Catania, la palestra Lupo sotto sgombero e le trame della “rigenerazione”
NapoliMONiTOR - Friday, January 17, 2025
Il 4 dicembre scorso la giunta comunale ha deliberato l’approvazione del progetto definitivo di “demolizione della palestra, realizzazione di parcheggio multipiano e sistemazione a verde piazza Pietro Lupo, giardino pubblico tecnologico”. L’edificio in questione, una ex palestra comunale di Catania, è al centro di una piazza considerata un “margine urbano” da riqualificare. Da un mese, un’assemblea cittadina si riunisce per opporsi allo sgombero della LUPo. Laboratorio Urbano Popolare occupato, realtà autogestita che ha sede proprio nell’ex palestra. L’assemblea iniziale è numerosa, partecipata, sentita. Oltre a chi si prende cura del posto, a esporsi sono anche i frequentatori occasionali sensibili alla questione, o chi è attivo in altri gruppi cittadini, come il comitato per il centro storico, il collettivo di Officina Rebelde e il collettivo del Consultorio Mi cuerpo es mio!, sgomberato nel dicembre 2023 e ancora nomade. Insieme si commenta il progetto appena approvato, si ragiona sul movente dello sgombero mettendolo in relazione con ciò che accade in altre città italiane, ci si confronta su come affrontare lo sgombero e le sue conseguenze. Qualcuno si chiede se questa volta lo sgombero ci sarà davvero o se non si tratta, invece, dell’ennesima trovata politica che cadrà nel nulla. Il passato della “palestra Lupo” legittima questo interrogativo, mostrando il retaggio di un copione antico, fatto di connivenze rodate eppure tremolanti, pochi colpi di scena con finali prevedibili.
L’idea di radere al suolo l’edificio per rimpiazzarlo con un parcheggio interrato multipiano risale al 2002, quando la palestra era da poco rimasta abbandonata, dopo essere stata usata per decenni dalla squadra di scherma del Cus Catania. L’allora sindaco Umberto Scapagnini (2000-2008), appena nominato commissario straordinario per l’emergenza traffico dal governo Berlusconi, aveva pianificato la costruzione di cinque parcheggi. Le sorti del progetto di piazza Lupo, legato ai nomi più radicati e potenti dell’imprenditoria catanese (Ciancio e Virlinzi in testa), seguiranno quelle di un altro parcheggio in costruzione, in piazza Europa, bloccato per anni dalla magistratura. In questo arco di tempo l’ex palestra abbandonata, ormai divenuta un rifugio per senzatetto, verrà più volte sgomberata e rioccupata, mentre la prospettiva di un parcheggio in quella piazza continuerà a eccitare i sogni degli speculatori. Il progetto si ripresenta nel 2018, quando un bando regionale che finanziava la costruzione di parcheggi scambiatori fa attivare non solo la giunta Pogliese (2018-2022), ma anche l’ex sindaco democratico Enzo Bianco, che invoca l’intervento del prefetto per accelerare lo sgombero. Neanche quel tentativo, però, andò in porto. Al suo fallimento contribuì un fronte decisamente eterogeneo di oppositori: la borghesia colta della sostenibilità ambientale, del decoro urbano e dell’antimafia; l’associazionismo della democrazia partecipata, della riqualificazione dal basso, dei beni comuni; partiti e sindacati; movimenti e spazi sociali.
Oggi questo fronte è meno compatto: la “rigenerazione urbana”, teoricamente “inclusiva” e “sostenibile”, riesce a catturare molti attori locali; eppure in altri quartieri “marginali”, essa ha già mostrato la sua natura classista e razzista, disciplinante e punitiva. Riportare la voce della minoranza che resiste creando spazi informali in cui esercitare un agire critico collettivo sembra allora più urgente che perdersi nel labirinto di soggetti, cifre e interessi coinvolti. Uno sguardo al progetto attuale servirà solo a conoscere meglio “il vuoto” a cui l’assemblea contro lo sgombero vuole opporsi.
LA RIQUALIFICAZIONE DELLA PIAZZA
Fallito anche il progetto del 2018, il Piano nazionale di ripresa e resilienza offre l’occasione ideale per riesumare l’idea del parcheggio. Il decreto legge di riferimento affida alle Città Metropolitane il compito di elaborare i Piani urbani integrati, strumenti finalizzati a “favorire una migliore inclusione sociale riducendo l’emarginazione e le situazioni di degrado sociale, promuovere la rigenerazione urbana attraverso il recupero, la ristrutturazione e la rifunzionalizzazione ecosostenibile delle strutture edilizie e delle aree pubbliche”. Così, nel marzo del 2022 in Comune si avvia l’iter per l’approvazione di undici progetti, tra cui quello approvato con la delibera del 4 dicembre. Alla demolizione della palestra, costruzione del parcheggio e di un “giardino tecnologico” è destinata una spesa di 3,9 milioni di euro.
Nella relazione che accompagna la delibera si legge che la piazza “non svolge la sua funzione di luogo di aggregazione ma viene percepita come una grande area di sosta per veicoli a motore”. “L’unico luogo di aggregazione sociale – viene precisato – è rappresentato dalla palestra Lupo, che presenta gravi criticità strutturali e manutentive che ne compromettono l’uso e il godimento in totale sicurezza”. Per questo motivo, anziché recuperarla, si preferisce abbatterla. Al suo posto, recita ancora il testo, verrà creato un ambiente “piacevole”, fatto di “zone d’ombra” e “arredi urbani in grado di accogliere la collettività”. Così, la “Piazza Libera” diventerà “uno spazio urbano aperto a più funzioni, incoraggiando l’emergenza di usi informali della sfera pubblica […] che favoriscano l’interazione tra gli utenti e la nascita di nuove attività”.
La relazione parla poi di un info-point/presidio culturale, una struttura semisferica che fungerà da “punto di gestione e controllo della componente impiantistica evoluta della piazza, basata sulla sostenibilità ambientale”. Esso “garantirà un controllo naturale sulla piazza […] attraverso la presenza continua degli operatori e degli addetti che gestiranno le attività racchiuse all’interno del presidio, aumentando, così, la percezione di sicurezza anche grazie alle mixité di funzioni ospitate dalla piazza”. La semisfera, poi, accoglierà “il vano ascensore che collega la piazza all’autorimessa sottostante”. Tra gli obiettivi principali del progetto vi è infatti la “realizzazione di nuovi posti auto e moto a raso […] con una dimensione tale da poter ospitare circa 150 posti”. A questo punto non si capisce quale sia l’intenzione degli amministratori, si commenta in assemblea: nel passaggio appena citato si parla di posti a raso, nel titolo del progetto di parcheggio multipiano.
“È probabile che alla fine faranno solo una zona destinata a dehors per i locali che ci sono attorno”, suggerisce uno degli occupanti. L’ipotesi non sembra campata in aria, perché piazza Lupo si trova in una zona di passaggio tra due quartieri cruciali per il turismo: la Civita, il quartiere del porto, già in gran parte gentrificato, perché è il punto in cui arrivano i crocieristi, a due passi dal Duomo; e San Berillo, quello che chiamano “la ferita della città”.
I Piani urbani integrati prevedono anche 1,9 milioni per la “riqualificazione di piazza Teatro Massimo e aree adiacenti, fino a piazza Pietro Lupo”. La via Teatro Massimo, che connette le due piazze, è stata “ripulita” negli anni passati e oggi è sorvegliata da volanti e videocamere. L’intento dichiarato è quello di estendere questo palcoscenico della sicurezza borghese. Al di là delle contraddizioni e delle ipocrisie su cui si regge tutta l’operazione, l’assemblea degli occupanti teme che lo sgombero possa arrivare davvero, perché il finanziamento obbliga all’apertura del cantiere entro sessanta giorni dalla delibera e il completamento dei lavori entro la fine del 2026.
LE AUTOGESTIONI
Alla fine del 2012, mentre l’ex palestra è ancora attraversata da presenze occasionali e gli amanti del decoro pressano le istituzioni per “sottrarre la piazza al degrado”, entra in scena il Gruppo Azione Risveglio, un “movimento di cittadinanza creativa” nato con la missione di ripulire spazi comunali abbandonati per restituirli all’amministrazione stessa, una volta ultimato il recupero. Questo gruppo ottiene le chiavi della Lupo dall’amministrazione Stancanelli (2008-2013) e, concluso il suo intervento di pulizia, decide però di mantenerle, per “restituire lo spazio alla città” fino alla sua eventuale demolizione. Le dichiarazioni che alcuni di loro rilasciano alla stampa locale parlano chiaro: “non è un’occupazione”, ma una “riappropriazione 2.0” che incentiverà progetti di “innovazione sociale e imprenditoria culturale”. L’intento è quello di trasformare la Lupo in una Palestra delle Arti e delle Culture, un bene comune istituzionalmente riconosciuto e regolamentato. Numerose associazioni aderiscono all’iniziativa, ma il loro tentativo di istituzionalizzazione rimarrà sospeso, e all’interno di quella parentesi di incertezza si farà spazio un mutamento graduale, che riguarderà tanto il gruppo di autogestione quanto le attività offerte dallo spazio. Alcuni occupanti attuali ne ricordano l’evoluzione.
“La prima parte di vita della Lupo è stata dedicata principalmente al riutilizzo creativo, soprattutto finalizzato alla creazione di opere d’arte; si facevano meno serate musicali ma più workshop e mostre. Per un periodo è stato occupata anche ad uso abitativo, con tutto quello che ne consegue. Con l’arrivo del Covid si è sospeso tutto, ma subito dopo il posto è stato riattivato. Diverse crew musicali che bazzicavano la Lupo da tempo si sono ritrovate qui. Catania Hardcore, per esempio, è una crew punk hard-core che esiste più o meno dal 2000 e che ha sempre organizzato concerti in posti occupati. Oppure Tifone Crew, che organizza concerti metal, o i rapper della scena hip hop locale, che hanno deciso di fondare una propria etichetta musicale, la Tomato Sauce. Insieme abbiamo portato avanti le iniziative culturali preesistenti e abbiamo ampliato le proposte cercando di dialogare con le persone che c’erano prima, e questo lavoro ha arricchito un po’ tutti. Da quello che dico sembra una situazione legata solo alla scena musicale, ma in realtà è inserita in un movimento di gente che frequenta e autogestisce i posti occupati. Oltre ai concerti facciamo presentazioni di libri, laboratori e mostre con artisti locali e internazionali; ma ci occupiamo anche di osservare la gestione del territorio, la turistificazione, la riqualificazione. C’è stata una fase a Catania in cui fare politica era legato a un collettivo specifico con la sua identità, e quindi se tu non avevi un’identità chiara o eri una collettività magari più ampia ed eterogenea, quello che facevi non era considerata politica. Questo aspetto per noi è importante: tuttora non utilizziamo definizioni e non facciamo riferimento a un’area ideologica precisa, anche perché molti di noi hanno alle spalle esperienze politiche diverse tra loro”.
Insieme agli eventi musicali e artistici, la Lupo propone anche un calendario di iniziative sportive. In questo momento sono attivi un corso di fitness e uno di autodifesa personale. C’è anche una squadra di ping pong che si allena da cinque anni. Si chiama The Wolf.
“Rispetto a quando siamo arrivati – continuano gli occupanti –, la Lupo è cambiata radicalmente. L’abbiamo sempre considerato un posto libero da certe logiche, ma non era così vivo cinque anni fa. Abbiamo iniziato a fare ping pong principalmente per creare aggregazione, socialità; siamo partiti in due e oggi siamo almeno una ventina; qualcuno viene più assiduamente alle assemblee, altri, tramite la Lupo sono riusciti ad avviare anche altre attività, musicali, ecc. Noi siamo un gruppo totalmente informale, c’è chi pratica lo sport anche a livello agonistico, però non abbiamo mai creato un’associazione; non partecipiamo a tornei ufficiali però siamo riusciti fare cose importanti rimanendo sempre qui”.
Mutando la composizione del gruppo che si prende cura dello spazio, anche il modo di organizzare le attività è cambiato negli ultimi anni.
“L’assemblea della Lupo fino a qualche tempo fa era solo una, era aperta a chiunque e si discuteva tutti e tutto insieme. Siamo andati avanti così per tre anni, poi ci siamo resi conto che era un po’ limitante e abbiamo deciso di riorganizzarci, non chiudendo l’assemblea, ma facendone due: una con chi vuole proporre qualcosa per la prima volta e un’altra tra chi si occupa della gestione dello spazio, dove però è invitato a partecipare chiunque sia interessato. Il nostro obiettivo è che ogni persona che si avvicina diventi quanto più autonoma possibile, in modo che tutto sia veramente orizzontale. Visto che questo è rimasto l’unico posto che ti permette di organizzare delle cose, mezza città si è riversata sul nostro calendario. Quando riceviamo le proposte cerchiamo di comprendere di cosa si stratta, chi abbiamo di fronte, poi se ne parla tutti insieme e si sceglie cosa fare. Con qualcuno ci si capisce di più, con altri meno, ma se siamo qui a parlarne è perché sta funzionando. Con l’assemblea di gestione invece l’obiettivo è anche di costruire una linea politica, non solo relativa alla Lupo ma più in generale alla città e al contesto nazionale, come sta succedendo con la lotta contro il decreto sicurezza”.
Le persone più giovani e arrivate da meno tempo raccontano come si sono inserite nel gruppo che oggi mantiene il posto attivo, e cosa significa per loro farne parte.
“La prima volta sono entrata alla Lupo per la Tattoo Circus, poi ho cominciato a frequentare il laboratorio ‘L’arte è pericolosa’, nato in un momento in cui sui giornali si dava del pericoloso a qualsiasi cosa. Poi c’è lo spazio per serigrafare – posso farlo anche a casa, ma qui si è creata una situazione più interessante. Il laboratorio di serigrafia esisteva già, ma per un periodo era rimasto inattivo; lo abbiamo ripreso e stampiamo parecchio. Le varie crew che organizzano concerti fanno qui le loro magliette, hanno imparato a serigrafare e lo fanno insieme a noi, quindi tutto quello che succede alla fine si contamina e ti permette di ragionare sulle cose in modo più complessivo.
“Man mano che scoprivo la Lupo, anche grazie agli striscioni che vedevo durante i concerti o altri eventi, mi rendevo conto che quello che offriva non era un semplice ‘servizio’ ma qualcosa che ti permette di evadere dalla gabbia del mondo. Se la frequenti un po’, scopri che questa cosa di autogestirsi è possibile, e questo cambia la tua prospettiva, sia rispetto allo spazio sia rispetto al modo in cui puoi fare le cose”.
Se si scorre il calendario della Lupo, nel corso degli ultimi anni si nota un interesse crescente verso questioni più esplicitamente politiche.
“Quando abbiamo aperto alla città è nato un dibattito che ha assunto una prospettiva prettamente politica per necessità. Penso alla minaccia di sgombero di due anni fa: qualcuno veniva e chiedeva conto del perché non avessimo intenzione di dialogare con le istituzioni, e allora fu necessario prendere una posizione precisa, consapevole di quali sono i pro e i contro di un percorso di interlocuzione con il Comune. Il politicizzarsi dello spazio è avvenuto anche perché diversi gruppi hanno cominciato a frequentare la Lupo – il collettivo del Parco Falcone, lo studentato, i collettivi artistici che in città non hanno uno spazio – e fatalmente sono stati coinvolti nella gestione, hanno dovuto fare delle scelte, prendere delle decisioni. L’assemblea contro lo sgombero è cresciuta insieme a un’altra a livello cittadino, anch’essa dettata da un’emergenza: il decreto 1660, contestato in tutta Italia. L’ultimo corteo contro decreto, sgomberi e guerre del 21 dicembre è stato vivace, e per quanto poco numeroso ha portato in piazza realtà che solitamente camminano separate. La consapevolezza che non esiste alcuna garanzia di successo non sta impedendo agli abitanti della Lupo di offrire una base fisica e un contributo discorsivo a questo tentativo di convergenza”.
Il 4 febbraio 2025 segna il termine entro il quale ci si aspetta lo sgombero. Nel frattempo la Lupo sta continuando a proporre momenti di svago, impegno e respiro a chi rifiuta la bolla del consumo cittadino e l’inganno delle politiche culturali e sociali volte al profitto. Un nuovo corteo è previsto per il 21 gennaio. “Non si sgombera un’idea”, dice una frase scritta sulle pareti dello spazio, quella che forse più di tutte oggi suona come un avvertimento e un auspicio per il futuro. (alessandra ferlito)