La parola della settimana. Giungla(disegno di ottoeffe)
Sono state pubblicate, negli scorsi giorni, differenti ricostruzioni dei fatti
che hanno portato all’omicidio di Gennaro Ramondino, vent’anni, a Pianura,
qualche settimana fa. Ramondino era a capo di un gruppo criminale di
giovanissimi, mentre il suo assassino era un ragazzo ancor più giovane, appena
sedicenne. Pare che i due fossero molto amici.
Me vasaste comme a Giuda,
m’accattaste ‘nu Triumph,
comme si nun fosse furbo
‘a capi’ ca m’e vennuto.
[…] ‘E lacreme se dissolvono a ‘ppe ‘lloro,
song’ n’angelo d’o peccato e dimane volo
cu n’ala sola.
(co’sang, amic nemic)
Il giornalista de La Stampa che scrive dell’omicidio – il pezzo non è firmato –
ci descrive con grande pathos l’assassino (presunto, in teoria, fino a sentenza
passata in giudicato, ma vabbè…). Il caso è già chiuso nell’incipit
dell’articolo: “Violento, spietato, pusher. A soli sedici anni ha sparato a
bruciapelo […]. Poi, insieme a dei complici, ha bruciato il corpo in una
campagna alla periferia di Napoli. […] Poco importa se i componenti del suo
stesso gruppo avevano provato a convincerlo di non risolvere la faccenda in
questo modo. […] Lui è andato avanti, senza se e senza ma”.
Tien’ troppa arraggia ‘ncuoll’ nun te pozzo da’ tuorto
si accarezzanno ‘nu cane randagio t’ha dato ‘nu muorzo,
si ‘e chiesto a Dio n’ata vita e nun t’ha dato ‘o rimborso,
si aropp’ ‘a scola ‘e ricalcato ‘a sagoma ‘e ‘nu muorto.
‘A vendetta te dà forza po’ te lassa ‘nu vuoto,
soprattutto ‘a primma vota, po’ t’abitue a ‘stu ruolo.
[…] T’hanno sempe mis’ in punizione,
mo priemm’ ‘o grilletto pe’ dà ‘na lezione.
(co’sang, comme ‘a na fede)
Il sedicenne, in effetti, ha confessato l’omicidio. I quotidiani napoletani però
riportano un’altra versione rispetto a quella diffusa dal giornale torinese: uno
dei riferimenti adulti della malavita locale avrebbe procurato l’arma al ragazzo
e l’avrebbe incoraggiato a risolvere la questione in fretta, personalmente, dal
momento che, in quanto minorenne, non avrebbe rischiato nulla. Il giovane si
rendeva conto – essendo tra l’altro già stato incarcerato a Nisida in passato –
dell’inconsistenza di questa teoria, ma ha detto, una volta interrogato, di “non
aver potuto dire di no” al boss.
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2024/10/gomorraclip.mp4
(credits in nota1)
In settimana un altro ragazzo giovanissimo è stato sparato, al corso Umberto,
nel centro della città. Aveva quindici anni, non aveva precedenti ed era figlio
di una coppia che gestisce una trattoria nel Rione Sanità. Le forze dell’ordine
stanno facendo una certa fatica a ricostruire la dinamica e il movente del
delitto, ma sembra che il ragazzo sia rimasto vittima di una sparatoria tra due
gruppi di giovani, tra cui alcuni suoi amici. Gli interrogati (si erano recati
all’ospedale per farsi medicare o estrarre un proiettile dal braccio) hanno
tutti tra i quattordici e i diciassette anni.
Statt’ accort’ stanno passann’ loro:
‘e spuorche ‘ncuollo ‘e pulit’,
‘e muorte ‘ncuollo ‘e ferit’,
folle ‘e gente ca s’affollano dint’ ‘e mercat’
t’e ammacchiat’ e che ne è risultat’
‘e stu incontro ravvicinato do cient’e trirecesimo tipo?
Pe’ chi campa ‘a jurnata,
a chi n’atu trip ha passato,
n’atu ‘ngrippo ‘e pigliato,
‘sta volta simme jute buono… ma dimane?
(13 bastardi, persi nella giungla)
Rudyard Kipling è uno dei più importanti scrittori inglesi. Nato a Bombay, nel
cuore dell’India britannica, è stato cantore del colonialismo imperialista. Era
un convinto nazionalista, massone, misogino e sostenitore di qualsiasi guerra di
conquista o di mantenimento del dominio del più forte nei confronti del più
debole. Vinse un Nobel nel 1907 per Il libro della giungla, ma certo ogni
giungla è, in fondo, la narrazione che se ne fa.
Raccogli il fardello dell’Uomo Bianco.
Disperdi il fiore della tua progenie.
Obbliga i tuoi figli all’esilio
per assolvere le necessità dei tuoi prigionieri;
per vegliare pesantemente bardati
su gente inquieta e selvaggia,
popoli da poco sottomessi, riottosi,
metà demoni e metà bambini.
(rudyard kipling, il fardello dell’uomo bianco)
Luce ca ha stutat’ ‘e luci ‘e sta corsia veloce
Caca King Kong ve dong ‘na voce
Cita addeventa feroce
si vene scetata:
l’effetto è d’o muorzo ‘e cobr-ett cu ‘a coda tagliata.
(13 bastardi, persi in una giungla)
Molly nel bicchiere,
Mowgli, mo’ che il mondo gira
muoviti a vedere
da ogni prospettiva:
per la giungla sputa bacche velenose, non palle di cocaina!
(chris nolan e tedua, la legge del più forte)
Un po’ di tempo fa ho intervistato alcuni ergastolani che potevano frequentare
l’università di Milano per seguire dei corsi. Erano tutti uomini tra i cinquanta
e i sessanta, da almeno trentacinque anni – alcuni anche quarantacinque – in
carcere. Ci erano entrati a causa di omicidi che avevano commesso giovanissimi,
in Sicilia, nel corso delle guerre di mafia di inizio anni Novanta. Le loro
storie erano accomunate da questo: quando avevano tra i quindici e i vent’anni
qualcuno gli aveva messo una pistola in mano, gli aveva dato qualche milione e
gli aveva commissionato degli omicidi. Dopo poco tempo erano tutti in carcere.
Di fatto hanno vissuto solo fino all’adolescenza. Poi stop.
Mentre intervistavo questi signori tranquilli, pacati, riflessivi, annichiliti
da decenni di galera, mi chiedevo se ci fossero, e quali fossero, i motivi per
cui dovessero essere ancora in carcere. Mi chiedevo anche come mai, così come fu
fatto per la lotta armata – con risultati non sempre efficaci, a dire il vero –,
nessuno ha mai pensato di chiedere la libertà per queste persone. in quanto
colpevoli di reati che non possono non essere contestualizzati in un preciso
momento storico, quando era in corso una guerra civile tra eserciti, all’interno
dei quali loro erano soldati poco più che bambini, sicuramente meno colpevoli di
tante altre persone legate a quell’epoca che oggi si godono ricchezze e carriere
in ben altro modo.
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2024/10/mps_clip.mp4
(credits in nota2)
Partiamo dai bambini a cui è stata strappata l’infanzia, ci dicevamo, anche come
soggetto politico. Perché ‘sti bambini dell’Olivella, di Montesanto, devono
manifestare la loro creatività con la capacità di fare un furto, o di aprire una
Cinquecento con l’apriscatole… diamogli la possibilità di fare come gli altri: i
colori, la pittura, il teatro… da qui nasce l’idea della Mensa come luogo
innanzitutto per i bambini, ma poi anche per le famiglie che sono venute dietro.
Guardavamo con sospetto il Partito Comunista che sdegnava totalmente il
sottoproletariato, mentre noi testardamente dicevamo: se non lavoriamo anche col
sottoproletariato rischiamo di non andare da nessuna parte; dobbiamo svolgere
un’azione che sia di recupero, educativa, per noi era battere il clientelismo di
marca laurina, il fenomeno culturale del fatalismo, dell’abbandono, dimostrare
che la solidarietà poteva portare a forme di organizzazione.
(peppe carini e geppino fiorenza in: La Mensa dei bambini proletari,
audiodocumentario di marcello anselmo)
E così l’Isola dei bambini è oggi l’unica isola del Golfo di Napoli a essere
rimasta allo stato selvaggio. (fabrizia ramondino, l’isola dei bambini)
(a cura di riccardo rosa)
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¹ Vincenzo Bombolo e Salvatore Abbruzzese in: Gomorra, Matteo Garrone (2008)
² Michele Placido, Roberto Mariano, Salvatore Termini, Alessandro Di Sanzo,
Francesco Benigno in: Mery per sempre, Marco Risi (1989)