“Giornalista, pensavi che facevamo il fuoco?”. A Milano, candele nella nebbia per Ramy

NapoliMONiTOR - Tuesday, December 3, 2024
(foto di roberto-c.)

A Milano nei giorni scorsi ci si svegliava nella nebbia e fino a metà mattina si faticava a vedere poco più in là di qualche decina di metri. All’imbrunire, i contorni dei palazzi si confondevano di nuovo, le auto sparivano e si distinguevano solo le insegne al neon e le luci dei semafori.

A Corvetto, nella periferia sud-orientale, la nebbia era più fitta che altrove per la vicinanza alle aree agricole attraversate da rogge e canali intorno all’Abbazia di Chiaravalle. Un paesaggio rurale difficile da immaginare attraversando le vie della parte più storica e densa di Corvetto. Da piazzale Gabrio Rosa, il punto di congiunzione tra gli isolati costruiti nella seconda metà degli anni Venti dall’Istituto autonomo case popolari per ospitare “i poveri e i poverissimi” della città e le espansioni successive, si può scorgere il Parco Agricolo Sud, ma la nebbia di sabato sera aveva fatto svanire l’orizzonte.

Da giorni, la piazza era presidiata dalla polizia locale per scoraggiare eventuali scontri e incendi nati dalla rabbia per la morte di Ramy Elgaml, il diciannovenne che ha perso la vita in seguito allo schianto con cui si è concluso un lungo inseguimento a opera di una pattuglia di carabinieri, nella notte tra sabato 23 e domenica 24 novembre.

A una settimana di distanza dalla morte del ragazzo e dall’inizio del coma di Fares Bouzidi, l’amico alla guida della moto che ha interrotto la sua corsa in via Ripamonti con una dinamica ancora da accertare, gli amici di Ramy e alcuni solidali si sono dati appuntamento sabato 30 in piazzale Gabrio Rosa per una fiaccolata. L’iniziativa era stata immaginata come un momento di condivisione del dolore e come risposta ai presidi delle giornate precedenti promossi da Lega e Fratelli d’Italia, che chiedevano più sicurezza attraverso la militarizzazione del quartiere.

Sabato sera, nel buio lattiginoso della piazza si distinguevano solo i fari led delle videocamere dei giornalisti provenuti da tutta Italia e le luci delle auto della polizia locale. All’orario concordato per il ritrovo c’erano alcuni ragazzi del quartiere all’incrocio con via Mompiani, dove vive la famiglia di Ramy. «Ma tu sei qui per Ramy?», chiedeva un ragazzino sui dodici anni ai volti sconosciuti che scrutava attento, mentre si allontanava dal piccolo gruppo pronto a partire. Nadir, uno degli amici del diciannovenne scomparso e dei promotori della fiaccolata in suo ricordo, era impegnato a far allontanare i giornalisti dallo striscione tenuto da donne e ragazzi del quartiere in lutto che recitava “Verità e giustizia per Ramy e Fares. La morte non è uguale per tutt*”. Nel frattempo, solidali singoli o di varie realtà come Cantiere, Lambretta, Coordinamento Antirazzista Milano, ZAM, Off Topic, Comitato Insostenibili Olimpiadi, Giovani Palestinesi d’Italia, CiSiamo, PRC Municipio 4, ADL Cobas e vari membri della Rete per il diritto all’abitare si sono uniti ai presenti, senza esporre bandiere né striscioni.

Il corteo, guidato da Nadir, ha attraversato quasi in silenzio via Mompiani, mentre i presenti si scambiavano sottovoce parole sugli avvenimenti degli ultimi giorni e fumogeni tingevano di rosso e di viola l’atmosfera nebbiosa. In piazza Ferrara, intorno al mercato comunale, tra le mani hanno iniziato a passare candele bianche, mentre due lanterne si alzavano verso il cielo, insieme ai flebili fischi all’indirizzo di Carmela Rozza, esponente del Pd e componente del consiglio regionale della Lombardia. La politica, in un momento di sosta e silenzio del corteo, aveva chiamato intorno a sé alcune telecamere per dichiarare la vicinanza ai ragazzi del quartiere, suscitando la reazione di molti dei presenti, critici verso le azioni intraprese proprio dal suo partito nella zona e in altre aree periferiche della città.

La marcia è proseguita verso ovest, ritmata da una preghiera pronunciata dalle donne in testa al corteo e poi dalla trasmissione di alcuni brani del Corano cantati, mentre le oltre cinquecento persone radunate strada facendo uscivano dal tessuto denso del quartiere per percorrere via Bernardo Quaranta, una strada ampia fiancheggiata da capannoni, aree verdi occupate da tralicci, hotel segnalati da insegne al neon incomplete, ampi parcheggi e il lungo muro dell’ex Panificio Automatico Continuo,  che negli anni Venti produceva mille duecento quintali di pane al giorno e che oggi ospita il servizio di ristorazione scolastica che rifornisce le mense della città. Alle spalle del primo gruppo, cinque ragazzi tenevano un altro striscione che recitava “I nostri quartieri uniti nel vostro dolore”, mentre alcuni interventi si alternavano ai momenti di silenzio o alle note del Corano.

Ali, esponente dei Giovani Palestinesi d’Italia, ha ricordato come il motivo della rabbia e della richiesta di giustizia non fosse solo una vita persa e come il caso di Ramy non fosse unico, ma fosse l’ennesima spia di dinamiche di stigmatizzazione delle persone migranti e di uno stato di polizia che non si manifesta solo attraverso l’uso della forza. La giovane si è poi rivolta ai giornalisti, numerosi in quel momento al corteo e in quartiere, ritenuti responsabili di narrazioni distorte e amplificate secondo le quali la rabbia delle notti precedenti sarebbe stata causata “da un’incapacità della comunità di mantenere l’ordine” e non da una risposta a razzismo e classismo sistemici.

Mentre il corteo proseguiva tra loft in ex aree industriali, industrie farmaceutiche e corsi d’acqua, con alcune soste richieste da Nadir per fare in modo che tutti i partecipanti stessero dietro al primo striscione e che i giornalisti non intralciassero il cammino, i centri sociali Cantiere e Lambretta hanno portato la solidarietà da altri quartieri della città e si sono stretti nel lutto, nella rabbia e nel desiderio di verità e giustizia per Ramy e Fares. Hanno ricordato cosa significa essere giovani, neri, arabi, di una zona periferica e solo per questo venire fermati dalla polizia più volte a settimana e avere la certezza che la propria vita non conta, come è stato nel 2008 per Abba e ora per Ramy. O per essere definiti “maranza”, come hanno titolato ultimamente i giornali a proposito dei giovani di Corvetto, richiamando il termine dispregiativo introdotto negli anni Ottanta a Milano che sintetizza “marocchino” e “zanza” (ladro, in milanese).

Il corteo ha rallentato in prossimità dell’incrocio tra via Quaranta e via Ripamonti, uno dei principali assi radiali di Milano che collega il centro della città con la zona sud, percorso nella notte tra il 23 e il 24 novembre da Ramy, Fares e dalla pattuglia dei carabinieri che non aveva ancora smesso di inseguirli dopo otto chilometri. Lì, dove è avvenuto lo schianto, i presenti si sono distribuiti ai lati dell’incrocio, mentre Nadir ha invitato alla preghiera, prima che venisse scandito in coro, ripetutamente, il nome di Ramy. Nello spazio vuoto al centro dell’incrocio ha poi preso parola un’esponente del Comitato Antirazzista Milano, che ha sottolineato ancora una volta la dinamica dei fatti della scorsa settimana, ennesima manifestazione del fenomeno della profilazione razziale e degli abusi della polizia. Ha poi invitato ad alzare gli occhi e osservare le telecamere che registrano ciò che accade in quell’incrocio, chiedendo come mai non fossero stati ancora resi pubblici i video dell’accaduto.

Infine, è intervenuto un esponente del Comitato Verità e Giustizia Ugo Russo, da Napoli, che ha ricordato la storia del quindicenne dei Quartieri Spagnoli ucciso da un carabiniere fuori servizio alcuni anni fa. Ricollegandosi agli interventi precedenti sulla razzializzazione dei ragazzi di origine straniera nei quartieri popolari di Milano, ha ricordato che nella sua città ci sono «napoletani considerati non degni di diritti e di attenzioni, marginalizzati» all’interno di quegli stessi quartieri «che in questo momento storico sono sovrastati da un turismo» che sembra porti benessere, ma «non ha ricadute sulla reale emancipazione di tutte le persone». Per questo, a nome del Comitato, ha portato un abbraccio fraterno a chi lotta per la verità e giustizia per Ramy e Fares e ha proposto di continuare a confrontarsi per unire le forze.

Dopo i saluti di Nadir, che ha ringraziato i presenti per la buona riuscita della fiaccolata, nonostante la tensione creata nei giorni precedenti e anche sul momento dai media, i presenti si sono allontanati a piedi o in bicicletta nella nebbia. Un gruppo di ragazzini è tornato verso Corvetto, seguito a distanza ravvicinata da tre persone con telecamere e microfoni, forse nella speranza che proprio all’ultimo succedesse qualcosa di eclatante. Dal gruppo invece si è alzata la voce di un ragazzino di nove o dieci anni che ha continuato a camminare, senza voltarsi: «Giornalista, pensavi che facevamo il fuoco, eh?». (gloria pessina)