ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie
concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche
in streaming
Ascolta e diffondi l’audio della puntata:
https://radioblackout.org/podcast/anarres-del-10-ottobre-la-guerra-civile-di-trump-la-tregua-a-gaza-unorizzonte-oscuro/
Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:
Stati Uniti. La guerra civile di Trump
La feroce battaglia dell’amministrazione statunitense contro gli immigrati senza
documenti che ne autorizzino il soggiorno negli States si sta sempre più
trasformando in una guerra civile contro gli stati governati dai Democratici.
Le forze dell’ICE impiegate sempre più massicciamente per “affiancare” le
polizie locali accusate di non avere il polso necessario per contrastare gli
“irregolari” non bastano più a Trump, che ha deciso di mettere in campo la
Guardia Nazionale.
La Guardia Nazionale è la principale forza di riservisti degli Stati Uniti: i
suoi membri sono chiamati in base alla necessità, e di solito fanno altri
mestieri. È un corpo organizzato su base statale, e le truppe sono comandate dai
governatori dei singoli stati, che le usano quasi sempre come una sorta di
protezione civile in occasione di catastrofi naturali. Ma la legge prevede che
in casi eccezionalmente gravi il presidente possa assumere il comando della
Guardia Nazionale di uno stato, quando la sicurezza nazionale è in pericolo.
Negli scorsi mesi Trump ha usato questi poteri moltissime volte, con una
frequenza e un’ampiezza mai viste prima, per inviare la Guardia Nazionale in una
serie di città tutte governate dal Partito Democratico. Lo ha fatto non per
rispondere a emergenze eccezionali, come vorrebbe la legge, ma con motivazioni
che sono state spesso giudicate gonfiate, se non false.
Ora nel mirino ci sono l’Oregon e Chicago, de l’Ice ha attaccato un block, un
quartiere, arrivando a sparare persino ai poliziotti locali.
Ne abbiamo parlato con Robertino Barbieri
La tregua. Un orizzonte oscuro
Il 10 ottobre, quando abbiamo effettuato questa puntata, era prevista l’entrata
in vigore dell’accordo per il cessate il fuoco siglato dal governo israeliano e
da quello di Gaza.
Le riflessioni che seguono sono state fatte in quel momento: tenetene conto.
La tregua prevedeva la sospensione dei bombardamenti, la liberazione di ostaggi
e prigionieri politici, l’arrivo di scorte alimentari, medicinali e aiuti per la
popolazione gazawi stremata da due anni di guerra.
Sin qui tutto bene. La sospensione dei massacri è comunque una buona notizia,
tuttavia l’orizzonte appare del tutto oscuro.
L’accelerazione impressa da Israele con l’attacco a Gaza City, l’enorme ondata
di indignazione di fronte ad una popolazione bombardata e affamata ha provocato
un isolamento internazionale di Israele che non ha precedenti. Il crescere in
Israele di un’opposizione al genocidio che, per quanto minimizzata dai
sostenitori nostrani di Hamas ed alleati, è cresciuta per tutta l’estate,
culminando in uno sciopero generale di grande portata, è stata un ulteriore
segnale che le basi di consenso al governo Netanyahu si stanno erodendo.
Hamas, sconfitto, privato dei tradizionali appoggi, sebbene sia riuscito a
soffocare nel sangue le rivolte della scorsa primavera, sapeva bene di stare
esaurendo i propri crediti, ha accettato una tregua alla quale si dichiarava
disponibile da mesi.
Se il piano Trump dovesse trovare completa attuazione per la popolazione gazawi
sarebbe una ulteriore sconfitta. Dopo due decenni di dittatura islamista, dopo
due anni di pulizia etnica di Israele, rischia di diventare una colonia con un
governo fantoccio.
Le responsabilità di chi, alle nostre latitudini, ha assunto un atteggiamento
campista, di appoggio acritico alla resistenza, sono enormi.
Ai palestinesi serve il pane. Ma servono anche le rose. E la libertà. Quella
vera
A noi tutti serve un mondo senza stati, frontiere, eserciti.
Ne abbiamo discusso con Lorenzo
Appuntamenti:
4 novembre
Smilitarizziamo la città!
Noi disertiamo
Il 4 novembre, nell’anniversario della “vittoria” nella prima guerra mondiale,
in Italia si festeggiano le forze armate, si festeggia un immane massacro per
spostare un confine.
In quella guerra a migliaia scelsero di gettare le armi e finirono davanti ai
plotoni di esecuzione.
La memoria dei disertori e dei senzapatria di allora vive nella solidarietà
concreta con chi oggi diserta le guerre che insanguinano il pianeta.
Le celebrazioni militari del 4 novembre, servono a giustificare enormi spese
militari, l’invio delle armi e l’impegno diretto dell’Italia nelle missioni
militari all’estero, in difesa dei propri interessi neocoloniali.
In ogni dove ci sono governi che pretendono che si uccida per spostare un
confine, per annientare i “nemici”, altri esseri umani massacrati in nome della
patria, della religione, degli interessi di pochi potenti.
In ogni dove c’è chi si oppone, c’è chi diserta, chi straccia le bandiere di
ogni nazione, perché sa che solo un’umanità internazionale potrà gettare le
fondamenta di quel mondo di libere e liberi ed uguali che ciascuno di noi porta
nel proprio cuore.
A due passi dalle nostre case ci sono le fabbriche che costruiscono le armi
usate nelle guerre che insanguinano il pianeta.
Nelle scuole bambine, bambini, ragazze e ragazzi, vengono sottoposti ad una
martellante campagna di arruolamento, ad una sempre più marcata propaganda
nazionalista.
Nelle strade della nostra città militari armati di mitra e manganello affiancano
polizia e carabinieri nel controllo, etnicamente mirato, delle periferie più
povere.
Vogliono farci credere che non possiamo fare nulla per contrastare le guerre.
Chi promuove, sostiene ed alimenta le guerre ci vorrebbe impotenti, passivi,
inermi. Non lo siamo.
In ogni dove c’è chi diserta, chi lotta contro le guerre degli stati.
Noi siamo al fianco di chi diserta la guerra.
Ogni volta che un militare entra in una scuola possiamo metterci di mezzo,
quando sta per aprire una fabbrica d’armi possiamo metterci di mezzo, quando
decidono di fare esercitazioni vicino alle nostre case possiamo metterci di
mezzo.
Le guerre cominciano da qui.
Contro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!
Contro la guerra e chi la arma!
Via i mercanti d’armi!
Sabato 29 novembre
corteo antimilitarista
ore 14,30 corso Giulio Cesare angolo via Andreis
Martedì 2 dicembre
giornata di blocco all’Oval Lingotto in via Matté Trucco 70
No all’aerospace and defence meetings!
A-Distro e SeriRiot
ogni mercoledì
dalle 18 alle 20
in corso Palermo 46
(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro
SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte
Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!
Sostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!
Informati su lotte e appuntamenti!
Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30
per info scrivete a fai_torino@autistici.org
Contatti:
FB
@senzafrontiere.to/
Telegram
https://t.me/SenzaFrontiere
Iscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org
Source - Anarres
Il pianeta delle utopie concrete
SABATO 25 OTTOBRE
DALLE 11 ALLE 14
PUNTO INFO ANTIMILITARISTA AL BALON
4 novembre
Smilitarizziamo la città!
l 4 novembre, nell’anniversario della “vittoria” nella prima guerra mondiale, in
Italia si festeggiano le forze armate, si festeggia un immane massacro per
spostare un confine.
In quella guerra a migliaia scelsero di gettare le armi e finirono davanti ai
plotoni di esecuzione.
La memoria dei disertori e dei senzapatria di allora vive nella solidarietà
concreta con chi oggi diserta le guerre che insanguinano il pianeta.
Le celebrazioni militari del 4 novembre, servono a giustificare enormi spese
militari, l’invio delle armi e l’impegno diretto dell’Italia nelle missioni
militari all’estero, in difesa dei propri interessi neocoloniali.
In ogni dove ci sono governi che pretendono che si uccida per spostare un
confine, per annientare i “nemici”, altri esseri umani massacrati in nome della
patria, della religione, degli interessi di pochi potenti.
In ogni dove c’è chi si oppone, c’è chi diserta
le guerre degli Stati, chi straccia le bandiere di ogni nazione, perché sa che
solo un’umanità internazionale potrà gettare le fondamenta di quel mondo di
libere e liberi ed uguali che ciascuno di noi porta nel proprio cuore.
A due passi dalle nostre case ci sono le fabbriche che costruiscono le armi
usate nelle guerre che insanguinano il pianeta.
Torino sta diventando uno dei maggiori centri dell’industria bellica:
cacciabombardieri, droni, sistemi di puntamento vengono progettati a costruiti
nella nostra città.
Dal 2 al 4 dicembre sbarcheranno a Torino le principali industrie del settore a
livello mondiale per la decima edizione dell’Aerospace and defense meetings,
mercato internazionale dell’industria aerospaziale di guerra.
Un evento a porte chiuse, riservato agli addetti ai lavori: governi, eserciti,
agenzie di contractor che faranno buoni affari. Affari di morte. La scorsa
edizione sono stati siglati 9.000 contratti di vendita di congegni micidiali,
destinati a tutti i teatri di guerra.
Nelle scuole bambine, bambini, ragazze e ragazzi, vengono sottoposti ad una
martellante campagna di arruolamento, ad una sempre più marcata propaganda
nazionalista.
Nelle strade della nostra città militari armati di mitra e manganello affiancano
polizia e carabinieri nel controllo, etnicamente mirato, delle periferie più
povere.
Vogliono farci credere che non possiamo fare nulla per contrastare le guerre.
Chi promuove, sostiene ed alimenta le guerre ci vorrebbe impotenti, passivi,
inermi. Non lo siamo.
Ogni volta che un militare entra in una scuola possiamo metterci di mezzo,
quando sta per aprire una fabbrica d’armi possiamo metterci di mezzo, quando
decidono di fare esercitazioni
vicino alle nostre case possiamo metterci di mezzo.
Le guerre cominciano da qui.
Contro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!
Martedì 4 novembre.
Smilitarizziamo la città!
Via i mercanti d’armi!
Sabato 29 novembre
corteo antimilitarista
ore 14,30 corso Giulio Cesare angolo via Andreis
Martedì 2 dicembre
blocc
hiamo i mercanti armi
all’Oval Lingotto in via Matté Trucco 70
No all’aerospace and defense meetings!
Contro la guerra e chi la arma!
Assemblea antimilitarista
Corso Palermo 46 – riunioni ogni martedì alle 20,30
www.anarresinfo.org
Il 4 novembre, nell’anniversario della “vittoria” nella prima guerra mondiale,
in Italia si festeggiano le forze armate, si festeggia un immane massacro per
spostare un confine.
In quella guerra a migliaia scelsero di gettare le armi e finirono davanti ai
plotoni di esecuzione.
La memoria dei disertori e dei senzapatria di allora vive nella solidarietà
concreta con chi oggi diserta le guerre che insanguinano il pianeta.
Le celebrazioni militari del 4 novembre, servono a giustificare enormi spese
militari, l’invio delle armi e l’impegno diretto dell’Italia nelle missioni
militari all’estero, in difesa dei propri interessi neocoloniali.
In ogni dove ci sono governi che pretendono che si uccida per spostare un
confine, per annientare i “nemici”, altri esseri umani massacrati in nome della
patria, della religione, degli interessi di pochi potenti.
In ogni dove c’è chi si oppone, c’è chi diserta le guerre degli Stati, chi
straccia le bandiere di ogni nazione, perché sa che solo un’umanità
internazionale potrà gettare le fondamenta di quel mondo di libere e liberi ed
uguali che ciascuno di noi porta nel proprio cuore.
A due passi dalle nostre case ci sono le fabbriche che costruiscono le armi
usate nelle guerre che insanguinano il pianeta.
Torino sta diventando uno dei maggiori centri dell’industria bellica:
cacciabombardieri, droni, sistemi di puntamento vengono progettati a costruiti
nella nostra città.
Dal 2 al 4 dicembre sbarcheranno a Torino le principali industrie del settore a
livello mondiale per la decima edizione dell’Aerospace and defense meetings,
mercato internazionale dell’industria aerospaziale di guerra.
Un evento a porte chiuse, riservato agli addetti ai lavori: governi, eserciti,
agenzie di contractor che faranno buoni affari. Affari di morte. La scorsa
edizione sono stati siglati 9.000 contratti di vendita di congegni micidiali,
destinati a tutti i teatri di guerra.
Nelle scuole bambine, bambini, ragazze e ragazzi, vengono sottoposti ad una
martellante campagna di arruolamento, ad una sempre più marcata propaganda
nazionalista.
Nelle strade della nostra città militari armati di mitra e manganello affiancano
polizia e carabinieri nel controllo, etnicamente mirato, delle periferie più
povere.
Vogliono farci credere che non possiamo fare nulla per contrastare le guerre.
Chi promuove, sostiene ed alimenta le guerre ci vorrebbe impotenti, passivi,
inermi. Non lo siamo.
Ogni volta che un militare entra in una scuola possiamo metterci di mezzo,
quando sta per aprire una fabbrica d’armi possiamo metterci di mezzo, quando
decidono di fare esercitazioni vicino alle nostre case possiamo metterci di
mezzo.
Le guerre cominciano da qui.
Contro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!
MARTEDÌ 4 NOVEMBRE.
SMILITARIZZIAMO LA CITTÀ!
VIA I MERCANTI D’ARMI!
SABATO 29 NOVEMBRE
CORTEO ANTIMILITARISTA
ORE 14,30 CORSO GIULIO CESARE ANGOLO VIA ANDREIS
MARTEDÌ 2 DICEMBRE
BLOCCHIAMO I MERCANTI ARMI
ALL’OVAL LINGOTTO IN VIA MATTÉ TRUCCO 70
NO ALL’AEROSPACE AND DEFENSE MEETINGS!
CONTRO LA GUERRA E CHI LA ARMA!
Assemblea antimilitarista
Corso Palermo 46 – riunioni ogni martedì alle 20,30
ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie
concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche
in streaming
Ascolta e diffondi l’audio della puntata:
https://radioblackout.org/podcast/anarres-del-26-settembre-ricerca-sul-clima-un-caso-di-obiezione-di-coscienza-rudolf-rocker-lanarchia-oltre-le-macerie-del-secolo
Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:
I primi 80 della Federazione Anarchica Italiana
Era il settembre de 1945. A Carrara si incontrarono anarchici da tutta Italia
per dar vita alla FAI. C’erano compagni e compagne che avevano lottato contro la
dittatura. Chi aveva resistito in clandestinità e chi aveva patito prigione e
confino, chi era stato costretto l’esilio senza mai mollare il proprio impegno,
c’erano i giovani partigiani e quelli che avevano combattuto il fascismo sin dai
primi anni. Tanti non c’erano più.
I tempi che li aspettavano erano profondamente mutati. La guerra fredda e lo
scontro tra blocchi non pareva lasciare spazio ad alternative.
Eppure.
Grazie a quei compagni che diedero vita ad un’intesa associativa libera e
solidale, dopo 80 anni possiamo affrontare le nuove terribili sfide che abbiamo
di fronte. Le ombre scure del nazionalismo, del razzismo, delle guerre ci
pongono di fronte all’urgenza di rendere sempre più forti e radicali i legami e
le lotte che stiamo attraversando.
L’11 e 12 ottobre si è tenuto a Carrara un convegno di studi sull’anarchismo.
Il programma è arricchito da una mostra di manifesti, da momenti conviviali e
musicali.
Giorgio Sacchetti, docente di storia a Firenze, uno dei promotori
dell’iniziativa, l’ha presentata agli ascoltatori di Blackout.
Qui il programma completo:
https://umanitanova.org/event/carrara-anarchismo-una-storia-globale-e-italiana1945-2025-nell80della-federazione-anarchica-italiana/
Il genocidio migrante
Il 3 ottobre è l’anniversario di una delle peggiori stragi di migranti nel
Mediterraneo. Dodici anni fa a poche miglia da Lampedusa colò a picco
un’imbarcazione carica di profughi eritrei ed etiopi. A bordo c’erano 545
persone: 388 annegarono. I superstiti vennero salvati dai pescatori: la guardia
costiera arrivò oltre un’ora dopo.
Questa è una sola delle infinite stragi quotidiane nel Mediterraneo.
Stragi la cui responsabilità diretta è dei governi di ogni colore che si sono
susseguiti negli ultimi trent’anni.
Mentre tutti gli occhi sono puntati su Gaza e sulla Flottilla che ha tentato di
forzare il blocco navale imposto da Israele per raggiungere una popolazione
stremata dalla fame e dalle bombe è importante non dimenticare la guerra ai
migranti, un genocidio contro i poveri attuato dai governi della Fortezza Europa
con la complicità ben pagata dei macellai libici, cui l’Italia fornisce i
pattugliatori che sparano contro le barche in viaggio verso l’Europa.
Il Mare di Mezzo è divenuto un enorme sudario che ha inghiottito tante vite di
gente in eccesso.
Oggi PD, 5Stelle e AVS provano a rifarsi una verginità tra i movimenti
appoggiando la flotilla. Non permettiamoglielo! Lo dobbiamo alle decine di
migliaia di uomini, donne e bambini che continuano a morire nel silenzio dei
più.
Ne abbiamo parlato con Raffaele
Il mito della legalità e la Flottilla
In questi giorni abbiamo assistito ad un martellamento costante sul fatto che la
Flottilla stesse navigando nel rispetto delle regole, della legalità, dei giusti
confini. Una litania insopportabile, perché basata sulla convinzione che il
rispetto delle regole di un gioco truccato all’origine, potesse essere un
ombrello per la missione.
Sappiamo bene che le regole le dettano i vincitori. Gli orrori nazisti e la
feroce occupazione giapponese della Cina non giustificano Dresda e Hiroshima.
Le regole ingiuste vanno violate. Punto. Il resto è retorica legalista e
giustizialista.
Rudolf Rocker. L’anarchia oltre le macerie del secolo
Questa sera, in corso Palermo 46 alle 21, presentiamo una vasta raccolta di
scritti di Rudolf Rocker. “Anarchismo, Politica, Comunità. Scritti in un tempo
di crisi 1919 – 1947”.
Ne parleranno con noi Gianfranco Ragona, con cui ne abbiamo parlato la scorsa
settimana, e David Bernardini.
Oggi vi proponiamo alcune letture scelte per voi
Appuntamenti:
Rudolf Rocker
L’anarchia oltre le macerie del secolo
Venerdì 3 ottobre
ore 21
corso Palermo 46
Rudolf Rocker “Anarchismo, Politica, Comunità. Scritti in un tempo di crisi 1919
– 1947”
Ne parliamo con il curatore del libro, Gianfranco Ragona, docente di storia
all’università di Torino e con David Bernardini, autore di “Contro le ombre
della notte. Storia e pensiero dell’anarchico tedesco Rudolf Rocker”
4 novembre
Smilitarizziamo la città!
Noi disertiamo
Il 4 novembre, nell’anniversario della “vittoria” nella prima guerra mondiale,
in Italia si festeggiano le forze armate, si festeggia un immane massacro per
spostare un confine.
In quella guerra a migliaia scelsero di gettare le armi e finirono davanti ai
plotoni di esecuzione.
La memoria dei disertori e dei senzapatria di allora vive nella solidarietà
concreta con chi oggi diserta le guerre che insanguinano il pianeta.
Le celebrazioni militari del 4 novembre, servono a giustificare enormi spese
militari, l’invio delle armi e l’impegno diretto dell’Italia nelle missioni
militari all’estero, in difesa dei propri interessi neocoloniali.
In ogni dove ci sono governi che pretendono che si uccida per spostare un
confine, per annientare i “nemici”, altri esseri umani massacrati in nome della
patria, della religione, degli interessi di pochi potenti.
In ogni dove c’è chi si oppone, c’è chi diserta, chi straccia le bandiere di
ogni nazione, perché sa che solo un’umanità internazionale potrà gettare le
fondamenta di quel mondo di libere e liberi ed uguali che ciascuno di noi porta
nel proprio cuore.
A due passi dalle nostre case ci sono le fabbriche che costruiscono le armi
usate nelle guerre che insanguinano il pianeta.
Nelle scuole bambine, bambini, ragazze e ragazzi, vengono sottoposti ad una
martellante campagna di arruolamento, ad una sempre più marcata propaganda
nazionalista.
Nelle strade della nostra città militari armati di mitra e manganello affiancano
polizia e carabinieri nel controllo, etnicamente mirato, delle periferie più
povere.
Vogliono farci credere che non possiamo fare nulla per contrastare le guerre.
Chi promuove, sostiene ed alimenta le guerre ci vorrebbe impotenti, passivi,
inermi. Non lo siamo.
In ogni dove c’è chi diserta, chi lotta contro le guerre degli stati.
Noi siamo al fianco di chi diserta la guerra.
Ogni volta che un militare entra in una scuola possiamo metterci di mezzo,
quando sta per aprire una fabbrica d’armi possiamo metterci di mezzo, quando
decidono di fare esercitazioni vicino alle nostre case possiamo metterci di
mezzo.
Le guerre cominciano da qui.
Contro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!
Contro la guerra e chi la arma!
Via i mercanti d’armi!
Sabato 29 novembre
corteo antimilitarista
ore 14,30 corso Giulio Cesare angolo via Andreis
Martedì 2 dicembre
blocchiamo i mercanti armi all’Oval Lingotto in via Matté Trucco 70
No all’aerospace and defence meetings!
A-Distro e SeriRiot
ogni mercoledì
dalle 18 alle 20
in corso Palermo 46
(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro
SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte
Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!
Sostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!
Informati su lotte e appuntamenti!
Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30
per info scrivete a fai_torino@autistici.org
Contatti:
FB
@senzafrontiere.to/
Telegram
https://t.me/SenzaFrontiere
Iscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org
ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie
concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche
in streaming
Ascolta e diffondi l’audio della puntata:
https://radioblackout.org//podcast/anarres-del-26-settembre-ricerca-sul-clima-un-caso-di-obiezione-di-coscienza-rudolf-rocker-lanarchia-oltre-le-macerie-del-secolo
Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:
Guerra alla ricerca sul clima. Un caso di obiezione di coscienza
In questi giorni alla cascina e parco “Le Vallere”, che ospita una importante
stazione di rilevamento idrologico e meteorologico, si tiene un evento europeo
su “Water and Ecosystems in the Mediterranean: Climate Challenges and Adaptive
Responses”. Ovvero il problema idrico in diversi aspetti: troppa acqua nelle
precipitazioni, sparizione dell’acqua sotto forma di ghiacci, siccità. Se ne
parla con tecnici e ricercatori che operano sul campo, in glaciologia,
meteorologia e allerte meteo, analisi rischi, biodiversità e ovviamente la
metrologia a supporto delle misure.
Si tratta di studi cruciali per capire quali misure adattive siano necessarie
per fermare ed arginare la catastrofe in corso.
Dalle Vallere ci siamo collegati con Andrea Merlone, Dirigente di Ricerca –
Research Manager dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica con cui abbiamo
parlato dei tagli che queste ricerche stanno subendo in moltissimi paesi. Le
risorse vengono dirottate sulla ricerca bellica, che divenendo prioritaria quasi
ovunque, con conseguenze gravissime.
Non solo. È in atto una infiltrazione dei militari nelle misurazioni del clima,
dell’aria, dell’acqua perché necessarie al miglior funzionamento delle armi.
Dopo anni a supportare misure sempre più raffinate per comprendere il
riscaldamento dei mari parametro fondamentale soprattutto nel Mediterraneo, la
conferenza di riferimento di Genova si apre con una sessione plenaria dedicata a
“Military Metrology for the sea”. Ovvero gli interessi militari, sdoganati ormai
in pubblico in temi di misure, soprattutto per il mappamento dei fondali. Andrea
ci ha raccontato del suo rifiuto a presiedere e a partecipare ad un evento di
rilievo mondiale sulle misure marine.
Rudolf Rocker. L’anarchia oltre le macerie del secolo
Nel corso della sua straordinaria parabola esistenziale, Rudolf Rocker, uno dei
maggiori protagonisti dell’anarchismo tedesco e internazionale, ha profuso la
sua attività militante in una molteplicità di contesti sociali e politici,
passando dalla Germania di Bismarck alla Londra del movimento operaio yiddish,
per approdare infine negli Stati Uniti. Se il suo impegno sociale rimane
costante, il suo approccio politico cambia nel corso dei decenni, muovendo da
una visione prettamente anarcosindacalista a una visione più pragmatica e
gradualista attenta a proporre concrete analisi delle trasformazioni in atto
nella società. Le sue riflessioni consentono di ricostruire il percorso
intellettuale di uno dei più lucidi pensatori libertari del Novecento, come
testimonia la sua acuta analisi del totalitarismo di destra e di sinistra e la
sua incisiva critica di una concezione rivoluzionaria incapace di riflettere a
fondo sulle ragioni che avevano portato alla sconfitta della Rivoluzione
spagnola e alla degenerazione della Rivoluzione russa.
Il prossimo venerdì presenteremo una raccolta di testi di Rudolf Rocker
“Anarchismo, Politica, Comunità. Scritti in un tempo di crisi 1919 – 1947”
Con il curatore del libro, Gianfranco Ragona, docente di storia all’università
di Torino, abbiamo anticipato alcuni dei temi di cui abbiamo discusso il venerdì
successivo con Ragona e con David Bernardini, che all’anarchico tedesco ha
dedicato uno studio.
L’anarchia ai tempi della peste
Guerre, massacri, corsa agli armamenti. Le aporie infinite dei movimenti di
opposizione schiacciati tra campismo, propaganda e miopia.
Proviamo ad entrare nel vivo, chiacchierandone con Lollo.
La straordinaria giornata di lotta del 22 settembre, che per la prima volta ha
visto le piazze riempirsi non solo di studenti e attivisti ma anche di tanti
esponenti di quella sinistra moderata e fluida che solo occasionalmente scende
in piazza con modalità più radicali. Li avevamo visti a Roma il 20 maggio ma la
cornice allora era ancora meramente testimoniale.
La loro ricomparsa in piazze che miravano esplicitamente al blocco dimostra la
crescente consapevolezza che solo ponendosi sul terreno dell’azione diretta si
può inceppare il meccanismo terrificante che sta tritando le vite di migliaia di
uomini, donne, bambine e bambini a Gaza.
A muovere queste piazze è stata soprattutto un’ondata di incontenibile
indignazione, la necessità di non essere complici di un genocidio.
Un fatto in se positivo.
Purtroppo sullo sfondo restano e si allungano le tante ombre che hanno segnato
questi due anni di feroce guerra a Gaza.
In primis l’appoggio acritico alla resistenza palestinese, guidata da forze
islamiste, che hanno disciplinato a forza la gente della striscia, che hanno una
polizia morale che controlla l’osservanza della legge islamica, che trattano con
ferocia ogni forma di opposizione.
Ma non solo. Mentre esplode la giusta indignazione per il genocidio, per la
fame, per la distruzione a Gaza, il genocidio in Darfur, la feroce guerra in
Sudan resta avvolta nel silenzio. Perché?
In Siria c’è stato un milione di morti e la guerra è tutt’altro che finita, tra
stragi di drusi e alaviti e la costante pressione per chiudere i conti con i
curdi del confederalismo democratico nel nord del paese. Silenzio. Perchè?
La guerra ai migranti è un genocidio. Si ha genocidio ogni volta che le vite
umane sono considerate dannose, in eccesso. Mentre la flottilla prova con grave
rischio a raggiungere Gaza, nel Mediterraneo si continua a morire in silenzio.
Perché?
Sono domande che ci piacerebbe porre a chi riempie oggi le piazze per fermare un
altro genocidio.
Appuntamenti:
Rudolf Rocker
L’anarchia oltre le macerie del secolo
Venerdì 3 ottobre
ore 21
corso Palermo 46
Rudolf Rocker “Anarchismo, Politica, Comunità. Scritti in un tempo di crisi 1919
– 1947”
Ne parliamo con il curatore del libro, Gianfranco Ragona, docente di storia
all’università di Torino e con David Bernardini, autore di “Contro le ombre
della notte. Storia e pensiero dell’anarchico tedesco Rudolf Rocker”
4 novembre
Smilitarizziamo la città!
Noi disertiamo
Il 4 novembre, nell’anniversario della “vittoria” nella prima guerra mondiale,
in Italia si festeggiano le forze armate, si festeggia un immane massacro per
spostare un confine.
In quella guerra a migliaia scelsero di gettare le armi e finirono davanti ai
plotoni di esecuzione.
La memoria dei disertori e dei senzapatria di allora vive nella solidarietà
concreta con chi oggi diserta le guerre che insanguinano il pianeta.
Le celebrazioni militari del 4 novembre, servono a giustificare enormi spese
militari, l’invio delle armi e l’impegno diretto dell’Italia nelle missioni
militari all’estero, in difesa dei propri interessi neocoloniali.
In ogni dove ci sono governi che pretendono che si uccida per spostare un
confine, per annientare i “nemici”, altri esseri umani massacrati in nome della
patria, della religione, degli interessi di pochi potenti.
In ogni dove c’è chi si oppone, c’è chi diserta, chi straccia le bandiere di
ogni nazione, perché sa che solo un’umanità internazionale potrà gettare le
fondamenta di quel mondo di libere e liberi ed uguali che ciascuno di noi porta
nel proprio cuore.
A due passi dalle nostre case ci sono le fabbriche che costruiscono le armi
usate nelle guerre che insanguinano il pianeta.
Nelle scuole bambine, bambini, ragazze e ragazzi, vengono sottoposti ad una
martellante campagna di arruolamento, ad una sempre più marcata propaganda
nazionalista.
Nelle strade della nostra città militari armati di mitra e manganello affiancano
polizia e carabinieri nel controllo, etnicamente mirato, delle periferie più
povere.
Vogliono farci credere che non possiamo fare nulla per contrastare le guerre.
Chi promuove, sostiene ed alimenta le guerre ci vorrebbe impotenti, passivi,
inermi. Non lo siamo.
In ogni dove c’è chi diserta, chi lotta contro le guerre degli stati.
Noi siamo al fianco di chi diserta la guerra.
Ogni volta che un militare entra in una scuola possiamo metterci di mezzo,
quando sta per aprire una fabbrica d’armi possiamo metterci di mezzo, quando
decidono di fare esercitazioni vicino alle nostre case possiamo metterci di
mezzo.
Le guerre cominciano da qui.
Contro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!
Via i mercanti d’armi!
Sabato 29 novembre
corteo antimilitarista
ore 14,30 corso Giulio Cesare angolo via Andreis
Martedì 2 dicembre
blocchiamo i mercanti armi all’Oval Lingotto in via Matté Trucco 70
Contro la guerra e chi la arma!
No all’aerospace and defence meetings!
A-Distro e SeriRiot
ogni mercoledì
dalle 18 alle 20
in corso Palermo 46
(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro
SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte
Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!
Sostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!
Informati su lotte e appuntamenti!
Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30
per info scrivete a fai_torino@autistici.org
Contatti:
FB
@senzafrontiere.to/
Telegram
https://t.me/SenzaFrontiere
Iscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org
ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie
concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche
in streaming
Ascolta e diffondi l’audio della puntata:
https://radioblackout.org//2025/09/anarres-del-19-settembre-statii-uniti-i-maga-allattacco-scuola-educazione-sessuale-in-salsa-familista-la-crisi-dei-droni/
Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:
Stati Uniti. Maga senza freni
L’amministrazione Trump pigia sempre più l’acceleratore nella corsa al controllo
dell’amministrazione, dei media e delle istituzioni culturali. Passo dopo passo
con sfacciata arroganza incasella sempre più tasselli nel suo mosaico.
L’assassinio dell’influencer Maga Kirk gli ha offerto una buona occasione per
annunciare un’ulteriore stretta contro gli antifascisti, che vorrebbe far
dichiarare “organizzazione terrorista”.
Anche in Italia la vicenda ha scatenato la destra, che vi si è buttata a
capofitto.
Ne abbiamo parlato con Lorenzo
Educazione sessuale. Un affare di famiglia
Nella scuola procede a grandi passi l’opera reazionaria e repressiva del
ministro Valditara. Alle imposizioni contenute nelle nuove Indicazioni
nazionali, al codice disciplinare per i lavoratori, alla riforma del voto di
condotta, alla caccia al telefonino, alle sanzioni per chi decide di sostenere
un orale poco brillante alla maturità si aggiunge infatti la partita
dell’educazione sessuale, recentemente giunta in una fase calda del dibattito.
Lo scorso febbraio i deputati Sasso (Lega) e Amorese (FdI) presentavano una
proposta di legge a testa, entrambe finalizzate all’introduzione del consenso
informato delle famiglie per attività scolastiche inerenti sessualità e
affettività. In pratica per svolgere attività didattiche di educazione sessuale
e affettiva, seppure in chiave binaria e familista, serve il placet delle
famiglie.
A maggio le diverse proposte di legge venivano recepite in un disegno di legge
organico presentato dal ministro dell’istruzione Valditara, il DdL 2423. E
nell’estate è stato avviato il relativo iter.
Ne abbiamo parlato con Patrizia Nesti, insegnante e transfemminista
La guerra si allarga. La crisi dei droni
In questi anni di guerra abbiamo imparato che la propaganda bellica crea una
cortina di disinformazione tale da rendere quasi impossibile comprendere non
solo la dinamica e l’effettiva portata, ma a volte anche la stessa consistenza
di alcuni fatti. Certo è che entrambi gli schieramenti vogliono proseguire ed
estendere la guerra, o comunque passare ad un ulteriore stato di allerta in
Europa e ad un ulteriore livello di militarizzazione dei confini. Basti pensare
allo schieramento, annunciato, di 40000 soldati polacchi sul confine orientale
del paese e alle esercitazioni militari congiunte russe e bielorusse in corso a
distanza di relativamente pochi chilometri.
Quella che è stata chiamata “crisi dei droni” ha portato difatti ad un
innalzamento della militarizzazione del confine orientale della Polonia e ad un
aumento dell’impegno della NATO con la nuova operazione “Eastern Sentry”.
L’anarchia ai tempi della peste
Guerre, massacri, corsa agli armamenti. Le aporie infinite dei movimenti di
opposizione schiacciati tra campismo, propaganda e miopia.
Prime riflessioni
Appuntamenti:
Rudolf Rocker
L’anarchia oltre le macerie del secolo
Venerdì 3 ottobre
ore 21
corso Palermo 46
Rudolf Rocker “Anarchismo, Politica, Comunità. Scritti in un tempo di crisi 1919
– 1947”
Ne parliamo con il curatore del libro, Gianfranco Ragona, docente di storia
all’università di Torino e con David Bernardini, autore di “Contro le ombre
della notte. Storia e pensiero dell’anarchico tedesco Rudolf Rocker”
A-Distro e SeriRiot
ogni mercoledì
dalle 18 alle 20
in corso Palermo 46
(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro
SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte
Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!
Sostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!
Informati su lotte e appuntamenti!
Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30
per info scrivete a fai_torino@autistici.org
Contatti:
FB
@senzafrontiere.to/
Telegram
https://t.me/SenzaFrontiere
Iscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org
Rudolf Rocker
L’anarchia oltre le macerie del secolo
Venerdì 3 ottobre
ore 21
corso Palermo 46
Rudolf Rocker “Anarchismo, Politica, Comunità. Scritti in un tempo di crisi 1919
– 1947”
Ne parliamo con il curatore del libro, Gianfranco Ragona, docente di storia
all’università di Torino e con David Bernardini, autore di “Contro le ombre
della notte. Storia e pensiero dell’anarchico tedesco Rudolf Rocker”
Rocker è stato uno dei maggiori protagonisti dell’anarchismo tedesco e
internazionale. passando dalla Germania di Bismarck alla Londra del movimento
operaio yiddish, per approdare infine negli Stati Uniti. Se il suo impegno
sociale rimane costante, il suo approccio politico cambia nel corso dei decenni,
muovendo da una visione prettamente anarcosindacalista a una visione più
pragmatica e gradualista attenta a proporre concrete analisi delle
trasformazioni in atto nella società. Le sue riflessioni consentono di
ricostruire il percorso intellettuale di uno dei più lucidi pensatori libertari
del Novecento, come testimonia la sua acuta analisi del totalitarismo di destra
e di sinistra e la sua incisiva critica di una concezione rivoluzionaria
incapace di riflettere a fondo sulle ragioni che avevano portato alla sconfitta
della Rivoluzione spagnola e alla degenerazione della Rivoluzione russa.
Federazione Anarchica Torinese
Corso Palermo 46 – riunioni ogni martedì ore 20,30 – www.anarresinfo.org
ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie
concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche
in streaming
Ascolta e diffondi l’audio della puntata:
https://radioblackout.org/podcast/anarres-del-30-maggio-aborto-2-giugno-antimilitarista-i-dazi-usa
Dirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:
Aborto. La lunga marcia dei “pro vita” e le lotte femministe
Ripercorriamo assieme a Nadia Nardi di Nudm Livorno le tappe delle lotte delle
donne per acquisire e difendere la propria libertà di scelta e i tanti
dispositivi messi in atto da chi ci vuole ricacciare nella gabbia della
maternità come destino obbligato.
Un punto di partenza la legge 194, che, limita la libertà femminile e contiene
numerose trappole, che, una dopo l’altra, sono scattate.
2 giugno. La repubblica fondata sulla guerra
Parate militari, esibizione di frecce tricolori, piazze occupate da cerimonie
militariste: questa è la cifra con la quale la repubblica italiana declina se
stessa.
Nulla di cui stupirsi. Lo Stato, in tutte le proprie forme, si fonda sul
monopolio della violenza legittima, una violenza estrema di cui le forze armate
sono la punta di diamante.
Negli ultimi anni sono venute meno le tante forme di edulcorazione del mestiere
delle armi, messe in campo per attenuarne l’impatto su una popolazione in buona
parte pacifista, restia alle imprese belliche. Oggi un governo diretto erede del
fascismo storico, con un’ampia maggioranza parlamentare e nessuna reale
opposizione istituzionale alla guerra ed ai processi di riarmo, si permette una
diretta esaltazione degli eserciti, delle missioni militari all’estero, alla
difesa degli interessi italiani in chiave neocoloniale.
Come ogni anno anche questo due giugno ci saranno cerimonie militari e chi,
nelle piazze, le contesta attivamente.
Ne abbiamo parlato con Antonio Mazzeo
USA: le varie velocità della rilocalizzazione
Gli interessi economico-finanziari dettano le agende di amministrazioni e
governi di ogni sorta. C’è un filo conduttore che lega le azioni dei vari
presidenti USA, da Obama al secondo mandato di Trump. Ovviamente ogni
amministrazione opera secondo l’immagine che si è data in campagna elettorale,
ma indipendentemente dai modi le strategie possono essere utilizzate come
bussole per capire l’orientamento in atto. E tutte le bussole, da Obama a Trump
passando per Biden, puntano nella stessa direzione, quella del reshoring, seppur
con alterne fortune.
Vi proponiamo un approfondimento con Giammarco, autore di un testo uscito su UN,
che inserisce la questione dei dazi in un contesto più ampio
Appuntamenti:
Lunedì 2 giugno
ore 16
manifestazione antimilitarista in via Garibaldi angolo piazza Castello
(se piove piazza Palazzo di Città)
Interventi, il canzoniere antimilitarista del Cor’okkio e di Alba e tanto altro.
Contestiamo le cerimonie militariste del 2 giugno!
A-Distro e SeriRiot
ogni mercoledì
dalle 18 alle 20
in corso Palermo 46
(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro
SeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte
Vieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!
Sostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!
Informati su lotte e appuntamenti!
Federazione Anarchica Torinese
corso Palermo 46
Riunioni – aperte agli interessati – ogni martedì dalle 20,30
per info scrivete a fai_torino@autistici.org
Contatti:
FB
@senzafrontiere.to/
Telegram
https://t.me/SenzaFrontiere
Iscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org
Vi proponiamo testimonianze e prese di posizione di singoli ed organizzazioni
iraniane dopo l’attacco israeliano del 13 giugno e l’appello di alcuni gruppi di
iraniani che vivono in Italia.
La testimonianza di un anarchico di Teheran
14 giugno 2025
Una notte di fuoco e confusione
Ieri notte, mentre dormivamo, Israele ha attaccato l’Iran. Gli attacchi hanno
preso di mira Teheran, ma anche altre città. Ho sentito brontolii, ho visto
lampi: ho pensato fosse un temporale. Niente faceva pensare a una guerra,
soprattutto con le discussioni tra Iran e Stati Uniti.
Solo stamattina (14 giugno, NdR), attraverso il Fronte Anarchico, abbiamo
appreso cosa era realmente accaduto: molteplici attacchi, morti tra i civili.
Sono uscito per indagare. La città era transennata. L’esercito e la polizia
bloccavano l’accesso alle zone colpite. Bombe inesplose giacevano ancora negli
edifici.
In ospedale, mi è stato impedito di entrare e la polizia ha cancellato tutte le
foto dal mio telefono. Secondo un giornalista presente sul posto, almeno sette
bambini sono stati uccisi.
Alcuni piangevano. Altri – prevedibilmente – gioivano per la morte di esponenti
del regime.
Il giorno dopo: un inferno senza allarmi
Nelle ore successive, ho visto scene apocalittiche.
Il cielo era striato di missili. Il fuoco cadeva sulle strade. La gente fuggiva
da Teheran: intere famiglie, giovani lavoratori, anziani. Aspettavamo aiuto sui
marciapiedi. Feriti, ustionati, due morti davanti ai miei occhi. Nessun allarme.
Nessun riparo. Niente.
I maxi schermi trasmettevano la versione ufficiale: la Repubblica Islamica aveva
colpito Tel Aviv, Israele aveva promesso di reagire. Ho dei compagni lì:
anarchici, pacifisti, coloro che si rifiutano di servire nell’esercito.
Non vogliamo questa guerra.
Una popolazione in modalità sopravvivenza
L’aria è inquinata: gli impianti nucleari sono stati colpiti. La gente sta
inscatolando, accumulando scorte, fuggendo dalle grandi città… per poi tornare,
in mancanza di alternative. Le strade sono congestionate.
I media statali cantano inni e trasmettono menzogne. Unica fonte affidabile:
Telegram e canali satellitari.
Le manifestazioni sono ancora rare. Troppa polizia, troppa paura. Ieri, davanti
agli ospedali, le famiglie cercavano i loro cari scomparsi. Abbiamo urlato.
Abbiamo pianto. Abbiamo resistito.
Nessun rifugio, nessuna evacuazione.
Le istituzioni rimangono aperte come se nulla fosse successo. Non ci sono
istruzioni di sicurezza, né sirene, né centri di accoglienza. Le perdite
chimiche sono probabili, ma non ci sono protocolli in atto.
Così, la gente diserta di propria iniziativa: le aziende chiudono, gli studenti
si rifiutano di sostenere gli esami, i dipendenti pubblici restano a casa. Solo
i servizi di emergenza sono ancora in piedi.
A volte mi sento ancora vivo solo perché Israele non sta (ancora) colpendo le
zone residenziali. Ma gli incendi, le ricadute radioattive, i colpi vaganti
continuano comunque a uccidere persone.
E non c’è aiuto. Niente. Nessun supporto umanitario, nessuna organizzazione
esterna, nessuna medicina – e le sanzioni stanno già uccidendo da anni.
Quattro Iran, una terra sotto le bombe
È importante capire che il popolo iraniano è frammentato:
1. Una maggioranza silenziosa, che odia il regime ma rifiuta la guerra.
Sopravvive, fugge, piange i morti maledicendo i leader.
2. Gli islamisti, fedeli al governo, che parlano di martirio e vogliono
vendicarsi.
3. I monarchici e i liberali, spesso filo-israeliani, che applaudono gli
attacchi contro le Guardie Rivoluzionarie.
4. Gli anarchici e gli attivisti di sinistra, come noi: contro la Repubblica
Islamica, ma anche contro Israele, contro tutti gli stati. Per la sopravvivenza,
l’aiuto reciproco, l’autonomia.
Che posto hanno gli anarchici in questa guerra?
Non siamo armati. Non partecipiamo ai combattimenti. Il nostro compito è
altrove: informare, salvare, creare connessioni, contrastare la propaganda.
Aiutiamo come meglio possiamo: pronto soccorso, canali di informazione e
consapevolezza del rischio chimico. Ci prendiamo cura di noi stessi e di chi non
ha nessuno.
Rifiutiamo la retorica semplicistica. Né “tutti gli israeliani devono morire”,
né “i sionisti sono i nostri salvatori”.
Siamo tra due fuochi: il fondamentalismo religioso da una parte, il militarismo
sionista dall’altra.
Il nostro ruolo è quello di essere ponti. Trasmettitori di idee. Aprire brecce
nel fatalismo. Rimanere saldi, anche disarmati, anche nella paura.
In lutto per il movimento contro la guerra
Devo ammettere: sono triste. Profondamente. Dieci anni fa, ho parlato con i
pacifisti israeliani. Quelli che si sono rifiutati di servire. Curdi, Arabi,
Armeni, Anarchici. Sognavamo insieme un Medio Oriente libero, senza esercito,
senza stato.
Ma abbiamo perso. Non eravamo abbastanza forti da impedire la guerra. Non
avevamo abbastanza sostegno. Oggi la gente ha paura di parlare di pace. Crede
che sarebbe tradimento. Che chiedere la fine degli attacchi aerei significhi
arrendersi al nemico.
Eppure, tutti vogliono la pace. Ma nessuno osa pretenderla.
Una voce nel tumulto
Non so per quanto tempo resisteremo. Proprio ieri sera, gli aerei rombavano come
un’autostrada nel cielo. Ma so una cosa: finché ci saranno persone di cui
prendersi cura, resistere e organizzarsi senza aspettare lo stato, ci saranno
semi di anarchia, anche tra le macerie.
Conclusione: non normalizziamo l’insopportabile.
Prima di tutto, voglio ringraziare sinceramente tutti i compagni che si sono
presi la briga di ascoltarci. In un mondo in cui siamo costantemente schiacciati
da forze politiche, economiche e di polizia, è raro che ci venga ancora dato lo
spazio per parlare. Anche senza bombe, la violenza ci circonda: assume la forma
di affitti impagabili, scartoffie infinite, discriminazione, stanchezza e
isolamento. Una violenza silenziosa, presentata come “normale”, a cui non
dovremmo mai abituarci.
Ma quando scoppia la guerra, questa violenza si disintegra improvvisamente in
pieno giorno. Ciò che era tollerato diventa insopportabile. E allora,
paradossalmente, possiamo parlare. Ho potuto scrivervi perché tutto è crollato.
Perché, nel caos, le verità più semplici tornano ad essere udibili.
Quello che voglio dirvi è questo: non lasciate che questo discorso cada nel
silenzio. Non lasciate che il nostro dolore – qui in Iran, come altrove – venga
relegato ai margini, come se fosse semplicemente “locale”, “specifico”,
“culturale” o “eccezionale”.
Perché in verità, condividiamo la stessa guerra: quella combattuta dagli stati
contro le nostre vite. Quindi vi imploro, compagni: non accettate la violenza
della vita quotidiana come un dato di fatto. Rifiutate l’idea che dobbiamo
aspettare che i missili colpiscano prima di reagire. Non aspettate che la nostra
sofferenza diventi spettacolare prima di meritare la vostra attenzione.
Parliamo ora. Organizziamoci. Creiamo spazi reali di azione e di mutuo soccorso.
Affinché la guerra qui non diventi un rumore di fondo. Affinché non siate
ridotti a semplici “salvatori” di fronte alla nostra sofferenza, ma piuttosto
complici della lotta.
Appello alla solidarietà internazionale
Oggi la situazione è instabile, critica, forse sull’orlo di una catastrofe
umanitaria. Se l’Iran è isolato dal mondo – dalle bombe o dalla censura della
Repubblica Islamica – diffondete la nostra parola. Raccontate cosa ci sta
succedendo. Date voce a chi ne è privato.
Non beneficiamo di alcuna protezione internazionale. Le ONG sono quasi
inesistenti. Le sanzioni aggravano la nostra sofferenza.
Se avete contatti, influenza o connessioni in collettivi, sindacati,
associazioni o reti sanitarie: mobilitateli. Chiedete assistenza medica urgente,
una maggiore vigilanza sulle violazioni e una mediazione internazionale che
trascenda la logica statale.
Ma soprattutto, rifiutate le narrazioni semplicistiche.
Non siamo né pedine di Israele né pedine del regime islamico. Non crediamo né
nelle bombe “liberatorie” né nei mullah “resistenti”. Siamo intrappolati tra due
macchine di morte e continuiamo a cercare, ancora e ancora, di costruire
qualcosa di diverso.
Non c’è ancora un esodo di massa. Ma se la guerra si estende, le conseguenze
saranno spaventose. Quindi, compagni, solleviamoci insieme. Non per sostenere
una parte contro l’altra, ma per far sentire un’altra voce: quella della vita,
della libertà e della solidarietà, contro tutti gli stati, tutti i confini e
tutte le guerre.
****
Dichiarazione del fronte anarchico di Iran e Afghanistan contro la furia bellica
dei governi
Noi, il fronte anarchico di Iran e Afghanistan, riaffermiamo la nostra posizione
incrollabile e di principi:
Ogni guerra – su ogni scala e su ogni scusa – iniziata o sostenuta dagli Stati,
deve essere inequivocabilmente condannata.
I Paesi, indipendentemente dalla loro forma o aspetto, usano la guerra come
strumento di sopravvivenza e controllo. E in questo processo vengono calpestati
sotto i loro piedi la vita, la dignità e il futuro della gente comune.
In un momento in cui il mondo è ancora una volta afflitto da violenza, bombe,
morte, sfollamento e insicurezza, insistiamo su questa verità continua: le vere
vittime della guerra sono sempre le persone, non i paesi, non le ideologie, non
i confini.
La nostra lotta, come sempre, non è per la ridistribuzione del potere tra le
élite, ma contro la stessa istituzione dello Stato e ogni forma di controllo
organizzato.
Siamo solidali – con attenzione e decisione – a fianco del popolo iraniano,
dell’Afghanistan e della regione più ampia.
Quello a cui assistiamo oggi sono, da un lato, i crimini palesi del regime
israeliano, che colpiscono i civili di Gaza e altrove con crudeltà selvaggia.
D’altra parte, vediamo la Repubblica Islamica dell’Iran manipolare la paura
pubblica, giocare partite geopolitiche a costo della vita degli iraniani per
imporre il peso della guerra alla società.
Noi vediamo la Repubblica Islamica non solo come lo scoppio di una guerra
regionale, ma come parte di una catena globale di controllo e oppressione – un
regime che da decenni attacca il popolo iraniano con censura, povertà,
prigionia, tortura ed esecuzione, mettendo in pericolo milioni di persone
attraverso provocazioni militari.
Mentre condanniamo le atrocità del regime sionista nei termini più duri,
affermiamo anche che la lotta contro la Repubblica Islamica fa parte della
nostra lotta più ampia contro tutti gli Stati e le strutture di controllo – una
lotta che continuerà.
Combattiamo per un mondo senza confini, senza paesi, senza eserciti o autorità –
un mondo in cui umanità, vita e libertà sono al centro. La nostra guerra
principale è sempre stata la guerra contro l’autorità politica, il totalitarismo
e lo stato stesso.
Fronte anarchico Iran e Afganistan
13 giugno 2025
****
Qui potete ascoltare l’intervista di radio Blackout a Behrooz di “Together with
Iran”:
https://radioblackout.org/2025/06/voci-dalliran-sotto-le-bombe/
In allegato il comunicato/appello di alcuni gruppi di iraniani che vivono in
Italia.
Sabato 28 giugno
ore 10
antimilitaristi
in corso Palermo angolo via Sesia
Vivere in periferia non è mai stato facile. Oggi va ancora peggio: ovunque si
allungano le file dei senza casa, senza reddito, senza prospettive. Per mettere
insieme il pranzo con la cena in tanti si adattano ad una miriade di lavori
precari, sottopagati, in nero, senza tutele.
Ovunque si allunga la lista dei morti e dei mutilati sul lavoro: non sono
incidenti ma la feroce logica del profitto che si mangia la vita e la salute di
tanta gente.
In questi ultimi anni i ricchi sono diventati ancora più ricchi, mentre chi era
povero è diventato ancora più povero. Il prezzo di gas e luce è raddoppiato,
tanta gente è sotto sfratto o con la casa messa all’asta. Se non ci sono i soldi
per il fitto e le bollette, la tutela della salute diventa una merce di lusso
che possono permettersi in pochi. Così dal 2015, ben prima della pandemia, per
la prima volta dal 1945, l’aspettativa di vita nel nostro paese si è ridotta.
Barriera di Milano, ormai da anni, è divenuta un laboratorio dove sperimentare
tecniche di controllo sociale prima impensabili, pur di non spendere un soldo
per la casa, la sanità, i trasporti, le scuole. In questi anni la spesa militare
è costantemente aumentata, le missioni all’estero delle forze armate italiane si
sono moltiplicate.
I militari fanno sei mesi in missioni militari all’estero, sei mesi per le
strade delle nostre città.
Tante missioni sono in Africa, dove le bandiere tricolori sventolano accanto a
quelle gialle con il cane a sei zampe dell’ENI, la punta di diamante del
colonialismo italiano.
La guerra per il controllo delle risorse energetiche va di pari passo con
l’offensiva contro le persone in viaggio, per ricacciarle nelle galere libiche,
dove torture, stupri e omicidi sono fatti normali.
In Barriera tanti sono immigrati o figli di immigrati arrivati dal sud come i
cerignolesi della piazza del mercato. Poi sono arrivate altre persone, nate in
Africa, in Cina, in Sudamerica: i loro figli e nipoti vanno nelle stesse scuole
e negli stessi giardinetti dei figli e dei nipoti degli immigrati degli anni
Sessanta. Tanti degli attuali abitanti delle Barriera sono arrivati su un
barcone e sono passati dalle prigioni in Libia e dagli hotspot in Italia.
Il governo e i fascisti soffiano sul fuoco della guerra tra poveri italiani e
poveri immigrati, per avere mano libera a fare la guerra a noi tutti.
Nei quartieri poveri il controllo militare è diventato normale. Anzi! Ogni
giorno è peggio.
Intere aree del quartiere vengono messe sotto assedio, con continue retate di
persone senza documenti o che vivono grazie ad un’economia informale.
Torino da città dell’auto si sta trasformando in città dei bombardieri e vetrina
per turisti. Una vetrina che i poveri che passano ore ai giardinetti non devono
sporcare. L’aspirazione ad una socialità non mercificata va repressa.
Il governo a tutti i livelli punta il dito sulle persone più povere,
razzializzate, con il continuo ricatto dei permessi, per nascondere la guerra
sociale che ha scatenato contro tutti i poveri, italiani e nati altrove,
schierandosi a fianco dei padroni grandi e piccoli.
Il controllo etnicamente mirato del territorio mira a reprimere sul nascere ogni
possibile insorgenza sociale.
Da quando i militari dell’operazione “Strade Sicure”, sono stati inviati i
Barriera di Milano, l’area di corso Palermo limitrofa al mercato di piazza
Foroni è stata costantemente militarizzata: in corso Palermo angolo via Sesia
stazionano stabilmente mezzi dell’esercito e un’auto pattuglia della polizia o
dei carabinieri. Da aprile i militari sono anche in largo Giulio Cesare.
Per cosa? Per spostare di qualche centinaio di metri i pusher? Per alimentare la
favola che se si cacciano gli spacciatori, poi, per magia, Barriera diventa come
la Crocetta?
Eppure. Basterebbe farla finita con il proibizionismo, consentendo la vendita
delle sostanze, con tanto di etichetta e foglio informativo in appositi negozi,
per farla finita con le mafie e la disperazione dei tossici. E diminuirebbero
drasticamente le morti causate da sostanze tagliate male, velenose, pericolose.
Con la lotta, la solidarietà il mutuo appoggio, possiamo far si che le nostre
vite diventino migliori.
Riprendiamoci gli spazi del quartiere militarizzati e resi deserti dalla polizia
e dai militari. Proviamo ad immaginare di farla finita, sin da ora, con stato,
padroni, militari, polizia.
Ci raccontano la favola che una società complessa è ingovernabile dal basso
mentre ci annegano nel caos della gestione centralizzata e burocratica delle
scuole, degli ospedali, dei trasporti.
Costruiamo insieme assemblee territoriali, spazi, scuole, trasporti, ambulatori
autogestiti! Non è un’utopia ma l’unico orizzonte possibile per liberarci dallo
stato e dal capitalismo.
La sicurezza è casa, reddito, sanità per tutte e tutti, non soldati per per le
strade!
Si cambia con la lotta, non con il voto
I referendum abrogativi previsti per le giornate dell’8 e 9 giugno, i cui
quesiti riguarderanno il reintegro sul posto di lavoro in caso di licenziamento
illegittimo, le indennità per i lavoratori licenziati nelle imprese con meno di
15 dipendenti, i contratti a termine, la responsabilità delle aziende
committenti sugli infortuni nel lavoro in caso di appalti e la riduzione del
tempo necessario per richiedere la cittadinanza italiana da parte dei cittadini
stranieri (da 10 a 5 anni), sono ancora una volta un’arma spuntata per i
movimenti sociali.
Il gioco referendario ha le sue regole ferree. Se si tiene conto che i
referendum sono soggetti ad un meccanismo per cui vengono invalidati se non si
raggiunge il quorum del 50% + 1 oltre, ovviamente, alla maggioranza dei Sì, è
capitato molto spesso che si risolvessero in un nulla di fatto. Inoltre, la
storia ci dimostra che quand’anche sono stati soddisfatti tutti i requisiti,
ecco che in diverse occasioni le istituzioni si sono mobilitate per vanificarne
i risultati. Ne è un chiaro esempio il referendum sull’acqua pubblica, a
distanza di oltre un decennio totalmente ignorato e disatteso.
Ma la CGIL ha raccolto le firme necessarie e tutto è pronto per procedere con la
votazione.
Il sindacalismo confederale e concertativo – che da tanti anni opera per la
pacificazione sociale – persegue imperterrito il suo esclusivo interesse, non
certo quello delle classi sfruttate e oppresse. Il famigerato “Pacchetto Treu”
del 1997, che durante il primo governo Prodi aprì le porte ad un inesorabile
processo di precarizzazione del lavoro, venne sostenuto dalle stesse forze
partitiche e sindacali che oggi si sgolano per la chiamata alle urne. Al tempo
dell’approvazione del Jobs Act e della cancellazione dell’articolo 18, la triade
non fece certo i salti mortali per ostacolare le politiche del governo Renzi,
limitandosi ad una flebile protesta simbolica. Pesanti riforme neoliberiste che
sancirono tagli ai servizi e privatizzazioni, vennero accettate a cuor leggero.
L’imperativo era ed è tutt’ora chiaro: il mantenimento dei propri privilegi
conta più del domani di chi tocca con mano miseria e precarietà. La proposta
dell’ultimo quesito, se possibile è ancora più paradossale. Il pacchetto
sicurezza targato Minniti-Orlando, il daspo urbano per poveri e senza documenti,
il piano di costruire un CPR in ogni regione, gli accordi con la Libia al fine
di facilitare i respingimenti in mare, la chiusura dei porti e il blocco delle
navi delle ONG, furono opera della coalizione di centro-sinistra a guida Dem.
Non solo. I referendum sono a nostro avviso la cortina fumogena che rischia di
distogliere l’attenzione dal conflitto sociale, l’unico terreno dove sfruttate e
sfruttati possono ottenere risultati concreti.
L’unico terreno sul quale i sindacati di Stato non possono e non vogliono
impegnarsi.
Rispetto a tali dinamiche, serve una buona dose di consapevolezza e di
disincanto.
Serve aprire gli occhi sulla natura interclassista e perdente degli strumenti
offerti dalle istituzioni borghesi e impugnati dalle burocrazie sindacali.
Le leggi non sono altro che il precipitato normativo dei rapporti di forza nella
società.
Se il referendum sul nucleare del 1987, svoltosi all’indomani del disastroso
incidente alla centrale di Chernobyl, si rivelò vincente, ciò fu anche e
soprattutto grazie agli scioperi, occupazioni e imponenti iniziative di piazza.
Perché conquiste non supportate da una significativa campagna conflittuale,
risultano effimere e precarie.
Solo attraverso una mobilitazione generale e diffusa è possibile ottenere
effettivi miglioramenti delle condizioni di vita e di lavoro dei soggetti
coinvolti. Solo rifuggendo la logica della delega e praticando l’azione diretta
si può fare in modo che il governo faccia un passo indietro, ripristinando
diritti e tutele da tempo smantellate.
Rinnoviamo il nostro impegno alla partecipazione sul terreno della lotta.
Costruiamo l’alternativa dal basso!
La Commissione di Corrispondenza della FAI
Con la morte di Jorge Bergoglio si è assistito allo spettacolo di gran parte
della sinistra, moderata o radicale, in lutto per la scomparsa del pontefice.
Tutt* hanno lodato il defunto papa come progressista, pacifista, aperto sui
diritti di donne e omosessuali.
Sfatiamo un mito: Francesco non era un progressista ma un populista. Bergoglio
si dichiarava figlio della Teologia del Pueblo, che si contrappose sul piano
teologico, sociale e politico alla Teologia della Liberazione che si era
ispirata ed aveva a sua volta contaminato buona parte dei movimenti
d’opposizione latino americani sul finire del ventesimo secolo.
La Teologia del Pueblo è sul piano teologico la trasposizione del peronismo e
del più intransigente populismo politico: il trionfo del nazional cattolicesimo
argentino.
La Guardia de Hierro, il gruppo politico peronista del quale il giovane
Bergoglio era uno dei massimi ideologi, si dichiarava oltre la destra e la
sinistra e si contrapponeva alla sinistra ed all’ala progressista dei cattolici.
Per loro il Pueblo non è una categoria socio economica ma un insieme di valori e
atteggiamenti che custodiscono l’identità collettiva del popolo argentino, la
sua morale, la sua intrinseca spiritualità. In sintesi lo strumento ideologico
che si contrapponeva alle analisi materialiste e della società.
Bergoglio nel 1973 diventa padre Provinciale dei gesuiti. All’epoca i gesuiti
erano profondamente divisi e una loro significativa parte propendeva per la
Teologia della Liberazione.
È in questo contesto che il padre generale Arrupe scelse come provinciale
Bergoglio, allora solo trentaseienne.
Una scelta di chiaro segno politico. Secondo Bergoglio l’Argentina era in crisi
perché era in preda a ideologie lontane dalla sua storia: il liberalismo e il
marxismo. La teologia del pueblo si identificava quindi pienamente con il
peronismo, in quanto espressione spontanea del popolo, nella sua dimensione
giustizialista e tradizionalista.
Bergoglio era in buone relazioni con l’ammiraglio Massera e con altri esponenti
delle forze armate.
Diversi atti concreti dimostrano la sostanziale accettazione della giunta
militare da parte di Bergoglio e dei gesuiti.
La chiesa argentina collaborò attivamente con la dittatura. Il nunzio apostolico
Pio Laghi consigliava i generali sui metodi per massacrare ed uccidere con la
benedizione di dio.
Anche il giovane capo della compagnia di Gesù a Baires fece la sua parte.
Togliendo il proprio appoggio ad Orlando Yorio e Francisco Jalics, due gesuiti,
seguaci della teologia della liberazione, che operavano nelle baraccopoli della
capitale, avrebbe di fatto favorito il loro arresto da parte dei militari.
Yorio e Jalics rifiutarono di sciogliere la comunità da loro fondata a Bajo
Flores e per questo Bergoglio vietò loro di dire messa. Entrambi detenuti nella
famigerata Esma, verranno torturati per cinque mesi prima di essere rilasciati.
Yorio è morto nel 2000, debilitato nel fisico da torture dalle quali non si
riprese mai completamente.
Jalics, immediatamente dopo l’elezione di Bergoglio, è stato confinato dalla
chiesa in un convento sito in una sperduta località della natia Ungheria, con il
divieto assoluto di parlare con i giornalisti.
Significativa è la piena adesione di Bergoglio alla guerra delle Malvinas.
Nell’ottobre del 2009 benedicendo i parenti dei soldati caduti in partenza per
le isole dove avrebbero eretto un cenotafio al cimitero disse loro “andate a
baciare quella terra che è nostra e che sembra così lontana” e dichiarò che “i
loro figli, mariti e padri erano caduti compiendo un gesto quasi religioso
quello di baciare con il proprio sangue il suolo della madrepatria”. Nel 2012 in
occasione del trentesimo anniversario del conflitto, definì coloro che erano
morti “figli della madrepatria andati a difenderla per rivendicare ciò che le
apparteneva e le era stato ingiustamente sottratto”. Affermazioni che liquidano
ogni interpretazione di Francesco come pacifista.
Nel 2007 la conferenza che si tenne nel santuario mariano di Aparecida in
Brasile segnò il definitivo tramonto della teologia della Liberazione. La
visione di Bergoglio si impose e nel 2013 quando Bergoglio tornò da papa in
Brasile parlò di Aparecida come di un “momento che sconfisse la tentazione che
si ebbe negli anni precedenti nella chiesa di creare una interpretazione della
vita fuori dal vangelo e dalla chiesa.
Qui sta tutto il pensiero profondo di Bergoglio: i poveri intesi non come
categoria socio economica ma come Ser fundante, “spirito fondatore”
dell’autentica comunità argentina che deve resistere all’influsso negativo della
globalizzazione.
La globalizzazione non va intesa come mera dinamica economica sociale ma
soprattutto culturale. La globalizzazione è identificata in quel capitalismo
imperialista del “Nord” che si incarna nelle idee e negli stili di vita
orientati al liberalismo, al relativismo, all’edonismo che sono del tutto
estranei al Ser Fundante argentino e alla spontanea devozione popolare. Il
trionfo del nazional cattolicismo espresso dalla Teologia del Pueblo.
Uno dei tratti salienti del pontificato di Bergoglio è stata la sua
straordinaria abilità nell’usare i media. Ha capito perfettamente che contava di
più una frase ad effetto che i gesti concreti, per cui si permetteva di lanciare
messaggi di apertura nei confronti di omosessuali e donne, mantenendo inalterata
la morale ufficiale della chiesa.
Malgrado abbia affermato di non giudicare le persone omosessuali, nei testi
della chiesa bergogliana l’omosessualità è definita un disordine, una malattia.
L’unica famiglia legittima, la sola possibile è per Francesco quella formata da
un uomo e una donna e ha come scopo primario la procreazione.
L’aborto è un omicidio e i medici che lo effettuano sicari.
Il clero deve restare rigidamente maschile.
Bergoglio ha nei fatti ribadito, come tutti i suoi predecessori, il ruolo
misogino, omofobo e patriarcale della chiesa.
Bergoglio si faceva paladino della libertà religiosa, ma giustificava gli autori
della strage di Charlie Hebdo perchè non si può irridere le religioni.
Francesco da un lato si mostrava umile laddove non contava (le scarpe lise, la
coda alla mensa vaticana, la 500 come auto papale) per crearsi l’immagine del
papa che rifuggiva i fasti del potere, dall’altro ha accentrato su di sé il
potere vaticano come pochi papi avevano fatto prima di lui.
Il suo papato si è contraddistinto per un continuo creare apparenze di
cambiamento per far si che tutto restasse come prima.
Il gesuita che si è fatto chiamare Francesco è stato un lupo travestito da
agnello.
Un’analisi compiuta del suo successore è prematura, ma possiamo comunque
azzardare qualche ragionevole ipotesi. Al momento possiamo essere cert* che
continuerà nella crociata in difesa della famiglia patriarcale. In un’intervista
radiofonica del 2012 in Perù Prevost ha dichiarato: “Vogliono convincerci che
l’omosessualità è un’opzione neutrale. Ma Dio ha creato l’uomo e la donna, non
un’identità fluida”.
Le sue perorazioni per una pace “giusta” in Ucraina paiono riposizionare il
vaticano nel campo occidentale all’interno dello scontro interimperialistico, al
di là delle chiacchiere sulla pace disarmata e disarmante.
Prevost è un agostiniano e Agostino giustificavala guerra come strumento per
costruire una pace “giusta”, come fanno tutti i governi quando vogliono
giustificare guerre e massacri.
La scelta del nome non è mai casuale: ogni papa sceglie il proprio in base ad un
esplicito richiamo a un predecessore di cui ambisce a ricalcare le orme.
Il 23 giugno del 2003 il futuro papa, nel corso di un ritiro spirituale a Cuzco,
dichiarò: “I cristiani devono resistere alle tentazioni ideologiche del
collettivismo estremo che schiavizza l’anima in nome della giustizia sociale”.
In queste parole è facile cogliere l’affinità di Prevost con Leone XIII, il papa
della Rerum Novarum cupiditas, l’enciclica in cui venne formulata la dottrina
sociale della chiesa cattolica, basata sulla collaborazione di classe in
opposizione alla guerra di classe.
Questa enciclica difendeva a spada tratta la proprietà privata e nascondeva,
dietro a generici appelli alla “giusta mercede” e alla “dignità dell’uomo”,
l’odio verso la spinta rivoluzionaria del movimento dei lavoratori e delle
lavoratrici: giudicava lo sciopero “uno sconcio grave” e vedeva dietro
l’organizzazione autonoma delle classi sfruttate l’azione di “capi occulti”, che
le reggerebbero con criteri contrari al pubblico bene.
La Rerum Novarum è stata la risposta cattolica al movimento operaio e alla lotta
di classe: era giusto che gli sfruttati si associassero per migliorare la loro
condizione, ma dovevano farlo in collaborazione e non in conflitto coi padroni.
La divisione in classi sociali, con il suo portato di disuguaglianza, non doveva
essere messa in discussione. La questione sociale doveva essere risolta nella
collaborazione fra sfruttati e sfruttatori, questi ultimi guidati da un maggiore
spirito di carità. In questi tempi, contrassegnati dal tentativo dell’ ideologia
dominante di far passare la lotta di classe come visione ormai superata dalla
storia, la collaborazione di classe teorizzata alla fine del diciannovesimo
secolo dalla chiesa cattolica può tornare utile ai padroni.
La povertà si affronta distribuendo una tantum brioches ai clochard, come ha
fatto recentemente la chiesa romana su ordine del nuovo papa. E che i poveri
restino poveri, altrimenti a chi si fa la carità?
Un agostiniano sul soglio di Pietro, con l’insistito ruolo della grazia divina
come necessaria ispirazione al bene per gli uomini e le donne altrimenti fonte
di ogni male, può tentare di recuperare il terreno sulle chiese evangeliche, che
stanno scalzando il cattolicesimo sia in Sud America che in Africa.
Al di là dei futuri gesti del nuovo papa, di un fatto siamo comunque sicur*: la
chiesa cattolica continuerà a succhiare soldi a tutt* noi. 6,7 miliardi: tale è
la cifra che nel 2024 lo stato italiano ha versato alla chiesa. Quest’anno, con
i contributi per il giubileo, la cifra sarà probabilmente superiore. Soldi che,
come quelli delle spese militari, vengono prelevati dalle nostre tasche. Soldi
sottratti alla salute, alla casa, all’istruzione e a quanto ci serve realmente.
Oggi sono tutti inginocchiati al trono di Pietro.
La sinistra in cerca di autore è continuamente a caccia di qualche sfumatura
sociale, pacifista o ambientalista per legittimarsi e legittimare la chiesa. Ma
la chiesa è intrinsecamente autoritaria e patriarcale.
La chiesa combatte la lotta di classe in nome della fratellanza fra sfruttat* e
sfruttator*, tra oppress* e oppressor*.
L’esistenza della chiesa è incompatibile con l’idea di libertà, perché la
chiesa, qualunque chiesa, si basa sull’idea di dio, sulla convinzione che l’uomo
e la donna non possano darsi la propria morale e le proprie regole, perché
queste devono discendere dall’alto, dalle divinità e, ovviamente, dai
rappresentanti terreni delle divinità, ovvero la chiesa stessa.
Se vogliamo davvero costruire un mondo di liber* e uguali, la lotta
anticlericale e antireligiosa deve tornare ad essere fra i punti centrali del
conflitto sociale.
La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana