Decoro e recinzioni. Il declino degli spazi pubblici a Trieste
NapoliMONiTOR - Wednesday, January 8, 2025“PalazzoKalister: straordinaria manutenzione e restauro per la conservazione dei caratteri architettonici e tipologici con cambio di destinazione da residenziale a turistico-ricettiva”. Questa chiara dichiarazione di intenti è scritta nel cartello di descrizione dei lavori su uno dei palazzi più importanti di piazza Libertà, a Trieste. Fu costruito in stile eclettico alla fine dell’Ottocento poco dopo la vicina stazione ferroviaria. Dopo esser stato abbandonato per anni, palazzo Kalister si prepara così a diventare un albergo di grandi dimensioni. Il cartello che annuncia l’operazione si trova nei pressi di un’alta gru che di notte viene illuminata con due strisce di luci rosse verticali per segnalarne la presenza.
Oltre a essere la piazza della stazione centrale di Trieste piazza Libertà è anche molto altro. È lì che tutti i giorni, da anni, i volontari dell’associazione Linea d’Ombra e di altre organizzazioni accolgono chi arriva dalla rotta balcanica, oltre a chi vive a Trieste da più tempo ma si trova ancora in condizioni molto precarie e disagiate. In questo periodo basta passare un po’ di tempo in piazza dopo le 19 e ci si accorge di quanti cambiamenti avvengano nell’arco di un paio d’ore, a seconda del cibo, delle bevande e/o dei vestiti che arrivano e che vengono distribuiti. Le persone, provenienti soprattutto dall’Afghanistan e dal Pakistan, si dispongono in file al momento delle distribuzioni, altrimenti si spostano nella parte centrale della piazza. Chi vuole raggiungere o lasciare la stazione preferisce fare un giro più largo, anche a costo di allungare un po’.
Fino allo scorso 21 giugno buona parte delle persone migranti che frequentavano la piazza abitavano nel Silos, un grande edificio semi-diroccato che costeggia i binari della stazione dei treni. Quel giorno le forze di polizia, agendo in seguito a un’ordinanza del sindaco Roberto Dipiazza, preoccupato per le condizioni sanitarie del luogo, ma anche temendo un danno d’immagine per la città, sgomberarono l’edificio trasferendo altrove le persone presenti all’interno e altre che si trovavano nei paraggi e preferivano non rimanere a Trieste. Ora il Silos è costeggiato da un parcheggio privato, mentre l’interno è stato bonificato. Coop 3.0, proprietaria dell’immobile, dovrebbe essere ora sul punto di vendere l’intera struttura a un gruppo austriaco.
L’atto non ha cambiato la postura delle amministrazioni pubbliche rispetto all’accoglienza delle persone in movimento; al contrario di quanto era stato promesso, nel frattempo non sono stati resi disponibili più posti in accoglienza e soprattutto non è stato attivato quel servizio a bassa soglia, cioè accessibile a tutti senza formalità, che le associazioni reclamano da tempo per rispondere alle esigenze delle molte persone che arrivano a Trieste e si fermano poche ore prima di riprendere il viaggio. La conseguenza è stata che per tutta l’estate chi arrivava in città trovava rifugio sotto una tettoia all’ingresso del Porto Vecchio, un’area costituita da magazzini portuali abbandonati costruiti a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Lì le persone si sono accampate con sacchi a pelo e altri materiali, proprio come avveniva nel Silos, senza nemmeno la protezione, comunque parziale, delle arcate in muratura.
L’arrivo dell’autunno non ha cambiato le cose e lo scorso 20 novembre le istituzioni hanno deciso di intervenire sgomberando la tettoia con modalità simili a quelle adottate a giugno per il Silos. Le forze dell’ordine sono arrivate prima delle otto e intorno a mezzogiorno la tettoia era occupata solo dagli impiegati di un’azienda di pulizie che stavano ultimando il lavoro coperti da spesse tute bianche. Un comunicato congiunto delle associazioni attive nell’accoglienza delle persone in movimento a Trieste (Consorzio italiano di solidarietà, Linea d’Ombra, Diaconia valdese e No Name Kitchen), pur accogliendo favorevolmente il trasferimento e auspicando che ciò avvenga con una maggior frequenza, ha criticato l’intervento sostenendo che “nonostante venga presentata come un’azione risolutiva ed efficiente, l’operazione odierna rappresenta l’ennesima dimostrazione di una gestione straordinariamente carente. Se infatti i richiedenti asilo avessero avuto accesso, come previsto dalla legge, a un sistema di prima accoglienza adeguato al loro arrivo, con una successiva e rapida redistribuzione sul territorio nazionale, l’indecoroso abbandono nell’area del Porto Vecchio non si sarebbe verificato. La scenografica e onerosa operazione di oggi sarebbe stata così del tutto superflua”.
In effetti, per chi segue da almeno alcuni mesi la questione, il copione sembra ripetersi sempre in modo simile senza che poi da parte delle istituzioni ci sia la volontà di trovare delle soluzioni di lungo periodo. Nel frattempo, la città sta cambiando. Al centro di piazza Libertà la statua della principessa Sissi è circondata da circa un anno da alcune transenne per impedire che il retro venisse usato come bagno a cielo aperto. Ora il Comune le sta sostituendo con delle barriere permanenti, sottraendo alla fruizione una parte non piccola della piazza. Da mesi è chiuso il sottopassaggio tra piazza della Libertà e la stazione che in precedenza era stato usato come punto di distribuzione e assistenza durante i giorni di maltempo. Qualche settimana fa il quotidiano locale Il Piccolo ha diffuso la notizia che il Comune starebbe valutando la possibilità di attingere a dei fondi regionali per recintare anche il perimetro più esterno della piazza. Visto che negli anni corsi la stessa cosa è stata fatta anche in un’altra piazza importante (piazza Hortis, sempre in centro) non sembra così impensabile che la stessa scelta venga fatta per una piazza in cui si è creato uno dei pochi spazi di autogestione in città. Inoltre, piazza Hortis, uno spazio alberato su cui affacciano lo storico istituto nautico e la frequentata emeroteca cittadina, fa parte di una delle prime zone di Trieste ad aver cambiato faccia: in pochi anni nuovi locali alla moda hanno affiancato o preso il posto di osterie e altri negozi per i residenti. Le recinzioni comportano degli orari di apertura e di chiusura e sconvolgono le modalità di fruizione di uno spazio pubblico come una piazza.
È chiaro l’intento del Comune di scoraggiare una pratica di accoglienza percepita dall’amministrazione come dissonante rispetto all’immagine di città pulita e funzionale che si vuole dare di Trieste, però qui sembra essere in gioco anche la gestione degli spazi pubblici. Poco lontano da piazza Libertà si trova largo Santos, uno spiazzo all’ingresso dell’area del Porto Vecchio su cui fino alla fine del 2022 sorgeva la sala Tripcovich, una struttura usata per concerti e altre iniziative culturali. La sala è stata demolita due anni fa e lo spiazzo che ne è risultato è stato usato in diverse occasioni da alcuni collettivi cittadini per iniziative come concerti o per la partenza o l’arrivo di cortei. In occasione delle festività natalizie del 2024 il largo è stato trasformato in un parcheggio gestito dalla Confcommercio provinciale che fornirà il servizio ancora fino al 31 gennaio.
La città sta cambiando anche in modo più eclatante. Come palazzo Kalister in piazza Libertà l’enorme palazzo già delle Ferrovie dello Stato che affaccia sulla centrale piazza Vittorio Veneto sta per essere trasformato in un hotel con una piccola quota di servizi e abitazioni. Anche qui sembra tutto già visto e già sentito: gli affitti sono rincarati molto mentre diversi edifici storici diventano cantieri, in alcuni casi con lo scopo di realizzare delle residenze di lusso.
La posizione della giunta comunale è chiara: porre il turismo al centro dell’economia cittadina senza tenere conto di quanto questa scelta influisca in negativo sulla qualità della vita di molti abitanti. Per anni il sindaco Dipiazza si è vantato degli ottimi risultati raggiunti da Triescte nella classifica annuale delle città con la qualità di vita più alta pubblicata dal Sole24Ore. Al di là dell’attendibilità che si vuole attribuire a questo genere di rilevazioni, sembra sempre necessario valutare da che punto di vista si guarda la città. Fino a pochi anni fa la qualità di vita a Trieste non era così determinata solo dalla capacità di spesa mentre ora, anche a causa dei tagli nei servizi pubblici, come la chiusura di due consultori su quattro nel 2024, questa sta diventando un elemento sempre più centrale. (alessandro stoppoloni)