Moussa Balde. Processo al CPR

Anarres - Wednesday, February 12, 2025

Torino, 12 febbraio 2025. Oggi comincia a Torino il processo per la morte di Moussa Balde.
Moussa aveva 23 anni. Nella notte tra il 23 e il 24 maggio 2021, è morto nel CPR di Torino.
Il 9 maggio era a Ventimiglia, fuori da un supermercato dove cercava di racimolare qualche soldo. Tre uomini lo assalirono a calci, pugni e sprangate. Qualcuno fa un video: Moussa è a terra, rannicchiato mentre i tre infieriscono su di lui.
Una vicenda di violenza razzista come tante: solo la diffusione delle immagini impedisce che il silenzio cali sulla sua storia, perché quelli come Moussa raramente hanno la possibilità di raccontare ed essere creduti.
Quello stesso giorno Moussa viene portato in ospedale: viene dimesso il giorno stesso, senza che gli vengano consegnati i fogli con la diagnosi. Trascorre la notte in cella di sicurezza. Il mattino successivo viene portato a Torino, dove, dopo l’udienza di convalida, viene rinchiuso al CPR di corso Brunelleschi.
Tra i tanti fogli che gli fanno firmare non c’è nulla sul pestaggio subito.
Finisce presto in isolamento, nel famigerato “ospedaletto”, un’area del CPR a ridosso del muro dove c’erano celle singole simili a pollai. Niente a che fare con un ospedale. Nonostante le vistose ferite al volto, Moussa non viene mai visitato.
Lì, in quella gabbia isolata, Moussa è stato trovato impiccato.
La grande indignazione per la sua morte fece chiudere l’Ospedaletto.
Due anni fa, in febbraio, il fuoco delle rivolte distrusse il CPR, che da allora è chiuso. Presto riaprirà senza che nulla sia cambiato per chi vi verrà recluso.
Alla sbarra, accusati di omicidio colposo, oggi vanno Annalisa Spataro, direttrice del Cpr per conto della società Gepsa che all’epoca aveva l’appalto e Fulvio Pitanti, il medico della struttura che visitò Balde e lo confinò in isolamento. Sotto accusa c’era anche un poliziotto, Fabio Fierro, accusato di aver modificato le relazioni di servizio, che però ha chiuso la sua posizione patteggiando un anno.
Restano fuori dal processo i mandanti: la Prefettura e tutta la macchina che imprigiona, tortura e uccide i senza documenti.
L’inchiesta, partita dopo la morte di Moussa, un vero suicidio di Stato, si incardina intorno alla questione “ospedaletto”, una struttura di isolamento, ulteriormente afflittiva rispetto alla detenzione amministrativa. In base alla legge la detenzione amministrativa è ammessa, ma non forme di isolamento e punizione. Se qualcuno, per i più diversi motivi, è incompatibile con la prigione, può e dovrebbe essere liberato o ricoverato, non rinchiuso in una cella di isolamento.
In discussione, oltre a quello di Moussa, i casi di altre persone fragili, messe in isolamento, senza cure né assistenza.
Oggi in aula ci saranno anche il fratello e la mamma di Moussa Balde e la sorella di Osmane Sylla, morto un anno fa nel CPR di Ponte Galeria a Roma. Vogliono giustizia, una merce rara nei tribunali, vogliono soprattutto che non capiti più. Mai più.

Mercoledì 12 febbraio ore 9 presidio al Tribunale di Torino – corso Vittorio 130

Per saperne di più ascolta la diretta fatta ieri dall’info di radio Black-out con Gianluca Vitale, l’avvocato che aveva assistito Moussa e che oggi rappresenta la sua famiglia:

Moussa Balde. Processo al CPR