(claudia cardinale in una foto del 1963)
Quando ride, i suoi occhi diventano due fessure nere, scintillanti con qualche
cosa di monellesco, di scatenato, di intenso, di meridionale. (alberto moravia
descrive claudia cardinale)
È morta martedì, a ottantasette anni una straordinaria interprete e senza ombra
di dubbio la più bella attrice della storia del cinema italiano. Della carriera
di Claudia Cardinale si sa tutto, dei Nastri d’argento e dell’Orso d’oro alla
carriera, delle infatuazioni artistiche e maschili di Fellini e Mastroianni, De
Sica e Leone, così come del suo impegno femminista e a fianco dei bambini e dei
malati di Hiv. Meno nota, almeno ai non cinefili, la sua storia personale.
Cardinale era nata nel 1938 a La Goletta, protettorato francese in Tunisia, dove
i suoi nonni (palermitani e trapanesi) erano scappati dalla Sicilia allo scoppio
della Prima Guerra Mondiale. Fino ai sedici anni non ha parlato una parola
d’italiano, dal momento che in famiglia si parlava solo in siciliano e infatti
la sua prima apparizione fu in un cortometraggio franco-tunisino del ’56, che
raccontava come le donne tunisine, negli anni della conquista dell’indipendenza,
si erano unite e avevano raccolto i propri pochi gioielli per venderli e
permettere ai mariti pescatori di acquistare piccole barche, dal momento che i
grandi imprenditori francesi con i loro pescherecci se l’erano squagliata.
Vabè se proprio te lo devo dire:
fisicamente non sei fatta male.
Ma non esageriamo, non sei la Cardinale!
E non sopporto che lo fai notare
con quel tuo modo, ti prego, di camminare!
(vasco rossi, vabè se proprio te lo devo dire)
Dopo quell’esperienza la giovanissima Claudia (anzi Claude, il suo nome
all’anagrafe) si trasferì in Italia, ma ritornò in Tunisia poco dopo, avendo
scoperto di essere rimasta incinta in seguito a una violenza sessuale subita.
Decise di tenere con sé suo figlio e di non rivelare mai il nome del stupratore.
Partì per l’Inghilterra con l’aiuto del produttore Franco Cristaldi (con il
quale avrà poi una relazione, logorata alla lunga dal fatto che lui fosse
sposato e che il divorzio fosse ancora illegale) e nascose a tutti, tranne che
ai suoi genitori, la gravidanza.
Tenne celato il segreto per sette anni, anni in cui il figlio fu cresciuto in
famiglia “come un fratello minore”, fino a quando raccontò tutto in una
intervista a Enzo Biagi, pubblicata poi su Oggi e su L’Europeo.
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2025/09/cardi-1.mp4
(credits in nota 1)
Si fanno sempre più insistenti i rumors sulla possibile cessione del Milan dal
magnate Gerry Cardinale alla famiglia Steinbrenner, proprietaria della squadra
Nba dei New York Yankees, società con un patrimonio di circa sette miliardi di
dollari.
Anche Gerry, come Claudia, ha origini italiane da parte di nonni (napoletane il
padre e abruzzesi la madre, imparentata pare con D’Annunzio), ma non si trovano
molte notizie su come la sua famiglia si sia fatta strada negli Stati Uniti. Lui
ha studiato ad Harvard e poi ad Oxford, ha lavorato a Goldman Sachs e poi ne è
diventato partner. Ha creato un fondo di investimenti e attraverso quest’ultimo
ha acquistato quote di varie compagini sportive, tra cui il Liverpool e gli
stessi Yankees.
Nella sua gestione certo non memorabile (finora: i miei amici milanisti di
fantacalcio sono sicuri che con Allegri in panchina e il Bebote in avanti i
rossoneri possano puntare al Triplete), Cardinale ha costituito un fronte con il
presidente dell’Inter Marotta, per scardinare gli ostacoli che gli impediscono
una mega-speculazione sul fronte stadio. Mentre scrivo mi è tornato in mente che
qualche settimana fa, dopo una pessima partita dei nerazzurri, Marotta si fiondò
davanti alle telecamere, prese di forza i microfoni della Rai («C’è il
presidente che vuole fare un annuncio su un argomento molto serio») e avviò un
patetico comizio su come lo Stato sia freno allo sviluppo dell’economia e su
come gli imprenditori stranieri si rifiutino di investire nel nostro paese per
colpa delle tasse e della burocrazia.
A seguire potete trovare due articoli pubblicati su Monitor che spiegano come
stanno veramente le cose:
Le mani sulla città. Il quartiere San Siro e il modello Milano (giugno 2021)
Milano, grande capitale e privato sociale all’attacco di San Siro (settembre
2022)
…e l’estratto di un testo più recente pubblicato dal Comitato Salviamo San Siro,
come chiamata a una manifestazione svoltasi questa mattina al Parco dei
Capitani:
La delibera per la vendita dello stadio San Siro e delle aree circostanti è
approdata ieri a Palazzo Marino, ma il voto è stato rinviato a lunedì 29
settembre. Non un rinvio qualsiasi: in quella data il consiglio si riunirà
in seconda convocazione, e basteranno appena quindici consiglieri per rendere
valida la seduta e approvare il provvedimento. Un escamotage voluto dal sindaco
Beppe Sala per far passare, a tutti i costi, l’operazione più contestata degli
ultimi anni: la svendita di San Siro ai fondi legati a Inter e Milan. […]
La tensione a Palazzo Marino è stata altissima. La vicesindaca Scavuzzo è
stata fischiata dopo la presentazione della delibera. Le opposizioni hanno
denunciato irregolarità nelle procedure: la delibera è stata considerata
“licenziata” dalle commissioni anche se non tutte avevano terminato l’esame […].
Era stata anche tentata una sospensiva, respinta dalla maggioranza, che avrebbe
permesso di studiare meglio il testo ed evitare l’abbassamento del numero
legale.
La vera posta in gioco è la speculazione edilizia. Al di là della retorica sul
nuovo stadio, la realtà è chiara: i fondi interessati non mirano alla
riqualificazione dell’impianto, bensì alla sua demolizione per liberare un’area
enorme da trasformare in una colossale operazione immobiliare. Un’operazione che
rischia di cancellare non solo un simbolo della città, ma di consegnare ai
privati un pezzo di patrimonio collettivo, spalancando la strada a una
speculazione edilizia senza precedenti. (comitato salviamo san siro, 26
settembre 2025)
Claudio è mezzo fascio e tifa la Lazio,
fa feste da paura nella casa a Capalbio.
Flaminia fa la squillo a Collina Fleming
l’hanno vista col maestro di tennis.
Giulio si atteggia come un criminale
ma c’ha lo zio che fa il cardinale.
Vittoria invece studia alla LUISS
e spaccia coca nei momenti bui.
(il pagante ft. carl brave, la grande bellezza)
a cura di riccardo rosa
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¹ Claudia Cardinale in: Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana
illibata, di Luigi Zampa Tarantino (1971)
Tag - parola della settimana
(disegno di ottoeffe)
E affacciati alle loro finestre nel mare
tutti pescano mimose e lillà.
E nessuno deve più preoccuparsi
di via della Povertà.
(fabrizio de andrè, via della povertà)
Siccome non avevo di meglio da fare, venerdì sera mi sono messo a cercare sui
siti internet istituzionali la VIA – Valutazione di impatto ambientale per la
Coppa America a Napoli. I lavori a Bagnoli stanno per cominciare e nella zona
della colmata si respira un certo fermento, ma della VIA non c’è traccia (in
compenso è stata da poco pubblicata una assai meno utile VI, a cui in fondo
manca solo la A, ovvero Valutazione di incidenza delle opere sul contesto
circostante).
La Valutazione è un curioso Pdf di cento pagine che spiega nel dettaglio gli
interventi previsti, dall’installazione dei pontili galleggianti alla barriera
di scogli soffolta, che secondo diversi biologi avrà effetti devastanti
sull’ecosistema marino della baia (è bene sottolineare sempre che il
mantenimento della colmata promosso dalla ditta Meloni-Manfredi impedirà il
ripristino della morfologia di costa e la rinascita di una grande spiaggia
libera, che in trent’anni di dure battaglie gli ex operai, gli ambientalisti, i
comitati territoriali, le associazioni del quartiere erano riusciti a imporre
non in un solo piano, quello De Lucia, ma addirittura in due, considerando il
famoso Praru* poi smantellato dal gatto e la volpe di cui sopra).
Nonostante le rassicurazioni – le parole più usate nel documento sono “bassa” e
“trascurabile”, ma mai “nulla”, rispetto all’incidenza delle attività di
progetto su flora e fauna del luogo – sembra che oltre a svariate varietà di
piante e fiori, a farne le spese saranno gli animali, tra cui la tartaruga
Carretta Carretta e il Gabbiano Reale (il documento sostiene che tutti gli
animali che andranno via sicuramente torneranno, e la cosa fa pensare un po’ ai
terremotati che in questi mesi stanno lasciando il quartiere; ma questa è
un’altra storia).
Le attività di cantiere, a causa del rumore prodotto dai macchinari e mezzi e
dalla loro presenza in situ, determinano un impatto diretto sulle specie
ornitiche che frequentano la fascia costiera con conseguente loro
allontanamento. L’impatto risulta a carico delle specie dell’avifauna
prevalentemente marina le quali potrebbero dirigersi verso aree costiere che
risultano meno disturbate o subire un’interferenza con il loro ciclo
ontogenetico. (valutazione di incidenza – 38th America’s Cup Louis Vuitton)
I gabbiani, lo sapete anche voi, non vacillano, non stallano mai. Stallare,
scomporsi in volo, per loro è una vergogna, è un disonore. Ma il gabbiano
Jonathan Livingston – che faccia tosta, eccolo là che ci riprova ancora, tende e
torce le ali per aumentarne la superficie, vibra tutto nello sforzo e patapunf
stalla di nuovo – no, non era un uccello come tanti. (richard bach, il gabbiano
jonathan livingston)
Chissà se il segreto è non vacillare, non essere un uccello come tanti, o alla
fine, come a Jonathan Livingston, questo ci si ritorcerà sempre contro. Ci
pensavo l’ultima volta che sono stato sul Pontile Ferdi, un posto noto ai
bagnolesi come la Sala pompe, perché nell’edificio che vi si trova erano
ospitati i macchinari per il trasporto dell’acqua utilizzata nel processo di
produzione industriale dell’acciaio.
(la sala pompe in una foto degli anni sessanta)
Attraversando quel che resta della Sala pompe, e destreggiandosi tra i relitti
arrugginiti, ci si trova davanti uno spettacolo incredibile, soprattutto al
tramonto. Siamo in uno dei posti più suggestivi del quartiere, sicuramente il
più silenzioso, molto meglio del più noto Pontile Nord sempre affollato di
runner e di persone che vogliono godersi il panorama. Un posto che non di rado
riserva sorprese, come una volta in cui ci trovai a riflettere un amico che vive
e lavora dall’altra parte della città o un fotografo che tra le rovine faceva
uno shooting a delle adolescenti del quartiere. La Sala pompe si appresta a
breve a una scenografica e tragica fine.
La demolizione dell’impalcato avverrà tramite tagli controllati con filo e disco
diamantato, che consentiranno di suddividerlo in blocchi gestibili per il
sollevamento e la movimentazione con gru. I pali di fondazione saranno tagliati
alla base e rimossi con autogrù, con l’ausilio di attrezzature subacquee nei
tratti sommersi per assicurare precisione e pulizia delle operazioni.
(valutazione di incidenza – 38th America’s Cup Louis Vuitton)
Piante, gabbiani, tartarughe e pontili. Sgomberati, sfollati e lesionati.
Affittuari allo stremo, commercianti a basso reddito, attività storiche. Fiori
azzurri e tempi grigi. Via di qui.
Via via,
vieni via di qui.
Niente più ti lega a questi luoghi,
neanche questi fiori azzurri.
Via via,
vieni via con me.
Neanche questo tempo grigio,
pieno di musiche
e di uomini che ti son piaciuti.
(paolo conte, via con me)
Quando ero bambino mio zio portava spesso me e i miei fratelli in giro in
macchina per Napoli, a farci vedere le vedute più belle del golfo dalle strade
panoramiche. Non di rado si fermava all’improvviso a chiedere, per lo più a
persone anziane, indicazioni per strade assurde, tipo “via Gianfranco Zola” o
“via vecchia Tom e Jerry”, e giù risate dai sedili posteriori. Oggi che pure c’è
Google Maps e la gag ha quindi perso buona parte del suo significato, c’è un
ragazzo che fa lo stesso accumulando migliaia di follower sui social, me
incluso.
Avevo un dubbio a un certo punto su quale parola scegliere per questa settimana,
poi, una notte che non dormivo, su Canale21 stavano trasmettendo Delitto in
Formula 1 di Corbucci, con Tomas Milian e Bombolo. A un certo punto proprio
Bombolo, che interpreta il tuttofare Venticello, deve mettere al sicuro la
famiglia dell’ispettore, che lo incarica di portare tutti a Frascati, dalla
suocera, la signora Proietti, alla via dei Santissimi Martiri.
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2025/09/milian.mp4
(credits in nota 1)
a cura di riccardo rosa
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* Programma di Risanamento ambientale e Rigenerazione urbana
¹ Tomas Milian e Bombolo in: Delitto in Formula 1, di Bruno Corbucci (1984)
(disegno di ottoeffe)
All’angolo di via delle Zoccolette, sotto la pioggia, il Riccetto vede un gruppo
di persone, e piano piano ci si accosta. In mezzo al gruppo di tredici o
quattordici persone e gli ombrelli lucidi, era aperto un ombrello più grande del
comune, nero, con sopra messe in fila tre carte, l’asso di denari, l’asso di
coppe e un sei. Le mescolava un napoletano e la gente puntava sulle carte
cinquecento, mille e anche duemila lire. Il Riccetto se ne rimase lì per una
mezz’oretta a guardare. Un signore, che giocava accanito, perdeva a ogni
puntata, mentre degli altri, napoletani pure loro, ora perdevano e ora
vincevano. Quando quel primo treppio si sciolse, era già verso tardi. Il
Riccetto s’accostò al napoletano che stava a mescolare le carte e gli fece:
– Aòh, permetti na parola? – Sì. – rispose l’altro allungando la scucchia.
– Che sei de Napoli?
– Sì.
– Sto ggioco ‘o fate a Napoli?
– Sì.
– E come se fa sto ggioco?
– Mbè… è difficile, ma in un po’ de tempo se impara.
– ‘O impari pure a mme?
– Sì. – fece il napoletano, – ma…
Si mise a ridere con l’aria di uno che sta combinando un affare e pensa fra di
sè: «Aòh, mettèmise d’accordo, che t’ho da ddì!». S’asciugò la faccia bagnata di
pioggia, giovane e tutta rugosa, coi labbroni che gli pendevano a culo di
gallina. Guardò il Riccetto negli occhi. – Mbè te lo imparo, come no, – disse
lui, visto che l’altro taceva, – ma vojo na ricompenza. – Come no, – rispose
serio il Riccetto. Ma intanto intorno all’ombrello stava per formarsi un nuovo
gruppo di persone; tra questi c’erano sempre i napoletani di prima. (pier paolo
pasolini, ragazzi di vita)
Anna Paola Merone è una storica giornalista del Corriere del Mezzogiorno. Si
occupa di cronaca, ma soprattutto – parafrasando il titolo di un vecchio
rotocalco del Tg2 – di “costume e società” (qui un suo imperdibile ritratto dal
sito Iustitia.it): nella storia restano alcune sue rubriche, come quella sugli
amori di personaggi influenti della città – per capirne il tenore si possono
trovare qui i nomi, anche senza dover leggere gli articoli.
(da: corrieredelmezzogiorno.corriere.it)
Da un po’ di anni Merone detta le linee di buon gusto e di bon-ton attraverso
fulminanti storie su Instagram, esprimendosi lapidaria e frizzante con brevi
pillole.
“Burraco? No! Ma nemmeno ramino, gin, rubamazzo, scopa o scopone!”. (anna paola
merone)
Comincia con questa denuncia il breve video pubblicato dalla cronista sul social
network, video che lancia il suo articolo su quella che per una parte di Napoli
è stata, per tutta la settimana, “la notizia del giorno”:
Il circolo Posillipo di Napoli mette al bando le carte. Il verbale dell’ultima
riunione del Consiglio […] parla chiaro e con severità stigmatizza e condanna il
gioco. È deciso che nei saloni del circolo anche una partitella a carte non sarà
tollerata. Una scelta che sorprende, dal momento che i circoli sono,
storicamente, luoghi dove i soci si dilettano in sfide che comprendono anche le
carte. Non sono certo bische — anche se le cronache cittadine in passato hanno
riportato racconti di blasonati sodalizi dove gli equilibri erano scivolati e
dove si giocava non per diletto — ma salotti dove si trascorre del tempo anche
seduti al tavolo verde. […] La sala attualmente usata dai giocatori sarà
svuotata dei tavoli, saranno ritirate dalla segreteria carte da gioco, fiches,
blocchetti e ogni materiale legato alle carte. Le alternative di utilizzo dello
spazio sono due: renderlo sala Tv e lettura o destinarlo ai servizi di
segreteria e amministrazione. […] Tutto a posto dunque? Non esattamente. Si
rumoreggia, si protesta, si contesta una decisione che appare paradossale se
rapportata a «innocenti evasioni» e, se sono stati ravvisati reati,
ingiustamente punitiva per tutti. (anna paola merone, il corriere del
mezzogiorno)
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2025/09/queifdef.mp4
(credits in nota 1)
Leggendo sui quotidiani napoletani di questa scottante questione mi sono
ricordato che, un po’ di anni fa, sul cartaceo di Monitor pubblicammo un bel
reportage con cui Carola Pagani ci faceva entrare nelle sale del Circolo
Posillipo, tra milionari novantenni e nuotatori olimpionici. Da accanito
giocatore di carte quale ero all’epoca mi spiacque molto che impenetrabile,
anche per lei, era rimasta la sala da gioco.
Le sale da gioco sono le uniche dove è permesso fumare e quelle dove è più
difficile entrare se non sei socio. Ogni tanto ne esce qualcuno con gli occhi
rossi e il viso paonazzo, si fa un rapido giro del salone a testa bassa e
rientra con foga. Il mercoledì e la domenica pomeriggio il Salone delle feste si
riempie di tavoli e i soci con le rispettive consorti si riversano nei tornei di
bridge e di burraco. Si incontra spesso, con la moglie, il Professore,
ottantadue anni, medico chirurgo di fama adesso in pensione, che è socio del
circolo da quarant’anni e proboviro da venti. I probiviri sono una specie di
senato del Posillipo e sono eletti fra i soci più anziani. Loro è il compito di
regolare l’ammissione dei nuovi soci sostenitori e di vegliare sul rispetto
delle regole. […] Il professore lamenta spesso la decadenza dei costumi. Dice
che le persone non hanno più il contegno di una volta, che si presentano al
circolo senza cravatta e schiamazzano spesso e volentieri. […] L’avvocato
Mazzone, consigliere comunale, deputato e poi eurodeputato per l’MSI, confluito
in Alleanza Nazionale e presidente del Posillipo per due volte, sostiene che la
decadenza dei costumi coinvolge tutta la città e che le classi alte sono ormai
rassegnate: «Ai figli ripetono la maledetta frase di Eduardo: fuitevenne ‘a
Napule; mentre loro, come me ormai, sopravvivono in quest’oasi di pace senza più
la forza di reagire». (carola pagani, posillipo, i lunedì al sole – dal
n.30/marzo 2010 di Napoli Monitor)
The cabaret was empty now, | Il teatro era vuoto ora,
a sign said “Closed for repair”. | un cartello diceva: “Chiuso per
ristrutturazione”.
Lily had already taken | Lily aveva già tolto
all of the dye out of her hair. | tutta la tintura dai suoi capelli.
She was thinkin’ ‘bout her father | Pensava a suo padre
who she very rarely saw. | che aveva visto molto raramente.
Thinkin’ ‘bout Rosemary and thinkin’ about the law. | Pensava a Rosemary e
pensava alla legge.
But, most of all | Ma, soprattutto
she was thinkin’ ‘bout the Jack of Hearts. | pensava al Fante di cuori.
(a cura di riccardo rosa)
(disegno di ottoeffe)
“Chiediamo che venga ritirato l’invito a partecipare alla Mostra di
Venezia a Gerard Butler, Gal Gadot e a qualunque artista e celebrità che
sostenga pubblicamente e attivamente il genocidio. E che invece quello spazio
venga messo a disposizione di una nostra delegazione che sfili sul red carpet
con la bandiera palestinese”. (venice for palestine, 25 agosto 2025)
Gal Gadot, l’attrice israeliana famosa per il ruolo di Wonder Woman, ha svolto
due anni di leva militare obbligatoria nell’esercito del proprio paese, con la
mansione di istruttore atletico nella Idf, le forze di difesa israeliane, dopo
essere risultata tra i primi del suo corso d’addestramento. […] Nel 2007, al
mensile Maxim, Gadot descriveva così la sua attività quotidiana nell’esercito:
“Insegnavo ginnastica e calistenics; ai soldati piacevo perché li mantenevo in
forma”. […] In una cover story per Glamour: “Devo dire che nessun paese dovrebbe
aver bisogno di un esercito; ma ad ogni modo, per essere un vero israeliano,
devi servire lo Stato, e restituirgli quello che ti ha dato. Per due o tre anni,
non pensi a te stessa, rinunci alla tua libertà, ma impari la disciplina e il
rispetto”. (cinemaserietv.it)
(foto da cufi.org)
Una serata di gala con celebrità raccoglie trentotto milioni di dollari per
l’Idf a Los Angeles. Tra gli ospiti presenti c’erano Julie Bowen, Gerard Butler,
Robert De Niro, Joanna Krupa e Arnold Schwarzenegger. L’evento è stato
presieduto dall’imprenditore e magnate dei media Haim Saban e da sua moglie
Cheryl e ha visto la partecipazione di numerosi personaggi ebrei di spicco. […]
“Siamo lieti di vedere che la fondamentale missione dell’esercito israeliano,
fornire programmi di benessere e istruzione agli eroici uomini e donne dell’IDF,
continua a riscuotere successo nella comunità di Los Angeles”, ha affermato
Saban. (cufi.org / traduzione di -rr)
Almeno sette persone, fra cui cinque bambini che erano in coda per l’acqua, sono
rimaste uccise in un attacco israeliano con droni avvenuto nella zona
di al-Mawasi, nel sud di Gaza, vicino Khan Younis. Lo riferisce Al
Jazeera citando una fonte dell’ospedale Nasser. L’emittente riporta che il
portavoce della Protezione civile di Gaza, Mahmoud Basal, ha pubblicato una foto
dei corpi di cinque bambini, insieme a un’immagine della macchia di sangue nel
luogo in cui sono stati uccisi. “Erano in fila per riempire delle taniche
d’acqua nella zona di al-Mawasi, descritta come ‘sicura’, quando le forze di
occupazione li hanno presi direttamente di mira, trasformando la loro ricerca di
vita in un nuovo massacro”. (il fatto quotidiano, 2 settembre 2025)
Il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto
L’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto.
(i nomadi, dio è morto)
“Se mi si invita a riconoscere che è in corso un genocidio la risposta è
assolutamente sì. Questo è uno di quei casi in cui quello che sta succedendo è
evidente, non c’è tanto da stare a discutere. Le testimonianze di istituzioni
assolutamente affidabili sono riscontrabili. Se invece poi si scivola dentro
un’emotività che ti porta a chiedere di censurare o di boicottare, in questo
caso faccio un passo indietro e sono meno propenso, anzi non sono per niente
propenso a censurare nessuno. Soprattutto in un luogo come questo che deve
accogliere chiunque, anche quelli che sostengono le posizioni più scomode e ai
nostri occhi irritanti”. (paolo sorrentino)
Il paraculo è l’opportunista, quello che, specie in maniera occulta, cerca di
volgere una situazione a proprio vantaggio. Il paraculo è levantino, sa navigare
nello scorrere degli eventi, sa compiacere e approfittare per il fine ultimo e
supremo del proprio tornaconto. Forse l’unico connotato che conserva del suo
significato precedente è lo sprezzo – connotato da non disdegnare, nel
qualificare l’opportunista: troppo spesso il furbo scafato ha un profilo
positivo, profilo invece tendenzialmente escluso dal paraculo.
(unaparolaalgiorno.it)
“Mi hanno messo in mezzo. Mi ha chiamato Silvia Scola, la figlia di Ettore
chiedendomi se volevo firmare un appello contro quello che sta accadendo a Gaza,
che va condannato in tutti i modi, nell’ambito della Mostra, manifestando a una
platea ampia la sensibilità del cinema, che non è chiuso nell’indifferenza. E ho
firmato. In un secondo momento i promotori hanno aggiunto i nomi di quei due
attori. Non sono d’accordo nell’escludere gli artisti. Anche all’inizio della
guerra in Ucraina ricordo il boicottaggio verso i tennisti russi. Ma cosa
c’entravano loro? Sono sportivi, non militari né politici. […] Quei due non sono
gente che tira le bombe, sono attori come me”. (carlo verdone)
(credits in nota1)
“Quando ho firmato l’appello non c’era questa richiesta sull’esclusione di
alcuni artisti. Non mi appartiene, non sono d’accordo”. (ferzan ozpetek)
“Sono stato tra i firmatari di un documento che chiedeva di accendere una luce
più forte su una tragedia immane a cui stiamo assistendo. […] Credo che il
risultato al primo giorno di festival sia già ampiamente raggiunto. […] Non
condivido per nulla il boicottaggio di artisti israeliani o di qualsiasi altro
paese a manifestazioni come la Mostra del cinema o come la Biennale arte. Credo
che questi luoghi siano luoghi di accoglienza in cui si invita tutti e poi ci si
confronta e si stabilisce civilmente su che posizione si sta, ma non sono luoghi
di esclusione. Questo aspetto, ci tengo a dirlo, non lo condivido”. (toni
servillo)
“Questo boicottaggio non lo condivido. Però, se entriamo nel merito di chi sono
questi, se hanno compiuto delle cose che in qualche modo acconsentono, sono
favorevoli alla scelta di Netanyahu… Che poi li si debba censurare… la censura è
sempre qualche cosa di inaccettabile, che viene dall’alto, dal potere, che
schiaccia. Io sono fautore della protesta non violenta” (marco bellocchio)
Faccio fa’ le pulizie di casa all’indianino con la go-pro,
almeno vedo se pulisce bene o no.
E con tutti i soldi che ogni mese je do’
magari ce esce n’artro marò! […]
Questo colla vespa nun me vuole fa’ usci’
c’ha pure l’adesivo de Piero Gramscì,
madonna ‘sti qui: che radical chic! […]
Sostanzianzialmente penso solo ai cazzi miei
per ottenere tutto quello che vorrei:
troppe domande fossi in te non ne farei.
(brusco, paraculo)
Il 2020 ha prodotto risultati positivi da parte di attivisti, studenti,
difensori dei diritti civili e legislatori per sostenere il diritto di
boicottare Israele. […] Ci sono state molte azioni dirette, vittorie in
tribunale e appelli a sanzionare Israele per le sue violazioni del diritto
internazionale. […] All’inizio dell’anno, le Nazioni Unite hanno pubblicato il
tanto atteso elenco di società che traggono profitto dai crimini di guerra di
Israele. […] Il rapporto elenca 112 società coinvolte in attività negli
insediamenti come la fornitura di attrezzature e materiali per la costruzione o
la demolizione di case, sorveglianza e sicurezza, trasporto e manutenzione,
inquinamento e scarico di rifiuti e sfruttamento delle risorse naturali,
comprese l’acqua e la terra. Il Bnc ha accolto con favore la pubblicazione del
rapporto, che è avvenuto “nonostante le intimidazioni da parte di Donald Trump e
del governo di estrema destra di Israele”. […] Ad aprile, l’ufficio del
Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo in Giordania ha annunciato che non
rinnoverà il suo contratto con G4S, una società di sicurezza privata con una
lunga storia di coinvolgimento nei crimini di Israele. […] La Corte europea dei
diritti dell’uomo ha sostenuto il diritto di boicottare Israele quando ha
annullato le condanne penali contro undici attivisti per i diritti dei
palestinesi in Francia. Ha stabilito all’unanimità che le condanne contro gli
attivisti per aver invitato gli acquirenti a boicottare le merci israeliane
hanno violato la garanzia di libertà di espressione della Convenzione europea
dei diritti dell’uomo. (continua a leggere!)
POST SCRIPTUM – Ho letto che quando Boris Pasternak consegnò agli emissari di
Giangiacomo Feltrinelli il manoscritto per la pubblicazione italiana ed europea
de Il dottor Živago, avendo saputo che il Pcus stava facendo enormi pressioni
attraverso il Pci, addirittura trattando l’argomento in diverse sedute del
Comitato Centrale del partito sovietico per non farlo pubblicare, Pasternak gli
disse più o meno: «Ecco, questo manoscritto vale anche come invito al mio
funerale».
(a cura di riccrado rosa)
__________________________
¹ Fabrizio Bracconeri e Carlo Verdone in: Acqua e sapone, Carlo Verdone (1983)
(disegno di ottoeffe)
Che confusione, sarà la marijuana!
Bevo la birra, tutta la settimana.
Stringimi forte e stammi più vicino,
e chi non salta: bastardo celerino
(coro gap – gruppo anti pelè, lokomotiv flegrea)
Mi è capitato, dopo l’ennesimo anniversario della strage di Bologna finito in
barzelletta, di vedere una puntata di In Onda, su La7, in cui si parlava dei
cosiddetti “anni di piombo” e in cui la confusione regnava totale. Ora, spero di
non essere giudicato perché guardo la televisione, e perché mi capita persino di
fermarmi – quando voglio studiare i riferimenti culturali più deteriori della
borghesia di questo paese – a guardare Telese e Aprile, con l’aggravante che in
studio ospite ci fosse pure l’imbalsamato, sempre fastidioso, Paolo Mieli.
Il dibattito – di cui segue una clip, che sconsiglio vivamente – è imbarazzante.
Quello che colpisce è la pochezza delle argomentazioni degli ospiti (quello di
destra era Mieli e quella di sinistra la Botteri…), incapaci di ribattere ognuno
alla tesi dell’altro con una considerazione pertinente. In sostanza, Mieli si
doleva del fatto che quando si parla delle stragi fasciste ci si sente in dovere
di chiamarle “fasciste”, mentre non lo stesso trattamento viene riservato a
quelle “comuniste”.
Guarda lì, guarda là: che confusione!
Guarda lì, guarda là: anche in televisione!
(vasco rossi, cosa succede in città)
La sensazione è che così come quando agli anziani si fa ripetere l’esame della
patente con una certa frequenza, a Mieli andrebbe fatto obbligo di ripetere gli
esami di Storia dell’Italia contemporanea (anche un ateneo telematico va bene,
ché ci sono ormai tanti docenti più preparati che in quelli pubblici). L’altro
tema è che Botteri avrebbe potuto rispondere semplicemente che in Italia, negli
anni di piombo (Mieli ha fatto più volte riferimento alle Brigate Rosse), i
comunisti non hanno mai fatto stragi, o quantomeno non hanno mai fatto stragi di
civili che non c’entravano con i propri obiettivi politici, né ancor meno le
hanno fatte per destabilizzare subdolamente il sistema democratico che volevano
abbattere in ben altri modi (tipo la rivoluzione); o ancora che i fascisti, per
fare queste stragi, hanno ben pensato di allearsi con la mafia, i servizi
segreti, l’esercito, la massoneria, cosa che non risulta abbiano mai fatto i
comunisti.
Mentre Telese e Aprile borbottavano cose senza senso, Botteri ha alimentato la
confusione dicendo che: i comunisti armati non erano così tanto comunisti perché
uccidevano altri comunisti (resuscita in un colpo solo Telese che bofonchia:
«Eh, Guido Rossa…», e Mieli che cita Montanelli); che anche l’elettorato del Pci
prendeva in blocco le distanze dalla lotta armata; e che i gruppi neofascisti si
richiamavano al fascismo più di quanto non si richiamassero le Brigate Rosse al
comunismo. Idiozie a cui anche un bambino di quarta elementare avrebbe potuto
controbattere (anche per lei esame da ripetere alla prossima sessione) e infatti
Mieli l’ha messa a tacere.
Quando mi capita di vedere certi dinosauri in televisione mi viene sempre in
mente la signora Coriandoli, meraviglioso personaggio di Maurizio Ferrini che
con Mieli ha sicuramente in comune il cinismo (solo che la signora Coriandoli è
una macchietta, Mieli no).
Tra i tanti danni che ha fatto Fabio Fazio alla televisione italiana, gli va
dato merito di aver ripescato dal passato piccole perle, come il personaggio
della signora che, a Che tempo che fa, racconta ogni sera una storia d’amore tra
due anziani della provincia romagnola. Il canovaccio è sempre lo stesso: uomini
ultraottantenni che hanno tirato i remi in barca – «Lui noioso! D’un pigro…!»,
si lamenta sempre lei – che vengono spinti dalle loro mogli a qualche impresa, e
che alla fine ci rimettono le penne proprio con la complicità delle proprie
metà.
Quando Youtube mi ha proposto una delle storie della signora, quella tra Gina e
il suo Tebaldo, mi è venuto di chiedermi se Mieli, che ha resistito agli anni di
piombo e a Tangentopoli, al berlusconismo e alla Seconda Repubblica, sarebbe
capace di resistere alla signora Gina.
C’è una bella parola inglese, mess, che non corrisponde del tutto all’italiano
“confusione” (che in inglese è anche confusion, chaos, noise), ma ci parla di
disordine, sbando generalizzato (Everybody was well-dressed, and everybody was a
mess), di stupidità (He was a mess! Just some nellie old ribbon counter clerk…)
e persino della merda dei cani – senza contare il verbo to mess around con i
suoi almeno dieci significati.
In napoletano c’è invece bordello, dal francese burdel, inteso come casa di
appuntamenti. Come e più che in italiano, il vocabolo si è esteso al rumore
(famme ridere accussì, pe’ nun senti’ ‘o burdello ca ce sta), alla folla (scinne
ampress’ mamma mia, ce sta ‘a manifestazione: ‘o burdello, ‘a polizia, ‘o
votta-votta, ‘o curdone), a situazioni pericolose (raggia e tarantelle, chello
ca te fa caccia’ ‘o curtiello int’o burdello).
A proposito di imprese sportive, anziani iperattivi e bordelli, c’è un passaggio
che mi ha molto divertito in un bel romanzo di Steinbeck che ho letto
quest’estate. Il libro racconta di una strana e dolce relazione tra un fresco
reduce di guerra (Doc) e una impertinente ragazza (Suzy) temporaneamente
impiegata come meretrice nel bordello tenuto dalla saggia Fauna, eminenza grigia
dell’amore tra i due. Il passaggio ci insegna che non sempre fare del bene è una
buona idea e che difficilmente, comunque, ce ne verranno accreditati i meriti.
Un filantropo, un certo Deems, fece omaggio alla città di due campi da roque.
[…] Non si sarebbe mai detto che una cosa del genere facesse riscaldare gli
animi, soprattutto perché i giocatori avevano quasi tutti passato la settantina.
E invece fu proprio così. […] Due ottuagenari se ne andavano nella foresta e poi
li trovavi impegnati in un combattimento mortale. […] Un Azzurro ebbe la casa
bruciata, e un Verde fu trovato nella foresta bastonato a sangue con un bastone
da roque. […] I vecchi cominciarono ad andare in giro con i mazzuoli legati al
polso, come scuri in battaglia. La città era in preda a una confusione
spaventosa. Le cose si erano talmente aggravate che il 30 giugno, giorno della
gara, la gente se ne andava in giro con la pistola. […]
Così, la notte del 29 luglio Mr. Deems mando in città una macchina escavatrice.
La mattina dopo, dove prima c’erano i campi c’era solo un’enorme buca profonda.
[…] Lo espulsero a furor di popolo dalla città. Gli avrebbero fatto la cura del
dottor Catrame e del dottor Piuma se avessero potuto mettergli le mani addosso,
ma lui se ne rimase a Monterey. […] Ogni 30 luglio, ancora oggi, la cittadinanza
si riunisce e brucia Mr. Deems in effigie. È una festa vera e propria, fanno un
fantoccio di grandezza naturale e lo impiccano a un pino. Poi gli danno fuoco,
marciano sotto l’albero con torce e la povera effigie inerme di Mr. Deems va in
fumo. C’è gente che dirà che questo racconto è inventato di sana pianta, ma una
cosa non è necessariamente una bugia, anche se non è necessariamente accaduta.
(john steinbeck, quel fantastico giovedì)
a cura di riccardo rosa
PS: Per scongiurare ulteriore confusione, una precisazione: un paio di giorni
dopo, sempre a In Onda, ho assistito a un penoso agguato a Rula Jebreal – altro
soggetto su cui ci sarebbe da ridire, che però dal 2023 almeno dice le cose come
stanno sulla barbarie israeliana in Palestina. Con quell’agguato, capitanato
dalla figlia di Pino Aprile e da una storica molto in voga in televisione – tale
Ponzani, una che ha fatto una tesi di dottorato dal titolo L’eredità della
Resistenza nell’Italia repubblicana tra retorica celebrativa e contestazione di
legittimità, e che non contenta ha pure fatto un film con Veltroni –, si
accusava Jebreal di lesa maestà nei confronti di Liliana Segre, perché se lei,
ebrea e sopravvissuta al genocidio nazista, dice che quello in atto in Palestina
non si deve chiamare genocidio, non la si può pensare diversamente (racconto
quest’episodio solo per dire che, dopo questa doppietta, io e g. – come me
appassionata del middle-class watching – ci siamo imposti di non guardare mai
più questa indecente trasmissione, nemmeno se ci serve come rumore bianco mentre
apparecchiamo la tavola).
(disegno di ottoeffe)
Voglio mori’ co tutto l’oro addosso, come i faraoni (vittorio cataldi detto
“accattone”, in accattone di pier paolo pasolini)
(credits in nota1)
Sul termine “accattone”, la maggior parte dei dizionari si esprime in maniera
chiara: è tale chi va elemosinando, spesso senza effettivo bisogno, più per
vizio che per necessità.
Si parla, negli atti, di “eversive degenerazioni in cui opera la Commissione per
il paesaggio” con una “strumentalizzazione che ne fa la parte politica,
principalmente l’assessore Tancredi, in sintonia con il sindaco Sala e il
direttore generale Malangone (servendosi del faccendiere Marinoni), per portare
avanti relazioni private con gruppi della finanza immobiliare attivi a Milano e
la soddisfazione dei loro interessi”. Questo “nella cornice di un’azione
amministrativa viziata da una corruzione circolare, edulcorata all’esterno”. […]
Il sistema “deviato” si sarebbe basato su “varianti” ai piani regolatori,
camuffate, secondo i pm, con l’interesse pubblico con richiami “all’edilizia
residenziale sociale”, per aumentare volumetrie e altezze a vantaggio delle
imprese. […] Tancredi sarebbe stato la “copertura” politica di Marinoni, nel
“patto corruttivo”, per realizzare questo “Piano di governo del territorio (Pgt)
ombra”. E quest’ultimo avrebbe incassato, coinvolgendo nel meccanismo società
immobiliari e studi, “alte parcelle” dalla J+S di Pella. Scandurra sarebbe
arrivato a prendere anche fino a 2,5 milioni di euro. (urbanistica di milano
sotto accusa: indagato anche sala, chiesti sei arresti, ansa.it)
Un po’ più a sud della capitale morale, intanto, Matteo Ricci, europarlamentare
del Partito democratico ed ex sindaco di Pesaro, sembra prossimo a ritirare la
sua candidatura alla presidenza della regione Marche. È indagato per corruzione
per atti contrari a doveri d’ufficio. Secondo gli inquirenti avrebbe affidato
indebitamente opere di manutenzione dal 2019 al 2024 per finanziare “interventi
spot”. Tra questi l’installazione di un casco gigante di Valentino Rossi in
piazza D’Annunzio, murales in onore delle vittime del Covid, o un altro dedicato
a Liliana Segre, contabilizzato alla voce “manutenzione idrica”.
Debiti al comune di Avellino, commissario chiede il cinque per mille ai
cittadini: “Altrimenti servizi a rischio”. (repubblica.it, 23 luglio)
Mazzetta da seimila euro, arrestato il sindaco di Sorrento. Massimo Coppola è
stato sorpreso mentre intascava una sospetta tangente da seimila euro durante
una cena con un imprenditore. (tg3, 21 maggio)
Un imprenditore della provincia di Belluno è finito al centro di un’indagine […]
per presunta malversazione ai danni dello Stato. […] L’inchiesta è partita da
un’analisi sulle erogazioni pubbliche destinate a sostenere l’innovazione nel
settore delle energie rinnovabili. I militari […] hanno ricostruito il percorso
di un finanziamento da un milione di euro, concesso da Banca Progetto S.p.A. e
garantito da Mediocredito Centrale – Banca del Mezzogiorno S.p.A., individuando
un’anomalia significativa: circa 250 mila euro sarebbero stati distratti e
utilizzati per fini personali, del tutto estranei agli obiettivi del progetto.
Il finanziamento era stato concesso per realizzare un impianto di
pirogassificazione – un sistema innovativo per produrre energia rinnovabile a
partire da scarti agricoli e forestali. (lapiazzaweb.it, 16 luglio)
Antonio Mancini è un noto personaggio della malavita romana. Ex membro della
Banda della Magliana, poi collaboratore di giustizia dopo vent’anni di carcere,
oggi è accompagnatore per persone con disabilità a Jesi. Accattone (era questo
il suo soprannome) ha ricominciato da qualche tempo a parlare – l’ha fatto di
recente in una puntata dell’insopportabile podcast condotto da Fedez e Mister
Marra – dei suoi trascorsi criminali e, ovviamente, della scomparsa di Emanuela
Orlandi. Ben pratico dello sport preferito da decine di altri accattoni, ovvero
quello di millantare la conoscenza di elementi sensazionali sulla sparizione
della Orlandi, alla fine Mancini non dice niente di concreto, né tantomeno,
naturalmente, fa nulla per agevolare l’avanzamento sulla ricerca della verità;
gli riesce benissimo invece riaprire ferite mai sanate a una famiglia distrutta
da un intrigo più grande di lei, che ha coinvolto Stato, Vaticano, servizi
segreti e chissà chi altri (approfondimento buono per neofiti della materia
è Vatican Girl, documentario del 2022 che pure non sfugge a tentazioni
voyer-complottistiche, ma ha almeno il merito di fare una onesta ricognizione di
tutto quanto successo in questi anni).
Dei tanti “misteri italiani” (svariate seconde serate della mia adolescenza sono
state segnate dalla voce di Carlo Lucarelli) era grande appassionato un tizio
che avevo conosciuto all’università nei miei primi anni all’Orientale, e che ho
poi perso di vista da quando è andato a lavorare in una fabbrica, mi pare, in
Veneto. Aveva una bizzarra teoria, vagamente latouchiana, sull’accumulazione dei
beni, che francamente ho dimenticato. Ricordo bene invece che disprezzava gli
scrocconi e propagandava la retorica secondo cui se non vuoi pagare due euro per
andare a sentire un concerto in un centro sociale, ma ne hai in tasca dieci di
fumo e cinque di sigarette, “puoi anche andartene a bere una Best Bräu da
sessantasei a piazza San Domenico”.
È il caso del minor riconoscimento assegnato dagli intervistati al danaro.
Innanzitutto, il danaro è considerato “molto importante” dal 33,3 per cento
degli operai e dal 17 per cento degli impiegati. Questi ultimi salgono al 61,4
(48,6 per cento gli operai) nella considerazione di un’importanza “media”,
mentre rispettivamente il 16,4 per cento di operai e il 21,6 per cento di
impiegati attribuisce “poca importanza” al danaro. […] Per gli operai la
disponibilità è minore rispetto agli impiegati e quindi maggiormente ne
sottolineano la rilevanza. Si consideri a riguardo che l’88,3 per cento del
campione non supera la retribuzione mensile di un milione e mezzo e che la
maggioranza (70 per cento circa) degli intervistati è costituita da operai. […]
Resta comunque il fatto che la bassa posizionalità assunta dal danaro nella
gerarchia dei valori espressi dal campione spinge ad affermare che il valore del
danaro è più associato alla sua funzione estrinseca (il valore d’uso) che al suo
carattere specificamente teleologico. (m. conte, g. di gennaro, d. pizzuti,
l’acciaio dei caschi gialli. lavoro, conflitto, modelli culturali: il caso
italsider di bagnoli)
a cura di riccardo rosa
___________________________
¹ da: Sinite Parvulos, Nanni Loy; in: Signore e signori, buonanotte (1976)
Nota a margine: con questa puntata la rubrica va in ferie, ci rileggiamo a fine
agosto.
(disegno di ottoeffe)
Remember when you were young / Ricorda quando eri giovane
how the hero was never hung, / come l’eroe non finiva mai impiccato,
always got away. / sempre riusciva a scappare.
(john lennon, remember)
Se n’è andato all’alba di venerdì, a ottantotto anni, Goffredo Fofi, “il
Vecchio”, come lo chiamavano affettuosamente i miei amici più grandi, con alcuni
dei quali pure negli anni se ne era detto di tutti i colori. Lucido, corrosivo,
impietoso narratore e analista del mondo che ci circonda, è stato instancabile
agitatore culturale e riferimento per quei pochi scrittori, autori
cinematografici e teatrali, giornalisti e tutto il resto, che ancora possono più
o meno dirsi degni di appartenere a queste categorie.
Tutte le persone che valeva la pena conoscere, il Vecchio le conosceva e le
metteva in contatto, e molte tra queste (e anche non tra queste) in questi
giorni lo hanno celebrato sui giornali e sui social network. Parecchi ricordi si
concludevano con aneddoti autoreferenziali del tipo “apprezzò molto il mio
lavoro su…” o “avevamo spesso parlato di”. Io invece ricordo che nel 2020, dopo
una presentazione di Baby Gang a cui partecipò, e a sua domanda sui miei
progetti futuri, gli parlai con entusiasmo di un romanzo sulla città
postindustriale a cui stavo lavorando, romanzo che forse anche grazie a lui non
scriverò mai. Mi ascoltò con attenzione, mi diede un buffetto sul viso e
lapidario mi disse: «Sarà sicuramente una cacata…» (qualche anno dopo, durante
un pranzo con altre persone, all’improvviso mi guardò, e stupendomi perché si
ricordava di quella conversazione mi disse, provocatorio: «Allora, l’hai scritto
questo grande romanzo?»).
Ma il bambino nel cortile si è fermato,
si è stancato di seguire aquiloni.
Si è seduto tra i ricordi vicini, i rumori lontani,
guarda il muro e si guarda le mani.
(fabrizio de andrè, le storie di ieri)
In questi giorni si è molto parlato di alcuni studenti che, una volta raggiunto
il punteggio minimo per superare l’esame di maturità, si sono rifiutati di
sostenere il colloquio orale avendo già ufficialmente ottenuto la promozione
grazie alla somma tra i crediti formativi ottenuti durante i cinque anni e i
“punti” accumulati con le prove scritte. Gli studenti coinvolti hanno spiegato
che la scelta è stata presa per protestare “contro i meccanismi di valutazione
scolastici, l’eccessiva competitività, la mancanza di empatia del corpo docente”
(il virgolettato è di Maddalena Bianchi, diciannove anni, di Belluno).
Gli adulti ovviamente si sono rizelati e in molti (soprattutto docenti e
dirigenti scolastici) hanno iniziato ad attaccare pubblicamente questi studenti,
come se una scelta del genere non fosse coerente reazione al modello di
formazione che loro stessi hanno creato, fatto di punteggi, crediti formativi,
valutazioni aritmetiche per ogni scorreggia fatta dagli studenti e dalle
studentesse. Raggiungo il punteggio? Sono “dentro”, arrivederci e grazie.
Dio cane, dio cane, cominciava a fare quello, che era un torinese. Si chiamano
barott, sono quelli della cintura torinese, dei contadini sono. Sono tuttora dei
contadini, che c’hanno la terra e la moglie la lavora. Sono i pendolari, gente
durissima, ottusi, senza un po’ di fantasia, pericolosi. Mica fascisti, ottusi
proprio. PCI erano, pane e lavoro. […] Stavano qua a lavorare per anni, per tre
anni, per dieci anni. Che uno invecchia subito e muore presto. Per quei quattro
soldi che non ti bastano mai è solo un ottuso, un servo che può farlo. Restare
per anni in questa prigione di merda e fare un lavoro che annienta la vita.
Comunque questo qua ha il sospetto che voglio fargli il culo e allora abbandona
il posto e ferma la linea. Arrivano i capi. Quando si ferma una linea si accende
il rosso dove è stata fermata la linea e arrivano tutti i capi lí. Che succede?
C’è questo che non vuole lavorare. Ma stai dicendo un’infamia, perché io sto
lavorando, non ci riesco perché sto imparando. Mica sono intelligente come te,
tu ci stai da dieci anni qua dentro è chiaro che uno come te impara tutto
subito. […] Allora il capo mi dice: Senta a me sembra che lei vuole fare un po’
il lavativo. Invece deve mettersi in mente che alla Fiat si deve lavorare, non
si deve fare il lavativo. Se vuole fare il lavativo vada a via Roma lí dove ci
stanno gli amici suoi. Gli dico: Guardi io non lo so se a via Roma c’ho degli
amici. Comunque io vengo qua perché c’ho bisogno dei soldi. Sto lavorando, non
ho imparato ancora e quando imparo lavoro. Mi volete dare sei giorni di prova o
no? Ma come sei giorni di prova, dice il capo, lei già sta da un mese qua. Sí,
da un mese, ma stavo a quel posto là, non a questo qua. Adesso devo avere altri
sei giorni di prova e lui il fuorilinea per sei giorni deve stare qua con me. Se
no non faccio un cazzo. (nanni balestrini, vogliamo tutto)
Al ministro Valditara, che annuncia una riforma perché questa contestazione non
possa più ripetersi, verrebbe da dire che chi semina Invalsi raccoglie
boicottaggi, e che siamo noi a non meritarci ragazzi che pensano con la loro
testa e che si sottraggono al dogma della produttività in nome del minimo
risultato utile. Personalmente, delle mie scuole superiori ho un ricordo
pessimo: un edificio che assomigliava a un carcere, professori ignoranti come e
più degli studenti (salvando la buona pace di un paio tra loro), competitività
che fuoriusciva da ogni senga delle porte di legno scricchiolanti, incapacità
dell’istituzione di fornire risposte adeguate a una platea molto eterogenea.
Alla maturità presi 94/100 e se non mi venne in mente di non presentarmi
all’orale è solo perché per prepararlo mi impegnai veramente poco,
concentrandomi sul mio futuro.
Chillu criaturo all’erta a destra, ‘o taglio a spazzolina:
Vittorio Alfieri, terza C, foto ingiallita,
tute d’a Lotto tutt’e juorne, niente Tod’s e Paciotti,
Air Force 180 nera e blu cobalto,
‘o baffo bianco, ‘a scritta rossa ‘ncopp’o strappo
identica e precisa ‘a scena ‘e Get rich or die trying,
e io annanz’ ‘e vetrine ‘e Simon a Marano.
‘E 125 erano ‘a marce,
sunnavo al massimo ‘a Leovinci sott’o motorino
e ‘o gruppo Polini.
“Chill’e Mani Pulite erano cchiù politici”,
ma quanno maje nuje simm’ stati uniti…
‘E Stati Uniti e Porto Rico, è chello che vulesse ‘a Lega Nord:
scennere ‘cca ‘a stagione, e sparagna’ ‘na cosa ‘e sorde.
(patto mc ft. co’sang, da venti anni a mo’)
(a cura di riccardo rosa)
(disegno di ottoeffe)
Giovedì il consiglio comunale di Napoli ha approvato una mozione che lo impegna
alla rescissione di una serie di accordi con lo stato di Israele, nonché ad
aprire una discussione con le università della città affinché anche i rapporti
accademici tra gli atenei napoletani e quelli israeliani vengano interrotti. La
mozione è stata approvata faticosamente dopo le pressioni della Rete Napoli per
la Palestina, che aveva ottenuto la convocazione di un consiglio sul genocidio
in corso, salvo poi scoprire che la seduta avrebbe avuto come oggetto una
generica “crisi umanitaria a Gaza”.
Ho trovato fastidioso il paternalismo con cui i giornali, ma anche le persone
sui social, persino attivisti e militanti di vari gruppi, hanno commentato il
discorso di G., una compagna del Centro culturale Handala Ali che ha fatto un
ottimo intervento davanti al consiglio, simile alle dichiarazioni che si fanno
in parlamento per spingere i membri dell’assemblea a un voto giusto. La cosa più
rilevante è stata la capacità di G. di ri-bilanciare il rapporto tra la comunità
cittadina – che aveva chiesto azioni concrete al Comune – e i suoi
rappresentanti, a cui ha ricordato che se la città gli chiede di fare qualcosa,
loro sono tenuti a (e pagati per) farlo.
E invece è stato tutto un magnificare quanto questa ragazza fosse stata
grintosa, decisa, chiara, “immensa”, “fantastica” e così via, tutti scioccati
probabilmente dal fatto che G. sia giovane – ma nemmeno tanto: a cinque anni
Mozart aveva già scritto il Minuetto e alla stessa età Torquato Tasso scriveva
perfettamente in latino –, lucida, poco emozionata, e magari anche che parlasse
bene l’italiano per quanto mezza palestinese (andrebbe spiegato che G. è
palestinese ma anche napoletana, che fa già politica da un bel po’ di anni, è
abituata a parlare in pubblico, a scrivere, e si fa un cu…ore così in giro per
l’Italia per sostenere la Resistenza del suo popolo).
Quando Macciocchi scrive il suo diario di campo, la rivolta delle nuove
generazioni è in corso da mesi. Sulle bocche degli studenti sono rinate parole
scomparse dal lessico del partito: rivoluzione, borghesia, proletariato. I
giovani discutono della rivoluzione culturale cinese, di Che Guevara, del
Vietnam, ma nel partito sono guardati con sospetto. […] I giovani rompono la
burocratizzazione, le liturgie interne, i metodi antidemocratici. Se ne
infischiano delle elezioni e della composizione delle liste. Per metterli in
disparte si dice che sono immaturi, che devono fare esperienza. In federazione o
nelle sezioni Macciocchi incontra ragazzi incuriositi da una donna che “parla
come un uomo” e che rompe il vecchio schema della subordinazione femminile.
Molte sezioni di periferia, annota Macciocchi, registrano in quei mesi una
“secessione cinese”. Il partito si trincera dietro formule vuote – “la gioventù
non è un fatto anagrafico”, “ci si trasforma restando uguali”, “rinnovamento
nella continuità” –, slogan che rivelano solo una tenace resistenza al
mutamento. (luca rossomando, le fragili alleanze)
Alcuni tra quelli che posso considerare dei “maestri” mi hanno insegnato tempo
fa, senza proclami ma facendomelo vedere giorno per giorno, che il modo migliore
per non scivolare sulla buccia di banana del paternalismo è trattare alla pari
il proprio interlocutore, indipendentemente dalla sua età, la sua condizione
sociale, e tutto il resto.
(credits in nota1)
Quando ero alle medie, invece, avevo letto due o tre libri di Dickens. Mi erano
piaciuti molto (mi piacciono tuttora) ma sentivo che c’era qualcosa che non
andava e non riuscivo a capire. Anni dopo lessi un altro libro, di Orwell, che
mi fece notare che il problema del paternalismo di Dickens nei confronti dei
suoi personaggi poveri e sfruttati stava nel messaggio di fondo: tutti possono
crescere e migliorare, anche (oppure solo?) da soli, comprendendo errori,
modificando condotte, insomma dandosi da fare per uscire dalla propria
condizione senza necessariamente sovvertire l’ordine delle cose.
Ho discusso di Dickens in termini del suo “messaggio”, tenendo da parte le sue
qualità letterarie. Ma ogni scrittore, soprattutto ogni romanziere, ha un
“messaggio”, lo ammetta o no, e i più piccoli dettagli della sua opera ne sono
influenzati. Tutta l’arte è propaganda. Né lo stesso Dickens né la maggior parte
dei romanzieri vittoriani avrebbero pensato di negarlo. […] Ci viene detto che
nella nostra epoca qualsiasi libro che abbia un genuino merito letterario avrà
anche una tendenza più o meno “progressista”. Ciò ignora il fatto che nel corso
della storia è stata infuriata una lotta tra progresso e reazione, e che i
migliori libri di ogni epoca sono sempre stati scritti da diversi punti di
vista, alcuni dei quali palesemente più falsi di altri. Nella misura in cui uno
scrittore è un propagandista, il massimo che si può chiedere da lui è che creda
sinceramente in ciò che dice, e che non sia qualcosa di incredibilmente
sciocco. (george orwell, letteratura palestra di libertà)
Il paternalismo di un uomo maturo che cerca di non farsi sedurre da una giovane
di lui invaghita è un topos ricorrente della musica napoletana. Una bella
canzone, seppur impregnata di questo paternalismo tendente a sminuire il
sentimento (femminile), è Nun t’annammura’, cantata da Natale Galletta ed
Emiliana Cantone:
EC:
Dimme pecché me ne cacce,
pecché nun vuo’ chesti braccia…
Nun me chiamma’ guagliuncella io so femmena già!
[…]
NG:
No, tu nun t’e ‘a ‘nnammura’
è colpa dell’età
è solo n’attrazione che col tempo passerà…
L’ho riascoltata qualche giorno fa mentre ero al mare e pensavo a cosa scrivere
in questa rubrica. L’algoritmo a quel punto si è attivato e mi ha proposto
alcuni tra i pezzi cult della musica cittadina tra gli anni Novanta e Duemila.
Mentre pensavo alla rubrica, però, pensavo anche, insieme ad alcuni colleghi
dottorandi e dottorande, al testo di una dura mail che abbiamo poi scritto
all’Orientale lamentando che per l’ennesima volta il bonifico con i soldi della
borsa di ricerca che abbiamo vinto tre anni fa fosse in grosso ritardo. Pensavo,
ascoltavo e mi appisolavo, e non so se sia stato sogno o realtà, mi sono trovato
davanti il rettore Tottoli in costume da bagno, che mi dava una pacca sulla
spalla canticchiando una vecchia canzone di Finizio che racconta di quanto
all’amore faccia bene essere poveri (spoiler: non fa bene affatto).
E chistu suonno t’o giuro m’ha fatto riflettere
ca senza sorde l’ammore cchiù bello ‘o può vivere.
Sulo ‘na sera te prego vestimmece a povere
e senza machina a per’ te porto cu me:
‘na cammenata a Mergellina ‘nzieme a te
senza nemmeno mille lire p’o cafè,
dint’o pacchetto sulamente n’ati tre
e me spartevo dint’ e vase ‘nzieme a te.
(gigi finizio, ‘na cammenata a mergellina)
a cura di riccardo rosa
__________________________
¹ Vittorio De Sica e Pierino Bilancione in: I giocatori / L’oro di Napoli, di
Vittorio De Sica (1954)
(disegno di ottoeffe)
Credi davvero
che sia sincero
quando ti parlo di me?
Credi davvero
che mi spoglio
di ogni orgoglio davanti a te?
Non credi di essere un po’ ingenuo?
Non credi di essere rimasto un po’ indietro?
Non ti fidare mai:
non sono gli uomini a tradire ma i loro guai.
(vasco rossi, credi davvero)
“Quando ero più giovane e ingenuo” è uno dei miei incipit preferiti. Forse
perché non mi dispiace invecchiare, né considerarmi sempre più furbo e scaltro
con il passare del tempo (già a quindici anni, a dire il vero, pensavo di essere
più sveglio degli altri).
Quando ero più giovane e ingenuo, dicevo, pensavo che non potessero esistere
persone omosessuali di destra. Credevo che se uno fa parte di un gruppo sociale,
di una minoranza etnica, di una qualsiasi collettività che viene discriminata
per il suo modo di essere, per la propria religione, per il proprio orientamento
sessuale, subendo una limitazione di diritti da parte delle classi dominanti,
non può che avere come obiettivo il rovesciamento della società che lo
discrimina, l’abbattimento del potere, la costruzione di un mondo più giusto.
Invece può accadere che neri d’America votino Trump; che i percettori di reddito
di cittadinanza votino una che gli dice che glielo toglierà; che operai si
astengano dal votare a un referendum che vuole abolire una parte delle leggi che
ne limitano i diritti; che il gay pride venga sponsorizzato dalle multinazionali
che fondano la propria ricchezza sulla divisione del mondo tra oppressori e
oppressi; che il presidente dell’Arcigay e di una sezione dell’Associazione
Partigiani (al secolo Antonello Sannino) partecipi a iniziative governative in
un paese che sta sterminando una popolazione da quasi due anni, e che ci venga
pure a dire di come gli israeliani sono bravi perché rispettano i diritti
civili, o che alcuni di loro non condividono questo genocidio.
Le recenti notizie relative alla partecipazione di esponenti del movimento
LGBTQ+ italiano a iniziative promosse dallo stato d’Israele hanno scosso Arcigay
Nazionale, che si è detta “non al corrente”, sottolineando come coloro che sono
rimasti bloccati a Tel Aviv e che hanno preso parte a tali iniziative “lo hanno
fatto a titolo personale”. Nel suo comunicato ha parlato di azioni “in contrasto
con la linea politica di Arcigay su quanto sta accadendo in Medio Oriente”.
Anche dalla più grande organizzazione LGTBIAQ+ italiana, dunque, giunge la
condanna alla “sistematica strategia del rainbow washing” messa in atto dalle
autorità israeliane, ribadendo la “narrazione tossica” fatta negli anni dal
governo israeliano. “Arcigay rigetta con fermezza l’idea che la battaglia per i
diritti LGBTQIA+ possa essere strumentalizzata per legittimare politiche
belliche, aggressioni unilaterali o campagne di regime change”, stigmatizzando
il coinvolgimento di attivisti e organizzazioni internazionali che prestano il
fianco a tali narrazioni. (emanuela longo, gay.it)
Conosco il presidente di Arcigay Napoli da molti anni. Non che l’abbia mai
frequentato, ma incrociato spesso nell’ambito della sua carriera politica, sì.
Ero già meno ingenuo, quando l’ho conosciuto, da potermi accorgere che si tratta
di un uomo di destra, molto interessato al potere e alla legittimazione politica
del potere. È stato un fedelissimo, e amico, dell’ex sindaco de Magistris, che
ha celebrato il matrimonio tra Sannino e il suo compagno condendo l’iniziativa
con la sua solita retorica populista (per tirare la volata al primo cittadino
alle elezioni del 2016, tra l’altro, Sannino organizzò a pochi giorni dal voto
un imbarazzante pride a Bagnoli, insieme al peggio del terzo settore cittadino,
strumentalizzando le lotte territoriali e tutto quello che poteva
strumentalizzare, raggranellando alla fine appena trecento voti). Attualmente è
in fase di cambio casacca: ha ottimi rapporti con i pezzi grossi napoletani dei
Cinque Stelle (su tutti la parlamentare Gilda Sportiello e il futuro presidente
della regione Roberto Fico), con il sindaco e la segretaria del Pd Elly Schlein,
e ha partecipato alla piazza per il riarmo dell’Europa il 15 marzo a Roma. È
notoriamente insensibile, o cieco, rispetto alla politica coloniale e fascista
dello stato di Israele, di cui è un esplicito supporter.
“Ma se questo viene dalle favelas, perché sostiene un fascista che odia i neri e
se potesse li sterminerebbe?”, mi chiedevo fino a un po’ di tempo fa ogni qual
volta un Neymar, un Robinho o un Ronaldinho pronunciava un endorsement per l’ex
presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Qualcosa di simile sta succedendo oggi in
Argentina, dove un brutto colpo me l’aveva già rifilato el Titan Martin
Palermo, sostenitore e amico del presidente Milei. Il governo sta infatti
lavorando a una mega riforma del calcio nazionale, che prevede tra le altre cose
l’eliminazione di ciò che resta dell’istituto giuridico per cui le società di
calcio, anche professioniste, possono avere forma di una cooperativa popolare
fortemente improntata ad attività sociali.
Sponsor di questa operazione è Juan Sebastian Veron (ex Lazio, Inter, Chelsea e
Manchester United), presidente dell’Estudiantes di La Plata e personaggio assai
chiacchierato in patria, legato a grandi gruppi economici canadesi e
statunitensi. Dall’altra parte, a tutelare quel che fu della mia ingenuità e a
opporsi alla riforma, c’è Juan Ramon Riquelme, bandiera del Boca Juniors persino
più di Maradona, attuale presidente che ha di recente fronteggiato la polizia in
curva, durante una partita di campionato, per fermare gli scontri tra gli agenti
e i suoi tifosi. Lasciatemi pensare che tutto questo c’entri col fatto che Veron
è figlio di miliardari (il padre era un calciatore) e Riquelme nasce invece come
un poveraccio, in una famiglia da undici figli in un sobborgo di Buenos Aires.
Non è territorio per ingenui il processo penale, come è apparso evidente questa
settimana, durante le udienze che hanno portato alla sbarra tre uomini
palestinesi a L’Aquila (l’intera vicenda è ben ricostruita sull’ultimo
numero de Lo stato delle città): il primo reo di supportare logisticamente un
gruppo di partigiani che combatte conto l’occupante israeliano in Cisgiordania;
gli altri solo, di fatto, di essere suoi amici.
Eppure la cosa più divertente è quando gli avvocati fanno i finti ingenui per
far dire le cose ai testimoni e gli imputati, come hanno fatto nel caso
specifico i due della difesa – Rossi Albertini e Formoso – smascherando la
superficialità delle indagini della polizia italiana, che (a un occhio poco
ingenuo) sembra aver lavorato su commissione di una potenza straniera – lo stato
di Israele, che di Anan Yaesh aveva chiesto invano l’estradizione.
Avv.: Ispettore lei sa se in Cisgiordania ci sono altri gruppi armati?
Silenzio.
Avv.: Sa se ci sono formazioni che operano sul territorio, che posizioni
politiche hanno, che rapporti con la popolazione?
Silenzio.
Avv.: Sa i nomi dei comandanti, su quanti militanti possono contare, quali sono
le gerarchie?
Teste: Non posso rispondere.
Avv.: Non può rispondere o non lo sa?
Teste: Il mio compito su questo materiale era quello di…
Avv.: Non le ho chiesto quale era il suo compito, mi risponde sì o no?
Teste: No.
The less we say about it the better / Meno ne parliamo meglio è.
Make it up as we go along: / Ce lo inventeremo strada facendo:
feet on the ground, head in the sky / piedi per terra, testa in aria.
It’s okay, I know nothing’s wrong, nothing / Tutto ok, so che non c’è niente di
male… niente.
[talkin heads, this must be the place (naive melody) / deve essere questo il
posto (motivetto ingenuo)]
a cura di riccardo rosa
(disegno di ottoeffe)
Un’amica mi ha raccontato che nel piccolo paese da cui proviene è ancora molto
in voga, pure tra i giovani, “Padrone e sotto”, antico gioco praticato in molte
regioni meridionali. Funziona più o meno così: la prima parte è una partita a
scopa a squadre, o una tirata a tocco; chi ha il punto di primiera più alto, o
chi ha vinto il tocco, viene nominato “padrone”, mentre chi ha il secondo è il
“sotto”; il sotto e il padrone decidono di volta in volta il giocatore che potrà
bere dalla brocca o dalle bottiglie comuni, cercando di lasciare fuori qualcuno
di non gradito. A volte, però, facendo finta di volergli offrire da bere a
oltranza, i due cercano di mettere in mezzo uno dei partecipanti, concentrando
su di lui le bevute per farlo ubriacare e denigrarlo. Non è detto che le
alleanze portino al risultato prefissato, e in quel caso tanto vino sarà andato
sprecato.
Durante la prima presentazione di un libro che ho scritto molto tempo fa (La
sfida. Storia del re della sceneggiata), alla Sala Assoli del Teatro Nuovo di
Napoli, il maestro Pino Mauro, accompagnato da Franco Ricciardi, Carmine
Paternoster e Marco Giusti, si mise a recitare Questione ‘e tuocco, di E.A.
Mario, che parla di una vendetta all’arma bianca consumata durante una giocata a
Padrone e sotto.
Proprio accussì, tre anne carcerato
pe ‘na quistione ‘e tuocco e mo’ so’ asciuto,
maje s’è appurato ‘o fatto comm’è juto
e ‘a chesta vocca maje se po’ appura’.
Però nun fuje p’o vino, fuje pe’ ‘na parola
ascette ‘mmiezo ‘o nomme ‘e ‘na figliola
ca nun s’aveva proprio annumena’…
– Meh, jammo’: a chi adda essere?
Adda essere a vuje, ‘gnorsì cumpa’!
[…] Sbagliaje, curtellaje ‘nnucentemente
a chi nun era ‘nfame comme a te,
embè stasera ‘o vendico:
chesta è pe’ isso, e chesta ‘cca è pe’ me!
(pino mauro, questione ‘e tuocco)
Si è ormai diffusa in diverse città d’Italia la pratica del Graduation day,
durante il quale i neolaureati si ritrovano in una sede universitaria o in una
piazza della città per celebrare il raggiungimento dell’obiettivo lanciando in
aria il tocco, cappello che simboleggia la fine e il successo di un percorso di
studio. A Novara in piazza dei Martiri erano, lo scorso weekend, in più di
mille; a Macerata, in piazza Vittorio Veneto, diverse centinaia, provenienti da
più di trenta paesi. Gli studenti sono stati salutati dal rettore McCourt, primo
straniero a capo di un ateneo italiano, che ha esaltato la capacità
dell’università nel formare i giovani “a capire, pensare, affrontare le
complessità del presente”. Da più di un anno il rettore (membro del cda di
UniItalia, ente che si occupa della cooperazione accademica internazionale)
viene duramente contestato per gli accordi dell’università con atenei
israeliani, accordi che non ha finora voluto rescindere, a differenza di quanto
fatto con le università russe dopo l’invasione dell’Ucraina.
(da: al jazeera)
Dieci anni fa ricevetti in regalo per il mio compleanno un libro che riprende i
migliori discorsi tenuti da Kurt Vonnegut ai laureandi, al termine dell’anno
accademico.
Il rettore voleva eliminare ogni forma di pensiero negativo dal suo discorso di
saluto, e quindi mi ha chiesto di farvi quest’annuncio: “Tutti quelli che hanno
ancora in sospeso il pagamento del parcheggio sono pregati saldare il conto
prima di uscire da questo edificio, altrimenti si ritroveranno una sorpresina
sul libretto”.
Quando ero ragazzino a Indianapolis c’era uno scrittore umoristico di nome Kin
Hubbard. Ogni giorno scriveva una freddura di qualche riga per l’Indianapolis
News. […] Spesso era arguto quanto Oscar Wilde. Disse, per esempio, che era
meglio avere il proibizionismo che stare senza alcool. O che chiunque sostenga
che il sapore della birra analcolica si avvicina a quello della birra è incapace
di misurare le distanze. Do per scontato che le cose veramente importanti vi
siano già state insegnate nel corso dei quattro anni qui e non abbiate gran
bisogno di sentire granché dal sottoscritto. Buon per me. Ho solo una cosa da
dire: questa è la fine, questa è sicuramente la fine dell’infanzia. “Ci dispiace
tanto”, come dicevano durante la guerra del Vietnam. (kurt vonnegut, fredonia
college, new york, 20 maggio 1978)
Ancora, a proposito di tocco e di università: gira su Youtube un video in cui
padre Mike Schmitz, cappellano all’Università del Minnesota Duluth (una via di
mezzo tra l’Hugh Grant di Nottingh Hill e lo Sturby di Marco Marzocca), spiega
il rapporto tra sorte e Spirito Santo quando c’è da prendere qualche decisione
importante. Nello specifico si parla di Conclave ed elezione del Papa:
Una mia amica una volta mi ha detto: “Pensavo che tutto il processo fosse molto
più… santo. Una cosa quasi mistica. Tipo, entri nella Cappella Sistina, ti metti
in preghiera e chiedi allo Spirito Santo di guidare le decisioni”. Invece ha
scoperto che i cardinali parlano, discutono, dibattono. Possono
persino cercare consensi, cercare voti. E questo le sembrava… meno spirituale,
diciamo così. Eppure, se torniamo alla Bibbia, vediamo che
lo Spirito Santo agisce attraverso persone comuni, attraverso mezzi, eventi
e circostanze che non ci aspetteremmo. Per esempio, negli Atti degli Apostoli,
Giuda è morto, e gli apostoli si riuniscono per decidere chi prenderà il suo
posto. Come scelgono tra Giuseppe il Giusto e Mattia? Tirano a sorte! È come se
lanciassero i dadi per decidere chi sarà il prossimo apostolo. Non sembra molto
santo, ma è proprio quello che fecero. E questi sono uomini che camminarono con
Gesù, che furono istruiti e formati da lui. Eppure, dicono: “Non lo sappiamo.
Tiriamo a sorte”. (fr. mike schmitz, da uccr online, davvero lo spirito santo
elegge il nuovo papa?)
https://napolimonitor.it/wp-content/uploads/2025/06/la-banda-tagliato.mp4
(credits in nota1)
(a cura di riccardo rosa)
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¹ Totò e Peppino De Filippo in: La banda degli onesti, di Camillo Mastrocinque
(1956)