Il ministro Piantedosi e la criminalizzazione della lotta per la casa

Osservatorio Repressione - Thursday, September 7, 2023

Il 10 agosto il ministro Piantedosi ha emanato una circolare che parla esplicitamente della difesa della proprietà privata dalle occupazioni abusive.  Un attacco frontale a tutte quelle realtà politiche che nel tempo hanno restituito a migliaia di persone un minimo di dignità e coscienza critica dell’esistente.

di Simone Pasquini

Viviamo un momento di grandi cambiamenti, sociali ed economici. La “coperta” è sempre più corta e il capitale per trovare nuove occasioni di valorizzazione deve liberare spazi di libero mercato. E lo fa in maniera sempre più dura e brutale per le masse. Basti pensare alle guerre che devastano i territori, sono occasioni ghiotte per chi dovrà gestire e finanziare la ricostruzione. l’Ucraina è l’esempio più eclatante: il fondo di investimento Black Rock ha già messo le mani sulle principali infrastrutture del paese. Si è proposto come finanziatore per la ricostruzione dei nodi viari e di distribuzione, tenendo il futuro governo del paese perennemente sotto debito. Paradossalmente, nell’epoca delle armi di distruzione di massa non serve più la bomba atomica per assoggettare le nazioni più deboli, basta la forza del mercato. Le guerre dispiegate, fatte con le armi sono solo uno degli aspetti che segnano questa crisi del modello produttivo come oggi lo conosciamo.

Nell’ambito sociale, le istituzioni stanno restringendo il più possibile i i diritti e le libertà che nel tempo furono costrette a concedere. Gli anni del boom sono finiti, i mercati “fertili” da conquistare pure. Il profitto di pochi non dipende più dal benessere ma dalla rendita estratta. La massima della DC “per rubare meglio bisogna almeno far star bene la gente” non basta più a chi muove i capitali. I mercati sono sempre più globalizzati e finanziari, slegati dalla domanda reale. Questo di pari passo comporta un aumento della repressione, delle misure di pena e delle restrizioni.
In questo contesto, il tema del diritto all’abitare è usato sempre più come il capro espiatorio per i mali di una società capitalista al tramonto. La lotta per la casa tocca uno dei punti cardine dell’economia italiana: il mattone. Da sempre bene rifugio per gli investitori, si è trasformato in un asset finanziario comune, da aggiungere alle liste di investimenti realizzabili. Per questo viene colpita e criminalizzata il più possibile ogni organizzazione in senso opposto.

Ad aggravare la situazione c’è la debolezza del sistema istituzionale davanti a una serie di cambiamenti che non può e non riesce a gestire. Cambiamenti che sono il frutto diretto e indiretto delle politiche di restringimento attuate dagli anni 70 a oggi. Il calo di fiducia delle persone, la conseguente affluenza a picco, la scarsa partecipazione alla vita pubblica e le mille forme di protagonismo autonomo delle persone, fanno si che lo stato non goda più neanche dell’appoggio di chi lo ha sempre finanziato e sostenuto. Da qui, nascono le crisi cicliche sempre più frequenti che dimostrano l’oramai sudditanza dei governi agli investitori. Nel nome dello spread e dei mercati cadono ministri ed esecutivi: Berlusconi docet.

Al loro posto nascono governi delle larghe intese, pronte a sostenere banchieri o attori esterni che hanno il compito di calmare gli investitori e attuare le politiche che riportino il paese sulla via più giusta per gli speculatori. I governi Monti e Draghi ne sono i due esempi più calzanti. Cade dunque la maschera del famoso “lo stato siamo noi”, sbugiardato da leggi sempre più antipopolari e a favore di banche, investitori internazionali, proprietà privata e governi amici. Si inserisce in questo panorama la circolare del Ministero dell’interno dello scorso 10 Agosto, emanata da uno dei Governi più reazionari e anti- popolari degli ultimi anni.  Un attacco frontale a tutte quelle realtà politiche che nel tempo hanno restituito a migliaia di persone un minimo di dignità e coscienza critica dell’esistente.

La circolare parla esplicitamente della difesa della proprietà privata dalle occupazioni abusive. Parla apertamente di degrado legato alla sicurezza. Lega in modo esplicito l’occupazione di un immobile, al mancato investimento del privato e della mancata rendita che ne poteva trarre. Arrivando a paventare risarcimenti con soldi pubblici ai palazzinari. Questo fa emergere come oramai le ondate repressive cicliche non siano più dovute al colore politico del governo nazionale, ma ai piani di investimenti che attori esterni propongono nel paese. Le istituzioni sono sempre più i cani da guardia dei grandi speculatori. Nel nostro caso i fondi del Pnnr e il rinnovato interesse per la rendita ricettiva hanno dato il via a un attacco su larga scala. Va creato il terreno fertile per chi vuole comprarsi pezzi di beni pubblici. Il tutto si muove su due livelli, ben esplicati nella Circolare del Ministro Piantedosi. Da un lato, colpire le occupazioni esistenti e criminalizzare a livello mediatico gli attori principali.

Questo si è tradotto nell’utilizzo della DDA per gli sgomberi ordinari, nell’utilizzo di elicotteri e mosse da film d’azione anche per i semplici sfratti e nell’uso sensazionalistico delle parole. Si fa leva sull’opinione pubblica affinché faccia da deterrente sociale e isoli i “terroristi” che occupano. Si tenta una terra bruciata intorno a coloro che ancora si oppongono alla speculazione edilizia e finanziaria delle città. Dall’altro lato si levano tutti i tipi di strumenti sostenitivi per famiglie e singoli.

A partire dal contributo affitto che il Governo Meloni ha tagliato appena insediato. Passando per il dirottamento dei fondi ERP alle nuove forme di collaborazione pubblico-privata che si concretizzano nel Social Housing. Una rivisitazione del famoso project financing. Il tutto con la scusa che lo Stato non ha soldi, regalando ai privati anche la costruzione delle future “case popolari”. In opposto si danno soluzioni puramente emergenziali e a scadenza, gestire in maggioranza da strutture di Caritas, cooperative e grandi privati. Si appalta la gestione della povertà, dando vita a un fruttuoso sistema di scatole cinesi che diventa un vero e proprio business al punto da rendere i poveri strumento indispensabile della rendita stessa. Un grande impulso arriva anche dalla fine della pandemia, che a livello immobiliare ha rivoluzionato e rivisto l’espansione stessa delle città. Molti uffici e interi quartieri direzionali sono stati riconvertiti tramite cambi di destinazione d’uso.

Il turismo e la rendita sono cresciute di pari passo al mercato immobiliare nazionale e internazionale. Paradossalmente dopo un periodo che ha messo a nudo le debolezze di un economia basata solo sulla rendita, gli investitori hanno scelto proprio quest’ultima, incoraggiati da una domanda influenzata da mesi di chiusure forzate. Quella che era una distorsione del mercato propria delle grandi metropoli, si è andata espandendosi anche nelle periferie e nei paesini fuori dalle circonvallazioni. Il tutto facendo leva su un rinnovato interesse per gli spostamenti, i viaggi e le case con spazi esterni più ampi e abitabili. Questo mette sotto scacco tutti quei palazzi che dopo anni di abbandono avevano restituito una casa a chi l’ha persa sul libero mercato. Il divario fra bisogno e necessità di mercato ha prodotto quella fascia che non si può più chiamare media né proletaria, ma sottoproletaria. Così nascono quartieri-dormitorio che spingono i residenti fuori dalle città. Questo in un circolo vizioso porta al fabbisogno di nuove case, nuovo cemento e nuove zone “degradate” da valorizzare con speculazione e rendita.

Questo è lo scenario presente e futuro in cui ci muoviamo. Un sistema che si auto-alimenta e che trae forza proprio dalla mancanza di un’alternativa reale e credibile anche a chi non frequenta in circuito militante della lotta per la casa.

Questo passaggio tocca a noi, ora e subito. Superando il solo bisogno e trasformando la necessità in coscienza di classe. Superare il concetto di “aiuto” e dando alle persone strumenti critici per poter sviluppare coscienza. Tocca noi trasformare le occupazioni da strumenti passivi a strumenti attivi. Tocca a noi non dare punti di riferimento e trovare nuovi metodi di lotta. Tocca a noi costruire una realtà diversa e concreta a quella che le istituzioni tentano di sostenere tutti i giorni. Tocca a noi essere meno settari e più aperti. Tocca a noi chiudere un occhio per aprire un portone, al costo di differenze, diffidenze e storiche inamicizie. Ora o mai più!

da Per un altra città

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