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Cospito, legale lo saluta dopo colloquio: segnalato all’Ordine. Lui: “No a deumanizzazione”
Flavio Rossi Albertini legale di Alfredo Cospito, saluta il suo assistito con una stretta di mano e due baci sulle guance, il direttore del carcere di Sassari/Bancali lo segnala all’Ordine degli Avvocati per eventuali provvedimenti disciplinari Una stretta di mano e due baci sulle guance. Così l’avvocato Flavio Rossi Albertini, lo scorso maggio, ha salutato […]
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La “vendetta” contro Cospito: gli negano anche i libri
Ad Alfredo Cospito, l’anarchico detenuto al 41bis, è stato vietato l’acquisto dei vangeli apocrifi e di libri di fisica e fantascienza. Per la direzione del carcere di Sassari. dov’è recluso, i libri sono pericolosi. di Frank Cimini da l’Unità Nel caso specifico parliamo di un testo sui vangeli apocrifi, uno di fisica quantistica e due di fantascienza. La direzione del carcere di Sassari Bancali ne ha vietato l’acquisto all’anarchico Alfredo Cospito adducendo un parere negativo dell’autorità giudiziaria che non vi sarebbe stato secondo i difensori, i quali hanno presentato ricorso. Sarà celebrata un’udienza per stabilire se Cospito può avere quei libri perché evidentemente la giustizia ha tempo da perdere. “Nell’ultimo mese – spiega l’avvocato Flavio Rossi Albertini – a Cospito era stato negato pure l’acquisto di un Cd musicale. Era stato negato l’accesso alla biblioteca del carcere che non aveva neppure provveduto a ritirare tempestivamente un pacco inviatogli dalla sorella, determinandone il rinvio al mittente”. In relazione all’accesso alla biblioteca la direzione della prigione spiegava che il “disguido” era stato generato da problemi organizzativi interni e che sarebbe stato emesso apposito ordine di servizio. Le condizioni di detenzione dì Cospito ristretto al 41bis sono peggiorate non proprio per caso dopo la condanna in primo grado per rivelazione del segreto d’ufficio del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove per la vicenda delle intercettazioni ambientali divulgate in Parlamento, delle conversazioni tra Alfredo e gli altri reclusi che all’epoca facevano parte del “gruppo di socialità”. Altre “coincidenze” che viene da pensare possano avere il loro peso in questa vicenda sono le dimissioni alla fine del dicembre scorso del direttore del Dap, Giovanni Russo, che aveva testimoniato non proprio a favore di Delmastro nel processo a suo carico, e ancora, il ritorno al comando della sezione 41bis di Bancali del graduato del gruppo operativo mobile che era stato trasferito proprio per il suo coinvolgimento nella faccenda delle intercettazioni. Alfredo Cospito sta continuando a pagare sulla propria pelle il lunghissimo sciopero della fame per protestare contro il 41bis non solo e non tanto per sé ma per gli altri 700 detenuti ai quali viene applicato. Le simpatie suscitate dal digiuno avevano messo in imbarazzo il sistema che da allora si sta vendicando. Era stato considerato una sorta di sciopero della fame “a scopo di terrorismo”. La storia dei libri negati è solo l’ultimo episodio di una lunga serie. Negare la possibilità di leggere rappresenta una tortura ulteriore. Libri pericolosi. Negli anni ‘70 un bambino spiegava l’arresto del padre “terrorista” dicendo: “Aveva troppi libri in casa”.     > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp  
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La Cedu condanna l’Italia sul 41 bis
La Cedu condanna l’Italia per la detenzione in regime di 41bis di un detenuto affetto da demenza. Penalisti contro la circolare punitiva per l’Alta sicurezza e la censura ai detenuti redattori di Eleonora Martini da il manifesto Mentre arriva l’ennesima condanna all’Italia da parte della Corte europea dei diritti umani, questa volta riguardo un detenuto affetto da demenza sottoposto al 41 bis, e mentre scoppia la polemica su una circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che impone un giro di vite per i detenuti dell’Alta Sicurezza, Carlo Nordio annuncia l’«imminente» sblocco dell’empasse istituzionale che da quattro mesi congela al vertice della gestione penitenziaria la facente funzione Lina Di Domenico, figura particolarmente vicina ad Andrea Delmastro Delle Vedove. Rispondendo al question time in Senato, il Guardasigilli ha puntualizzato però che «spetta al ministro proporre al Consiglio dei ministri la nomina del capo del Dap, non certamente al sottosegretario». Mentre sul sovraffollamento è riuscito ad affermare che non è colpa della «bulimia legislativa» del governo «ma di chi commette reati e della magistratura che li mette in prigione». Nordio in ogni caso ha difeso la prima magistrata donna arrivata a capo del Dipartimento di Largo Daga: «Ha fatto un lavoro che dimostra una sua attenzione eccezionale», ha detto il ministro ricordando, tra le altre cose, «il gruppo di lavoro multidisciplinare» da lei creato «per la prevenzione degli eventi suicidari delle persone detenute». Che però non ha impedito il suicidio in carcere e nelle Rems già di ben 28 detenuti dall’inizio dell’anno, mentre si contano 88 decessi totali dietro le sbarre. Un numero che è «il segno più eclatante del malessere che alberga negli istituti penitenziari», segnala l’Unione delle camere penali che evidenzia come in questo contesto il Dap consideri invece prioritario emanare «una circolare-manifesto» che impartisce regole di vita più dure per i detenuti dell’Alta Sicurezza e una più «rigorosa applicazione del regime di “custodia chiusa”». Una circolare, insiste l’Ucpi, datata 27 febbraio ma «disponibile da poco tempo», e giustificata da «non meglio precisate “relazioni di servizio”, anonime “proteste” e “lamentele”» che segnalerebbero, secondo il Dap, «modalità organizzative disallineate rispetto alle circolari in vigore» e non aderenti «alle imprescindibili e primarie esigenze di sicurezza penitenziaria». Gli avvocati penalisti si scagliano anche contro la «cortina di silenzio che il Dap ha fatto scendere sulla situazione nelle carceri, al punto di vietare la pubblicazione, in alcuni istituti, di giornali animati dai detenuti o di silenziarne la voce, impedendo, in altri, che gli articoli di stampa sul carcere vengano sottoscritti con il nome e cognome degli autori». Un problema, questo, che è stato denunciato dal direttore del trimestrale Voci dentro Francesco Lo Piccolo e dal coordinamento dei giornali delle carceri che riferiscono anche l’«imposizione da parte del Dap di argomenti ammessi alla pubblicazione con la precisa esclusione di altri temi ritenuti non idonei» e «la lettura preventiva degli articoli o dell’intero giornale da parte delle direzioni». In questo quadro inquietante  cala la condanna emessa ieri dalla Cedu nei confronti dell’Italia per aver continuato a tenere recluso in regime di 41 bis un novantenne capo mafioso, Giuseppe Morabito, dal 2014 detenuto nel carcere milanese di Opera, «nonostante il suo progressivo deterioramento cognitivo» e le tante patologie di cui è affetto. Il Governo non ha convinto la Corte di Strasburgo della necessità di applicare in questo specifico caso il regime detentivo finalizzato a recidere ogni possibile contatto con gli altri membri delle organizzazioni criminali di appartenenza. I giudici infatti, puntualizza la sentenza firmata dalla presidente Ivana Jelic, non vedono «come una persona affetta da un indiscusso declino cognitivo – e addirittura diagnosticata con il morbo di Alzheimer – e incapace di comprendere la propria condotta o di seguire un’udienza giudiziaria, possa allo stesso tempo conservare una capacità sufficiente per mantenere o riprendere – in un’età così avanzata, dopo quasi vent’anni trascorsi in un regime particolarmente restrittivo – contatti significativi con un’organizzazione criminale». La Cedu ha invece rigettato il ricorso presentato dall’avvocata Giovanna Beatrice Araniti in difesa di Morabito riguardo l’incompatibilità dell’uomo con la detenzione. Ma ha comunque stabilito che la constatazione della violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani – che proibisce di sottoporre chiunque a trattamenti inumani e degradanti – «costituisce di per sé un’equa soddisfazione, sufficiente per il danno morale subito» dall’anziano detenuto. L’avvocata si augura che la sentenza di Strasburgo pesi ora sul ricorso presentato da Morabito in Cassazione per ottenere la sospensione del cosiddetto regime di “carcere duro” che subisce come fosse una pena aggiuntiva. > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
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La Consulta: «Almeno quattro ore d’aria per i reclusi al 41bis»
La consulta ritiene illegittima la norma che dimezza il diritto dei detenuti: «Non aumenta la sicurezza». Altri due suicidi in meno di 48 ore di Eleonora Martini da il manifesto Non lasciarli respirare è incostituzionale. Se per il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro togliere idealmente l’aria ai detenuti in regime di 41 bis è «un’intima gioia», come dichiarò qualche tempo fa presentando la nuova auto blindata adibita al trasporto di questo tipo di reclusi, per la Corte costituzionale è invece «illegittimo» concedere loro meno di quattro ore al giorno di permanenza all’aria aperta. La Consulta lo ha stabilito con la sentenza numero 30 depositata ieri tramite la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 41bis, comma 2-quater, dell’Ordinamento penitenziario. Pur senza porre «in alcun modo in discussione l’impianto complessivo del regime speciale». Una modalità di detenzione chiamata comunemente, non a caso, di “carcere duro”. LA NORMA CENSURATA dai giudici costituzionali prevedeva «una durata non superiore a due ore al giorno», limite stabilito «in seguito al dimezzamento operato dalla legge 94 del 2009». A sollevare le questioni di legittimità costituzionale era stato il Tribunale di Sorveglianza di Sassari al quale si era rivolto G.B., un detenuto al 41 bis nel locale carcere di Bancali dove gli venivano concesse soltanto due ore d’aria al giorno, mentre l’uomo chiedeva di goderne almeno quattro, come previsto per i detenuti in regime ordinario (articolo10 ord. pen.) e come stabilito nel trattamento di «miglior favore» introdotto dalla riforma del 2018. Il magistrato di sorveglianza di Sassari aveva rifiutato la richiesta e così il Tribunale si è rivolto alla Consulta. Ora, considerando che nel «regime differenziato» del 41 bis il detenuto trascorre le ore d’aria in «un gruppo di persone molto ristretto (non più di quattro, e quindi anche tre o due), opportunamente selezionato dall’amministrazione penitenziaria», la Corte ha ritenuto che il limite massimo di due ore al giorno (a meno di «giustificati motivi» o nel caso di reclusi sottoposti «a sorveglianza particolare») nulla ha a che fare con la finalità rieducativa della pena, né con la necessità di impedire i contatti del carcerato con le organizzazioni criminali di affiliazione. UNA NORMA da censurare, dunque, perché «mentre comprime, in misura ben maggiore del regime ordinario, la possibilità per i detenuti di fruire di luce naturale e di aria, nulla fa guadagnare alla collettività in termini di sicurezza, alla quale viceversa provvede, e deve provvedere, l’accurata selezione del gruppo di socialità, unitamente all’adozione di misure che escludano la possibilità di contatti tra diversi gruppi di socialità». Invece, si legge nella sentenza firmata dai giudici Amoroso e Petitti, «beneficiare di aria e luce all’aperto contribuisce a delineare una condizione di vita penitenziaria che, non solo oggettivamente, ma anche e soprattutto nella percezione dei detenuti, possa essere ritenuta più rispondente al senso di umanità, in conformità alle specifiche raccomandazioni espresse sul punto dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (Cpt)». > La norma censurata nulla fa guadagnare alla collettività in termini di > sicurezza, alla quale viceversa provvede, e deve provvedere, l’accurata > selezione del gruppo di socialità D’ALTRONDE che le condizioni di vita nel carcere di Bancali abbiano superato i limiti della tollerabilità, lo testimonia anche la Garante dei detenuti della Sardegna Irene Testa che visitando ieri la Casa circondariale di Sassari ha trovato «un ragazzo di 20 anni che non mangia dal 14 febbraio e ha perso oltre 15 kg». Non solo: «In una sezione con 16 celle sono presenti 55 detenuti, la maggior parte stipati in quattro per cella. I soffitti sono umidi, le pareti scrostate, le stanze in condizioni igieniche precarie, a volte senza termosifoni o porte nei bagni. Urla continue. Detenuti psichiatrici che parlano da soli, che gridano o che gettano acqua, cibo e detersivo nei corridoi. Tanti stranieri hanno chiesto di poter avere vestiti e scarpe». VA DETTO che non va meglio negli altri istituti penitenziari d’Italia. E nelle ultime 48 ore in particolare a Montorio, Verona, dove in meno di due giorni due detenuti si sono tolti la vita. Portando a 19 il numero dei suicidi in cella dall’inizio dell’anno. Un tema, questo, sul quale l’opposizione ha chiesto ieri al ministro Nordio un’informativa al Senato. Mentre la seduta straordinaria per parlare delle carceri a 360 gradi richiesta dagli stessi partiti del centro sinistra si terrà domani, alla Camera. Sperando che la discussione porti consiglio. > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
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41 bis, ergastolo ostativo e delirio politico
Il carcere è un’istituzione totale prodotto di una società basata sul dominio e sullo sfruttamento. Lungi dall’essere una soluzione ai problemi sociali, rappresenta una delle tante facce della violenza degli stati. di Eugenio Losco da Umanità Nova Gennaio 2023. Con uno sciopero della fame a oltranza, l’anarchico Cospito sta costringendo tutto il paese a interrogarsi sulla legittimità del 41 bis, il regime di carcere durissimo cui è sottoposto. La determinazione dell’anarchico sta facendo emergere il tema del rispetto dei diritti umani dei detenuti in genere, e di quelli sottoposti a regimi detentivi differenziati, uno dei grandi rimossi del dibattito pubblico italiano. Il governo più a destra della storia della repubblica, insediato solo pochi mesi prima, è in difficoltà. Ma il deputato meloniano Donzelli crede di avere in mano la carta vincente per cambiare la narrazione: ha la prova che Cospito ha parlato con un condannato per mafia, ricevendone solidarietà. Coincidenza, succedeva nello stesso giorno in cui alcuni parlamentari della sinistra (non invitati) si recavano in visita all’anarchico. Risulta da un rapporto della Polizia Penitenziaria, che ha registrato la conversazione. Apriti cielo. Il 31 gennaio, il deputato Donzelli, con ostentato sdegno, svela il contenuto del rapporto alla Camera: “Questa sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia?”. A tanto è ridotto il livello del dibattito parlamentare. Parole che non meriterebbero neppure replica non fosse che, senza volere assumere la difesa d’ufficio dei parlamentari accusati, offrono un’occasione per ricordare cosa significa essere sottoposti al 41 bis. Censura totale della corrispondenza; limitazione dei colloqui con i familiari, che avvengono con un vetro divisorio; accesso limitato ai mezzi di informazione, scelti arbitrariamente dall’amministrazione penitenziaria; assurdi divieti alimentari. Si sta chiusi in isolamento per ventidue ore al giorno e l’ora d’aria si svolge in piccoli cortili sotto stretta sorveglianza; al detenuto è concessa la possibilità di incontrarsi con al massimo altri tre detenuti, ovviamente sottoposti allo stesso regime e scelti dall’amministrazione. E arriviamo al presunto scandalo sbandierato dal deputato di Fratelli d’Italia. L’anarchico parlava con un condannato per mafia e ne riceveva la solidarietà. E che scandalo sarebbe? Se Cospito parlava con un condannato per mafia è perché, letteralmente, era l’unica persona umana con cui l’amministrazione penitenziaria gli avesse consentito di farlo. I detenuti sottoposti alla tortura del 41 bis in Italia sono circa 700; tutti (tranne Cospito e i BR-NCC Lioce, Mezzasalma e Morandi) sono condannati per mafia. Con chi mai avrebbe Cospito potuto confrontarsi se non con altri detenuti sottoposti al 41 bis? Da chi mai avrebbe potuto ricevere solidarietà per una battaglia in nome dell’uguaglianza nella lotta se non da altri, sottoposti allo stesso regime? Per aver divulgato il contenuto della relazione al deputato e compagno di partito (nonché, sembra, coinquilino) è stato adesso condannato in primo grado a 8 mesi di reclusione Andrea Delmastro, sottosegretario alla giustizia del governo Meloni. Secondo la Procura, che aveva chiesto per l’imputato l’assoluzione per difetto dell’elemento soggettivo, Delmastro non sapeva, quando le ha divulgate, che fossero notizie segrete. Diversa la valutazione del Tribunale. Senza entrare troppo nel merito, così, anche a occhio, il contenuto di una conversazione tra detenuti al 41 bis, è una cosa un po’ riservata: difficile (o grave) che un sottosegretario alla giustizia, che è anche avvocato, lo potesse ignorare. Quel che resta, alla fine di questa storia, è la determinazione di Cospito nel portare avanti anche a rischio della propria vita la battaglia contro le condizioni detentive cui sono sottoposti i detenuti al 41 bis e forse, il modo migliore per ricordarla lo ha offerto proprio il deputato Donzelli, svelando al Parlamento le sue parole: “Deve essere una lotta contro il regime 41 bis e contro l’ergastolo ostativo: non deve essere una lotta solo per me. Per me noi al 41 bis siamo tutti uguali”. > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
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Il progetti del governo: carcere sempre più duro
In politica le parole sono piume. Ma quando si tratta di galera diventano ceppi. «Il 41bis e l’ergastolo ostativo sono imprescindibili. Sul carcere duro non si arretra di un millimetro» annuncia  la premier Meloni di Andrea Colombo da il manifesto In politica le parole sono piume. Ma quando si tratta di galera diventano ceppi. «Il 41bis e l’ergastolo ostativo sono imprescindibili» salmodiava un paio di giorni fa la premier Meloni. «Sul carcere duro non si arretra di un millimetro», s’infervorava il ministro-ombra della Giustizia Andrea Delmastro, quello che se la gode quando i detenuti restano senza aria da respirare e se ne vanta pure. Detto fatto. La commissione antimafia ha iniziato a darsi da fare per irrigidire il carcere duro. Già così la Francia ce lo invidia e s’industria di imitarlo. Figurarsi quando sarà durissimo: il vanto della Nazione. La scusa, pardon l’occasione, è la maxiretata di Palermo: 181 arresti e la prova provata che dal carcere arrivavano chiamate con i cellulari criptati. Non da galeotti in 41bis, per la verità. Ad adoperare i telefoni entrati di contrabbando in cella erano i dannati del girone infernale appena inferiore, il regime d’alta sicurezza: non proprio una tortura (certificata dalla Corte europea per i diritti dell’uomo) come il 41bis ma pur sempre roba forte. Il salto logico per cui per una falla nell’alta sicurezza si stringono le maglie già soffocanti del carcere duro sfugge ma tant’è. Di fronte alle parole mafia e terrorismo nessuno si formalizzerà. Il guaio è che c’è di mezzo la Corte costituzionale. Nel 2021 la Consulta aveva ordinato di modificare entro un anno l’ergastolo ostativo, art. 4 bis, considerandolo incostituzionale. Era stato necessario sfornare in tutta fretta, nel 2022, una legge che eliminasse «il divieto di concessione dei benefici penitenziari» ai detenuti che non collaborano con la giustizia, cioè che non denunciano qualcuno per provare l’avvenuta redenzione. Paletti e limitazioni di ogni tipo hanno per la verità reso la modifica imposta dalla Corte costituzionale più formale che reale. I 738 carcerati attualmente in regime di massima restrizione continuano in linea di massima ad avere sempre la stessa chiave per aprire la cella. Ma alla maggioranza quello spiraglio di civiltà è sembrato da subito una resa, un cedimento, uno spalancar le porte ai cosiddetti boss e si sa che se uno finisce in quel regime penitenziario è boss per definizione anche se non ha mai dato un ordine in vita sua e persino se, essendo in attesa di giudizio, è dubbio che ne abbia anche solo ricevuti. Ora che la retata regala un alibi il primo obiettivo sarebbe appunto rimangiarsi quella vergogna tornando ai fasti di Guantanamo, oooppssss del 4 bis: chi non parla non esce e poche storie. Certo ci vorrà una certa perizia per aggirare una sentenza della Corte ma qualcosa le teste d’uovo capitanate da Chiara Colosimo, la Sorella che presiede l’Antimafia, cercheranno di inventarsela. Senza fermarsi a questo, ci mancherebbe. Per «attuare un taglio netto e radicale del cordone ombelicale tra detenuti e famiglie criminali di riferimento», secondo la fiorita prosa della presidente Colosimo, e soprattutto «per evitare pericolose derive interpretative», cioè per evitare che la legge imposta dalla Consulta venga applicata anche solo per caso ed eccezione, non ci sarà limite alla fantasia perversa del legislatore. Non che la destra al governo di fantasia ne abbia per la verità molta. Qualsiasi sia il nodo da sciogliere la formula è sempre la stessa: più galera, a meno che naturalmente non si tratti di torturatori libici. La differenza sta nel fatto che su tutto il resto l’opposizione qualcosa da pigolare ce l’ha. Quando si arriva al 41 bis e all’ergastolo ostativo invece l’accordo è generale, l’intesa perfetta. Non è bello sapere che qualcosa che unisce la nazione in fondo c’è? > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp
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Il grido di Alfredo Cospito: “Il vostro diritto è barbarie medievale”
Inchiesta Sibilla, assolto Alfredo Cospito. Ovviamente non sapremo mai i costi di questa inchiesta perché sul tema vige una sorta di segreto di Stato. In nome della sacra lotta al terrorismo, pure in tempo di repressione senza sovversione, procure e apparati investigativi fanno quello che vogliono e legittimano le barbarie del 41bis di Frank Cimini da L’Unità Alfredo Cospito è stato assolto insieme ad altri 11 anarchici dal giudice per le indagini preliminari di Perugia in relazione alle attività della rivista Vetriolo considerata “clandestina” con imputazioni di istigazione a delinquere e istigazione all’evasione aggravate dalla finalità di terrorismo. Ma prima di essere assolto Cospito aveva preso la parola da remoto nel carcere di Sassari Bancali “per ringraziare” la celebrazione dell’udienza. “Mi tocca ringraziarvi – sono state le sue parole. Dopo un anno di silenzio grazie al vostro imbarazzante e anacronistico procedimento penale mi è concesso di esprimere il mio pensiero pubblicamente anche se per il breve tempo di un battito d’ali oggi posso strapparmi il bavaglio, la mordacchia medioevale di un 41bis che un governo di centrosinistra anni fa mi ha applicato per mettere a tacere la mia voce scomoda per quanto minoritaria e ininfluente ma certo nemica di questa vostra democrazia. Questi due anni di regime speciale mi hanno definitivamente aperto gli occhi sul vero volto del vostro diritto, delle vostre garanzie costituzionali rivelando un sistema criminogeno fatto di totalitarismo osceno quanto crudo e assassino”. Il procedimento denominato “Sibilla” era nato nel 2021. Anni di intercettazioni e pedinamenti, 22mila atti. Il gup ha deciso il non a luogo a procedere. Ovviamente non sapremo mai i costi di questa inchiesta perché sul tema vige una sorta di segreto di Stato. In nome della sacra lotta al terrorismo, pure in tempo di repressione senza sovversione, procure e apparati investigativi fanno quello che vogliono. Incontrollati e incontrollabili. “In questa aula – ha aggiunto Cospito dal carcere di Sassari Bancali – stiamo subendo un processo inquisitoriale basato su una intervista rilasciata con regolare posta carceraria e non come vuol far credere l’accusa attraverso il colloquio con mia sorella trascinata in aula per il solo fatto di continuare imperterrita a fare colloqui con il fratello. Classica strategia di tutti i regimi autoritari nel mondo, usata regolarmente al 41bis per fare terreno bruciato di ogni legame affettivo con l’esterno”. Alfredo Cospito, protagonista di un lunghissimo sciopero della fame nel 2023 per ricordare a tutti la tortura del 41bis che riguarda oltre 700 detenuti non demorde e continua a denunciare “una concezione del diritto degna della vostra epoca. Questa è la lebbra che chiamate civiltà”. Intanto in diversi tribunali del paese sono in corso inchieste a carico di persone che parteciparono ai cortei e alle manifestazioni di solidarietà a Cospito, uno dei pochi punti di riferimento di una opposizione che fa fatica a realizzarsi. > Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi > sostenerci donando il tuo 5×1000  > > News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp  
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