ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie
concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche
in streaming
Ascolta e diffondi l’audio della puntata:
https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/12/2025-12-05-anarres.mp3
Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:
Il reuccio dem di New York
L’elezione di Mamdani a sindaco di New York City ha ridato un certo entusiasmo a
una sinistra riformista che vive in uno stato di prostrazione e confusione dal
momento della vittoria di Trump alle presidenziali.
Le proposte di espansione della spesa sociale sono state il cavallo vincente di
Mamdani così come la sua capacità di parlare a un elettorato demograficamente
assai composito.
Ma potranno questi figliocci della borghesia intellettuale, perché questo è
Mamdani e questo è il suo entourage, rappresentare una via d’uscita dalla
traiettoria autoritaria che il neoliberismo sta compiendo da anni? Le proposte
politiche socialdemocratiche – ma sarebbe più corretto chiamarle demo-socialiste
in quanto neanche a livello teorico viene posto l’obiettivo di superamento della
società mercantile, come invece faceva la socialdemocrazia storica – nel corso
del novecento hanno svolto il ruolo di puntello sinistro del capitale,
garantendo, con un’apertura a fisarmonica data dai rapporti di forza tra classi,
la ridistribuzione di una quota parte dei profitti. Ma questo era possibile con
un’economia basata su di una produzione industriale, spesso ad alto valore
aggiunto, e con l’apporto del valore estratto dalla periferia del sistema mondo
mediante la spoliazione coloniale. Con la fine delle grandi concentrazioni
industriali in Occidente, il ridisegnarsi post-coloniale dei rapporti con i
territori della periferia, e con nuove dinamiche nei rapporti tra le classi
grandemente favorevoli alla classe dominante il meccanismo di ridistribuzione è
entrato in una crisi da cui non si è mai ripreso.
Ne abbiamo parlato con Lollo
Stati Uniti. Trump e il ritorno della frontiera
Trump alle nostre latitudini appare come elemento di rottura rispetto
all’immagine edulcorata che gli States riescono ancora a vendere.
Se si guarda più da vicino è facile cogliere che Trump non fa che riproporre il
mito wasp della frontiera, con tutto il suo portato di violenza simbolica e
morale.
Ne abbiamo parlato con Fabrizio Eva, geografo politico
La Città dell’aerospazio non decolla
Il più grande progetto di Leonardo per il settore aerospaziale in Piemonte da
tempo dimostrava delle crepe. In occasione della decima edizione degli Aerospace
and defence meetings, nella cornice dell’Oval Lingotto di Torino è stato
presentato un aggiornamento del progetto presentato all’ottava edizione del
mercato delle armi nel 2021 e sostenuto da Leonardo, il Politecnico, la Regione
Piemonte, l’Unione industriali di Torino e la Camera di commercio.
La parola chiave è “aggiornamento”, che dimostra che il protagonismo di Leonardo
è più nelle parole che nei fatti. In realtà è quasi tutto fermo. Annunciare in
pompa magna l’apertura di quattro nuovi laboratori con 30 addetti nella vecchia
palazzina di corso Francia dopo sei anni è il segno inequivocabile che le crepe
nella Cittadella delle armi sono ormai ben visibili.
Vediamo di capire meglio cosa sta succedendo.
Torino Un lungo novembre di informazione e lotta antimilitarista
Venaus. Vent’anni dopo
Nonostante la primavera, al tempo della Repubblica della Maddalena il paese di
Chiomonte era grigio, buio, silente. Al di là del fiume che si stringe nella
gorgia, nello spazio libero fatto di vigne, barricate, cibo condiviso, assemblee
c’era il rumore delle vite della comunità resistente, comunità d’elezione e non
di terra, di sangue, di identità escludenti e del loro tremendo portato di
violenza.
Lì imparammo a camminare nella notte. Insieme e da soli, incespicando e
rialzandoci. Tanta gente in quegli anni, sin dall’insurrezione di Venaus, aveva
scoperto che riscrivere una storia già scritta era possibile, che i tempi che ci
era dato vivere non erano un destino ineluttabile.
Poi arrivarono l’occupazione, la repressione, i processi: la nostra comunità
perse la sua forza creativa, la resistenza venne ridotta a logoro rituale e
prevalse la delega istituzionale.
Ma. Quelle notti di veglia, essere stati parte di quella comunità d’elezione
continua a ricordarci di una possibilità che dobbiamo saperci dare.
Appuntamenti:
Sabato 20 dicembre
ore 20
corso Palermo 46
Cena Antinatalizia
Menù vegan
Benefit lotte
Quanto costa? Tantissimo per chi ne ha, meno per chi ha meno, poco per chi ha
poco. Sosteniamo le lotte qui e in ogni dove, diamo solidarietà a chi è colpito
dalla repressione, mettiamo un mattone nella direzione di una società libera,
autogestita, solidale.
Porta la tua statuetta per il pres-empio autogestito!
Per prenotazioni scrivere a antimilitarista.to@gmail.com
A-Distro e SeriRiot
ogni mercoledì
dalle 18 alle 20
in corso Palermo 46
(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro
SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte
Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!
Sostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!
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Federazione Anarchica Torinese
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Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30
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Source - Anarres
Il pianeta delle utopie concrete
Sabato 20 dicembre
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Quanto costa? Tantissimo per chi ne ha, meno per chi ha meno, poco per chi ha
poco. Sosteniamo le lotte qui e in ogni dove, diamo solidarietà a chi è colpito
dalla repressione, mettiamo un mattone nella direzione di una società libera,
autogestita, solidale.
Porta la tua statuetta per il pres-empio autogestito!
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Nonostante la primavera, al tempo della Repubblica della Maddalena il paese di
Chiomonte era grigio, buio, silente. Al di là del fiume che si stringe nella
gorgia, nello spazio libero fatto di vigne, barricate, cibo condiviso, assemblee
c’era il rumore delle vite della comunità resistente, comunità d’elezione e non
di terra, di sangue, di identità escludenti e del loro tremendo portato di
violenza.
Lì imparammo a camminare nella notte. Insieme e da soli, incespicando e
rialzandoci.
Tanta gente in quegli anni, sin dall’insurrezione di Venaus, aveva scoperto che
riscrivere una storia già scritta era possibile, che i tempi che ci era dato
vivere non erano un destino ineluttabile.
Poi arrivarono l’occupazione, la repressione, i processi: la nostra comunità
perse la sua forza creativa, la resistenza venne ridotta a logoro rituale e
prevalse la delega istituzionale. Proprio in questi giorni la polizia sta
prendendosi le case a Susa.
Ma. Quelle notti di veglia, essere stati parte di quella comunità d’elezione
continua a ricordarci di una possibilità che dobbiamo saperci dare.
Oggi più che mai.
Viviamo tempi bui, tempi di guerra, tempi in cui si allungano le ombre di una
notte senza stelle.
Il riemergere potente dei nazionalismi, delle religioni, dell’autoritarismo, del
patriarcato è una delle cifre di un secolo che non riesce a fare i conti con il
precipitare della crisi ambientale e sociale, perché la logica del capitalismo
impone la ricerca del profitto a tutti i costi.
Oltre la metà della popolazione mondiale vive scavando nelle discariche, il
simbolo concreto di un’umanità assoggettata, di persone le cui vite valgono meno
dei rifiuti tra cui scavano per sopravvivere.
In ogni angolo del pianeta ci sono governi in cui prevalgono istanze
autoritarie, religiose, razziste perfettamente compatibili con il capitalismo e
i suoi frutti avvelenati.
I movimenti che all’alba di questo secolo osarono tentare un’alleanza
transnazionale degli oppressi e degli sfruttati sono stati spazzati via.
L’incapacità di opporsi alle “guerre di civiltà” in Afganistan e in Iraq ne ha
decretato la fine ben più della repressione o del riassorbimento in ambiti
compatibili con l’ordine esistente.
L’incapacità di cogliere che la guerra afgana non era per la liberazione delle
donne dalla schiavitù ma un regolamento di conti con storici alleati dei tempi
della guerra fredda rende ancor oggi difficile cogliere che le guerre di
religione sono utili per reclutare aspiranti martiri ma non spiegano una realtà
in cui le alleanze sono a geografia variabile e soggette a continui cambiamenti
di fronte. Nell’ultimo mese abbiamo assistito alla promozione di Al Jolani, il
nuovo signore e padrone della Siria a partner affidabile degli Stati Uniti. Con
buona pace di cristiani, alewiti, drusi siriani nei cui confronti viene attuata
una feroce repressione.
Al Jolani è il capo della branca siriana di Al Queda, la stessa organizzazione
di Osama bin Laden. D’altra parte nel 2021 gli Stati Uniti riconsegnarono il
futuro delle donne afgane ai talebani in cambio della promessa di non far
sconfinare la jihad.
Le alleanze tra gli Stati, al di là della retorica utilizzata per raccogliere
consenso non hanno altra etica che non sia quella dell’affermazione degli
obiettivi dei blocchi di potere che sostengono i vari governi.
Non è banale ricordarlo, perché purtroppo tanta parte dei movimenti di
opposizione alle guerre e al riarmo resta ancorata a dinamiche campiste. La
spinta ad un’alleanza transnazionale degli oppressi e degli sfruttati fatica a
(ri)trovare spazio, quando prevale il sostegno a Brics, una rete economica i cui
pilastri sono campioni di libertà come la Russia, la Cina, l’India, l’Egitto gli
Emirati arabi uniti, l’Iran…
La feroce pulizia etnica su vasta scala attuata da Israele negli ultimi due anni
è stata e continua ad essere un’immane catastrofe umanitaria per la popolazione
palestinese. Alle nostre latitudini il potente moto di indignazione per il
genocidio che ha riempito le piazze italiane con numeri imponenti e pratiche di
lotta radicali non è stato capace di svincolarsi da logiche stolidamente
campiste. Definire i macellai delle donne iraniane, il regime di Assad e i loro
alleati libanesi “asse della resistenza” ne è stato l’indice inequivocabile.
La spinta alla decolonialità è uno strumento importante per percorsi di
liberazione in cui emerga il protagonismo di popolazioni e gruppi sociali
marginalizzati e razzializzati ma diventa un boomerang se si trasforma nel
relativismo culturale già tanto caro alla destra differenzialista.
Eppure mai come ora sarebbe necessaria la crescita di un movimento
antimilitarista radicale, capace di far saltare la corsa al riarmo e alla guerra
che rischia di travolgerci tutt.
L’Assemblea Antimilitarista nata tre anni ha posto al centro la lotta ai
confini, agli eserciti alle guerre sostenendo disertori, obiettori e chi si
oppone a massacri e razzismo in una logica internazionalista e solidale.
L’Assemblea è stata accanto a compagn impegnat a costruire relazioni sociali tra
libere ed eguali anche nell’infuriare di guerre e genocidi.
L’assemblea ha promosso iniziative contro missioni militari all’estero, basi
militari, poligoni di tiro, fabbriche d’armi, nella consapevolezza che le radici
delle guerre affondano nello stesso terreno in cui sono costruite le case dove
viviamo. Sradicarle è il nostro compito.
Di recente l’Assemblea ha attivamente contrastato l’Aerospace and defence
meetings, la mostra mercato delle armi aerospaziali di guerra che si tiene ogni
due anni a Torino, con il chiaro obiettivo della chiusura dell’industria
bellica.
Sappiamo che i tempi sono bui. Una buona ragione per mettercela tutta per non
perdere il controllo del timone nonostante la tempesta, la confusione, il timore
di non farcela.
Abbiamo imparato a camminare nella notte senza perdere la strada, inciampando e
sostenendoci a vicenda.
Alla decima edizione dell’Aerospace and Defence meetings, il mercato
dell’industria aerospaziale di guerra appena conclusasi a Torino, c’era chi
stava dentro e chi stava fuori.
Dentro c’erano produttori, venditori, sponsor politici, fuori c’erano gli
antimilitaristi.
Fuori dall’Oval, fuori dal coro
Dopo il grande corteo che il sabato precedente aveva attraversato il centro
cittadino, gli antimilitaristi erano decisi a mettersi di traverso contro la
guerra e chi la arma.
Il 2 dicembre l’appuntamento era di fronte all’ingresso dell’Oval, dove,
protetti da un ingente schieramento di polizia, dovevano entrare i partecipanti
alla convention, fiore all’occhiello della lobby armiera subalpina.
Manifestanti armati di cartelli e striscioni hanno occupato la strada: la
polizia ha tentato senza successo di fermarli. Dopo pochi minuti le auto dirette
all’Oval hanno fatto retro marcia. I partecipanti sono stati obbligati ad
entrare all’Oval a piedi, alla spicciolata, da un passaggio interno al Lingotto.
Per la seconda volta in 20 anni gli antimilitarist* hanno bloccato l’ingresso ai
mercanti d’armi.
Una bella manciata di sabbia è stata gettata negli ingranaggi di una macchina
mortale. Bisognerà moltiplicare l’impegno perché la macchina sia fermata per
sempre.
La narrazione istituzionale e mediatica dell’Aerospace and defence meetings e
della Città dell’aerospazio continua nascondere dietro la retorica dei viaggi
spaziali, delle navicelle, degli esploratori di Marte e della Luna, la realtà di
un mercato e di un comparto produttivo il cui fulcro sono le armi:
cacciabombardieri, elicotteri da combattimento, droni, sistemi di puntamento.
La cortina fumogena che nasconde la scelta di trasformare Torino in capitale
delle armi è stata in parte dissipata, coinvolgendo nelle contestazioni
studenti, ecologisti, lavoratori della formazione, oltre ai gruppi che da anni
lottano contro l’industria bellica.
Dentro l’Oval, un coro con qualche stonatura
Il più grande progetto di Leonardo per il settore aerospaziale in Piemonte da
tempo mostrava delle crepe. Gli Aerospace and defence meetings sono stati la
cornice luminosa per il lancio della Città dell’aerospazio già nel 2021, quando
Leonardo, forte di un unanime appoggio istituzionale, annunciò che nei mesi
successivi sarebbe partita la costruzione di uno dei maggiori centri di ricerca
ed innovazione nel settore delle armi aerospaziali.
Nel 2023 alla nona fiera delle armi annunciarono la posa della prima pietra, ma
per altri due anni le erbacce hanno continuato a crescere tra i muri egli
edifici abbandonati. I primi segnali di (ri)apertura dei giochi sono arrivati
nel dicembre del 2024, quando dal cappello del PNRR sono spuntati 17 milioni di
euro destinati al centro ricerche del Politecnico. I lavori di demolizione,
della palazzina 37 dell’ex Alenia Aermacchi, di pertinenza del Politecnico,
cominciati a febbraio sono fermi da mesi. In compenso tutto il complesso di
corso Marche è stato chiuso da nuove recinzioni e jersey sovrastati da filo
spinato a lamelle, per contrastare le numerose incursioni degli antimilitaristi.
L’ultima attuata il 4 novembre, con il blocco alla Thales Alenia Space.
Le ambigue dichiarazioni di Cingolani facevano intuire da tempo che qualcosa
stesse cambiando, che Leonardo non era disponibile ad impiegare risorse proprie
per il progetto.
La ricerca costa: anche i produttori del settore in maggior espansione a livello
planetario preferiscono cercare soldi pubblici per i loro privatissimi affari.
Per un secolo lo ha fatto la Fiat e le sue successive incarnazioni societarie,
oggi è il turno del settore bellico.
Pochi giorni fa, all’Oval è stato presentato un aggiornamento del progetto
sostenuto da Leonardo, Politecnico, Regione Piemonte, Comune di Torino, Unione
industriali e Camera di commercio.
La parola chiave è “aggiornamento”, che dimostra che il protagonismo di Leonardo
è più nelle parole che nei fatti.
Dopo cinque anni, annunciare trionfalmente l’apertura di quattro nuovi
laboratori con 30 addetti nella vecchia palazzina di corso Francia, è il segno
inequivocabile che le crepe nella Cittadella delle armi sono ormai ben visibili.
Le dichiarazioni rilasciate lo dimostrano.
La palazzina 27 verrà ammodernata: quindi il bel progetto che campeggia da anni
in Comune si ridimensiona ma soprattutto cambia di segno, trasformandosi in
“Casa delle PMI”, ossia un condominio di piccole e grandi imprese, tutte ancora
da imbarcare.
La Regione Piemonte dal canto suo sgancia 14 milioni per spingere comunque la
nascita della cittadella delle armi.
Una buona ragione per rendere sempre più incisive le lotte antimilitariste.
Il 28 ottobre scorso circa 140 persone, di cui 4 agenti, sono state uccise e un
centinaio sono state arrestate nel corso di un assalto condotto da 2500 membri
della Polizia Civile e della Polizia Militare brasiliane, nelle favelas di
Alemão e Penha a Rio de Janeiro. Gli agenti si sono serviti anche di elicotteri
e mezzi blindati.
Su numerosi cadaveri, alcuni con le mani legate, sono stati rinvenuti i segni di
colpi esplosi alle spalle o alla nuca. Oltre alle numerose esecuzioni
extragiudiziali, i testimoni parlano di perquisizioni ed irruzioni nelle
abitazioni private realizzate senza mandato, di torture, di colpi sparati dagli
elicotteri, di feriti morti dissanguati a causa dello stop da parte degli agenti
all’intervento dei sanitari.
Nelle proteste e manifestazioni organizzate da movimenti e associazioni e dagli
abitanti delle favelas di Rio e di altre città, sono comparsi striscioni con la
scritta “Favela Lives Matter”. Tutti denunciano «una violenza sistemica e
razzista» e puntano il dito soprattutto contro le autorità locali, allineate con
l’ex presidente di estrema destra Jair Bolsonaro.
All’ex capo di stato, condannato a settembre a 27 anni di reclusione per il
tentato golpe del gennaio 2023, è strettamente legato Claudio Castro,
governatore dello stato di Rio de Janeiro e membro del “Partito Liberale”
dell’ex presidente di estrema destra.
Questa strage è salita agli onori delle cronache per l’enorme dispiegamento di
forze e per l’elevato numero delle vittime, ma la violenza della polizia nelle
aree dove vive la popolazione più povera e razzializzata è un fatto “normale”.
Il podcast dell’approfondimento realizzato dall’Inormazione di radio Blackout
con Simone Ruini:
https://radioblackout.org/2025/12/brasile-la-normalita-della-violenza-poliziesca/
Milioni di dollari sono stati versati da Trump per deportare i migranti che
rastrellati dall’ICE nelle città statunitensi.
ESwatini, piccolo Paese dell’Africa meridionale, governata da Mswati III,
l’ultimo monarca assoluto del continente ha ricevuto 5,1 milioni di dollari
dagli Stati Uniti. La somma è stata versata al monarca perché accolga cittadini
di Paesi terzi espulsi dall’amministrazione Trump.
Human Rights Watch ha dichiarato già a settembre di aver visionato una copia
dell’accordo secondo cui il piccolo regno sarebbe disposto a accettare fino a un
massimo di 160 deportati dagli USA. La somma è stata elargita per potenziare la
“capacità di gestione delle frontiere e delle migrazioni” del Paese.
Oltre a eSwatini, altri governi africani, come Sud Sudan, Ghana e Ruanda hanno
accettato “migranti indesiderati” dagli USA.
Intanto Washington non ha esitato a inviare 7,5 milioni di dollari alla Guinea
Equatoriale, uno dei regimi più repressivi e corrotti al mondo.
Tragica ironia i soldi sono stati prelevati dal fondo istituito dal Congresso
per rispondere alle crisi umanitarie.
Piogge torrenziali, manifestazioni oceaniche, la pressione delle comunità
indigene che ha attraversato i corridoi dei negoziati, e persino un incendio tra
i padiglioni; un susseguirsi di eventi esterni ha accompagnato il vertice.
Quelle fiamme divampate nei padiglioni non sono state altro che l’annuncio di
una fumata nera che sarebbe arrivata poche ore dopo.
Il documento finale della COP, la Mutirao decision, è stato scritto dai
PetroStati
Nonostante il nome simbolico del documento finale, Mutirao, che significa lavoro
comunitario per conseguire un bene collettivo, questo testo farà il bene di
pochi lasciando liberi i paesi ricchi di continuare a devastare.
Nel documento finale non c’è alcun riferimento ai combustibili fossili, non
vengono neppure menzionati.
I governi si sono congedati da Belém senza un piano per abbandonare gas,
petrolio e carbone tornando indietro rispetto a quanto deciso a Dubai nel 2023.
Le proteste e le danze indigene si trasformano tristemente in una mera
operazione di green whashing dell’amministrazione brasiliana.
Vi proponiamo il podcast dell’approndimento realizzato dall’info di Blackout con
Andrea Merlone, Dirigente di ricerca all’Istituto Nazionale di Ricerca
Metrologica (INRiM) e ricercatore associato all’Istituto di Scienze Polari del
CNR:
https://radioblackout.org/2025/12/la-cop-nellamazzonia-che-muore/
Test
Toast
Martedì 2 dicembre
ore 11,30
Cacciamo i mercanti armi
all’Oval Lingotto in via Matté Trucco 70
L’Aerospace and defense meetings, mercato internazionale dell’industria
aerospaziale di guerra è arrivato alla decima edizione.
Dal 2 al 4 dicembre sbarcheranno a Torino le principali industrie del settore a
livello mondiale. Un evento a porte chiuse, riservato agli addetti ai lavori:
governi, eserciti, agenzie di contractor.
Decine di guerre insanguinano il pianeta: la maggior parte si consumano nel
silenzio e nell’indifferenza dei più.
Ovunque bambine e bambini, donne e uomini sono massacrat* da armi prodotte a due
passi dalle nostre case.
Le guerre hanno basi ed interessi concreti sui nostri territori, dove possiamo
agire direttamente, per gettare sabbia negli ingranaggi del militarismo.
Le guerre oggi come ieri, si combattono in nome di una nazione, di un popolo, di
un dio.
Noi, antimilitaristi e senza patria, sappiamo che non ci sono guerre giuste o
sante.
Solo un’umanità internazionale potrà gettare le fondamenta di quel mondo di
libere ed uguali che può porre fine alle guerre.
Ci vorrebbero tutti arruolati.
Noi disertiamo.
Noi non ci arruoliamo a fianco di questo o quello stato. Rifiutiamo la retorica
patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese
espansionistiche.
Non ci sono nazionalismi buoni.
Noi siamo al fianco di chi, in ogni angolo della terra, diserta la guerra.
Vogliamo un mondo senza frontiere, eserciti, oppressione, sfruttamento e guerra.
⚫ Fermiamo la corsa al riarmo, lottando contro l’industria bellica e il
militarismo.
Cacciamo i mercanti di morte da Torino!
No all’aerospace and defense meetings!
Contro la guerra e chi la arma!
Info: assembleantimilitarista@gmail.com
Un grande corteo antimilitarista ha attraversato le strade di Torino, rompendo
la cortina fumogena che avvolge l’industria bellica ed il mercato delle armi
aerospaziali nella nostra città.
⚫ Dal 2 al 4 dicembre si terrà la decima edizione dell’aerospace and defence
meetings, dove i maggiori player a livello mondiale sottoscriveranno accordi
commerciali per le armi che distruggono intere città, massacrano civili,
avvelenano terre e fiumi. Produttori, governi e organizzazioni internazionali,
esponenti delle forze armate, compagnie di contractor si incontreranno e faranno
affari all’Oval.
L’industria aerospaziale produce cacciabombardieri, missili balistici, sistemi
di controllo satellitare, elicotteri da combattimento, droni armati per azioni a
distanza.
All’Aerospace and defence meetings si giocano partite mortali per milioni di
persone in ogni dove: le armi italiane, in prima fila il colosso pubblico
Leonardo, sono presenti su tutti i teatri di guerra.
Torino si candida a divenire uno dei principali centri dell’industria bellica
del nostro paese.
C’è chi dice no, c’è chi si mette di mezzo.
Quella di sabato 29 novembre è stata un’importante giornata di lotta al
militarismo e alla guerra.
Alla manifestazione, indetta dall’Assemblea antimilitarista, hanno partecipato
il “Coordinamento torinese contro la guerra e chi la arma” e delegazioni dalle
tante lotte contro basi militari, poligoni di tiro, caserme, fabbriche di morte.
C’erano coordinamenti e assemblee territoriali di Asti, Novara, Livorno,
Carrara, Reggio Emilia, Palermo, Trieste, Milano, Roma, Ragusa.
Il corteo è partito da Porta Palazzo, il cuore popolare della città, preceduto
dalla Murga e dalla Clown Army con azioni performanti che hanno catalizzato
l’attenzione delle tante persone che il sabato pomeriggio attraversano Porta
Palazzo.
La manifestazione si è poi diretta al Comune, dove si è sostato a lungo.
L’amministrazione “pacifista” della città è tra gli sponsor politici
dell’industria armiera e dell’aerospace and defence meetings. L’armata Clown si
è schierata si fronte all’ingresso ed ha dato vita ad un’azione antimilitarista.
Lungo tutto il percorso ci sono stati interventi delle realtà antimilitariste
che hanno partecipato al corteo.
Tantissimi i temi affrontati. A porta Palazzo si è parlato dell’economia di
guerra che colpisce i poveri del nostro paese: i tagli alla sanità uccidono chi
non può permettersi di pagare prevenzione e cura. Un focus è stato dedicato al
genocidio migrante nella guerra feroce nel Mediterraneo e sui valichi alpini,
smontando ogni retorica nazionalista in un contesto di solidarietà tra gli
oppressi e gli sfruttati di ogni dove.
Si sono poi susseguiti interventi sulle campagne di arruolamento e la propaganda
patriottica nelle scuole, l’economia di guerra e le spese militari, contro le
missioni di guerra all’estero e la militarizzazione delle nostre città. Ampio
spazio è stato dedicato alla collaborazione tra il Politecnico di Torino e
Leonardo, nel progetto della Città dell’Aerospazio, nuovo centro di ricerca
bellica in centro a Torino.
La Torino antimilitarista ha dato un segnale forte e chiaro: opporsi ad un
futuro per la città legato alla ricerca, produzione e commercio bellici è un
modo concreto per opporsi alla guerra e a chi la a(r)ma.
Gettare sabbia negli ingranaggi del militarismo è possibile. Dipende da ciascuno
di noi.
Le lotte antimilitariste stanno rallentando l’estendersi della macchina bellica,
inceppandone le articolazioni sui nostri territori.
Ma non basta.
Decine di guerre insanguinano il pianeta: la maggior parte si consumano nel
silenzio e nell’indifferenza dei più. Dall’Ucraina al Medio Oriente sono in atto
conflitti violentissimi, che potrebbero deflagrare ben oltre gli ambiti
regionali coinvolti.
Ovunque bambine e bambini, donne e uomini sono massacrat* da armi prodotte a due
passi dalle nostre case.
Le guerre hanno basi ed interessi concreti sui nostri territori, dove possiamo
agire direttamente, per gettare sabbia negli ingranaggi del militarismo.
Le guerre oggi come ieri, si combattono in nome di una nazione, di un popolo, di
un dio.
Antimilitaristi e senza patria sappiamo che non ci sono guerre giuste o sante.
Solo un’umanità internazionale potrà gettare le fondamenta di quel mondo di
libere ed uguali che può porre fine alle guerre, spezzandone le radici, che si
alimentano alla fonte avvelenata dei nazionalismi, delle identità escludenti,
della negazione di ogni dinamica di convivenza che si dipani dal protagonismo di
chi lotta contro frontiere, Stati, religioni, sfruttamento.
Forte per tutto il corteo, in cui slogan, interventi, tactical frivolity hanno
messo insieme, comunicazione, sfottò del militarismo un grande impegno alla
lotta e alla diserzione.
Il corteo si è concluso in piazza Vittorio con una travolgente azione
performante della Murga.
Noi non ci arruoliamo a fianco di questo o quello stato. Rifiutiamo la retorica
patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese
espansionistiche.
Non ci sono nazionalismi buoni.
Noi siamo al fianco di chi, in ogni angolo della terra, diserta la guerra.
Martedì 2 dicembre si inaugura il mercato delle armi a Torino. Ci saranno anche
gli antimilitaristi.
Cacciamo i mercanti d‘armi!
Martedì 2 dicembre
ore 11,30
All’Oval in via Matté Trucco 70
No all’aerospace and defence meetings!
Assemblea Antimilitarista
antimilitarista.to@gmailcom
ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie
concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche
in streaming
Ascolta e diffondi l’audio della puntata:
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Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:
Antimilitarismo. Storia, percorsi, prospettive
Negli ultimi anni il riferimento alle lotte antimilitarista sembra essersi
allargato e non poco. Un fatto indubbiamente positivo, anche se non sempre con
una connotazione propria.
C’è una doppia morale che domina l’organizzazione politica delle società
democratiche. Nei paesi dove vigono regimi autoritari la violenza legalizzata
dello Stato si dispiega con minore ipocrisia.
In Italia chi uccide viene considerato un criminale ed è perseguito dalla legge,
ma quando l’omicidio è compiuto da militari al servizio dello Stato, il loro
agire diventa azione onorevole, giusta, perché fatta in nome della patria, della
nazione, della sicurezza, della ricchezza, della sacralità dei confini.
Le divise da parata, le medaglie, i vessilli, trasformano il mestiere delle armi
in eroismo, i massacri diventano vittorie.
Queste maschere coprono i tanti orrori di cui il governo e le forze armate
italiane sono direttamente responsabili.
L’opposizione alle guerre si sostanzia nell’appoggio a chi nei contesti bellici
le diserta sabota, boicotta. Nel sostegno materiale alle vittime. Disfattismo e
diserzione sono concreti orizzonti di lotta.
Con Federico Ferretti dell’Assemblea Antimilitarista di Reggio Emilia abbiamo
ricostruito storia, percorsi, e attualità di una pratica che oggi come in
passato segna lotte che si caratterizzano per la spinta alla trasformazione
sociale che rigetti la violenza intrinseca nei nazionalismi, nelle religioni,
nella logica capitalista.
Sabotare la guerra
Oggi è più che mai necessaria la crescita di un movimento antimilitarista
radicale, capace di far saltare la corsa al riarmo e alla guerra che rischia di
travolgerci tutt.
L’Assemblea Antimilitarista nata tre anni ha posto al centro la lotta ai
confini, agli eserciti alle guerre sostenendo disertori, obiettori e chi si
oppone a massacri e razzismo in una logica internazionalista e solidale.
L’Assemblea è stata accanto a compagn impegnat a costruire relazioni sociali tra
libere ed eguali anche nell’infuriare di guerre e genocidi.
L’assemblea ha promosso iniziative contro missioni militari all’estero, basi
militari, poligoni di tiro, fabbriche d’armi, nella consapevolezza che le radici
delle guerre affondano nello stesso terreno in cui sono costruite le case dove
viviamo. Sradicarle è il nostro compito.
Dirette dalle piazze di Torino e Livorno per lo sciopero generale del 28 ottobre
contro la guerra e l’economia di guerra.
29 novembre e 2 dicembre di lotta contro l’aerospace and defence meetings!
A Torino, ogni due anni si tiene l’Aerospace and defense meetings, che
quest’anno arriva alla decima edizione.
La convention si svolgerà dal 2 al 4 dicembre, come di consueto negli spazi
dell’Oval Ligotto. centro congressi facente parte delle strutture nate sulle
ceneri del complesso industriale dell’ex Fiat.
La mostra-mercato è un evento chiuso riservato agli addetti ai lavori: fabbriche
del settore, esponenti delle forze armate, organizzazioni internazionali,
rappresentanti dei governi e compagnie di contractor.
All’edizione del 2023 hanno partecipato 400 aziende, 1400 tra acquirenti,
venditori e rappresentanti di governi.
Tra gli sponsor ospiti del meeting spiccano la Regione Piemonte e la Camera di
Commercio.
Il vero fulcro della convention sono gli incontri bilaterali per stringere
accordi di cooperazione e vendita: nel 2021 ce ne furono oltre 7.500, due anni
fa sono saliti a 9.000.
All’Aerospace and defense meetings si giocano partite mortali per milioni di
persone in ogni dove.
Ne abbiamo parlato con Stefano Depetris dell’Assemblea Antimilitarista
Appuntamenti:
Sabato 29 novembre a Torino
corteo antimilitarista
ore 14,30 corso Giulio Cesare angolo via Andreis
Contro la guerra e chi la arma!
Via i mercanti d’armi!
Martedì 2 dicembre
ore 11,30
giornata di blocco all’Oval Lingotto in via Matté Trucco 70
No all’aerospace and defence meetings!
Sabato 20 dicembre
ore 20
Cena Antinatalizia benefit lotte
Menù vegan
corso Palermo 46
Quanto costa? Tantissimo per chi ne ha, meno per chi ha meno, poco per chi ha
poco. Sosteniamo le lotte qui e in ogni dove, diamo solidarietà a chi è colpito
dalla repressione, mettiamo un mattone nella direzione di una società libera,
autogestita, solidale.
Porta la tua statuetta per il pres-empio autogestito!
Per prenotazioni scrivere a antimilitarista.to@gmail.com
A-Distro e SeriRiot
ogni mercoledì
dalle 18 alle 20
in corso Palermo 46
(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro
SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte
Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!
Sostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!
Informati su lotte e appuntamenti!
Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30
per info scrivete a fai_torino@autistici.org
Contatti:
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ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie
concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche
in streaming
Ascolta e diffondi l’audio della puntata:
https://radioblackout.org/podcast/anarres-del-21-novembre-violenza-patriarcale-e-giustizialismo-fascista-giustizia-trasformativa-una-cittadella-bellica-a-forli/
Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:
Violenza patriarcale e giustizialismo fascista
La violenza contro le donne e tutte le soggettività non conformi
all’eteronormatività e alla logica binaria non è episodica o marginale, ma
costituente e costitutiva; non merletto, ma stoffa dell’abito sociale nel quale
siamo costrette a vivere, quell’abito sociale che ci cuciono addosso fin da
piccole e col quale ci forzano ad andare in giro.
Vero, oggi in una certa parte di mondo se ne parla. Oggi sappiamo quasi tutt3
cosa significa “violenza di genere”; sappiamo di cosa parliamo quando affermiamo
che viviamo immerse nella “cultura dello stupro”; sappiamo che la violenza di
genere è una piramide di cui il femminicidio è solo la punta dell’iceberg,
costituito in realtà da episodi di violenza quotidiana. Sappiamo che per ogni
persona che subisce violenza sessuale ce ne sono centinaia, migliaia, che
subiscono battute sessiste o omofobe, palpeggiamenti non richiesti, richieste
denigranti e sessualizzate – o denigranti in quanto sessualizzate.
Alla violenza maschile contro le donne il governo Meloni reagisce con l’ennesimo
atto di forza, dimostrando il pugno duro del potere del Padre che si abbatte sul
colpevole per riportare giustizia.
Ne abbiamo parlato con Patrizia Nesti di NUDM Livorno
Infrangere la giustizia dei padri. Riflessioni sulla giustizia trasformativa
Se parliamo di “giustizia trasformativa” credo sia inevitabile porsi una domanda
preliminare: cosa significa “fare giustizia”?
Se intervistassimo persone a caso per strada, credo che le risposte ruoterebbero
nella gran parte attorno al concetto di “punizione del colpevole”. Avremmo
dunque un doppio focus, sul responsabile come oggetto principale del discorso e
sulla punizione come scopo primario. Il tutto letto attraverso la lente della
colpa. Una colpa che, per sovrappiù, di fatto non si esaurisce al termine della
punizione, ma si cristallizza nell’identità del “criminale”, del “delinquente”,
del “pregiudicato”. Quest’ultima locuzione mi pare particolarmente interessante,
poiché identifica, attraverso un mero dato oggettivo, l’esistenza di un
pre-giudizio: una condizione immutabile e irredimibile, con buona pace della
funzione rieducativa della pena.
Potenzialità e limiti di uno strumento interessante e, insieme, ambiguo.
Ne parliamo con Sara di NUDM Trieste
Aerospazio e guerra. Il progetto EriS di Leonardo e Thales a Forlì
A Forlì, il Comune e la Fondazione Cassa dei Risparmi (onnipresente dove c’è da
far soldi!), unite nella “Fondazione Mercury”, assieme al
consorzio “ERiS” (Emilia Romagna in Space), promosso da “Thales Alenia
Space” con sette imprese emiliano romagnole, vogliono impiantare una cittadella
della guerra, un “polo” di produzione altamente tecnologico nell’ambito delle
antenne satellitari “dual-use”, ossia doppio utilizzo, in ambito sia civile che
militare.
Sabbia nel motore della guerra!
C’è una doppia morale che domina l’organizzazione politica delle società
democratiche. Nei paesi dove vigono regimi autoritari la violenza legalizzata
dello Stato si dispiega con minore ipocrisia.
In Italia chi uccide viene considerato un criminale ed è perseguito dalla legge,
ma quando l’omicidio è compiuto da militari al servizio dello Stato, il loro
agire diventa azione onorevole, giusta, perché fatta in nome della patria, della
nazione, della sicurezza, della ricchezza, della sicurezza dei confini.
Vogliono farci credere che non possiamo fare nulla per contrastare le guerre.
Chi promuove, sostiene ed alimenta le guerre ci vorrebbe impotenti, passivi,
inermi. Non lo siamo.
Ogni volta che un militare entra in una scuola possiamo metterci di mezzo,
quando sta per aprire una fabbrica d’armi possiamo metterci di mezzo, quando
decidono di fare esercitazioni vicino alle nostre case possiamo metterci di
mezzo.
Le guerre cominciano da qui.
Occorre avere uno sguardo lucido. Non basta rescindere un contratto, fermare un
pezzo di logistica, rallentare un trasporto.
L’industria bellica è uno dei motori di tutte le guerre. L’Italia vende armi a
tutti i paesi in guerra, contribuendo direttamente alle guerre di ogni dove.
Queste armi sono prodotte a due passi dalle nostre case.
Occorre chiudere e riconvertire tutte le fabbriche d’armi. Occorre impedirne il
commercio.
Ottimi motivi per partecipare alle iniziative contro il mercato delle armi,
l’aerospace ad defense meetings, il mercato delle armi che si terrà a Torino
all’inizio di dicembre.
Appuntamenti:
Venerdì 21 settembre a Reggio Emilia
Dibattito contro la guerra e chi la arma
via Dom Minzoni 1
in vista del corteo antimilitarista del 29 novembre a Torino
Domenica 23 novembre ad Alessandria
Dibattito contro la guerra e chi la arma
in vista del corteo antimilitarista del 29 novembre a Torino
Ore 16
Al Laboratorio Anarchico Perlanera via Tiziano Vecellio 1
Sabato 29 novembre a Torino
corteo antimilitarista
ore 14,30 corso Giulio Cesare angolo via Andreis
Contro la guerra e chi la arma!
Via i mercanti d’armi!
Martedì 2 dicembre
giornata di blocco all’Oval Lingotto in via Matté Trucco 70
No all’aerospace and defence meetings!
A-Distro e SeriRiot
ogni mercoledì
dalle 18 alle 20
in corso Palermo 46
(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro
SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte
Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!
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Informati su lotte e appuntamenti!
Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30
per info scrivete a fai_torino@autistici.org
Contatti:
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