Il progetti del governo: carcere sempre più duro

Osservatorio Repressione - Wednesday, February 12, 2025

In politica le parole sono piume. Ma quando si tratta di galera diventano ceppi. «Il 41bis e l’ergastolo ostativo sono imprescindibili. Sul carcere duro non si arretra di un millimetro» annuncia  la premier Meloni

di Andrea Colombo da il manifesto

In politica le parole sono piume. Ma quando si tratta di galera diventano ceppi. «Il 41bis e l’ergastolo ostativo sono imprescindibili» salmodiava un paio di giorni fa la premier Meloni. «Sul carcere duro non si arretra di un millimetro», s’infervorava il ministro-ombra della Giustizia Andrea Delmastro, quello che se la gode quando i detenuti restano senza aria da respirare e se ne vanta pure. Detto fatto. La commissione antimafia ha iniziato a darsi da fare per irrigidire il carcere duro. Già così la Francia ce lo invidia e s’industria di imitarlo. Figurarsi quando sarà durissimo: il vanto della Nazione.

La scusa, pardon l’occasione, è la maxiretata di Palermo: 181 arresti e la prova provata che dal carcere arrivavano chiamate con i cellulari criptati. Non da galeotti in 41bis, per la verità. Ad adoperare i telefoni entrati di contrabbando in cella erano i dannati del girone infernale appena inferiore, il regime d’alta sicurezza: non proprio una tortura (certificata dalla Corte europea per i diritti dell’uomo) come il 41bis ma pur sempre roba forte. Il salto logico per cui per una falla nell’alta sicurezza si stringono le maglie già soffocanti del carcere duro sfugge ma tant’è. Di fronte alle parole mafia e terrorismo nessuno si formalizzerà.

Il guaio è che c’è di mezzo la Corte costituzionale. Nel 2021 la Consulta aveva ordinato di modificare entro un anno l’ergastolo ostativo, art. 4 bis, considerandolo incostituzionale. Era stato necessario sfornare in tutta fretta, nel 2022, una legge che eliminasse «il divieto di concessione dei benefici penitenziari» ai detenuti che non collaborano con la giustizia, cioè che non denunciano qualcuno per provare l’avvenuta redenzione. Paletti e limitazioni di ogni tipo hanno per la verità reso la modifica imposta dalla Corte costituzionale più formale che reale. I 738 carcerati attualmente in regime di massima restrizione continuano in linea di massima ad avere sempre la stessa chiave per aprire la cella. Ma alla maggioranza quello spiraglio di civiltà è sembrato da subito una resa, un cedimento, uno spalancar le porte ai cosiddetti boss e si sa che se uno finisce in quel regime penitenziario è boss per definizione anche se non ha mai dato un ordine in vita sua e persino se, essendo in attesa di giudizio, è dubbio che ne abbia anche solo ricevuti.

Ora che la retata regala un alibi il primo obiettivo sarebbe appunto rimangiarsi quella vergogna tornando ai fasti di Guantanamo, oooppssss del 4 bis: chi non parla non esce e poche storie. Certo ci vorrà una certa perizia per aggirare una sentenza della Corte ma qualcosa le teste d’uovo capitanate da Chiara Colosimo, la Sorella che presiede l’Antimafia, cercheranno di inventarsela. Senza fermarsi a questo, ci mancherebbe. Per «attuare un taglio netto e radicale del cordone ombelicale tra detenuti e famiglie criminali di riferimento», secondo la fiorita prosa della presidente Colosimo, e soprattutto «per evitare pericolose derive interpretative», cioè per evitare che la legge imposta dalla Consulta venga applicata anche solo per caso ed eccezione, non ci sarà limite alla fantasia perversa del legislatore.

Non che la destra al governo di fantasia ne abbia per la verità molta. Qualsiasi sia il nodo da sciogliere la formula è sempre la stessa: più galera, a meno che naturalmente non si tratti di torturatori libici. La differenza sta nel fatto che su tutto il resto l’opposizione qualcosa da pigolare ce l’ha. Quando si arriva al 41 bis e all’ergastolo ostativo invece l’accordo è generale, l’intesa perfetta. Non è bello sapere che qualcosa che unisce la nazione in fondo c’è?

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