino, contro la cantierizzazione della spiaggia appena iniziata da Royal Caribbean. Il 10 in Vaticano si celebra il “Giubileo del volontariato”; in risposta, il Tar del Lazio conferma, l’11, il foglio di via per una attivista di Extinction Rebellion, colpevole di aver partecipato a una manifestazione pacifica per il clima: la ragazza lavora a Roma, e rischia di perdere il lavoro. In un liceo di Tarquinia le pressioni di Gioventù Nazionale fanno annullare la presentazione di un romanzo sul neofascismo di Davide Coppo. Il 12 Salvatore Buzzi (tra i protagonisti di “Mafia capitale”) torna in carcere per altri quattro anni; intanto, Zevi, Veloccia e Gualtieri sono a Cannes a promuovere Roma agli investitori riuniti per il congresso immobiliare MIPIM, suscitando “grande entusiasmo”. Il 13 crolla un pezzo di palazzo Ater al Quarticciolo: i residenti da anni avvisano l’ente regionale per le case, troppo impegnato evidentemente a fare sgomberi e sfratti. Intanto, l’ex prefetto Gabrielli, anche ex capo del Sisde, spiega finalmente che il commissariamento del municipio di Ostia che ha approvato dieci anni fa è stata “una mezza supercazzola”, cioè una scelta azzardata e controproducente presa solo per evitare il commissariamento di Roma. Gli abitanti di Ostia lo sanno, e anche noi lo avevamo spiegato nel 2018. Intanto un ricercatore di Roma Tre subisce intimidazioni sul social network X per il contenuto dei suoi corsi, che alcuni definiscono “putiniani”. Nel pomeriggio il Tar del Lazio accoglie il ricorso dei balneari contro il bando del Comune per rivedere le concessioni delle spiagge di Ostia, che rimangono affidate ai vecchi concessionari. La notte del 14 gli attivisti “Robin Hood” rimuovono i dispositivi anti-bivacco che impediscono di dormire sulle panchine di stazione Termini, inserite con fondi del Giubileo. Rivendicano l’azione in un video in cui invocano “il Giubileo dei poveri”. Il 15 arriva la Manifestazione per l’Europa di Repubblica, Pd e Fratelli d’Italia a piazza del Popolo, in supporto al piano di militarizzazione e tagli al welfare dell’Unione Europea. Il Comune finanzia l’evento con duecento settantamila euro di soldi pubblici. In piazza ci sono sì e no trentamila persone, meno gente che al presidio per la Palestina di ottobre, proibito dalla questura (inoltre, sono terribilmente più anziani). In migliaia partecipano intanto alla contromanifestazione di piazza Barberini contro il riarmo e la guerra. Il 16 presidio davanti al Cpr di Ponte Galeria, partecipa anche il Network against Migrant Detention, che il sabato prima aveva promosso un’assemblea generale. Il 17 muore un anziano scivolando sulla sabbia della nuova pista ciclabile di Ostia. Il 18 il “prete antimafia” don Coluccia inscena la solita sfilata contro il degrado a Spinaceto, dove Ater ha lasciato scadere i fondi per il recupero, e dove trenta milioni sono stati usati per una “città del rugby” mai usata. “L’ennesima messa in scena per buttarla in caciara e coprire le responsabilità dei politici di ogni schieramento”, scrivono gli attivisti del centro sociale Auro e Marco, che era stato attaccato la settimana prima (vedi sopra). Il 20 mattina un grande contingente di polizia accompagna lo sgombero di accampamenti abitativi in via Cilicia. Alcuni abitanti vengono fermati. Lo stesso giorno, la destra contesta il sindaco per aver pagato palco e service della manifestazione del Pd per il riarmo, che il sindaco definisce “quanto di più patriottico si possa immaginare”. Nel pomeriggio, un piccolo corteo per la Palestina di un migliaio di persone va dal Pantheon al Parlamento. Il 21 sciopero dei mezzi; il 23 crolla un palazzo alla Gianicolense, forse per una fuga di gas: in un b&b del palazzo c’era un turista scozzese, che ha il 70% del corpo ustionato. Sempre a Monteverde c’è una lunga manifestazione antifascista e antisionista; intanto, a Fiumicino, una grande biciclettata arriva al Bilancione occupato, ormai minacciato di demolizione dal porto della Royal Caribbean. Il 24 è l’anniversario delle Fosse Ardeatine: proprio in questi giorni l’esercito israeliano ha compiuto un massacro ancora più grande della strage nazista. Lo stesso giorno muore un uomo a Pomezia, scivolando con lo scooter su una pista ciclabile, e una donna, dopo un intervento di liposuzione all’ospedale Grassi di Ostia. Sempre a Ostia due stabilimenti balneari vanno a fuoco, e il 26 altri quattro ancora, proprio nel giorno in cui il Consiglio di Stato delibera sulla riattivazione del bando. Il 28 arrestano un presunto responsabile degli incendi, che avrebbe agito “per noia”. Intanto, “per gelosia”, a Primavalle un uomo tenta di accoltellare la compagna, che per fortuna si rifugia da una vicina. Manifestazione per la Palestina e per i prigionieri politici palestinesi Anan, Ali e Mansour ad Albano, nonostante pioggia e freddo. Il 29 di nuovo manifestazione per la Palestina da piazza Vittorio ai Fori Imperiali. Partecipano circa duemila persone. Il mese finisce con un maxi incendio nella notte tra il 30 e il 31 in un concessionario Tesla di Torre Angela: bruciano diciassette macchine. La polizia “non esclude nessuna pista”. (stefano portelli)
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La parola della settimana. Crepa
(disegno di ottoeffe) […] quando a tanta scossa il povero regno italico faceva da ogni parte le crepe. (giosué carducci, prose) Ashikaga Yoshimasa fu nominato shōgun (una via di mezzo tra un comandante dell’esercito e un dittatore militare) nel 1449. Contribuì allo sviluppo culturale del Giappone: in particolare durante il suo governo nacquero la cerimonia del tè, l’Ikebana, il teatro Nō e la pittura con inchiostro cinese. Promosse infine l’armonizzazione tra la cultura della corte imperiale (Kuge) e quella dei samurai (Bushi). Un giorno Yoshimasa fece inviare in Cina una sua preziosa ciotola di tè per ripararla. Quando gli fu rispedita indietro a corte, però, si imbestialì perché le crepe erano ancora ben visibili. Per placarlo, gli artigiani giapponesi usarono un escamotage: utilizzarono, per riempire prima e ricoprire poi le crepe, la foglia oro, dando all’oggetto un’immagine nuova, risplendente grazie alla lucentezza del metallo. Quella tecnica divenne celebre in Giappone con il nome di Kintsugi (金継ぎ), letteralmente “riparare con l’oro”, grazie alla sua doppia valenza: da un lato permette agli oggetti rovinati di riacquistare splendore, dall’altro mostra con orgoglio le cicatrici, saldando sì le crepe ma valorizzandole, rendendole l’elemento più prezioso di un oggetto. L’assemblea sottolinea lo stretto legame esistente tra la situazione bradisismica e gli sviluppi futuri sull’area ex Italsider, in particolare rifiutando ogni possibile azione speculativa e che aumenti le cubature edilizie, la cementificazione e il congestionamento dell’area. […] L’assemblea ha approvato all’unanimità le seguenti rivendicazioni: –       Controllo e censimento a tappeto per la stabilità di edifici pubblici e privati a carico dello stato –       Pubblicazione della documentazione relativa alla verifica sismica –       Soluzioni alternative, sostenibili e dignitose, sul territorio, per gli sfollati da edifici a rischio –       Blocco dei mutui, senza maturazione degli interessi, e degli affitti per tutti gli sfollati –       Blocco e annullamento della cementificazione ulteriore dei Campi Flegrei, fermando subito tutti i nuovi progetti di edilizia privata (dal verbale della quarta assemblea della decima municipalità occupata – continua a leggere qui) Vurria addeventa’ ricco e chino e sorde Pe’ chello ca me credo ca è ‘a ricchezza: è ‘o sanghe e ll’ate, nu braccio ca se spezza. Vurria penza’ a sta buono ogni matina Pensanno ca so’ stato fortunato, Ca si guadagno è n’copp ‘o sanghe ‘e ll’ate. (24 grana, ‘e kose ka spakkano) . A dispetto degli annunci fatti dal ministro già dalla fine del 2023, la gestione della fuga dalle abitazioni in occasione delle scosse più forti è solo sulle spalle dei trentamila cittadini della zona. Le simulazioni di questi mesi sono state poche e mal organizzate, mentre soltanto di recente prefettura e Protezione civile hanno elaborato protocolli per persone con disabilità e piani specifici per la gestione degli sciami sismici in orario scolastico (d’altronde solo dal 5 marzo è online la piattaforma per chiedere un sopralluogo agli edifici privati). […] La poca disponibilità del sindaco Manfredi e dell’assessore Cosenza a indire incontri informativi sul territorio è stata messa in evidenza dai cittadini che hanno partecipato al consiglio comunale di lunedì. In tutta risposta questi hanno ricevuto rassicurazioni per un una giornata di confronto alla municipalità… il 28 aprile! Per aprire alla popolazione le porte della ex base Nato, invece, […] è stata necessaria una piccola sommossa: fino a mercoledì, infatti, le centinaia di cittadini che con gli eventi sismici più importanti lasciavano la propria casa, venivano dimenticate per ore sul viale della Liberazione, dove si riunivano pur senza acqua e possibilità di andare in bagno, e avendo come unico referente una o due pattuglie della polizia municipale. (riccardo rosa, la gestione della fuga sulle spalle dei residenti) La parola “crepare” viene dal latino col significato di “scricchiolare”, ma anche di “scoppiare”. La frattura separa in modo netto due parti, che potranno essere riunite solo grazie a un intervento antropico, o rimarranno separate. Se la lingua è mondo, è specchio, trovatici con la pupilla spalancata, pescaci da quel nero quell’inchiostro che dica la parola verticale. Alla sua ombra crescono domande, si fa spazio al respiro del pensare. (elisa biagini, da una crepa) Il consiglio è stata la solita fiera delle belle parole senza fatti concreti. Tutte le istituzioni hanno espresso la necessità di “continuare a sensibilizzare la popolazione” partendo dalle scuole e dagli infopoint sul territorio (pochi e malgestiti), cercando nell’ordine degli psicologi una sponda per il supporto psicologico. In realtà appare, questo, uno dei punti più critici della gestione del fenomeno in questi due anni, e l’elemento che ha creato la vera frattura tra le istituzioni e le persone, lasciate sole sia nei momenti di rallentamento delle scosse che in quelli in cui la cosiddetta emergenza (si può definire tale un fenomeno naturale che si ripresenta cronicamente e per periodi tutt’altro che brevi?) si fa più pressante, a cominciare dalle notti in cui centinaia di cittadini si radunano sul vialone dell’ex base Nato di Bagnoli e, a stento, vengono mandati a supportarli una o due pattuglie di vigili urbani. Altro tema centrale è il sostegno economico per la messa in sicurezza degli edifici. (francesco nunziante, bradisismossessivo. un mese di “emergenza” tra scosse, occupazioni e istituzioni latitanti) C’è una parola molto in voga nel gergo calcistico internazionale, craque. Una parola che in molti, anche tra gli addetti ai lavori, usano senza capirla, riconducendola a crack. Un calciatore è un crack perché “spacca le partite”, semplicemente entra e le cambia, oppure perché all’improvviso decide di entrare in azione e fa un po’ ciò che vuole; ancora, secondo altri, perché la sua esplosione segna una frattura, una crepa, tra ciò che c’era prima e dopo di lui. Come un Cristo, o un Buddha. Baggio è, davanti a Vialli, il cannoniere di questa piccola Coppa, con nove reti in otto partite. […] Se le cifre si estendono a tutta l’estate, ecco che per Baggio diventa un trionfo. Ha fatto gol amichevoli al Casteldelpiano, al Poggibonsi, alla Lucchese (prima delle quattro doppiette finora realizzate,), al Torino. E poi quasi sempre in Coppa Italia: all’Avellino, alla Virescit, all’Ancona, all’Udinese, infine all’Inter. Siamo di fronte al nuovo crack del calcio italiano. (due campioni da scoprire, 30 settembre 1988) In realtà la parola viene dal calcio sudamericano, ed è semplicemente la traduzione di “asso”. Esiste anche un premio, nel campionato brasiliano, “El Craque do brasileirao”, lo scorso anno vinto da Luiz Henrique André Rosa da Silva, più noto come Luiz Henrique. L’attaccante di Petropolis, comune dell’area metropolitana di Rio, ha ventiquattro anni ma ha già girato mezzo mondo. Tra i diciotto e i ventuno anni ha giocato nel Fluminense, poi al Betis di Siviglia, poi è tornato in Brasile (Botafogo, con il quale è stato nominato miglior giocatore della finale di Coppa Libertadores, vinta per 3-1 contro l’Atletico Mineiro) e un mesetto fa è tornato in Europa, acquistato dallo Zenit di San Pietroburgo, per trentacinque milioni di euro. Henrique, dopo aver segnato, esulta di solito con la mossa di T’Challa, personaggio Marvel e re del Wakanda, e protettore del paese nei panni dell’eroe Black Panther. La sconfitta complessiva del movimento nato negli anni Sessanta, è stata particolarmente dura per la componente afroamericana. […] La massiccia introduzione di droga – soprattutto il devastante crack – nella comunità nera, nell’indifferenza, se non compiacenza, delle autorità, ha trasformato i ghetti in “terre di nessuno” dove l’attività criminale e l’appartenenza a una gang rimane l’unica forma di ascesa sociale e di riconoscimento, e la violenza dei neri contro neri ha raggiunto livelli intollerabili. Il “problema nero” è stato abbandonato a se stesso, al suo autocontrollo distruttivo, da una società americana sorda e insicura che ha rinchiuso i neri poveri fra le mura invisibili del ghetto e quelle, tangibili, delle prigioni» (paolo bertella farnetti, pantere nere. storia e mito del black panther party) (a cura di riccardo rosa)
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