(disegno di ottoeffe)
Un’amica mi ha raccontato che nel piccolo paese da cui proviene è ancora molto
in voga, pure tra i giovani, “Padrone e sotto”, antico gioco praticato in molte
regioni meridionali. Funziona più o meno così: la prima parte è una partita a
scopa a squadre, o una tirata a tocco; chi ha il punto di primiera più alto, o
chi ha vinto il tocco, viene nominato “padrone”, mentre chi ha il secondo è il
“sotto”; il sotto e il padrone decidono di volta in volta il giocatore che potrà
bere dalla brocca o dalle bottiglie comuni, cercando di lasciare fuori qualcuno
di non gradito. A volte, però, facendo finta di volergli offrire da bere a
oltranza, i due cercano di mettere in mezzo uno dei partecipanti, concentrando
su di lui le bevute per farlo ubriacare e denigrarlo. Non è detto che le
alleanze portino al risultato prefissato, e in quel caso tanto vino sarà andato
sprecato.
Durante la prima presentazione di un libro che ho scritto molto tempo fa (La
sfida. Storia del re della sceneggiata), alla Sala Assoli del Teatro Nuovo di
Napoli, il maestro Pino Mauro, accompagnato da Franco Ricciardi, Carmine
Paternoster e Marco Giusti, si mise a recitare Questione ‘e tuocco, di E.A.
Mario, che parla di una vendetta all’arma bianca consumata durante una giocata a
Padrone e sotto.
Proprio accussì, tre anne carcerato
pe ‘na quistione ‘e tuocco e mo’ so’ asciuto,
maje s’è appurato ‘o fatto comm’è juto
e ‘a chesta vocca maje se po’ appura’.
Però nun fuje p’o vino, fuje pe’ ‘na parola
ascette ‘mmiezo ‘o nomme ‘e ‘na figliola
ca nun s’aveva proprio annumena’…
– Meh, jammo’: a chi adda essere?
Adda essere a vuje, ‘gnorsì cumpa’!
[…] Sbagliaje, curtellaje ‘nnucentemente
a chi nun era ‘nfame comme a te,
embè stasera ‘o vendico:
chesta è pe’ isso, e chesta ‘cca è pe’ me!
(pino mauro, questione ‘e tuocco)
Si è ormai diffusa in diverse città d’Italia la pratica del Graduation day,
durante il quale i neolaureati si ritrovano in una sede universitaria o in una
piazza della città per celebrare il raggiungimento dell’obiettivo lanciando in
aria il tocco, cappello che simboleggia la fine e il successo di un percorso di
studio. A Novara in piazza dei Martiri erano, lo scorso weekend, in più di
mille; a Macerata, in piazza Vittorio Veneto, diverse centinaia, provenienti da
più di trenta paesi. Gli studenti sono stati salutati dal rettore McCourt, primo
straniero a capo di un ateneo italiano, che ha esaltato la capacità
dell’università nel formare i giovani “a capire, pensare, affrontare le
complessità del presente”. Da più di un anno il rettore (membro del cda di
UniItalia, ente che si occupa della cooperazione accademica internazionale)
viene duramente contestato per gli accordi dell’università con atenei
israeliani, accordi che non ha finora voluto rescindere, a differenza di quanto
fatto con le università russe dopo l’invasione dell’Ucraina.
(da: al jazeera)
Dieci anni fa ricevetti in regalo per il mio compleanno un libro che riprende i
migliori discorsi tenuti da Kurt Vonnegut ai laureandi, al termine dell’anno
accademico.
Il rettore voleva eliminare ogni forma di pensiero negativo dal suo discorso di
saluto, e quindi mi ha chiesto di farvi quest’annuncio: “Tutti quelli che hanno
ancora in sospeso il pagamento del parcheggio sono pregati saldare il conto
prima di uscire da questo edificio, altrimenti si ritroveranno una sorpresina
sul libretto”.
Quando ero ragazzino a Indianapolis c’era uno scrittore umoristico di nome Kin
Hubbard. Ogni giorno scriveva una freddura di qualche riga per l’Indianapolis
News. […] Spesso era arguto quanto Oscar Wilde. Disse, per esempio, che era
meglio avere il proibizionismo che stare senza alcool. O che chiunque sostenga
che il sapore della birra analcolica si avvicina a quello della birra è incapace
di misurare le distanze. Do per scontato che le cose veramente importanti vi
siano già state insegnate nel corso dei quattro anni qui e non abbiate gran
bisogno di sentire granché dal sottoscritto. Buon per me. Ho solo una cosa da
dire: questa è la fine, questa è sicuramente la fine dell’infanzia. “Ci dispiace
tanto”, come dicevano durante la guerra del Vietnam. (kurt vonnegut, fredonia
college, new york, 20 maggio 1978)
Ancora, a proposito di tocco e di università: gira su Youtube un video in cui
padre Mike Schmitz, cappellano all’Università del Minnesota Duluth (una via di
mezzo tra l’Hugh Grant di Nottingh Hill e lo Sturby di Marco Marzocca), spiega
il rapporto tra sorte e Spirito Santo quando c’è da prendere qualche decisione
importante. Nello specifico si parla di Conclave ed elezione del Papa:
Una mia amica una volta mi ha detto: “Pensavo che tutto il processo fosse molto
più… santo. Una cosa quasi mistica. Tipo, entri nella Cappella Sistina, ti metti
in preghiera e chiedi allo Spirito Santo di guidare le decisioni”. Invece ha
scoperto che i cardinali parlano, discutono, dibattono. Possono
persino cercare consensi, cercare voti. E questo le sembrava… meno spirituale,
diciamo così. Eppure, se torniamo alla Bibbia, vediamo che
lo Spirito Santo agisce attraverso persone comuni, attraverso mezzi, eventi
e circostanze che non ci aspetteremmo. Per esempio, negli Atti degli Apostoli,
Giuda è morto, e gli apostoli si riuniscono per decidere chi prenderà il suo
posto. Come scelgono tra Giuseppe il Giusto e Mattia? Tirano a sorte! È come se
lanciassero i dadi per decidere chi sarà il prossimo apostolo. Non sembra molto
santo, ma è proprio quello che fecero. E questi sono uomini che camminarono con
Gesù, che furono istruiti e formati da lui. Eppure, dicono: “Non lo sappiamo.
Tiriamo a sorte”. (fr. mike schmitz, da uccr online, davvero lo spirito santo
elegge il nuovo papa?)
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2025/06/la-banda-tagliato.mp4
(credits in nota1)
(a cura di riccardo rosa)
__________________________
¹ Totò e Peppino De Filippo in: La banda degli onesti, di Camillo Mastrocinque
(1956)
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(disegno di ottoeffe)
Ruinosa è senza la base del timor ogni clemenza. (torquato tasso, gerusalemme
liberata; canto quinto)
Sono giorni di attacchi missilistici incrociati tra Israele e Iran, attacchi che
assai assomigliano a una guerra, e che un po’ di preoccupazione destano,
considerando le potenze che ne sono protagoniste e il possibile innesco del
sistema di alleanze internazionali.
Israele ha presentato l’attacco come un’azione preventiva contro la minaccia
rappresentata dal programma nucleare iraniano, sostenendo che l’Iran ha al
momento troppo uranio arricchito, utilizzabile per quindici potenziali bombe
(solo pochi mesi fa l’intelligence americana aveva escluso che l’Iran stesse
allestendo un arsenale militare nucleare).
L’attacco israeliano è partito da Teheran, e in particolare da una base segreta
di droni costruita dal Mossad vicino la capitale. L’intelligence israeliana
avrebbe sfruttato una rete logistica interna al paese per far entrare armi,
veicoli e sistemi di comando.
E già gli altri, insieme al glorioso Odisseo,
stavano nella piazza di Troia, nascosti dentro il cavallo:
gli stessi Troiani lo avevano tirato fin sull’acropoli.
Così quello era lì: ed essi confusamente a lungo parlavano,
seduti all’intorno: tre pareri piacevano loro,
o infilzare il cavo legno con bronzo spietato,
o gettarlo giù dalle rocce, trascinato fino a un dirupo,
o lasciare che fosse un gran dono propiziatorio per gli dei.
E proprio così poi doveva andare:
infatti, era destino che essi perissero, appena la città avesse accolto
il grande cavallo di legno, dove sedevano tutti i più forti
degli Argivi, portando strage e rovina ai Troiani.
E cantava come distrussero la città i figli degli Achei,
calati giù dal cavallo, dopo aver lasciato la concava insidia.
(omero, odissea VIII; vv. 485-522)
Nelle ultime ore il governo iraniano ha annunciato che colpirà anche le basi
degli alleati di Israele, facendo riferimento neppure troppo velatamente agli
Stati Uniti. Proprio alcune mosse dell’imprevedibile Trump sono state, in
realtà, secondo molti analisti, una delle cause indirette dell’accelerazione
israeliana nell’avvio del conflitto: il criminale di guerra Netanyahu sarebbe
stato parecchio indispettito dalla riapertura dei negoziati tra gli Usa e l’Iran
sul nucleare, dalla tregua americana con i principali gruppi armati yemeniti e
dall’apertura di un canale diplomatico e soprattutto commerciale (ovviamente si
parla di armi…) con l’Arabia Saudita.
Qualche giorno fa hanno dato in televisione Rain Man, film a dir poco
sopravvalutato che si lascia guardare per la bellezza di Valeria Golino e per un
paio di spunti indovinati. Il migliore, ma solo in lingua originale, è la
ripresa di una vecchia gag di Abbott e Costello (in italiano Gianni e Pinotto),
in cui i due discutono dei nomi dei giocatori di una squadra di baseball.
Costello chiede al suo partner chi è il giocatore in prima base, e Abbott gli
risponde che si chiama Who (che in inglese significa “chi”). “Who’s on first!”,
continua a ripetergli, generando confusione nell’altro, il quale pensa che
Abbott stia rispondendo alla sua domanda sulla posizione del giocatore (mi rendo
conto che a spiegarla così non fa ridere, per cui meglio godersela in video e
zitti):
In chimica inorganica, si dicono “basi” quelle sostanze che in soluzione acquosa
si scindono dando ioni idrossido OH-; oppure, parlando di sistemi acido-base, le
sostanze in grado di acquistare uno o più protoni da un’altra sostanza (acido):
hanno l’effetto di far divenire rossa una soluzione incolore di fenolftaleina, e
azzurra una soluzione rossa di tornasole. In chimica organica, invece, le “basi”
sono i derivati contenenti azoto, ottenuti sostituendo con radicali organici gli
atomi d’idrogeno dell’ammoniaca o dell’idrossido d’ammonio.
In riferimento agli stupefacenti, il termine indica la forma non-salificata di
una sostanza che può essere vaporizzata o fumata (una forma che può avere
un’assimilazione più rapida rispetto alla sua forma salificata, più comunemente
usata per la somministrazione orale o endovenosa).
Fra’, nun sì ‘e ccà,
nun saje che ‘e a fa cu l’ammoniaca:
scarfa a nuvanta grad’ int’a cucina,
‘e frate mieje so’ chef, io arap’ ‘e ristorant’.
(luchè, ‘e cumpagne mie)
In napoletano, “base” è anche una delle tante parole usate per indicare “la
piazza” (di spaccio). Molti anni fa ascoltai a teatro un pezzo di Lanzetta che
parlava della solitudine del “palo”, quello che fa la vedetta alla base per
avvisare dell’eventuale arrivo della polizia, uno degli ultimi gradini della
scala socio-criminale. Non di rado, in effetti, si tratta di poveracci a
malapena organici al Sistema, che tirano fuori non pochi soldi per un lavoro che
non sporca le mani e che forse proprio per questo, pur nella sua importanza
strategica, è tenuto in poca o nulla considerazione.
E guardie stanno ‘nculo, ormai se so’ ncullate
vacce a spiega’ che ‘e a fa’ magna’ ‘e criature,
biberon, ciuccio, pannuline e ‘n ce a faje cchiù a senti’ “pipì e puppù!”.
Perciò staje abbascio all’edificio e cirche e te fa’ ricco,
e si ce daje ‘o dentifricio sicc’ chill’ s’o pippa pure.
Ma diciteme vuje: quale persona nun vulesse nu burzone ‘e Loui-V
chin’ ‘e fasul’ e parti’ a luglio? ‘E a fa’ sule duje biglietti!
Fitta ‘na vettura e vire comme te divierte,
invece ‘e a bere latte Berna scaduto, si addeventato sgarrupo,
t’adatti o fernisc’ int’a ‘na traversa vattutto
cu tre ‘nfamune ca colpiscen’ a turno ‘a cavia d’a caccia notturna.
Craccomani acrobati arrobbano ‘ncopp’ e balcune,
perdono ‘o malloppo pe’ fujì d’e robocòp,
Range Evoque, roba over’ io e Rocco!
(nto ft. rocco hunt, quante cose)
a cura di riccardo rosa
(disegno di ottoeffe)
Una cosa che mi hanno insegnato molto tempo fa è che quando si scrive, o si
interviene in un consesso pubblico, bisogna saper far emergere la rabbia ma
occultare il livore.
Rabbia: Irritazione violenta, spesso incontrollata, provocata da gravi offese,
contrarietà o delusioni; oppure sorda e contenuta, dovuta a sdegno o dispetto,
senso d’impotenza o anche di invidia.
Livore: Astio o rancore astioso.
(da: google.com)
Una decina d’anni fa i redattori di Monitor mi fecero riscrivere più volte un
pezzo-invettiva contro il gruppo comico dei Jackal, perché tracimava, appunto,
livore da ogni parola.
I video dei Jackal ammiccano caricando all’estremo i personaggi del cosiddetto
“popolino”, enfatizzandone a dismisura il dialetto, le movenze, le abitudini più
colorite, insomma tutto quanto si può reputare, a seconda della convenienza, ora
pittoresco ora intollerabile. Anche quando non si dà addosso ai parcheggiatori
abusivi o ci si fa beffe delle vrenzole (al limite della denuncia i video in cui
due ragazzi discorrono tra loro, imitando male le donne dei quartieri popolari,
con un accento taroccato quanto quello del poliziotto italo-americano dei
Simpson), l’immagine della città è talmente stereotipata da risultare grottesca
anche per il turista tedesco o americano. (riccardo rosa, the jackal, la napoli
che viaggia in rete)
Un giornalista molto bravo nel suo genere – quello di attaccare i potenti, in
particolare quelli legati al mondo del giornalismo, con articoli al vetriolo ma
lasciando sottoterra l’ascia del livore – è stato Nello Cozzolino, che per molti
anni ha gestito un blog, dal nome Iustitia, interamente dedicato a questa
funzione. Piccolo capolavoro è un pezzo del 2005 che smascherava l’ambiguo iter
con cui il paladino della legalità Francesco Emilio Borrelli aveva ottenuto il
tesserino di giornalista professionista.
Il 25 novembre 2003 Borrelli comincia il praticantato giornalistico alla
redazione di Lamezia Terme, un centro di settantamila abitanti della Calabria
centrale affacciato sul Basso Tirreno. Lamezia ha l’aeroporto, ma non ci sono
voli diretti con Napoli; per raggiungerla rimangono il treno, con tre ore e
mezzo di Eurostar, se va bene, o 390 chilometri di autostrada. […] L’assunzione
viene comunicata al neo-praticante dall’amministratore unico di
Teleregione, Domenica Sarnataro, come il marito Giuseppe Giordano dal 21 ottobre
agli arresti domiciliari. […] Ma torniamo a Borrelli e alle bizzarre modalità
con cui viene assunto: teleradioreporter con contratto a contribuzione zero per
l’editore […]; la precondizione per ottenere gli sgravi è lo stato di
disoccupato di chi deve essere assunto. Anzi, la legge 407 è applicabile
soltanto ai disoccupati di lunga durata, lavoratori che da almeno due anni sono
in cassa integrazione o senza lavoro. Per ottenere gli sgravi, i dirigenti di
Teleregione. […] Va infine segnalato che […] “non è possibile svolgere il
praticantato quando si ha un contratto, anche di consulenza, in esclusiva con un
ente pubblico (come il Comune o la Provincia di Napoli, ndr). Lo vietano gli
articoli della legge 150 del 7 giugno 2000, che regola la comunicazione
pubblica”. (nello cozzolino, un telereporter a lamezia terme)
Col tempo credevo di aver imparato a distinguere anche io tra questi due nobili
sentimenti, eppure in settimana, dopo la pubblicazione di questo articolo, una
redattrice del giornale mi ha detto: «Ma alla vostra età scrivete ancora questi
pezzi?» (in realtà il vero punto è che pezzi così non li scrivono i redattori e
le redattrici più giovani, ma questa è un’altra storia).
Mussolini è il più grande bluff d’Europa. Anche se domattina mi facesse
arrestare e fucilare, continuerei a considerarlo un bluff. Sarebbe un bluff
anche la fucilazione. Provate a prendere una buona foto del signor Mussolini ed
esaminatela. Vedrete nella sua bocca quella debolezza che lo costringe ad
accigliarsi nel famoso cipiglio mussoliniano imitato in Italia da ogni fascista
diciannovenne. Studiate il suo passato. Studiate quella coalizione tra capitale
e lavoro che è il fascismo e meditate sulla storia delle coalizioni passate.
Studiate il suo genio nel rivestire piccole idee con paroloni. Studiate la sua
predilezione per il duello. Gli uomini veramente coraggiosi non hanno nessun
bisogno di battersi a duello, mentre molti vigliacchi duellano in continuazione
per farsi credere coraggiosi. E guardate la sua camicia nera e le sue ghette
bianche. C’è qualcosa che non va, anche sul piano istrionico, in un uomo che
porta le ghette bianche con una camicia nera. (ernest hemingway, by-line)
Lo scorso fine settimana è andato in scena a Roma il Cage Warriors 189, incontro
di MMA tra l’irlandese Paddy McCorry e l’israeliano Shuki Farage. Dopo avere
atterrato il suo avversario, il pugile irlandese lo ha bloccato a terra e mentre
gli assestava altri colpi gli ha urlato più volte nelle orecchie di andare a
fare in culo e, soprattutto, “Palestina libera!”. All’annuncio della vittoria,
decretata all’unanimità dai giudici, McCorry ha alzato una bandiera palestinese
e ha nuovamente gridato “Free Palestine!”, applaudito dal pubblico.
Esattamente cinquant’anni fa usciva uno dei pezzi più belli e poetici di Joan
Baez, scritto qualche mese prima, successivamente a una telefonata notturna del
suo ex compagno Bob Dylan, che come sempre “lasciava vaghe le cose importanti”,
ma la chiamava per capire se lei fosse ancora innamorata di lui. Con l’eleganza
che la contraddistingue, Baez domina il livore e assesta due o tre colpi al suo
vecchio amante (il più divertente è “unwashed phenomenon”, espressione con cui
Dylan era stato definito anni prima da un portiere di un albergo nel quale
avrebbe voluto prenotare una stanza, proprio insieme a Baez). La cantante alla
fine scarica il suo poeta, dicendogli in sostanza che “ha già dato” e non ha
intenzione di accettare più né i suoi diamanti né la sua ruggine. Qualche anno
dopo, in un festival in Texas, Baez avrebbe cantato il pezzo cambiando le parole
finali, e ricevendo un’ovazione al suo: “E se hai intenzione di offrirmi
diamanti e ruggine… prendo solo i diamanti”.
Now you’re telling me | E ora mi dici
you’re not nostalgic | che non hai nostalgia
then give me another word for it | e allora dammi un’altra parola per dirla
you who are so good with words | tu che sei così bravo con le parole
and at keeping things vague | e a lasciare le cose vaghe,
‘cause I need some of that vagueness now | perché ho bisogno di un po’ di quella
vaghezza ora
it’s all come back too clearly | che tutto mi torna così chiaro.
Yes, I loved you dearly | Sì, ti ho amato dolcemente
and if you’re offering me diamonds and rust | e se mi stai offrendo diamanti e
ruggine
I’ve already paid | ho già pagato.
(joan baez, diamonds and rust)
a cura di riccardo rosa
(disegno di peppe cerillo)
Il mese si apre e si chiude con grandi manifestazioni di piazza, da quelle del 1
maggio in preparazione del referendum, a quelle del 31 contro il Decreto
Sicurezza, e continue proteste contro il genocidio a Gaza. Il Giubileo va avanti
come se niente fosse, morto un Papa se ne fa un altro, mentre la strada per
l’estate è interrotta da frequenti temporali, freddo e vento. Il 3 sera un uomo,
forse un borseggiatore in fuga, viene ucciso da un treno della Metro A; il 4 c’è
un incendio nella rimessa Atac di via Candoni: un autobus in dismissione finisce
in fiamme. La notte un turista statunitense che cercava di entrare nel Colosseo
rimane infilzato, lo portano in pronto soccorso. Intanto in Vaticano si celebra
il “Giubileo degli imprenditori” subito dopo quello dei lavoratori – forse per
ribadire che l’imprenditoria non è un lavoro. Il 5 a Ostia una ruspa per il
ripascimento della spiaggia si mette a lavorare a pieno regime in mezzo alle
sdraio e gli ombrelloni. Protesta degli avvocati penalisti contro il Decreto
Sicurezza a piazza Cavour.
Il 6 ci sono due incidenti mortali causati da automobili, uno a San Basilio e
uno al Foro Italico, viene ferita gravemente anche una bimba di due anni. Il 7
inizia il conclave nella Cappella Sistina, e l’8 si elegge il nuovo Papa.
Venerdì 9 manifestazione “antidegrado” a Cinecittà-Don Bosco, con il prete
antispaccio don Coluccia e i comitati di quartiere di destra – tutte
organizzazioni che non si sono mai interessate alla svendita degli appartamenti
degli enti previdenziali né alla gentrificazione forzata del quartiere, ma ora
se la prendono con i più poveri. Il 10 una manifestazione a Garbatella esprime
solidarietà contro la vandalizzazione di una statua autogestita per la Palestina
a largo Sette Chiese. L’11 la S.S.Lazio (i cui ultras sono noti in Europa, tra
le altre cose, per il loro antisemitismo) firma un accordo di collaborazione con
il Maccabbi Israel, la squadra sionista i cui tifosi avevano già dato prova di
aggressività l’anno scorso a Amsterdam.
Lunedì 12 il comune di Roma tenta di recintare il parco di Pietralata per
iniziare i lavori del nuovo stadio, ma trova la resistenza di un centinaio di
abitanti che si sdraiano davanti ai camion per impedire l’ingresso. La celere
trascina via, malmena, spinge, ma alla fine è costretta a ritirarsi. Il giorno
dopo il Comune convoca il comitato a un tavolo di discussione, e mentre gli
attivisti sono riuniti, a Pietralata arrivano i camion a recintare il parco.
Continuano gli abbattimenti di alberi, tra le proteste degli abitanti e degli
ambientalisti: cinque grossi pioppi sono demoliti su viale Quattro Venti, il
giorno dopo altrettanti a Montesacro. Il 14 c’è una conferenza stampa contro le
grandi opere all’assessorato all’ambiente, in via di Porta Metronia. Intanto,
alcuni consiglieri chiedono formalmente al sindaco di restituire al Comune le
centinaia di migliaia di euro spesi per finanziare la piazza per il riarmo
europeo del 15 marzo. In Vaticano si celebra il “Giubileo delle Chiese
Orientali”, proprio a ridosso dell’anniversario della Nakba palestinese. Nel
pomeriggio, manifestazione per la Palestina a Torpignattara; durante la notte,
ignoti vandalizzano il centro sociale La Strada, a Garbatella. Il 15 maggio,
anniversario della Nakba, l’AMA fa una piccola pulizia etnica a piazza Vittorio,
buttando tutti i materassi, le coperte e le valigie dei senzatetto che ci
vivono. Interventi in diretta connessione con la promozione di uno sguardo
disumanizzante rivolto a chi vive in strada.
Sempre il 15, in una villetta di Fregene, i carabinieri trovano il corpo di una
donna di cinquantotto anni uccisa con quindici coltellate. Il giorno dopo a
Civitavecchia un uomo uccide a coltellate la compagna di quarantacinque anni,
lasciando il corpo nell’androne del palazzo. Il 16 inizia il convegno
dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e
dell’università nell’occupazione abitativa Spin Time su viale Manzoni. Il 17
presidio in Campidoglio contro le grandi opere e le devastazioni ambientali;
nel pomeriggio manifestazione per la Palestina, e festa di Ciro Principessa alla
Certosa, in memoria del giovane comunista ucciso dai fascisti mezzo secolo fa.
Diluvio improvviso sulla città. Il 19 mattina arrivano le ruspe nel parco di
Pietralata, e cominciano a tagliare alberi. Un presidio di abitanti si scontra
con le guardie. Il 20 in un incidente mortale sulla Cassia Bis muore un
cinquantacinquenne sullo scooter.
Il 22 c’è un presidio davanti al carcere di Regina Coeli per Tarek, detenuto
arrestato durante la manifestazione del 5 ottobre per la Palestina. Il 26
durante il presidio a piazza Barberini, in occasione della votazione sul Decreto
Sicurezza in Parlamento, un gruppo di duecento manifestanti tenta di sfondare il
cordone di polizia che impedisce l’accesso alla piazza di Montecitorio: la
polizia manganella e provoca diversi feriti, tra cui anche il presidente del
Terzo municipio. Il 29 c’è una “passeggiata rumorosa” a San Giovanni, contro il
femminicidio di Afragola, in cui un diciottenne ha ucciso una ragazza di
quattordici anni a pietrate in testa: il Vaticano intanto inaugura il “Giubileo
delle famiglie“. Il mese si chiude con la manifestazione contro il Decreto
Sicurezza del 31 maggio, a Roma arrivano cento pullman da tutta Italia. Decine
di migliaia di persone, forse più di centomila, sfilano per il centro, intorno
al Colosseo, con cinque tir che accompagnano il corteo, che termina con un
accampamento per la Palestina a Caracalla. Una trentina di tende rimangono tutta
la notte in attesa del passaggio del Giro d’Italia la mattina del 1 giugno.
(stefano portelli)
(disegno di ottoeffe)
La parola “scudo” viene dal latino scutum, in riferimento al cosiddetto scudo
oblungo, elemento difensivo “con una nervatura centrale lignea di rinforzo,
detta ‘spina’, dal materiale organico, derivato da più antichi modelli micenei e
utilizzato dall’esercito romano ma anche da bande guerriere”. A parte alcune
rare eccezioni, non è stato più usato in battaglia fin dall’introduzione delle
armi da fuoco. Una di queste eccezioni è il “targe scozzese”, piccolo scudo in
legno, cuoio e metallo, utilizzato fino al 1700 e capace di difendere anche dai
proiettili dell’epoca.
«Per anni allo United sono entrato in campo per difendere, da mediano o
centrale, ma il mio istinto è offensivo. Il mio punto di forza è buttarmi in
area, segnare, creare pericoli». (scott mc tominay)
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2025/05/bv.mp4
(credits in nota1)
Lo scudo può avere forme diverse: c’è lo “scudo normanno”, triangolare, con la
punta in basso; lo “scudo gotico antico”, con i fianchi ricurvi; il “gotico
moderno”, con la parte inferiore arrotondata; lo “scudo inglese” o “da torneo”,
che riproduce il modello di “targe” di cui sopra. In araldica lo scudetto è la
struttura di legno su cui vengono disegnate figure e simboli. In battaglia
poteva capitare di veder sventolare i simboli nemici, capovolti, per evidenziare
la loro disfatta o resa.
(curva b, scudetto 2023)
Nel linguaggio sportivo, lo “scudetto” è un piccolo scudo tricolore che viene
cucito sulla maglia degli atleti campioni d’Italia, nel calcio ma anche in altri
sport di squadra. La sua introduzione risale alla stagione 1924-25, anche se nel
1930, e per tredici anni, Mussolini impose l’apposizione del fascio littorio sul
petto dei campioni in carica. Lo scudetto fu contestualmente retrocesso a
simbolo della vittoria in Coppa Italia, fino a quando non tornò in palio, con la
ripresa dei campionati nell’ottobre 1945 (al termine della stagione fu assegnato
al Torino ma privo dello stemma sabaudo, nonostante al referendum che decretava
la fine della monarchia mancasse ancora quasi un anno).
Per quelli innamorati come noi,
per quelli che non ti han tradito mai,
magico Napoli, torna campion:
cuci sul petto un’altra volta il tricolor!
(coro ultras napoli sulle note de i maschi, di gianna nannini)
Quando ero bambino mi ci è voluto un po’ per capire che non a tutte le squadre
vincitrici nel mondo di un campionato spettasse lo scudo tricolore. In Germania
il premio per la vittoria è il Meisterschale, il “piatto dei campioni”, dal peso
di cinque chili e mezzo e dal valore di venticinquemila euro circa; in Francia
il capitano della squadra vincente alza al cielo il meno pregiato Hexagoal,
trofeo minimalista, in alluminio spazzolato con innesti dorati. In Inghilterra,
la coppa in palio tra il vincitore del campionato e della FA Cup si chiama
Community Shield (“lo scudo della comunità”). Il suo nome era prima Charity
Shield (“scudo della beneficenza”) ma nel 2002 la Charity Commission inglese
scoprì che la federazione calcistica si era intascata i soldi che avrebbe dovuto
devolvere per opere di bene e ne impose il cambiamento. Quest’anno per
conquistarselo si sfideranno il Liverpool e il Crystal Palace, squadra del
brutto sobborgo operaio di Croydon, che si chiama così perché fu fondata,
seppure non ancora ufficialmente, dagli operai dell’omonima struttura costruita
per l’Esposizione Universale di Londra, nel 1851.
(credits in nota2)
Uno dei momenti più emozionanti della premiazione del Napoli campione venerdì
sera è stato quando sul maxischermo è comparsa la mano di un incisore che
calcava sulla coppa scudetto il nome della mia squadra. Mi sono guardato intorno
e ho visto gente piangere, altra telefonare alla propria moglie, altra consumare
sostanze (va detto che all’intervallo della partita i bar della curva avevano
già tutti esaurito le scorte di birra). Al fischio finale di Napoli-Fiorentina
del 10 maggio 1987, intervistato da Giampiero Galeazzi, Maradona disse che la
vittoria di quello scudetto valeva persino più del Mondiale che aveva vinto un
anno prima, perché quella vittoria era avvenuta “a casa mia”. È bello che oggi
quella casa porti il suo nome, e fa riflettere (forse fa riflettere solo me) che
da quando gli è stata intitolata, il Napoli abbia vinto due scudetti e una Coppa
Italia.
Insieme a un paio di amici con cui abbiamo visto la partita-scudetto al
Maradona, riflettevamo, durante la cerimonia di premiazione, su quanto a volte
la vita possa essere ingiusta, sulla potenza del caso e delle sue sliding
doors, e su quanto sia importante trovarsi al posto giusto al momento giusto.
Non che avessimo la forza per teorizzare, ma qualcosa del tipo:
A: Scudetti vinti da Zico?
B: Zero!
A: E da Ronaldo?
B: Zero!
A: Mmmm… da Kroll? Hamsik? Cavani?
B: Zero!
A: Scudetti vinti da Okafor?
B: Uno!
A: E da RafaMarin?
B: Uno!
A: Juan Jesus?
B: Due…
.
PS. Una menzione speciale sento il dovere di farla allo steward che in queste
ore sta rischiando il suo precario posto di lavoro, perché ripreso dai soliti
invadenti videoamatori mentre si disinteressa di una piccola folla che a pochi
passi da lui scavalca i cancelli dello stadio, per entrare in curva utilizzando
il biglietto di un altro settore. Buona fortuna amico mio, questo scudetto è
anche tuo. (a cura di riccardo rosa)
__________________________
¹ Da: Braveheart. Cuore impavido, di Mel Gibson (1995)
² Operai inglesi smantellano il Crystal Palace. Cinegiornale a cura del British
Pathé.
(disegno di ottoeffe)
Un cittadino bolognese si è visto annullare la scorsa settimana migliaia di euro
di multe relative a infrazioni del codice della strada, sfruttando il sistema
del silenzio-assenso. L’uomo aveva presentato un ricorso al prefetto per ognuna
delle multe ricevute e, non essendogli stata recapitata l’istanza di rigetto,
aveva presentato domanda di annullamento in autotutela. Il Comune aveva comunque
proceduto a emettere cartelle di pagamento contro di lui, ma alla fine a
spuntarla è stato il multato, grazie all’intervento del giudice di pace.
Perplessità dal comando locale della polizia municipale.
(credits in nota1)
Dopo decenni di corteggiamento, e dopo momenti tristemente memorabili – la
sindaca Iervolino che attende i risultati sull’assegnazione della sede in mezzo
ad assessori e giornalisti, stringendo un corniciello rosso fuoco – finalmente
Napoli riesce a ottenere il ruolo di città ospitante della Coppa America di
vela. Esultano i giornali, che tornano a parlare di Bagnoli annunciando la
realizzazione di piattaforme a mare e di un costruzione di un villaggio
organizzativo sulla colmata (l’abbiamo già sentita); colmata che, come
ampiamente prevedibile e previsto, una volta blindata dall’accoppiata
Manfredi-Meloni, si prepara a diventare uno spazio privatizzato per grandi
eventi e sottratto, come da settant’anni a questa parte, ai cittadini.
«Bagnoli è stato un elemento essenziale per convincere gli organizzatori – ha
detto il ministro dello sport Andrea Abodi – e l’America’s Cup sarà un elemento
di accelerazione per un processo che è andato avanti troppo lentamente
sottraendo all’Italia un’area che può essere produttiva e che sarà la vera
eredità di questa sfida».
Ora con tal Ricorso di Cose Umane Civili, che particolarmente in questo libro si
è ragionato, si rifletta su i confronti, che per tutta quest’opera in un gran
numero di materie si sono fatti, circa i tempi primi e gli ultimi delle Nazioni
antiche e moderne: e si avrà tutta spiegata la Storia, non già particolare […];
ma dall’identità in sostanza d’intendere, e diversità de’ modi lor di spiegarsi,
si avrà la Storia Ideale delle Leggi eterne, sopra le quali corron’i fatti di
tutte le Nazioni, ne’ loro sorgimenti, progressi, stati, decadenze, e fini, se
ben fusse, lo che è certamente falso, che dall’Eternità di tempo in tempo
nascessero Mondi Infiniti. (giambattista vico, la scienza nuova)
Nelle estati del 2012 e del 2013, con il collettivo Ba.Fu.Ca.
(Bagnoli-Fuorigrotta-Cavalleggeri) e con altre realtà di movimento, mettemmo in
piedi, per fare il verso alla ricorrente farsesca candidatura napoletana alla
competizione velistica (all’epoca “LuisVittonCup”), una regata autorganizzata.
La chiamammo Giggin Vuitton Cup, una coppa finalmente dedicata a un povero
Cristo di Bagnoli, senza casa né lavoro, che si arrangiava vendendo prodotti
taroccati.
A proposito tengo ‘nu frat’
che da quindici anni sta disoccupato.
Che s’ha fatto cinquanta concorsi,
novanta domande e duecento ricorsi.
Voi che date conforto e lavoro,
eminenza, vi bacio e v’imploro:
chillo dorme cu’ mamma e cu’ me,
che crema d’Arabia ch’è chistu cafè!
(fabrizio de andrè, don rafè)
La “coppa America dei poveri” portò a Bagnoli centinaia di persone, improvvisati
skipper di imbarcazioni incerte e traballanti, canoe sgangherate, zattere mezze
marce, bidoni dell’immondizia riciclati che girarono la scogliera antistante il
Lido Fortuna provando ad arrivare in testa. Barche affondate, remate in testa,
gavettoni: tutto era concesso data l’assenza di regole, lo stesso spirito con
cui gli amministratori avevano agito nei vent’anni precedenti (oggi ne sono
passati più di trenta e non è cambiato nulla) truccando una finta bonifica,
elaborando progetti urbanistici sconclusionati, sognando una speculazione
edilizia che è ancora dietro l’angolo.
(foto d’archivio)
Se Bagnoli piange, i bagnolesi non ridono. Sono passati più di due mesi dallo
sciame sismico di marzo e dalla più violenta scossa degli ultimi cinquant’anni e
le risposte istituzionali sono assolutamente insufficienti su tutti i fronti (i
più eclatanti: un decreto governativo che sa di elemosina; il mancato pagamento
del sostegno agli affitti; il mancato arrivo dei fondi per la messa in sicurezza
degli edifici; la mancata programmazione di una sistemazione in strutture
pubbliche e private per gli sfollati, che vengono trattati come pacchi vedendosi
prorogato un soggiorno in alberghi dall’altra parte della città ogni dieci
giorni).
Lo scorso mercoledì era programmato un incontro tra l’Assemblea popolare e tutti
gli assessori competenti, che è saltato senza nessun avviso. Rimandato a
venerdì, le risposte sono state a dir poco imbarazzanti. Successivamente, nella
stessa giornata, un corteo ha attraversato il quartiere ribadendo l’urgenza di
interventi reali e non di rappezzi che sanno di presa in giro.
Di quando in quando abbiamo bisogno di una catastrofe per spezzare l’incessante
bombardamento dell’informazione. […] Il flusso è costante, – riprese Alfonse. –
Parole, immagini, numeri, fatti, grafici, statistiche, macchioline, onde,
particelle, granellini di polvere. Soltanto le catastrofi attirano la nostra
attenzione. Le vogliamo, ne abbiamo bisogno, ne siamo dipendenti. Purché
capitino da un’altra parte. Ed è qui che entra in ballo la California.
Smottamenti, incendi nei boschi, erosione delle coste, terremoti, massacri di
massa eccetera. Possiamo metterci lì tranquilli a goderci tutti questi disastri
perché nell’intimo sappiamo che la California ha quello che si merita. Sono
stati loro a inventare il concetto di stile di vita. Basta questo a
condannarli. (alfonse spiega a jack la sua teoria sulle catastrofi in: rumore
bianco, di don delillo)
Le impronte digitali e di notte le pattuglie
che inseguono le falene
e le comete come te.
Tra le lettere d’amore scritte a computer
Che poi ci metteremo a tremare come la California, amore,
nelle nostre camere separate
a inchiodare le stelle,
a dichiarare guerre.
(a cura di riccardo rosa)
__________________________
¹ Valerio Mastandrea in: Non pensarci, di Gianni Zanasi e Lucio Pellegrini
(2009)
(disegno di ottoeffe)
Avevo vent’anni, ero giovane e inesperto ma scrivevo già meglio di altri
colleghi con il doppio della mia età. Il caporedattore di Cronache di Napoli mi
mise a fare un’inchiesta sulla casa. Era una roba abbastanza complessa: si
trattava di mettere in relazione, andandola a verificare sul campo, la
condizione penosa dell’edilizia pubblica nei quartieri più periferici e
complicati con il piano politico, e soprattutto con le vicende giudiziarie che
stavano coinvolgendo Alfredo Romeo, gestore di quel patrimonio per conto del
Comune. In due mesi tirai fuori un bel lavoro, così che qualcuno mi suggerì,
dopo la sua pubblicazione, di proporlo anche a un periodico di approfondimento e
reportage, all’epoca a me sconosciuto (forse ho già raccontato di questa
vicenda, ma la memoria ormai m’inganna). L’inchiesta – ampiamente rivista dal
responsabile editoriale – fu il mio primo pezzo per Monitor: andò in prima
pagina sul tabloid, una sciccheria che, ad averci i soldi, bisognerebbe
riproporre.
(n. 26, ottobre 2009)
Mentre facevo le interviste, raccolsi anche del materiale video e lo montai in
un documentario, dal contenuto interessante ma dalla forma oscena. I redattori
di Monitor me lo fecero comunque proiettare in un evento pubblico nella
redazione della Sanità, credo per incoraggiarmi a continuare a frequentare il
giornale. Quando qualche mese dopo gli chiesi un parere su quel lavoro, R. mi
rispose laconico: «La forma è il contenuto».
Tuttavia ci sono delle menzogne che, se le si crede, non recano alcun danno, per
quanto l’intenzione di ingannare anche con questo tipo di menzogne non è esente
da danni: i quali però ricadono su chi mente e non su chi gli presta
fede. (sant’agostino, contro la menzogna)
Oltre che in matematica, a scuola, ero molto scarso anche in filosofia, complici
docenti dalla preparazione e dalle capacità comunicative imbarazzanti. So, però,
che su forma e contenuto delle cose interessanti le ha dette Kant, così me ne
sono andate a cercare alcune. Oggi mi sembrano più chiare.
Nella sua Critica della ragion pura adopera la parola “forma” per descrivere le
categorie entro cui la conoscenza è in grado di ordinare la realtà fenomenica.
Spazio e tempo cessano di essere contenuti e iniziano ad essere modi, categorie
attraverso cui la sensibilità umana può conoscere. Ma la forma, ogni forma, pone
sempre il problema della sua necessità. E così, nella Critica del giudizio, Kant
si domanda quale sia la facoltà umana in grado di trovare il senso della forma.
È l’intelletto, legiferante, che stabilisce i significati. (carlotta
bandieramonte, culturefuture.net)
Se il linguaggio è contenuto e il contenuto è politico, allora il linguaggio è
politico. E quindi ci sono parole precise per discriminare una persona per la
sua religione, il suo colore della pelle o la sua provenienza, e altre per
attaccarne un’altra che si professa seguace di una ideologia basata
sull’omicidio e la deportazione (caso in cui, per quanto mi riguarda,
bisognerebbe direttamente menargli, alla persona in questione). Sulla vicenda
del blitz di due provocatori sionisti in un ristorante napoletano che aderisce a
campagne contro l’apartheid israeliano si è detto e scritto anche troppo:
l’importante è che la comunità vicina a Nives Monda (che è proprietaria e
organizzatrice di quel luogo) sia riuscita a rispondere con una certa prontezza
proteggendola da un linciaggio assai pericoloso, nei tempi in cui un cinguettio
e una recensione su Tripadvisor, e le implicazioni che si trascinano dietro,
possono far sicuramente più male di un calcio nel sedere.
Resta l’indecente figura fatta dal comune di Napoli e dalla sua assessora al
turismo Teresa Armato, che si è precipitata a solidarizzare con i provocatori
sionisti, invece di provare a capire i fatti e andare a sostenere Nives e i
lavoratori di quell’attività.
La Suprema Corte (sent. n. 48553/2011) ha stabilito che chiamare “parassita” un
personaggio politico costituisce diffamazione a meno che non si argomentino le
ragioni dalle quali l’insulto è scaturito. Perché vi sia esercizio del diritto
di critica, è necessario insomma che il giudizio – anche severo, anche
irriverente – sia collegato col dato fattuale dal quale il “criticante” prende
spunto. (laleggepertutti.it)
Tornando su piani più alti, se il rapporto tra forma e contenuto, per esempio
nell’arte, è tema troppo profondo persino per questa rubrica, alcuni spunti
utili possono tornarci da immagini efficaci, pur portatrici di linee
discutibili.
Apprezzabile, sul tema, è Vladimir Ermakov, critico letterario e traduttore
russo:
La forma si fonde al meglio con il contenuto proprio quando non si fa notare. È
come la buona vodka in un bicchiere trasparente.
Un po’ meno Wilde:
Odio il realismo volgare nella letteratura. Chi chiama vanga una vanga dovrebbe
essere costretto ad usarla. È l’unica cosa per cui è adatto.
Altre suggestioni dal più noto Bertoli:
E adesso che farò non so che dire:
ho freddo come quando stavo solo,
ho sempre scritto i versi con la penna
non ho ordini precisi di lavoro. […]
Adesso dovrei fare le canzoni
con i dosaggi esatti degli esperti.
Magari poi vestirmi come un fesso
per fare il deficiente nei concerti.
E dal solito Tolstoj:
Il contenuto deve essere facile da capire, non astratto. È assolutamente falso.
Il contenuto può essere come volete. Ma non si deve sostituire l’andare al sodo
con le chiacchiere, non si deve nascondere con parole scelte il vuoto del
contenuto.
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2025/05/bsg-clip.mp4
(credits in nota1)
POST SCRIPTUM – Qualche giorno fa, parlando con una cara amica e compagna di
forma e contenuto nel discorso politico “interno” (inteso come il confronto tra
militanti che fanno parte di uno stesso gruppo), riflettevamo sull’opportunità o
meno di inserire dei filtri nel linguaggio, a beneficio degli attivisti più
giovani che hanno sviluppato una sensibilità più elevata, rispetto alla nostra,
in relazione alla forma-parola. Abbiamo preso atto alla fine che forse dovremmo,
ma che probabilmente non ne siamo capaci, per cui la sua soluzione (sensata) è
dire a tutti (e tutte) qualcosa tipo: mi dispiace se ho avuto dei modi troppo
diretti, fatemelo notare, magari davanti a una birra così siamo tutti più
rilassati.
Forse sbagliammo ‘e modi
ma nun sbagliammo moda.
Trasimm’ int’a galera
cu ‘a tuta r’a Legea.
a cura di riccardo rosa
__________________________
¹ Christoph Waltz in: Bastardi senza gloria, di Quentin Tarantino (2009)
(disegno di ottoeffe)
Figlio: Papà mi dai cinquemila lire?
Padre: Quattromila lire? Che devi fare con tremila lire? Hai sempre voluto
duemila lire mo’ vuoi mille lire? Prenditi cinquecento lire e dividi con tuo
fratello!
Questa gag – ripetuta ossessivamente dal papà di un amico, ai tempi della
scuola, per non sganciare soldi a suo figlio – mi è tornata in mente quando ho
ascoltato la conferenza stampa del ministro Musumeci, che dopo la riunione
dell’esecutivo ha annunciato in pompa magna la destinazione di fondi per
l’emergenza sismica e geologica nel paese. Una roba tipo: “Abbiamo destinato un
miliardo” […] “da dividere per quattro regioni” […] “che cacceremo in dieci
anni” […] “forse dodici” […] “solo una minima parte nel primo anno” (l’ho un po’
semplificata ma è andata veramente così). Alla fine è venuto fuori, come
prevedibile, che per Bagnoli ci sono pochi spiccioli, assolutamente
insufficienti per l’unica cosa che si dovrebbe fare: un investimento a tappeto
per il miglioramento e/o l’adeguamento sismico di tutto l’abitato, con
l’obiettivo di permettere alle persone di “convivere con il bradisismo”
(espressione di cui le istituzioni si riempiono la bocca senza avere minimamente
l’idea di cosa stiano dicendo).
“Fuori gli sghei per i Campi Flegrei”, recitava uno striscione a una
manifestazione di qualche settimana fa. Sta andando più o meno così:
Ieri di ritorno da Lecce abbiamo ascoltato la partita dell’Inter sperando che il
Verona potesse strappare un risultato contro una squadra stanca e piena di
assenze. I nerazzurri hanno fatto una partitaccia ma è bastata, considerando la
qualità veramente scadente degli avversari (raramente si sono viste in serie A
tutte insieme squadre così scarse come i vari Lecce, Verona, Empoli, Cagliari,
Monza di quest’anno).
Si rifletteva, in macchina, sul fatto che mentre due anni fa la preoccupazione
principale di noi tifosi era fare continui conticini su pezzetti di carta
improvvisati per capire in che giornata il Napoli avrebbe vinto lo scudetto,
quest’anno dovremmo soffrire fino all’ultimo secondo dell’ultima partita, ma
almeno ci risparmieremo di metterci a fare i ragionieri. Pure per questo va
ringraziato Conte, anche se personalmente non so se sono pronto. Le energie non
solo fisiche ma anche mentali (retorica degli addetti ai lavori calcistici per
dire che azzeccare con la testa su una cosa stanca anche il corpo) sono quasi
all’esaurimento, e al ritorno a casa ho dovuto mangiare un chilo di patatine
fritte per ristabilizzare la serotonina che aveva fatto su e giù tra la partita
del Napoli e quella dell’Inter.
Durante la fase maniacale queste persone vivono un momento di grande autostima,
sono molto loquaci, parlano rapidamente, passano di continuo da un argomento
all’altro, si sentono invulnerabili e per questo assumono comportamenti
rischiosi, anche nella sfera sessuale, possono darsi a spese pazze che non si
possono permettere, sono irritabili e a volte molesti. Un tratto caratteristico
è la mancanza di sonno: possono non aver bisogno di dormire per diversi giorni.
[…] Questa situazione deve durare almeno una settimana per poter essere definita
clinicamente “maniacale”. (luigi ripamonti, siamo tutti bipolari? per fortuna
no: gli sbalzi d’umore non sono una malattia in: corriere salute, 31 luglio
2022)
L’alcool interferisce con il funzionamento di due recettori neuronali: quelli
per il GABA (acido gamma-aminobutirrico) e quelli per il glutammato. […] Se da
una parte l’aumento dell’attività del GABA produce gli effetti sedativi,
dall’altra la soppressione dell’attività del glutammato, anche a dosi molto
basse, ha un effetto specifico sulla formazione dei ricordi e sulle funzioni
esecutive, come i processi decisionali, di problem solving e di memoria di
lavoro. […] Con l’assunzione cronica di alcool, si verificano dei cambiamenti
irreversibili a strutture cerebrali importanti per la memoria, come l’ippocampo.
[…] La perdita delle cellule nervose dell’ippocampo è responsabile dei
cosiddetti “black-out”, con perdita di memoria a breve termine. I ripetuti
blackout, un chiaro segno di consumo eccessivo, possono causare danni permanenti
che impediscono al cervello di conservare nuovi ricordi. Ad esempio, un
individuo può essere in grado di ricordare eventi passati con perfetta chiarezza
ma non ricordare di aver avuto la conversazione poche ore dopo. (da:
brainandcare.com)
Come il Verona sul campo da calcio, sono sempre stato molto scarso in
matematica. Al terzo o al quarto anno di liceo incominciai a prendere lezioni da
un amico più grande, per cercare di capirci qualcosa di disequazioni, funzioni e
derivate. Un giorno, mentre correggevamo un esercizio, mi chiese come potevo
averlo risolto in un certo modo, dato che quel metodo si basava su operazioni
che avrei studiato almeno l’anno successivo (in realtà me l’ero fatto fare mio
fratello più grande, che già studiava architettura). Quando dissi che ci avevo
perso molto tempo, finché non mi era “venuta un’intuizione”, mi cacciò di casa,
telefonò a mia madre per dirgli che con me si perdeva il tempo e che si sarebbe
dimesso dal suo incarico.
(credits in nota1)
Vattenne a ‘lloco,
vattenne pazzarella!
Va’ palummella e torna,
e torna a st’aria
accussì fresca e bella!
‘O bbi’ ca io pure
m’abbaglio chianu chiano,
e ca m’abbrucio ‘a mano
pe’ te ne vulè caccià?
(palomma ‘e notte)
a cura di riccardo rosa
__________________________
¹ Carlo Cecchi in: Morte di un matematico napoletano, di Mario Martone (1992)
(disegno di peppe cerillo)
Il primo aprile senza sapere dell’imminente morte del papa il sindaco annuncia
il blocco degli sfratti, l’esproprio delle case vuote, l’annullamento dei
maxiprogetti del Porto di Fiumicino, dello Stadio di Pietralata e
dell’inceneritore di Santa Palomba, nonché la fine del Giubileo in protesta
contro il patriarcato e la gerarchia vaticana. Purtroppo il 2 tutto torna alla
normalità: una studentessa di ventidue anni viene trovata uccisa e infilata
morta in una valigia, il femminicida è un coetaneo che viveva sulla Nomentana;
muore anche il turista scozzese ustionato nell’esplosione del palazzo di
Monteverde; e anche una ragazza ventunenne degli Usa per uno shock anafilattico
da street food del Pigneto. Il Comune intanto affida la manutenzione della
pineta di Ostia a una società già indagata per truffa negli appalti pubblici.
Il 3 una fiaccolata a Ostia protesta contro la diffamazione causata dal
commissariamento “per mafia” del Municipio dieci anni fa, di recente definito
“una supercazzola” dal prefetto Gabrielli. Intanto a Ostiense si inaugura “La
Dolce Vita Orient Express”, un treno di lusso che attraverserà l’Italia al
modico prezzo di 3.500 euro a notte. Il 4 una ruspa demolisce l’iconico
ponticello del Pigneto con cui si attraversavano i binari che tagliano il
quartiere, pronti a essere sommersi da una nuova colata di cemento. Nel
pomeriggio presidio di un centinaio di liceali e universitari al Pantheon contro
il DDL sicurezza, le guardie circondano la piazza e manganellano sulla folla.
Il 5 grande manifestazione contro il riarmo: arrivano centinaia di pullman da
tutta Italia, e centoventimila persone sfilano in corteo da piazza Vittorio fino
ai Fori Imperiali. Domenica 6 nel viterbese migliaia di persone sfilano in
protesta contro un deposito di scorie nucleari previsto a Vulci; alla scuola Di
Donato dell’Esquilino grande assemblea di insegnanti e genitori contro le linee
guida sulla scuola firmate da Ernesto “Solo l’occidente” Galli della Loggia.
Lunedì 7, mentre atterra a Roma re Carlo d’Inghilterra con la reale consorte, a
Torpignattara un ragazzo viene aggredito da un gruppo di coetanei, forse perché
del Bangladesh; era successa la stessa cosa alcuni giorni prima. Intanto nel
ghetto ebraico un ragazzo di tredici anni si spara alla testa, per suicidio o
per errore ma sicuramente giocando con una pistola. Gualtieri inaugura l’Hotel
extra-lusso Orient Express a piazza della Minerva (Pantheon). Martedì 8 sul muro
dell’Ex Snia Viscosa appare una scritta in cirillico inneggiante al battaglione
Azov, mentre scritte contro il 25 aprile appaiono in altre parti del quartiere
Pigneto. Il 9 il Tar autorizza il Comune ad affidare la manutenzione di Villa
Ada a una società privata già indagata per truffa negli appalti. La notte
del 10 la Banda Robin Hood tira vernice bianca sulla facciata dell’albergo
privato Social Hub a San Lorenzo, costruito sui terreni pubblici dell’Ex Dogana.
L’11, giorno della firma del decreto sicurezza, un insegnante di liceo e membro
di Ultima Generazione inizia uno sciopero della fame davanti Montecitorio.
Arrivano a Roma i genitori di Wissem, ragazzo tunisino morto nel 2021 durante la
detenzione nel Cpr di Ponte Galeria, per chiedere giustizia per loro figlio. A
piazza del Popolo inizia il “Villaggio della legalità”, grande festa della
polizia. La notte di sabato 12 veglia per la Palestina durante la notte a
Montecitorio, mentre a Milano il corteo viene attaccato dalla polizia: alcuni
agenti portano simboli di estrema destra sulle felpe.
Il 13 c’è il derby in notturna: nel pomeriggio un gruppo di circa cinquecento
ultras romanisti tentano di raggiungere i laziali radunati a Ponte Milvio,
tirando bombe carta e attaccando la polizia intorno all’Olimpico: tredici agenti
feriti. Ma l’attenzione dei giornali, è sui “facinorosi” pro-Palestina, in vista
del 25 aprile, quando l’Anpi nazionale lascerà la piazza alla Brigata ebraica.
Un altro ragazzo morto in strada, trentesima vittima delle auto del 2025.
Duplice omicidio la notte di lunedì 14 al Pigneto, sotto la Tangenziale: gli
assassini sono arrivati in moto e hanno sparato alla testa di un uomo e di una
donna che lavoravano nel tessile. Martedì 15 grande assemblea di movimento alla
Sapienza, si decide di non permettere che piazzale dei Partigiani il 25 aprile
sia monopolizzato dai sionisti. Il 16 protesta degli inquilini Ater di via
Pincherle e Colli Portuense contro la privatizzazione del patrimonio pubblico.
Il 17 vento e pioggia; l’assessore all’urbanistica convoca i concessionari dei
lidi di Ostia in Campidoglio e decide di allungare la stagione fino al 30
ottobre nonostante la scadenza delle concessioni. Intanto all’Infernetto una
commessa del Todis sferra un pugno in faccia alla giornalista Federica Angeli
di Repubblica, che le aveva chiesto di servirla con più lena. Venerdì
18 manifestazione a piazza Vittorio per la Giornata dei prigionieri palestinesi;
enorme preghiera collettiva dei bangladesi romani contro il genocidio a Gaza. A
Roma c’è anche il vice di Trump, JD Vance, che incontra la presidentessa del
consiglio; chiede udienza anche al papa ma gli viene negata.
Il 19 all’ambasciata dell’Oman alla Camilluccia si incontrano il primo ministro
iraniano e il delegato degli Usa per l’accordo sul nucleare. Intanto il Colosseo
viene fatto chiudere un’ora prima, lasciando fuori centinaia di turisti che
avevano già pagato, per lasciare entrare il vicepresidente Usa Vance, che però
non viene.
Il 20 è Pasqua, ultimo giorno del pontificato di Bergoglio, che muore
il 21 mattina, la pasquetta del Giubileo e Natale di Roma. Il 22 si espone la
salma del papa in Vaticano, accorrono i capi di stato tra cui Trump e Zelensky,
di cui il pontefice aveva detto “sono dei pazzi”. Duemila poliziotti intorno al
Vaticano, tra cui sistemi antidroni e tiratori scelti sui tetti di via della
Conciliazione, a proteggere il cadavere di uno che aveva appena invocato il
disarmo. Il 24 arriva a Roma Francesca Albanese, relatrice Onu per la Palestina,
e parla nell’Aula magna di Lettere della Sapienza. Il 25 aprile tra morte del
papa e cortei per la Liberazione ci sono trentamila agenti schierati in città.
Il primo presidio è già alle otto di mattina a Piazzale Ostiense, per evitare di
lasciare la piazza all’ambasciata di Israele e alla Brigata ebraica; poi un
grande corteo da Garbatella si divide sull’Ostiense, con l’Anpi e il Pd verso
Parco Schuster e i movimenti verso Ostiense; poi un corteo da una decina di
migliaia di persone a Centocelle, concerti pranzi e cene ovunque, anche nel
bosco di Pietralata minacciato di distruzione dal progetto dello stadio.
Il 26 si tengono i funerali di Bergoglio: tra i partecipanti anche Assange con
la sua famiglia. Trump e Zelensky ne approfittano per farsi una foto insieme
nella basilica di San Pietro, novelli mercanti nel tempio. Il 27 mentre
Bergoglio viene seppellito a Santa Maria Maggiore, si tiene la celebrazione
annuale per Gramsci al cimitero acattolico: proibite le bandiere rosse. Lunedì
28 in una grossa fabbrica abbandonata sull’Aurelia muore una ragazza di
diciannove anni cadendo dal settimo piano mentre fotografava i graffiti con un
gruppo di amiche, e il 29 una molotov distrugge una sede ultras al Quadraro.
Infine, il 30 viene resa pubblica la lettera di cinque relatori speciali Onu che
chiedono al governo italiano spiegazioni su sette sfratti o tentati sfratti
illegali a Roma: l’Onu aveva chiesto misure cautelari per evitare danni
irreparabili, ma il governo aveva intimato al Tribunale di ignorare le
richieste. L’amministrazione capitolina, perfettamente al corrente della
situazione, ora si arrampica sugli specchi. (stefano portelli)
(disegno di ottoeffe)
Avevamo una gag, con El Trinche Carlovich, che prendeva un po’ in giro Nicolao
Dumitru, giocatore del Napoli nel 2010-11. In realtà la gag era
sull’incontentabilità del tifoso partenopeo che, spazientito per le prestazioni
del calciatore, se la prendeva con lui a ogni occasione, chiedendogli più
sfrontatezza quando lo vedeva timido e diligente in campo, e più umiltà non
appena il povero Dumitru tentava una giocata. Questo atteggiamento provocava
crisi di identità al ragazzo, fino a fargli chiedere all’allenatore di tenerlo
in panchina (vero è che a fine stagione Dumitru andò via da Napoli e non combinò
più nulla in carriera)
Quella gag diventò uno dei migliori pezzi tra i fake che di tanto in tanto ci
divertiamo a pubblicare, talmente riuscito che il procuratore o l’avvocato, ora
non ricordo, del calciatore, ci mandò una mail intimandoci di rimuoverlo (una
cosa simile successe anche con uno dei nostri bersagli preferiti, lo scrittore
Maurizio De Giovanni; per questo articolo Bassolino e i suoi si divertirono
invece parecchio). Più divertente ancora, fu che il pezzo su Dumitru – confuso
dai più per una vera intervista – cominciò a girare sui siti web dedicati al
Napoli, dando vita a un dibattito tra tifosi che riproponeva gli stessi
atteggiamenti su cui noi credevamo di scherzare.
(screenshot dal forum di partenopeo.net)
Nel 2023 il Napoli vinse lo scudetto con largo anticipo. Travolti dal fiume di
retorica che scorreva tra le pagine dei quotidiani, decidemmo di pubblicare un
intero giornale fake. Ancora una volta, i più distratti lo scambiarono per una
cosa reale.
In questi anni ho imparato a fare tutto: ho scritto libri e racconti, ho
mostrato il calcio e la politica, sono stato dalla parte dei deboli e ho girato
spot per gli Agnelli e film commissionati da Hollywood. Ma sono rimasto il
ragazzo con l’orecchino che non ci credeva che “solo ‘e strunz’ vanno a Roma”.
Sono andato e tornato, di nascosto, tanto che una notte di due anni fa un
barbone davanti al centro Paradiso, stupito nel vedermi piangere e baciare un
santino di Ciccio Romano, mi disse: “M’a vuo’ ra’ ‘na sigarett’?”. Va così,
quando mi perdo e la mente vaga. Torno nel mio film.
C’è Silvio Orlando che scrocca le partite sul pezzotto; c’è Bentivoglio che
interpreta De Laurentiis e sale sul motorino di un passante gridando: “Siete
delle merde!”; c’è Morgan Freeman in un flash forward metaforico su Osimhen da
vecchio, che spezza le sue catene e cammina sul prato del Paradiso circondato da
fenicotteri che no, non so che cazzo vogliono dire, ma comunque ce li devo
mettere. (paolo sorrentino, il mio film tricolore in: la gazzella dello sport)
In napoletano c’è una parola che, come l’inglese fake, vuol dire molto di più di
“falso”. “Pezzotto” è la app pirata che ti permette di vedere le partite pagando
un quarto del costo di Sky e Dazn (già negli anni Novanta esistevano le “schede
pezzottate” di Stream e Tele+); “pezzottati” erano i vestiti di marca simili
all’originale ma cuciti chissà dove e smerciati nei mercati di strada (oggi il
termine è passato di moda a favore di “paralleli”); “pezzotta” è una ragazza
bassina e dal carattere forte, “pezzotto” era il cd masterizzato con l’ultimo
album di Tizio o Caio o il gioco appena uscito per la Play Station, ma anche
la zeppa che si infila sotto a un tavolo o un mobile traballante, o una persona
che cerca di imitare altri senza successo.
Compa’ si bell’ comme ‘a sta palla e leccame ‘a caramella che tengo acopp’.
‘O vero mast’ ‘e festa,
‘o peggio guastafeste p’e pezzott’,
vengo aropp’ l’otto pecchè song’ ‘o guaje ‘e notte. […]
Chesta è ‘a ricett si sì ‘nu favez’ MC,
siente e statte: uno, doje, tre e quatte!
Chiste so’ ‘e nummere e accussì va ‘o fatto,
‘ngopp’ ‘o beat spaccamm’ ‘o pezzotto: cinche, sei, sette e otto!
(la famiglia; uno, due, tre e quatto)
Donald Trump ha respinto in settimana la richiesta di un giudice di fornire
informazioni sulla sorte di un migrante erroneamente deportato in El Salvador.
Kilmar Abrego Garcia è stato arrestato il 12 marzo da agenti della polizia
dell’immigrazione e deportato con altre duecentocinquanta persone circa,
ritenute appartenenti a gang che il governo ha equiparato a organizzazioni
terroristiche, utilizzando una legge che gli consente di farlo in caso di guerre
o invasioni. La cosa più inquietante (oltre al fatto che questa storia non è
troppo diversa da quanto accade in Italia) è che in America sta succedendo un
casino per questo poveraccio che non ha nulla a che vedere con la criminalità,
ma nessuno mette realmente in discussione quella che è una vera deportazione
in violazione totale dei diritti umani, basata peraltro su una serie infinta di
fake news. Tanti americani – ma in realtà è un’impostazione, questa, condivisa
da opinioni pubbliche e governi di ogni paese, quando si parla di mafiosi,
camorristi, stupratori – pensano semplicemente che essendo questi uomini
terroristi, sia lecito somministrargli qualsiasi tortura usando qualsiasi
metodo.
.
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri
e i ministri dell’interno e di grazia e giustizia, per sapere […]: 1) se il
Governo sia a conoscenza del fatto che, nel corso dell’interrogatorio del 2
febbraio 1982 di fronte al sostituto procuratore della Repubblica di Verona, il
terrorista Cesare Di Lenardo, arrestato nella base di via Pindemonte a Padova
(dove le Brigate rosse tenevano sequestrato il generale della Nato, James Lee
Dozier), avrebbe dichiarato di essere stato sottoposto a tortura: bruciatura su
una mano, tagliuzzamenti ai polpacci delle gambe, scosse elettriche ai
testicoli, rottura di un timpano, finta fucilazione in aperta campagna,
percosse, denudamento, forzato ingerimento di acqua e sale, eccetera; […] 3) se
il Governo sia a conoscenza del fatto che, sui fatti denunciati, la procura
della Repubblica di Padova […] ha aperto una inchiesta giudiziaria […] 4) se il
Governo non ritenga che quanto sopra esposto […] contrasti totalmente con le sue
smentite, tanto più essendo stati smentiti fatti di tale natura anche
specificatamente e nominativamente in relazione al caso del terrorista Di
Lenardo; 5) se il Governo non ritenga doveroso rettificare, di fronte alla
Camera, le affermazioni non vere fatte nel corso della seduta del 15
febbraio. (boato, bonino, pinto, mellini; interrogazione alla camera dei
deputati del 22 marzo 1982)
(immagine da: les complotistes)
Un’amica mi ha regalato qualche settimana fa un fumetto francese dal titolo Les
Complotistes, facendo riferimento alla mia tendenza a vedere ovunque inganni,
insidie, falsi amici e profeti (va detto che il novanta per cento delle volte il
tempo mi dà ragione). Mi ero quasi offeso nel leggerlo, sentendomi accostato a
terrapiattisti e company, poi per fortuna il libricino, e la mia amica, si sono
salvati all’ultima tavola, quando gli autori ci fanno capire che il problema in
fondo non sono le scie chimiche e i cerchi nel grano, ma il capitalismo.
(a cura di riccardo rosa)