Una ragazza detenuta decide di smettere con la scuola. Si apre uno squarcio
sulle relazioni all’interno del carcere. Nel caso, della sezione femminile, dove
nulla può essere fatto alla luce del sole. Il controllo è totale: oltre alla
polizia, il gruppo dei pari è onnipresente. Tutto è difficile, anche gestire le
emozioni, i rifiuti, gli abbandoni.
di Tazio Brusasco da Volere la Luna
Il carcere è, per la “società libera” un’isola sconosciuta: per disinteresse,
per mancanza di informazioni da parte dei media, perché è una “istituzione
totale” per eccellenza, priva di contatti con l’esterno. E poi perché, per i
più, i suoi ospiti – i detenuti e le detenute – non meritano alcuna attenzione e
anzi, dopo il loro ingresso in carcere, si dovrebbe semplicemente “buttare la
chiave”. Neanche l’ormai interminabile sequenza di suicidi e di atti di
autolesionismo basta a rompere l’isolamento di una realtà che accoglie e
rinchiude, ogni giorno, 62.000 persone, in gran parte senza diritti e senza
speranza. Per contribuire a uno sguardo diverso e alla considerazione del
carcere come un “pezzo” della società ospitiamo (e lo faremo periodicamente) le
noterelle di un insegnate in un istituto penitenziario del Paese, non importa
quale. Sono affreschi di vita quotidiana finalizzati a restituire dignità e
umanità a una condizione che spesso non ce l’ha (la redazione).
– Ragazze, dov’è Silvia (*nome di fantasia)? Come mai non è venuta a lezione?
– È qualche giorno che non viene, prof. Dice che si ritira.
– Scherzate?
– …
– Ma perché?!? Ho preso io la sua iscrizione poche settimane fa, era
convintissima di venire a scuola. Poi è giovane, brava, l’avete visto. Vorrei
almeno che mi spiegasse.
– Non sappiamo perché. Prova a parlarle.
Prova a parlarle. Un invito che qui è un messaggio chiaro. Per la mia
esperienza, se davvero l’allieva non volesse più venire a scuola, le compagne
direbbero semplicemente: non vuole più venire! e mostrerebbero una sostanziale
indifferenza. Invece stavolta anche loro sono pensierose e quella mezza frase va
colta al volo perché, evidentemente, non può essere resa più esplicitamente.
Parlare degli altri qui può costare.
Non perdo tempo. Esco dall’aula e chiedo all’assistente (cioè al personale di
polizia penitenziaria addetto al controllo dei piani e delle sezioni) di
chiamarla. Lei telefona alla collega del piano ov’è reclusa, ne comunica il nome
e chiede di farla venire a scuola.
Ringrazio, torno in classe e aspetto. Non si presenta. Continuo a fare lezione,
ma credo traspaia che sono teso. Anche le ragazze scrivono, ma si guardano tra
loro. Sto, stiamo aspettando a vuoto.
Dopo qualche minuto torno alla carica, l’assistente, gentile, telefona
nuovamente al piano e questa volta la vedo comparire. Quando mi si avvicina
atteggio il volto a gravità. Lei ha gli occhi bassi, ma alza lo sguardo e
accenna un sorriso. Ecco la porta: abbandono l’espressione seria e sorrido anche
io, serve certamente di più.
– Allora?
– Non vengo più, prof.
– Perché? Cos’è successo?
– Non posso.
– Perché?
Riabbassa gli occhi e scuote il capo. Insisto, ci metto quasi due minuti a
vincerne la reticenza, ma ogni secondo che passa mi convinco che vuole parlare.
Alla fine, tra allusioni e mezze frasi, spiega che una compagna di sezione è
invidiosa del fatto che vada a scuola. Ci metto un altro po’ (homo sum) e
capisco che non è invidia: è gelosia.
Partita delicata. La reclusione soffoca l’affetto, non il bisogno di sentirsi
amati. Qui però nulla può essere fatto alla luce del sole, il controllo è
totale: oltre alla polizia, il gruppo dei pari è onnipresente. Tutto è più
difficile e molte persone hanno problemi a gestire le emozioni, soprattutto i
rifiuti e gli abbandoni. Così, fisiologicamente, anzi, sociologicamente, tra
queste mura spesso amore e possesso si confondono, la protezione diventa
controllo. Come fuori, in queste vicende tutti soffrono, il più debole paga.
Ma questa volta posso intervenire, provare a modificare almeno alcuni aspetti
della storia. Le spiego l’ovvio: chi ama non soffoca. Le propongo di invitare
anche la sua compagna a lezione, scuote il capo, niente da fare. Però sento che
ha bisogno delle mie parole un po’ retoriche. Mi fissa, annuisce, sorride. È un
travaso di risorse, la condivisione momentanea tra chi ha avuto la fortuna di
un’educazione e chi no. Quando le dico che la voglio a scuola e non intendo
mollarla s’illumina e ha un piccolo fremito, mi ringrazia e per un attimo mi
sento il padre che non ha avuto.
Non so se da domani verrà. Ma so che nel caso, con le mie colleghe, andrò a
cercarla.
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Tag - Lettere dal carcere
Lettera di Anan dal carcere di Terni. E’ stata scritta il 24 settembre, ma solo
oggi ha avuto l’ok del suo avvocato a divulgarla. Il 10 novembre si terrà un
presidio sotto il carcere di Terni, dalle 14 alle 18
A tutti i palestinesi in questo mondo. Su ogni terra e sotto ogni cielo, lì in
Cisgiordania della resistenza, lì a Gaza dell’orgoglio, lì all’interno dei
territori occupati, e lì nei campi profughi e nella diaspora. A voi, che avete
messo la pazienza a dura prova e la dignità si inchina davanti a voi, vi dico:
non rattristatevi e non disperate, perché per Dio, dopo la difficoltà arriva il
sollievo e dopo la pazienza arriva la vittoria. E sappiate tutti che ogni
palestinese in questo mondo è un resistente. Il resistente non è solo colui che
impugna un’arma, ma tu sei un resistente se respiri, sei un resistente se
dipingi, sei un resistente se scrivi, sei un resistente se sogni. Basta essere
palestinese per essere un resistente.
Non pensate che questo governo terroristico guidato da Benjamin Netanyahu e dal
nazista Ben Gvir uccida solo i resistenti palestinesi che impugnano le armi! Ma
uccidono anche neonati, anziani, donne e bambini, persino gli alberi e le pietre
non sfuggono alla loro barbarie.
Vogliono eliminare il popolo palestinese perché sanno che voi siete gli unici
liberi in questo mondo schiavizzato, ma si sbagliano. Non finiamo mai: se uno di
noi muore, ne nascono altri dieci al suo posto, e tutti noi siamo resistenza.
Escono sui loro canali e nei loro media falsi per mostrare il resistente
palestinese come un terrorista e per far apparire la resistenza come terrorismo.
Giuro su Dio, vi siete sbagliati e avete fallito. Noi vi diciamo che le donne
del mondo non sono più capaci di dare alla luce qualcuno come il resistente
palestinese, colui che sacrifica la sua giovinezza e la sua vita per la sua
patria e il suo popolo. Colui che non teme la morte né la prigione, cammina a
testa alta, con i piedi sulla terra e la testa nel cielo, fiero come le
montagne, con gli occhi fissi su Al-Aqsa. E quando se ne va, se ne va con
coraggio, mai in fuga.
Il palestinese che lesina la sua anima e il suo sangue per la Palestina non ha
diritto di essere chiamato palestinese e non ha diritto di essere sepolto nella
sua terra, intrisa del sangue dei martiri. La terra lo rifiuterà, non troverà né
calore né conforto, né in vita né dopo la morte.
Il terrorismo organizzato israeliano, sconfitto nella sua battaglia a Gaza e in
Cisgiordania, si sposta ora verso il Libano. Sebbene abbia causato morte,
distruzione e lo sfollamento di migliaia di persone, resta sconfitto di fronte
alla determinazione invincibile di un popolo che non si piega. Il suo obiettivo
successivo sarà probabilmente la Siria, la Giordania, l’Iraq e lo Yemen, nel
tentativo di realizzare il sogno illusorio di uno Stato più grande. Tuttavia,
con l’aiuto di Dio, questo segnerà l’inizio della fine per questo regime
occupante.
Dove siete, leader del mondo arabo? Dove sono i comandanti degli eserciti che
ogni anno si vantano della forza dei loro uomini, dei loro mezzi e dei loro
aerei? Se solo avessimo un quarto delle risorse che possedete, non avremmo
liberato solo la Palestina, ma l’intero mondo. Ma dove siete? Non vi chiedo in
nome della vostra religione, perché sembra non esserci più. Ma è forse scomparso
anche l’orgoglio e l’onore che un tempo contraddistingueva i vostri antenati?
C’è qualcosa che riesce ancora a scuotervi?
Giuro che tutti voi sarete interrogati riguardo al sangue versato in Palestina e
sui bambini uccisi, in un giorno in cui non potrete sfuggire alle domande. Non
piango per coloro che ci hanno preceduto nel martirio, poiché hanno ottenuto una
vittoria straordinaria, hanno creduto in Dio e mantenuto le loro promesse.
Preghiamo Dio di riunirci a loro nel Paradiso e che li onori nell’aldilà come ci
hanno onorato nella vita.
Chiediamo a Dio di elevare il loro rango nell’aldilà, come hanno elevato il
nostro nella vita, poiché sono i veri custodi della dignità e del sacrificio.
Sono loro che hanno illuminato il cammino dopo un lungo periodo di oscurità.
Preghiamo Dio per la libertà dei nostri valorosi prigionieri nelle carceri
dell’occupazione israeliana, per la guarigione dei feriti, e che conceda
pazienza e conforto ai cuori della nostra gente in Palestina e Libano. Un saluto
a quelle mani che stringono il grilletto nonostante tutte le sofferenze e le
sfide. E vergogna a coloro che osservano senza agire, privi di pietà e umanità
verso la Palestina e i suoi bambini. Che tutte le donne della terra piangano se
le donne di Palestina non possono gioire.
Un saluto e un grande rispetto agli uomini e alle donne liberi del mondo, in
particolare al popolo italiano, che sfida tutte le difficoltà e rompe il
silenzio per far sentire al mondo la voce della libertà e degli oppressi, dando
lezioni di umanità e dicendo al tiranno ‘basta’.
Come non farlo, quando voi stessi avete resistito per anni all’occupazione
nazista e fascista su questa terra?
Un omaggio di grande rispetto alla voce della verità e al faro della giustizia,
Al Jazeera, che è sempre stata la voce dei popoli e a sostegno degli oppressi,
senza temere il giudizio di chi critica. Che Dio vi sostenga come voce per la
Palestina e la resistenza.
“Viva la Palestina libera e araba!
Viva la Palestina, la sua terra e il suo popolo!
Viva la resistenza, che Dio la sostenga!
Gloria e immortalità ai nostri martiri nobili!
Libertà per i prigionieri della libertà!
Una pronta guarigione ai nostri valorosi feriti!
O popolo palestinese, non dico altro che ciò che ha detto Allah, l’Onnipotente
nel Sacro Corano: 104.( Non scoraggiatevi nell’inseguimento di questa gente; se
voi soffrite, anche loro soffrono come voi, ma voi sperate da Allah ciò che essi
non sperano. Allah è saggio, sapiente.)
Anan Kamal Yaeesh
C.C Terni-Italia
24/09/2024
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Le detenute del carcere di Torino hanno iniziato uno sciopero della dame a
staffetta. A comunicarlo è Nicoletta Dosio che ha ricevuto la lettera. A fronte
del crescente sovraffollamento e di tutti gli eventi critici riguardanti gli
istituti di pena, e viste le inefficaci misure adottate fino ad oggi da parte
delle istituzioni competenti in […]
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Lettera dal carcere di Maysoon Majidi, l’attivista curdo-iraniana accusata di
essere una scafista racconta il suo viaggio verso l’Italia: dalle persecuzioni
del regime all’arresto Mi chiamo Maysoon Majidi, sono nata il 29 luglio del
1996. Questa è la mia voce! Sono laureata in teatro e ho un diploma magistrale,
sono attivista politica e membra dell’organizzazione […]
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Il 15 agosto, giorno di ferragosto, in molte carceri italiane ci sono state
protesta per denunciare ilsovraffollamento, le condizioni inumane di detenzione
inflitte a chi sta recluso. le sonore battiture alle inferriate hanno scandito
più forti che mai gli slogan: libertà, libertà!. Nicoletta Dosio. Essendo com’è
noto in stato di “detenzione domiciliare” dal 1 giugno, […]
L'articolo Il carcere che diventa tortura. Lettera di Nicoletta Dosio dai
domiciliari sembra essere il primo su Osservatorio Repressione.
Lettera di Luigi Spera dal carcere di Alessandria. In occasione della
manifestazione che si terrà a Messina contro il ponte sullo Stretto,
pubblichiamo la lettera inviata da Luigi ai compagne/i di Antudo in cui
condivide con le sue riflessioni su guerra, repressione e mobilitazione no
ponte. da antudo.info Ciao a tutte e tutti, vi scrivo […]
L'articolo Siano i territori a dettare l’agenda politica delle istituzioni
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Il messaggio di Nicoletta Dosio dai domiciliari Giovedì 8 agosto. I rintocchi
del mezzogiorno giungono di lontano sulle ali del vento che in Valle non manca
mai, neppure nell’afa pesante della canicola. Nonostante il brevissimo
preavviso, le donne e gli uomini del movimento NO TAV sono venuti a condividere
con me questa mezz’ora di solidarietà […]
L'articolo Io dal di là del cancello, ai domiciliari, vi porto il messaggio
delle “voci dentro” sembra essere il primo su Osservatorio Repressione.
Lettera di Ali dal carcere di Ferrara. Ali insieme a Anan e Mansour è uno dei
3 palestinesi arrestati all’Aquila perché accusati di sostenere la resistenza
palestinese In nome della Palestina e delle voci della libertà. In nome dei
discepoli di Mandela Saluto tutti i ragazzi che ci sostengono e sostengono la
causa palestinese, la […]
L'articolo Dal cimitero dei vivi sembra essere il primo su Osservatorio
Repressione.
Si è svolto ieri pomeriggio, domenica 14 luglio, un presidio all’esterno del
carcere di Alessandria in solidarietà a Luigi Spera, detenuto ormai da quasi 4
mesi. Tante le persone presenti, tra cui i partecipanti al campeggio di lotta No
Tav, che con le loro voci hanno voluto lanciare un messaggio chiaro contro la
guerra e le […]
L'articolo Messaggio di Luigi Spera dal carcere di Alessandria sembra essere il
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Lettera di Anan agli studenti dal carcere di Terni Ciao a tutt* coloro che
leggeranno questa lettera. A tutte le sorelle e i fratelli, tra gli student* in
Italia e ovunque nel mondo, che preferirei chiamare LA VOCE DELLA LIBERTA’. Dato
che voi siete realmente questa voce, siete tutt* come leoni, voi siete i veri
[…]
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raggiungeremo la libertà sembra essere il primo su Osservatorio Repressione.