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Il pianeta delle utopie concrete

Stato di Polizia
Zone rosse, daspo, militari per le strade, leggi speciali contro l’opposizione politica e sociale Il governo sperimenta nuovi meccanismi di esclusione e controllo degli indesiderabili. Muri invisibili ma concreti segmentano le città, separando chi può accedere liberamente nelle aree più pregiate e chi deve esserne tenuto fuori. Con le zone rosse e il daspo urbano il ministro dell’Interno ha arricchito la cassetta degli attrezzi della polizia di nuovi strumenti, che le forze del disordine statale possono utilizzare senza neppure scomodare un magistrato. La stretta securitaria, collaudata inizialmente a Bologna e Firenze, a dicembre si è estesa a Milano e Napoli, e con l’anno nuovo ha investito Roma, dove la morsa poliziesca durante il giubileo è imponente. A Torino il sindaco annuncia un approccio più “morbido”: niente zone rosse ma aree a “sorveglianza rinforzata”, come a Roma. Difficile cogliere le sfumature di fronte alla declinazione sabauda delle direttive governative. Nei fatti le forze di polizia possono allontanare con la forza chiunque, assuma “atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti”. Va da se che gli “atteggiamenti” non sono atti e, quindi gli uomini e le donne in divisa mandano via le persone il cui modo di stare in strada sia considerato, a loro arbitrio, indesiderabile. Queste direttive sono solo l’ultimo tassello del mosaico repressivo del governo, che colpisce ogni forma di contestazione e lotta politica e sociale. Il DDL 1236 – ex 1660 – approvato alla Camera in settembre ed oggi in discussione alla commissione giustizia e affari costituzionali del Senato si inserisce nel solco già aperto da altri provvedimenti (i decreti rave, Cutro, immigrazione, Caivano) che colpiscono i poveri, gli stili di vita non conformi, gli stranieri senza documenti. Le misure contro la socialità non mercificata, quelle contro i profughi e i migranti, l’affondo verso i giovani, la repressione dei movimenti di lotta sono le architravi del progetto repressivo del governo. Il DDL 1236 infligge colpi sempre più duri a chi lotta nei CPR e nelle carceri, a chi si batte contro gli sfratti, a chi occupa, a chi fa scritte su caserme e commissariati, a chi blocca una strada o un treno, a chi fa picchetti sui luoghi di lavoro, a chi sostiene e diffonde idee sovversive. Si criminalizzano i movimenti climatici, sociali e sindacali, anticarcerari e no border e si cerca di bloccarli, infliggendo lunghe pene detentive per banalissime pratiche di lotta politica e sociale. La logica di classe e di repressione verso chi cerca di cambiare il mondo intollerabile in cui viviamo è connaturata con l’ordinamento giudiziario democratico: ma i provvedimenti adottati da questo governo la rendono sempre più spudorata e violenta.  Quest’insieme di nuove leggi rende sempre più forti i poteri di polizia, riducendo le pur esili tutele alla libertà di espressione, movimento, opposizione sociale. L’articolo 31 del DDL 1236 permette ai servizi segreti di entrare a far parte di organizzazioni terroristiche, cercando di assumerne il controllo, nella certezza dell’anonimato e dell’impunità per i reati commessi. Dulcis in fundo questi agenti provocatori legalizzati possono costruire e detenere bombe. Finisce la favola dei servizi segreti “deviati”, le mele marce che hanno burattinato, con la complicità dei fascisti, le tante stragi di Stato che hanno insanguinato il nostro paese negli anni Settanta ed Ottanta. Oggi, con i fascisti al potere, stanno per ottenere la licenza di strage. Di Stato. Per Legge. Lo stesso articolo prevede l’obbligo, di fatto, anche per università ed enti di ricerca di collaborare con i servizi segreti, inclusa la possibilità di derogare alle normative sulla riservatezza. In generale il fortissimo aumento delle pene, l’introduzione di nuovi reati, la meticolosa scelta dei soggetti da colpire e di quelli da tutelare sono il segno distintivo del DDL 1236. Più galera per molti, ma non per tutti, perché la trama dei vari provvedimenti di Meloni è esplicitamente autoritaria e di classe. Le lotte nelle carceri e nei CPR vengono perseguite in modo più duro perché chi le attua è dipinto come costitutivamente criminale, illegale, fuori norma. A questo governo non basta massacrare di botte, privare di ogni dignità, vuole seppellire in carcere chi da vita a rivolte nei luoghi di reclusione. Questo governo vuole mettere a tacere qualunque protesta, introducendo nell’ordinamento un reato collettivo, equiparato a quelli di mafia e terrorismo, che persegue anche le azioni non violente come lo sciopero della fame. Dalla criminalizzazione pubblica dell’opposizione politica e sociale scaturisce il reato di “terrorismo della parola”. Questi dispositivi si configurano come diritto penale del nemico, pur mantenendosi in una cornice universalista. Il diritto penale del nemico è informato ad una logica di guerra. In guerra i nemici vanno annientati, ridotti a nulla, privati di vita, libertà e dignità. Per il nemico non valgono le tutele formali riservate ai cittadini. Quando la logica bellica si applica al diritto, alcuni gruppi umani vengono repressi per quello che sono più che per quello che fanno. L’intera azione dell’esecutivo è informata a questo principio. Un principio sulle cui fondamenta sono stati costruiti i lager nazisti e i gulag staliniani. La definizione del “nemico” interno è squisitamente politica ed è appannaggio di chi detiene il potere di decidere chi mantiene le prerogative del “cittadino” e chi ne è privato perché considerato individualmente e collettivamente incompatibile con il nuovo ordine che il governo sta costruendo. Un ordine che non ha neppure bisogno delle famigerate “leggi eccezionali” del 1926 per colpire la libertà di scioperare, di scrivere e dire la propria, di lottare per casa, salute, libertà, dignità. Le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all’interno di una società. Oggi i fascisti al governo si sentono forti e giocano tutte le carte a loro disposizione per assicurarsi il totale controllo politico e il disciplinamento sociale. Il governo effettua una manovra a tenaglia, muovendosi contemporaneamente su più fronti. Oltre al piano squisitamente repressivo, Meloni punta ad una riforma istituzionale che renda ancora più forte l’esecutivo, e persegue un’egemonia culturale, che vede la scuola, i media e il territorio come spazi di conquista. Il fascismo sta tornando. Usano la cornice democratica per dare una secca svolta autoritaria al paese: segno che la democrazia è solo illusione di libertà e giustizia sociale. Fermarli è ancora possibile. Occorre rinforzare le reti ed i movimenti che si battono contro la svolta autoritaria e, insieme, mantenere fermo l’impegno contro la guerra, il militarismo, il patriarcato, le frontiere, lo sfruttamento, la devastazione ambientale, il nazionalismo. Il tempo è ora. 
January 17, 2025 / Anarres
Bulgaria. Frontiera di morte
La Bulgaria, paese recentemente entrato nell’area Schengen intende dimostrare a Bruxelles di saper controllare le proprie frontiere, specialmente quelle con i paesi dai quali transitano i migranti. Le politiche migratorie europee continuano a mietere vittime anche in questa zona dell’Unione, dove a fine anno sono morti tre ragazzini minorenni provenienti dall’Egitto. La polizia di frontiera aveva impedito agli attivisti di raggiungerli. I cadaveri sono stati ritrovati pochi giorni dopo il tentativo di soccorso. I loro corpi erano parzialmente mangiati dagli animali. La frontiera tra Bulgaria e Turchia è da anni percorsa da flussi più o meno consistenti di persone che tentano di attraversare quel confine e di raggiungere la Fortezza Europa da oriente. Queste persone provengono principalmente dalla Siria, dall’Iraq, dall’Afganistan, dal Pakistan ma anche dalla Tunisia, dall’Egitto e dal Marocco. Le politiche migratorie europee hanno trasformato le frontiere di terra e di mare in veri e propri tritacarne autorizzati, che mettono le persone in pericolo e poi ne omettono il soccorso, rendendosi di fatto dirette responsabili della loro morte. Tra gli attivisti di Rotte Balcaniche e di No Name Kitchen che hanno partecipato alle azioni in frontiera, c’erano tre insegnanti torinesi. Il 24 dicembre sono stat fermat ed arrestat per aver chiamato un’ambulanza per soccorrere tre ragazzi che stavano per morire assiderati. Da radio Blackout
January 17, 2025 / Anarres
Baykar, l’azienda dei droni da guerra di Erdogan acquista Piaggio Aerospace
ll governo italiano ha autorizzato l’acquisizione di Piaggio Aerospace da parte dell’azienda turca Baykar. Si tratta dell’azienda che produce i droni militari – in particolare il modello Bayraktar – utilizzati dall’esercito turco nelle guerre di occupazione in nord-Iraq e Siria, oltre a essere venduti dalla Baykar agli eserciti di mezzo mondo. Il “nulla osta” del ministero delle Imprese e del Made in Italy è l’ennesimo certificato di complicità dello stato italiano con le politiche coloniali, guerrafondaie ed espansionistiche di Ankara. Baykar, nata negli anni ottanta come azienda produttrice di componenti per autoveicoli, si è trasformata nell’ultimo decennio in uno dei principali produttori mondiali di droni da guerra. I suoi droni sono utilizzati in diversi conflitti: in nelle aree curdofone contro il confederalismo democratico, in Ucraina dall’esercito di Kiev contro le forze russe, in Etiopia negli attacchi in Tigrai, e in Marocco nel conflitto del Sahara Occidentale contro il Fronte Polisario. Questa rapida ascesa nel settore bellico ha reso Baykar una pedina fondamentale nelle ambizioni di espansione del presidente turco Erdogan e dei suoi alleati. Tra Baykar e governo turco esiste, del resto, un legame diretto: Il presidente del consiglio di amministrazione di Baykar è il genero del presidente turco Erdogan. L’acquisizione rientra nella più ampia strategia di potenza imperiale della Turchia. L’operazione, accolta con un entusiasmo non mitigato da alcun dubbio etico da parte della FIOM, solleva tuttavia interrogativi inquietanti e preoccupazioni sul futuro dell’azienda e dei suoi lavoratori. Perchè continuare a produrre in Italia dove il costo del lavoro è più alto che in Turchia o in Africa? Da radio Blackout
January 17, 2025 / Anarres
Ven 31 gen. Crisi climatica e azione diretta
Crisi climatica e azione diretta Strumenti di ricerca, misurazione, analisi e lotta Venerdì 31 gennaio ore 21 alla FAT corso Palermo 46 Torino Interverrà il fisico Andrea Merlone, Dirigente di ricerca all’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM) e ricercatore associato all’Istituto di Scienze Polari del CNR. Che sia in atto un cambiamento climatico con un’accelerazione senza precedenti, da quando il pianeta è abitato da forme di vita strutturate in comunità è un dato ormai privo di dimostrazioni opposte. Le estese analisi e i risultati cui è pervenuto il lungo lavoro della comunità climatologica portano a una conclusione unica: il clima sta cambiando a una velocità tale per cui le forme di vita vegetali e animali (inclusa quella umana) vengono poste in seria difficoltà di adattamento. Adattamento fisico, chimico, biologico, sociale e migratorio sono a rischio, sottoposti a forzanti indotte dalla produzione industriale, alimentare e trasportistica sempre più energivora. Variazioni di concentrazioni di elementi (CO2 in primis in atmosfera e nei mari) e pochi gradi in più di aumento delle temperature atmosferiche, marine e del suolo portano a collassi repentini e imprevedibili in un sistema regolato da equilibri stabili ma altrettanto caotici. Ricerche e studi sul clima, mai abbastanza supportati e sovvenzionati rispetto ad altre discipline tecnologiche e belliche, basano le loro analisi su una comunità di ricerca competente, distribuita e in continuo contatto e confronto. La stessa comunità che produce le decine di migliaia di analisi e pubblicazioni costantemente analizzate, in modo critico e rigoroso da iniziative mondiali in seno alle Commissioni internazionali di climatologia della World Meteorological Organization (WMO), dal Global Climate Observing System (GCOS) e dall’International Panel on Climate Change (IPCC). Lontano dall’essere in mano a lobby di interesse, come talvolta anche sostenuto all’interno di alcuni movimenti e pensieri che sfociano in un pericoloso negazionismo a priori, scienziati e autori IPCC vengono sovente screditati. Il caso forse più eclatante sono le COP: alla 28 edizione (Dubai 2023) il presidente ha sostenuto che non vi è alcuna evidenza circa la necessità di ridurre al massimo aumento di 1,5 °C l’innalzamento della temperatura media, rispetto ai valori pre-industriali, riducendo sino all’eliminazione l’utilizzo dei combustibili fossili. Del resto, se a presiedere una COP viene nominato il Sultano Al Jaber, CEO della compagnia petrolifera statale degli Emirati Arabi, è il minimo che ci si possa attendere. Replica puntuale un anno dopo, alla COP29, dove l’Arabia Saudita senza portare controprove solide, ha categoricamente negato la validità dei lavori dell’IPCC. Esternazioni ormai sdoganate senza vergogna, di stampo negazionista e reazionario, simili al rifiorire di esternazioni di stampo fascista e nazista cui si assiste quotidianamente su tante altre questioni a livello nazionale e internazionale. È un ulteriore allarme che segnala l’urgenza diiniziative improcrastinabili di risposta culturale e di azione collettiva e individuale. Un problema di origine capitalista non può avere una soluzione capitalista. Il riscaldamento globale e la sua accelerazione sono causati principalmente dalle emissioni collegate alle attività umane: industriali, di trasporto e alimentari. Tre fattori strettamente legati all’impulso-compulsivo verso l’impraticabile crescita infinita. Che in politica ed economia siano ancora presenti indici matematici e numerici che vedono la crescita della produzione, del consumo e del capitale come un fattore indispensabile al benessere collettivo è indice di come il capitalismo, al pari delle religioni, sia riuscito a introdurre dogmi utili a indirizzare le classi dirigenti e guidare comportamenti decisionali e scelte collettive. La necessità di azioni di mitigazione, osteggiata nei primi momenti sia dalla finanza sia dalla cittadinanza, è ormai un fatto che il capitalismo ha imparato a cavalcare con agilità e destrezza. Al pari delle religioni, si “evangelizza” la persona e il “decision making” verso comportamenti virtuosi che incrementano astutamente e con tempismo il giro di affari del “green”. Con due risultati di rilievo: aumentare la produzione e convincere il “consumatore” di avere fatto una cosa giusta e di tenerci all’ambiente. Si vedano le sempre maggiori operazioni di “green washing” sbandierate da quasi tutte le multinazionali. Il capitalismo quindi si sostituisce al non-decisionismo politico, dal quale però trae legittimità normativa, offrendo soluzioni e strategie di mitigazione: i continui cambi di categoria nei mezzi di trasporto che, con l’aiuto di limitazioni nella circolazione di categorie precedenti, portano a sbarazzarsi di veicoli perfettamente funzionanti verso l’acquisto imposto di nuovi modelli; la pur benvenuta elettrificazione sposta solo il problema, con costi accresciuti e a carico dell’utenza, data la cronica assenza di sistemi di produzione elettrica non clima-alteranti; le tassazioni crescenti e capillari che coinvolgono chiunque possieda un sistema di riscaldamento o di piccola produzione artigianale; fittizi miglioramenti delle classi energetiche degli edifici che portano a declassare immobili più vecchi, portando fuori parametro e conseguentemente fuori mercato piccole case e borghi facilmente recuperabili (se non dove il restauro è per pochi e porta a trasformare antiche dimore in beni di lusso); e molto altro. Azioni “green” che se da un lato portano un contributo minimo a ridurre gli impatti diretti clima-alteranti, dall’altro causano effetti “indiretti” ben più gravi: la sostituzione di un veicolo funzionante ma meno “prestante” in termini di inquinamento con uno elettrico è accompagnata da impatti ambientali (consumo di risorse, trasporti, generazione di gas clima alteranti) certamente superiore a quanto emesso portando a reale fine vita il veicolo esistente. Considerazione applicabile alla quasi totalità delle iniziative, ma ovviamente ben celata. Lontana dal porre in atto serie azioni di mitigazione, l’azione capitalistica è così improntata per natura ad accrescere e aggravare il problema, rifiutando sistematicamente qualsiasi inversione nei livelli di produzione e consumo. Il rallentamento della crescita sino a una sua sostenibile inversione è così l’unica soluzione seriamente adottabile, pur insieme a transizioni energetiche condivise, per avviare concrete ed efficaci contromisure immediate. Una consapevolezza che deve permeare l’azione diretta individuale e di gruppo e non essere relegata a pochi movimenti e alcuni “portavoce” politici o ad alta notorietà. Il cambiamento climatico richiede azioni chiare e urgenti piani di mitigazione. Ed è altrettanto urgente aumentare il dissenso verso i governi che voltano le spalle a un problema ora quotidianamente avvertito sia a livello globale che locale, rilanciando l’azione autogestita e diretta. Misurare il clima che cambia Comprendere il clima e i suoi mutamenti, locali e globali, richiede metodi di calcolo e grandi quantità di dati. Sono proprio i dati l’ingrediente principale di ogni studio climatologico: sia che si tratti di serie storiche, attraverso le quali ricostruire un’evoluzione rispetto al passato, sia che si osservino fenomeni recenti e in tempo reale, soprattutto nel caso di eventi estremi. La capacità di valutare e quantificare il mutamento del clima dipende così dalla qualità dei dati che provengono da moltitudini di misure di parametri diversi. Alle tradizionali misure meteorologiche ora si sono aggiunte diverse osservazioni marine, glaciali, nel terreno e in alta atmosfera. Uno sforzo scientifico senza distinzione di nazione o area geografica, che vede centinaia di ricercatori collaborare da discipline diverse: fisica dell’atmosfera, chimica, geologia, agronomia, biologia e metrologia. Con un percorso che parte dai laboratori di Torino, andremo a presentare strumenti e stazioni di misura, da quelle urbane all’alta montagna, dalla base artica all’Everest. Senza entrare in dettagli ingegneristici, accenneremo ai diversi strumenti che quotidianamente forniscono dati, sempre più affidabili, che riportano in modo chiaro come l’accelerazione del mutamento del clima sia un fenomeno perfino sottostimato. Un accenno a cosa può fare ognuno di noi per misurare e osservare fenomeni climaticamente rilevanti sarà anche parte della discussione. Andrea Merlone, fisico, è Dirigente di ricerca all’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM) e ricercatore associato all’Istituto di Scienze Polari del CNR. Si occupa di misure accurate di temperatura, avendo contribuito alla definizione del Kelvin e alla realizzazione di metodi sperimentali e strumenti scientifici. Da oltre un decennio si promuove studi e progetti sulle misure termiche per la climatologia e il miglioramento dei dati utili a comprendere il riscaldamento globale. Ha partecipato a diverse missioni, dalla piramide al campo base Everest, alle stazioni in Artico, dagli studi in alta montagna alle grotte. E’ autore di oltre 120 articoli su riviste scientifiche e presiede il comitato di esperti sulle misure di temperatura per l’ambiente della World Meteorological Organization (Agenzia delle Nazioni Unite per il clima e l’ambiente), di cui è delegato alla Commissione Climatologica. www.anarresinfo.org
January 16, 2025 / Anarres
Sabato 18 gen. Stato di Polizia
Sabato 18 gennaio Leggi di guerra, zone rosse, militari per le strade Il paradigma autoritario del governo Meloni Punto info al Balon dalle 10,30 alle 13,30 Il governo sperimenta nuovi meccanismi di esclusione e controllo degli indesiderabili. Muri invisibili ma concreti segmentano le città, separando chi può accedere liberamente nelle aree più pregiate e chi deve esserne tenuto fuori. Con le zone rosse e il daspo urbano il ministro dell’Interno ha arricchito la cassetta degli attrezzi della polizia di nuovi strumenti, che le forze del disordine statale possono utilizzare senza neppure scomodare un magistrato. La stretta securitaria, collaudata inizialmente a Bologna e Firenze, a dicembre si è estesa a Milano e Napoli, e con l’anno nuovo ha investito Roma, dove la morsa poliziesca durante il giubileo è imponente. A Torino il sindaco annuncia un approccio più “morbido”: niente zone rosse ma aree a “sorveglianza rinforzata”, come a Roma. Difficile cogliere le sfumature di fronte alla declinazione sabauda delle direttive governative. Nei fatti le forze di polizia possono allontanare con la forza chiunque, assuma “atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti”. Va da se che gli “atteggiamenti” non sono atti e, quindi gli uomini e le donne in divisa mandano via le persone il cui modo di stare in strada sia considerato, a loro arbitrio, indesiderabile. Queste direttive sono solo l’ultimo tassello del mosaico repressivo del governo, che colpisce ogni forma di contestazione e lotta politica e sociale. Il DDL 1236 – ex 1660 – approvato alla Camera in settembre ed oggi in discussione alla commissione giustizia del Senato si inserisce nel solco già aperto da altri provvedimenti (i decreti rave, Cutro, immigrazione, Caivano) che colpiscono i poveri, gli stili di vita non conformi, gli stranieri senza documenti. Le misure contro la socialità non mercificata, quelle contro i profughi e i migranti, l’affondo verso i giovani, la repressione dei movimenti di lotta sono le architravi del progetto repressivo del governo. Il DDL 1236 infligge colpi sempre più duri a chi lotta nei CPR e nelle carceri, a chi si batte contro gli sfratti, a chi occupa, a chi fa scritte su caserme e commissariati, a chi blocca una strada o un treno, a chi fa picchetti sui luoghi di lavoro, a chi sostiene e diffonde idee sovversive. Si criminalizzano i movimenti climatici, sociali e sindacali, anticarcerari e no border e si cerca di bloccarli, infliggendo lunghe pene detentive per banalissime pratiche di lotta politica e sociale. La logica di classe e di repressione verso chi cerca di cambiare il mondo intollerabile in cui viviamo è connaturata con l’ordinamento giudiziario democratico: ma i provvedimenti adottati da questo governo la rendono sempre più spudorata e violenta. Quest’insieme di nuove leggi rende sempre più forti i poteri di polizia, riducendo le pur esili tutele alla libertà di espressione, movimento, opposizione sociale. L’articolo 31 del DDL 1236 permette ai servizi segreti di entrare a far parte di organizzazioni terroristiche, cercando di assumerne il controllo, nella certezza dell’anonimato e dell’impunità per i reati commessi. Dulcis in fundo questi agenti provocatori legalizzati possono costruire e detenere bombe. Finisce la favola dei servizi segreti “deviati”, le mele marce che hanno burattinato, con la complicità dei fascisti, le tante stragi di Stato che hanno insanguinato il nostro paese negli anni Settanta ed Ottanta. Oggi, con i fascisti al potere, stanno per ottenere la licenza di strage. Di Stato. Per Legge. Lo stesso articolo prevede l’obbligo, di fatto, anche per università ed enti di ricerca di collaborare con i servizi segreti, inclusa la possibilità di derogare alle normative sulla riservatezza. In generale il fortissimo aumento delle pene, l’introduzione di nuovi reati, la meticolosa scelta dei soggetti da colpire e di quelli da tutelare sono il segno distintivo del DDL 1236. Più galera per molti, ma non per tutti, perché la trama dei vari provvedimenti di Meloni è esplicitamente autoritaria e di classe. Le lotte nelle carceri e nei CPR vengono perseguite in modo più duro perché chi le attua è dipinto come costitutivamente criminale, illegale, fuori norma. A questo governo non basta massacrare di botte, privare di ogni dignità, vuole seppellire in carcere chi da vita a rivolte nei luoghi di reclusione. Questo governo vuole mettere a tacere qualunque protesta, introducendo nell’ordinamento un reato collettivo, equiparato a quelli di mafia e terrorismo, che persegue anche le azioni non violente come lo sciopero della fame. Dalla criminalizzazione pubblica dell’opposizione politica e sociale scaturisce il reato di “terrorismo della parola”. Questi dispositivi si configurano come diritto penale del nemico, pur mantenendosi in una cornice universalista. Il diritto penale del nemico è informato ad una logica di guerra. In guerra i nemici vanno annientati, ridotti a nulla, privati di vita, libertà e dignità. Per il nemico non valgono le tutele formali riservate ai cittadini. Quando la logica bellica si applica al diritto, alcuni gruppi umani vengono repressi per quello che sono più che per quello che fanno. L’intera azione dell’esecutivo è informata a questo principio. Un principio sulle cui fondamenta sono stati costruiti i lager nazisti e i gulag staliniani. La definizione del “nemico” interno è squisitamente politica ed è appannaggio di chi detiene il potere di decidere chi mantiene le prerogative del “cittadino” e chi ne è privato perché considerato individualmente e collettivamente incompatibile con il nuovo ordine che il governo sta costruendo. Un ordine che non ha neppure bisogno delle famigerate “leggi eccezionali” del 1926 per colpire la libertà di scioperare, di scrivere e dire la propria, di lottare per casa, salute, libertà, dignità. Le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all’interno di una società. Oggi i fascisti al governo si sentono forti e giocano tutte le carte a loro disposizione per assicurarsi il totale controllo politico e il disciplinamento sociale. Il governo effettua una manovra a tenaglia, muovendosi contemporaneamente su più fronti. Oltre al piano squisitamente repressivo, Meloni punta ad una riforma istituzionale che renda ancora più forte l’esecutivo, e persegue un’egemonia culturale, che vede la scuola, i media e il territorio come spazi di conquista. Il fascismo sta tornando. Usano la cornice democratica per dare una secca svolta autoritaria al paese: segno che la democrazia è solo illusione di libertà e giustizia sociale. Fermarli è ancora possibile. Occorre rinforzare le reti ed i movimenti che si battono contro la svolta autoritaria e, insieme, mantenere fermo l’impegno contro la guerra, il militarismo, il patriarcato, le frontiere, lo sfruttamento, la devastazione ambientale, il nazionalismo. Il tempo è ora. 
January 16, 2025 / Anarres
Anarres del 10 gennaio. Stato di Polizia. Città delle armi: il Politecnico in prima fila. La Siria come l’Afganistan? Seconda puntata…
ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming. Ascolta e diffondi l’audio della puntata: > Anarres del 10 gennaio. Stato di Polizia. Città delle armi: il Politecnico in > prima fila. La Siria come l’Afganistan? Seconda puntata… Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti: Stato di Polizia. Zone rosse, profilazione etnica e sociale Il ministro dell’Interno ha arricchito la cassetta degli attrezzi della polizia con nuovi strumenti di controllo e punizione, che le forze del disordine statale possono utilizzare senza neppure scomodare un magistrato. Il Governo implementa le “zone rosse” nelle aree urbane. A Roma, nei prossimi due mesi nei quartieri Quarticciolo ed Esquilino, il prefetto Giannini ha disposto “zone a vigilanza rafforzata“: qui le forze di polizia possono allontanare con la forza chiunque, assuma “atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti”. Va da se che gli “atteggiamenti” non sono atti e, quindi, viene data alla polizia la possibilità di intervenire per spostare persone il cui modo di stare in strada sia considerato, a loro arbitrio, indesiderabile. Si tratta dell’estensione territoriale delle “zone rosse”, inizialmente disposte da Piantedosi a fine 2024 a Milano e Napoli città, dopo le prime sperimentazioni repressive di 3 mesi a Firenze e Bologna. Secondo il Viminale, dal 31 dicembre a oggi sono state controllate 25mila persone, con 228 allontanamenti coatti, quasi la metà dei quali solo a Milano: qui, su 8.303 controlli, 106 i provvedimenti disposti. Segue Bologna (7.613 controlli e 43 allontanamenti), Firenze (6.217 controlli, 68 allontanamenti) e infine Napoli (2.854 controlli, 11 allontanamenti). Nel frattempo il DDL 1660, passato in settembre alla Camera, dopo qualche mese in Commissione, approderà presto nell’aula del Senato. Ne abbiamo parlato con Eugenio Losco, avvocato milanese, che difende tanti indesiderabili politici e sociali. Città delle armi. Il coniglio dal cappello del Politecnico Il progetto di Città dell’Aerospazio, nuovo polo bellico a Torino, promosso da Leonardo, la maggiore industria armiera italiana, e dal Politecnico, è fermo dal 2021, quando venne annunciato per la prima volta l’avvio dei lavori. Nel 2023, in occasione della mostra mercato dell’industria aerospaziale di guerra, che si tiene ogni due anni a Torino, ci fu un nuovo annuncio, finito in nulla. Il 20 dicembre del 2024 il Politecnico ha tirato fuori dal cappello un bel mucchio di soldi. Nello specifico è stata annunciata la nascita di una “nuova infrastruttura tecnologica d’innovazione “IS4Aerospace – Knowledge Transfer Innovation Infrastructure for New Aerospace Challenges” dal valore complessivo di 23 milioni e 600mila euro, finanziata dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del PNRR e proposta dal Politecnico di Torino, che la coordina, insieme ad Avio Aero, Leonardo e Thales Alenia Space, che cofinanziano l’iniziativa in partenariato pubblico-privato.” IS4Aerospace descritto come primo tassello per la Città dell’Aerospazio, che ospiterà laboratori congiunti per ricerca e impiego di tecnologie chiave nel campo dei velivoli di prossima generazione. Il Politecnico fornisce sempre maggiore copertura ad un’operazione volta a migliorare la capacità bellica di cacciabombardieri, droni, satelliti impiegati sui tanti fronti di guerra. La Siria come l’Afganistan? Seconda puntata La repentina caduta del regime baathista in Siria ci ricorda quanto avvenne nell’agosto del 2021 in Afganistan. L’accordo tra Stati Uniti e talebani portò al rapido ritiro degli statunitensi da Kabul e all’affermarsi dei talebani dal “volto umano”, che per qualche tempo hanno finto di voler mantenere qualche libertà alle donne, prima di murarle vive nelle case-prigioni, senza alcun diritto. Oggi gli jihadisti siriani, promossi di colpo dai media al rango di “ribelli” si sono presi buona parte della Siria, mentre le truppe di Assad si sono ritirate quasi senza combattere. Il vero vincitore della guerra mondiale per procura che si è combattuta negli ultimi 13 anni in Sira è la Turchia, che profittando dell’indebolimento di Russia, Iran ed Hezbollah, gli storici alleati di Assad, ha dato il via libera alle truppe jihadiste che ha foraggiato e sostenuto in questi anni. Nel nord della Siria, pur sotto durissimo attacco dell’Esercito Siriano Libero, diretta emanazione della Turchia, le formazioni dell’SDF provano a difendere l’esperienza del confederalismo democratico ed a combattere il ritorno degli Jihadisti. Il mese scorso ne abbiamo parlato con Lollo, questa settimana ne abbiamo discusso con Stefano Capello Appuntamenti: Sabato 18 gennaio Leggi di guerra, zone rosse, militari per le strade Il paradigma autoritario del governo Meloni Punto info al Balon dalle 10,30 alle 13,30 Venerdì 31 gennaio Crisi climatica e azione diretta Strumenti di ricerca, misurazione, analisi e lotta ore 21 alla FAT corso Palermo 46 Torino Interverrà il fisico Andrea Merlone, Dirigente di ricerca all’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM) e ricercatore associato all’Istituto di Scienze Polari del CNR. A-Distro e SeriRiot ogni mercoledì dalle 18 alle 20 in corso Palermo 46 (A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini! Sostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato! Informati su lotte e appuntamenti! Contatti: Federazione Anarchica Torinese corso Palermo 46 Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30 per info scrivete a fai_torino@autistici.org Contatti: FB @senzafrontiere.to/ Telegram https://t.me/SenzaFrontiere Iscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org
January 16, 2025 / Anarres
Anarres del 20 dicembre. Transfemminismo: universale plurale. Città delle armi. Le case popolari e chi le occupa…
ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming. Ascolta e diffondi l’audio della puntata: > Anarres del 20 dicembre. Transfemminismo: universale plurale. Città delle > armi. Le case popolari e chi le occupa… Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti: Transfemminismo. Percorsi e prospettive per un approccio libertario alle questioni di genere I percorsi di libertà tracciati dalle soggettività tenute ai margini dalla cultura patriarcale hanno scosso dalle fondamenta un ordine che pareva immutabile arrivando a spezzarne la logica binaria ed essenzialista. (…) La critica all’essenzialismo si nutre della decostruzione delle identità di genere. Concepire l’identità, ogni identità, come costruzione sociale, confine mobile tra inclusione ed esclusione, è un approdo teorico che si alimenta della rottura operata dal femminismo e dai movimenti lgbtqia+. La sfida è su più fronti. Sfida allo Stato (etico), al patriarcato reattivo e al capitalismo. Una sfida che non è mera astrazione o suggestione filosofica, ma si attua nel convergere delle lotte, delle prospettive e degli immaginari capaci di dar vita ad una prospettiva inedita. Il sommarsi di diverse cesure identitarie, che spesso coincidono con varie forme di esclusione, permette una contestazione permanente del privilegio nei confronti delle gerarchie di potere. Le “identità sessuali”, anche nel loro farsi storico, non sono un conglomerato concettuale da cui partire, ma semmai la questione stessa. Oltrepassarle per cancellarle è un percorso complesso, perché investe una dimensione del sé che, pur squisitamente culturale, è tanto forte ed introiettata sin dalla nascita da parerci naturale. Al punto che gli stereotipi di genere finiscono con l’essere fatti propri persino da chi rifiuta quello che gli/le è stato assegnato alla nascita. Il costruzionismo queer attua la strategia di decostruire le identità che passano come naturali considerandole invece come complesse formazioni socio-culturali in cui si intrecciano discorsi diversi. Un approccio libertario deve e può andare oltre la decostruzione delle narrazioni che costituiscono le identità di genere, perché vi innesta l’elemento di rottura rappresentato dall’agire politico e sociale di soggetti, che si costituiscono a partire dalle proprie molteplici alterità, rivendicate ed esperite sul piano della lotta. Soggetti capaci di una autonoma produzione di senso, di relazioni, di pratiche sovversive rispetto all’ordine patriarcale, alla logica binaria, alla naturalizzazione delle relazioni sociali. Un percorso importante ma delicato, perché, in modo del tutto paradossale, talora la spinta ad aprire spazi che aspirano al riconoscimento delle cesure discriminanti che segnano le vite di tante persone, finisce con il produrre un cortocircuito identitario. Always on the move/ La città delle armi Era la capitale dell’auto. L’industria automobilistica era indicata tra le eccellenze cittadine nei cartelli di ingresso alla città. Torino è stata attraversata da due processi trasformativi paralleli: la città vetrina e la città delle armi. Il primo è il fulcro della narrazione pubblica, il secondo viene occultato tra satelliti ed esplorazioni spaziali. La lenta ma inesorabile fuga della Fiat, ormai solo più un marchio per le auto, ha decretato la decadenza e l’impoverimento della città. Sulle macerie di quella storia le amministrazioni comunali degli ultimi vent’anni, hanno provato a costruire, con alterna fortuna, “la città vetrina per i grandi eventi”, una scelta dalle conseguenze politiche e sociali devastanti, perché si è basata su violente dinamiche di controllo sociale ed interventi di riqualificazione escludente, una sempre più netta dinamica di gentrification. Il 13 dicembre vi abbiamo proposto una lettura ragionata della parte dedicata alla città vetrina, in questa puntata ci siamo occupati di città delle armi. Le case popolari e chi le occupa Francesco Migliaccio conserva un piccolo archivio di articoli dalle pagine cittadine di La Stampa e la Repubblica. Non è sistematico, eppure contiene numerose cronache sugli sgomberi di appartamenti occupati in palazzine di edilizia residenziale pubblica. La sinistra che governa la città (buona e inclusiva) e la destra a capo della regione (cinica e cattiva) sono complementari e collaborano nella guerra contro i nemici pubblici degli ultimi mesi: gli occupanti di case, i disperati nei camper parcheggiati in angoli d’asfalto. Il linguaggio di giornalisti e rappresentanti delle istituzioni è sempre approssimativo, abile ad alternare l’ipocrisia al razzismo. Di certo dai loro discorsi sono rimosse le cause materiali, e storiche, che costringono le persone a occupare le case popolari lasciate vuote e abbandonate. Ne abbiamo parlato con Francesco, autore di un articolo uscito su Monitor Appuntamenti: Mercoledì 8 gennaio riaprono (A)distro e SeriRiot dalle 18 alle 20 in corso Palermo 46 (A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini! Sostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato! Informati su lotte e appuntamenti! Venerdì 31 gennaio Crisi climatica e azione diretta Strumenti di ricerca, misurazione, analisi e lotta ore 21 alla FAT corso Palermo 46 Torino Interverrà il fisico Andrea Merlone, Dirigente di ricerca all’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM) e ricercatore associato all’Istituto di Scienze Polari del CNR. Contatti: Federazione Anarchica Torinese corso Palermo 46 Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30 Siamo in pausa per fine anno Ci rivediamo il 7 gennaio. per info scrivete a fai_torino@autistici.org Contatti: FB @senzafrontiere.to/ Telegram https://t.me/SenzaFrontiere Iscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org
December 29, 2024 / Anarres
Transfemminismo. Percorsi e prospettive
Universale singolare. Transfemminismo e anarchia I percorsi di libertà tracciati dalle soggettività tenute ai margini dalla cultura patriarcale hanno scosso dalle fondamenta un ordine che pareva immutabile arrivando a spezzarne la logica binaria ed essenzialista. La logica binaria è quella che divide le persone in base al sesso attribuito alla nascita cui si pretende corrispondano precise caratteristiche di genere. Il binarismo implica uno iato tra il più ed il meno, il pieno e il vuoto, il vaso e il seme, lo spazio dei sentimenti e quello della ragione. Questa logica, che si pretende naturale, fonda l’ordine patriarcale. L’universale umano nasce e resta a lungo saldamente maschile. Un maschile cui vengono iscritte le qualità intrinseche che “giustificano” la gerarchia tra i generi, all’interno della gabbia normativa familiare e nella lunga esclusione delle donne dalla vita pubblica. L’ordine patriarcale si fonda sulla pretesa che la gerarchia sia biologicamente fondata e su questa costruisce una cultura in cui si danno identità costanti, fisse, socialmente definite. La servitù femminile non è stata caratteristica di tutte le culture umane, ma è stata ed è prevalente a tutte le latitudini. La dinamica patriarcale fa si che la gerarchia si riproduca in ogni relazione umana. Spezzare l’ordine patriarcale è necessario ad una trasformazione sociale di segno libertario. Essenzialismo, decostruzione queer e approccio anarchico Con essenzialismo intendiamo la scelta di considerare giuste ed immutabili tipizzazioni di genere del tutto culturali. La critica all’essenzialismo si nutre della decostruzione delle identità di genere. Concepire l’identità, ogni identità, come costruzione sociale, confine mobile tra inclusione ed esclusione, è un approdo teorico che si alimenta della rottura operata dal femminismo e dai movimenti lgbtqia+. La sfida è su più fronti. Sfida allo Stato (etico), al patriarcato reattivo e al capitalismo. Una sfida che non è mera astrazione o suggestione filosofica, ma si attua nel convergere delle lotte, delle prospettive e degli immaginari capaci di dar vita ad una prospettiva inedita. Il sommarsi di diverse cesure identitarie, che spesso coincidono con varie forme di esclusione, permette una contestazione permanente del privilegio nei confronti delle gerarchie di potere. Le “identità sessuali”, anche nel loro farsi storico, non sono un conglomerato concettuale da cui partire, ma semmai la questione stessa. Oltrepassarle per cancellarle è un percorso complesso, perché investe una dimensione del sé che, pur squisitamente culturale, è tanto forte ed introiettata sin dalla nascita da parerci naturale. Al punto che gli stereotipi di genere finiscono con l’essere fatti propri persino da chi rifiuta quello che gli/le è stato assegnato alla nascita. Il costruzionismo queer attua la strategia di decostruire le identità che passano come naturali considerandole invece come complesse formazioni socio-culturali in cui si intrecciano discorsi diversi. Un approccio libertario deve e può andare oltre la decostruzione delle narrazioni che costituiscono le identità di genere, perché vi innesta l’elemento di rottura rappresentato dall’agire politico e sociale di soggetti, che si costituiscono a partire dalle proprie molteplici alterità, rivendicate ed esperite sul piano della lotta. Soggetti capaci di una autonoma produzione di senso, di relazioni, di pratiche sovversive rispetto all’ordine patriarcale, alla logica binaria, alla naturalizzazione delle relazioni sociali. Un percorso importante ma delicato, perché, in modo del tutto paradossale, talora la spinta ad aprire spazi che aspirano al riconoscimento delle cesure discriminanti che segnano le vite di tante persone, finisce con il produrre un cortocircuito identitario. Proviamo a spiegarci meglio. Nessuno meglio di chi vive una discriminazione può renderla intelleggibile a tutt* e promuovere istanze che consentano un percorso di liberazione. Il movimento femminista, quello LGBTQIA+, prendono le mosse dalla presa di parola autonoma, dalla contestazione del linguaggio che marca la gerarchia, dalla frantumazione della materialità dell’oppressione. Se l’universale è maschile, europeo, ricco, eterosessuale, il resto è margine inessenziale, che va sottomesso, negato, asservito e, spesso anche eliminato. Quindi la parola libera di chi era (ed è) la striscia bianca ai lati del grande libro della storia umana è intrisecamente sovversiva. Quando questa parola entra nel discorso pubblico lo modifica in modo radicale: ha un ruolo cruciale nel frantumare ogni logica escludente ed oppressiva. I processi di soggettivazione degli esclusi dall’astratto universale illuminista hanno innescato percorsi trasformativi, in cui le differenze e, quindi, il frantumarsi del soggetto politico borghese, maschio, eterosessuale, ricco, di cultura europea hanno aperto un orizzonte di lotta inedito. Si è trattato di un percorso lungo, non terminato, che purtroppo oggi rischia di perdersi in mille rivoli identitari chiusi in se stessi, incapaci di aspirare collettivamente ad un universale includente. In certi ambiti di movimento la presa di parola ed iniziativa degl* esclus* si declina nella pretesa che la sola parola legittima sia quella di chi vive una discriminazione. Agl* altr* è concesso solo “mettersi in ascolto”. Da qui al negoziare il proprio diritto all’alterità con il riconoscimento acritico di qualsiasi altro percorso identitario, il percorso è breve. Il rischio, evidente, è l’affermarsi di una nuova, più subdola, forma di essenzialismo, che spesso si interseca con una lettura distorta dei percorsi decoloniali, che finisce con il legittimare nazionalismi, comunitarismi, identitarismi religiosi. Su questo terreno è necessario un lungo lavoro di elaborazione teorica e, insieme, una capacità di attraversare gli ambiti transfemministi e queer con proposte e orizzonti di lotta di segno libertario. Femminismi della differenza e transfemminismo I femminismi della differenza sono lo specchio capovolto del dominio maschile. Binarismo ed essenzialismo permangono in questi femminismi, che, pur negando il disvalore delle donne, riproducono al femminile le gerarchie tipiche delle culture fondate sul dominio maschile ed eterosessuale. Il mero afflato paritario sul piano dei diritti si limita a riempire il vuoto, inserire l’eguale, dare corpo al vaso, attenuare la dicotomia tra ragione e sentimento, senza spezzare la logica binaria. Sono femminismi incapaci di cogliere come il patriarcato sia uno dei tasselli che disegnano il mosaico di società basate sulla competizione, lo sfruttamento, la violenza sistemica nei confronti di chi è posto ai margini. Questi femminismi sono facilmente riassorbibili nell’ordine statale e capitalista. Al contrario il transfemminismo all’alba del terzo decennio del secolo esperisce la possibilità di passare dal genere all’individuo, dalla gerarchia sessualizzata alla molteplicità. È un femminismo che, in ogni angolo del pianeta, si deve confrontare con l’estrema violenza della reazione patriarcale, che si traduce sia in gabbie normative, sia in violenza sistemica nei confronti delle identità mobili, irriducibili ad ogni logica binaria. Chi vive al di là e contro i generi, i ruoli, le maschere ha una forza dirompente, perché sbriciola il binarismo e l’essenzialismo. All’interno delle nostre società questi percorsi fanno paura. Per le destre e per le religioni la difesa di identità rigide ed escludenti diviene il centro nevralgico dell’azione politica. Il piedistallo “identitario” è la base che regge la pretesa di disciplinare identità e corpi non conformi. Sanno bene che l’ordine del padre si incrina di fronte alle donne ribelli, alle identità ibride, transeunti, fluide, in viaggio, mutanti, quando l’io diviene approdo di percorsi irriducibilmente individuali ma esperiti nella forza di lotte collettive. La reazione patriarcale Le destre identitarie e sovraniste, sostengono il capitalismo e la divisione in classi, ma li vorrebbero mitigati da un forte stato etico, saldamente fondato sulla famiglia, sulla nazione, sulla religione. Dio, patria, famiglia, un assioma che non disturba gli affari ma rimette in ordine il mondo. A tutte le latitudini del pianeta si attacca la materialità dei percorsi di liberazione che hanno segnato il secolo scorso. La libertà di decidere sulla maternità, l’uso normalizzante della psichiatria, sino alla negazione dell’accesso all’istruzione, al lavoro, alla stessa possibilità di muoversi in autonomia segnano le vite di tanta parte delle donne e delle persone non conformi che vivono su questo pianeta. Vi è profonda assonanza tra le politiche delle destre dell’Occidente “democratico” e quelle dei paesi dove si sono imposte varie forme di fondamentalismo religioso. La “famiglia” come nucleo etico rappresenta l’elemento normalizzatore di “anomalie”, che le lotte delle donne, delle persone omosessuali, asessuali, transgender, hanno reso visibili e pericolose per ogni pretesa di socializzazione autoritaria dei bambini, delle bambine, dei bambinu. Non solo. Oggi il disciplinamento delle donne, specie di quelle povere, è parte del processo di asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Ne è uno dei cardini, perché il lavoro di cura non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale. Un “sinistro” essenzialismo Il lutto per le identità forti, smarrite e da ritrovare, attraversa anche certa sinistra, orfana di una narrazione che dia senso al proprio mondo. La deriva identitaria non è mero patrimonio delle destre sovraniste, localiste, fasciste, misogine, omofobe, razziste, perché sfiora anche ambiti di movimento, che si pretendono distanti dall’approccio essenzialista della destra. La reazione alla violenza del capitalismo, all’anomia della merce, alla feroce logica del profitto, alla paura dell’onnipotenza della tecnica rischiano di produrre mostri peggiori di quelli da cui si fugge. L’anarchismo si sta confrontando con un mondo dove ci sono stati cambiamenti epocali. Nel giro di pochi decenni siamo passati dal pallottoliere al web, dalla macchina fotografica alle immagini satellitari, dalle lettere alle chat, dai sorveglianti umani agli occhi elettronici, dal posto fisso alla precarietà strutturale, dal lavoro alla catena alle catene del telelavoro. Un lungo processo di straniamento. Il moloch tecnologico, assunto come nemico totale, ha aperto la strada ad un anarchismo che fugge in un passato immaginario, dove germogli un futuro che nega l’umano, così come si è costruito nel processo di civilizzazione, identificato tout court con la nascita e il consolidarsi della gerarchia, del dominio, della violenza dei pochi sui molti. Il futuro diviene “primitivo”, nel senso etimologico del termine, un tempo-spazio dove si torna al primus, ad una dimensione in cui l’umano si (ri)naturalizza, in una concezione essenzialista e non culturale della “natura”. Una fuga nichilista che riflette l’impotenza di fronte ad una complessità che non si riesce a capire né a controllare: il moloch può essere distrutto solo a prezzo di rinunciare alla libertà, per rifugiarci tra le braccia esigenti e soffocanti della natura-madre. Il processo di rinaturalizzazione dell’umano operato da queste correnti nega i percorsi costruiti dalle identità fluide, disancorate, in viaggio che si reinventano fuori e contro la logica binaria dei generi. Fuggire al dominio della merce, al controllo dello stato, alla paura della tecnica che si ritiene impossibile controllare, porta a negare la diversità e pluralità dei percorsi individuali. Manca la gerarchia formale ma non c’è traccia di libertà. L’unica libertà è quella di adeguarsi ad essere quello che “spontaneamente” saremmo, se le incrostazioni della “civiltà” non si avessero snaturat*. Da qui a negare l’aborto, le tecniche contraccettive non “naturali”, l’utilizzo di ormoni e tecniche chirurgiche per modificare il proprio corpo, il passo è stato breve. La negazione dei percorsi di decostruzione del genere conduce ad approdi non troppo distanti da quelli delle religioni e delle destre fasciste. Le questioni di genere vengono relegate ai margini di un discorso di trasformazione sociale, che, nella migliore delle ipotesi, le considera inessenziali. Universale plurale I corpi fuori norma, i corpi fuori luogo, che scientemente si sottraggono alla logica identitaria, per fare i conti con le cesure che il genere, la classe, la razza hanno imposto ai singoli, sono pericolosamente sovversivi. Le dislocazioni, i transiti e le ricombinazioni che rompono con qualsiasi pretesa di pietrificare le identità, frantumano l’essenzialismo ed aprono una sfida radicale, insuscettibile di riassorbimento in logiche gerarchiche e capitaliste. Lo scarto degl* esclus* non è iscritto nella natura ma nemmeno nella cultura, è solo una possibilità, la possibilità che ha sempre chi si libera: cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi. Nessuna posizione può pretendere di riassumere in se l’oppressione e i relativi percorsi di liberazione, se non divenendo, a sua volta, escludente. In questa prospettiva il relativismo dei posizionamenti, viene superato dall’universalismo della spinta ad una radicale trasformazione della società. L’universale occidentale, costitutivamente escludente e marginalizzante nei confronti di tutt* coloro che non sono considerat* pienamente cittadini (poveri, migranti, donne, soggettività non conformi alla norma etero-cispatriarcale, ecc.), e il relativismo assoluto, sostanzialmente acritico nei confronti di usanze e pratiche spesso pesantemente oppressive, sono due facce della stessa medaglia. Si pongono in posizione equidistante rispetto alla concreta prospettiva di un universale plurale in via di costruzione, che scaturisce dai percorsi di lotta intrapresi dai movimenti. Movimenti in cui hanno un ruolo importante coloro che si soggettivano a partire dalla consapevolezza della propria condizione e sanno, insieme, sperimentare strade in cui ogni gabbia identitaria viene spezzata. Non è mera astrazione, ma la prospettiva concreta del pluriverso, un mondo nel quale convivono più mondi, nel quale sia possibile valorizzare al massimo la diversità nell’uguaglianza, la libertà di tutt* e di ciascun*. Il femminismo libertario e anarchico pone al centro una critica radicale dell’istituito, perché ciascun* attraversi la propria vita con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci. Lo sguardo transfemminista è imprescindibile per un processo rivoluzionario che miri al sovvertimento in senso anarchico dell’ordine sociale e politico in cui siamo forzat* tutt* a vivere. Il percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie. Una scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico. (questo testo è frtto del confronto tra le compagne e i compagni della FAT)
December 27, 2024 / Anarres
Anarres del 13 dicembre. La Siria come l’Afganistan? Codice della strada in salsa proibizionista. Ultimo attacco ai migranti…
ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming. Ascolta e diffondi l’audio della puntata: > Anarres del 13 dicembre. La Siria come l’Afganistan? Codice della strada in > salsa proibizionista. Ultimo attacco ai migranti… Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti: La Siria come l’Afganistan? La repentina caduta del regime baathista in Siria ci ricorda quanto avvenne nell’agosto del 2021 in Afganistan. L’accordo tra Stati Uniti e talebani portò al rapido ritiro degli statunitensi da Kabul e all’affermarsi dei talebani dal “volto umano”, che per qualche tempo hanno finto di voler mantenere qualche libertà alle donne, prima di richiuderle nelle case-prigioni, senza alcun diritto. Oggi gli jihadisti siriani, promossi di colpo dai media al rango di “ribelli” si sono presi buona parte della Siria, mentre le truppe di Assad si sono ritirate quasi senza combattere. Il vero vincitore della guerra mondiale per procura che si è combattuta negli ultimi 13 anni in Sira è la Turchia, che profittando dell’indebolimento di Russia, Iran ed Hezbollah, gli storici alleati di Assad, ha dato il via libera alle truppe jiadiste che ha foraggiato e sostenuto in questi anni. Nel nord della Siria, dove, pur sotto durissimo attacco dell’Esercito Siriano Libero, diretta emanazione della Turchia, le formazioni YPG e provano, non senza aporie, a salvare l’esperienza del confederalismo democratico ed a combattere il ritorno degli Jihadisti. Ne abbiamo parlato con Lollo Il nuovo codice della strada targato Salvini Le nuove norme approvate definitivamente dal Senato il 20 novembre sono entrate in vigore a metà dicembre. Si tratta di una nuova stretta repressiva, con particolare attenzione a telefonini, alcool e sostanze. Ne abbiamo parlato con Robertino Barbieri L’ultima mazzata del governo contro i migranti Un’ulteriore stretta per ONG e diritto di asilo è arrivata travestita da decreto flussi. Il decreto flussi è diventato legge dopo il via libera definitivo al Senato, che lo ha votato con la fiducia imposta dal governo: 99 i sì, 65 i no e 1 astenuto. Il decreto criminalizza ulteriormente le ONG che praticano il soccorso dei migranti in mare: è prevista tra l’altro la confisca definitiva delle navi che fanno soccorso, oltre ad aumentare in maniera importante le sanzioni economiche. Sarà inoltre ridotto da 60 giorni a 10 il termine entro il quale le ONG possono impugnare davanti al Prefetto il provvedimento di fermo amministrativo ottenuto in seguito al salvataggio di persone in mare. Il consiglio superiore della magistratura ha dato parere negativo sul trasferimento della competenza sulle domande di asilo alle corti di appello, ma si tratta di un parere non vincolante. Appuntamenti: (A)distro e SeriRiot riapre mercoledì 8 gennaio dalle 18 alle 20 in corso Palermo 46 (A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini! Sostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato! Informati su lotte e appuntamenti! Contatti: Federazione Anarchica Torinese corso Palermo 46 Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30 ora siamo in pausa per la fine dell’anno. Ci rivediamo il 7 gennaio. per info scrivete a fai_torino@autistici.org FB @senzafrontiere.to/ Telegram https://t.me/SenzaFrontiere Iscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org
December 25, 2024 / Anarres