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Racconti di CPR: “il vero traffico di essere umani”@1
In questa puntata di Harraga parliamo di detenzione amministrativa in un modo più diretto e vivido del solito, insieme ad alcuni reclusi nel CPR di Torino e di un recluso al CPR di Caltanissetta; dov’è attualmente recluso anche Mohamed Shahin, imam di Torino a rischio di deportazione per la sua partecipazione attiva alla mobilitazione a fianco della resistenza palestinese. Iniziamo da un riassunto di quanto accaduto nell’ultimo mese dentro e fuori i CPR torinese di Corso Brunelleschi, tra uno sciopero della fame, proteste portate avanti dai detenuti buttandosi dal tetto, repressione e azioni di solidarietà. Aggiornamenti in parte già raccontati qui e qui. Abbiamo poi ascoltato le voci dei reclusi, con contributi audio da Corso Brunelleschi e da Pian del Lago e una diretta dal CPR torinese. Quanto ci raccontano é come un individuo detenuto diventi un “corpo”, usato dai carcerieri per fare profitto ad ogni costo. Quanto il razzismo e la sua efferatezza sia fatto di pestaggi e le violenze sistematiche delle guardie che “sfogano su di noi la propria rabbia”, “così non pensi di protestare un’altra volta per il cibo o per la tua terapia”. Una quotidianità fatta di freddo, di cibo immangiabile, di una gestione dei centri improntata al creare il maggior profitto con il minor sforzo possibile, riducendo a zero i servizi e delegando a Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Vigili del Fuoco la risposta a qualsiasi richiesta dei reclusi. Della complicità del personale sanitario e dei medici che “qua fanno quello che fa più comodo alla polizia”. Del ruolo dell’Ufficio Immigrazione, che quando non può deportare arriva a proporre ai reclusi un trasferimento nel CPR coloniale in Albania o il rimpatrio volontario, come soluzione per la liberazione. Della rabbia e dell’uso del proprio corpo come unico strumento possibile di lotta per cercare la libertà. “Questi che organizzano il CPR sono una banda organizzata bene, protetta dallo Stato, che guadagnano soldi sulla gente povera. più trattengono la gente, più guadagno entra nelle loro tasche”. Il tutto per garantire il funzionamento di quello che é il “vero traffico di esseri umani”, per continuare a rendere possibile il business sulla pelle delle persone immigrate in Europa. Buon ascolto.
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Mohamed Shahin
Islamofobia, CPR e repressione politica: la vicenda di Mohamed Shahin come emblema del razzismo sistemico in Italia@0
Oggi ospitiamo due compagni dell’Assemblea di No CPR di Torino per fare un’analisi del razzismo sistemico a partire dall’arresto di Mohamed Shahin. Mohamed Shahin, imam della moschea Omar Ibn al-Khattab di Torino, è stato arrestato martedì scorso con l’accusa di essere una minaccia alla sicurezza dello stato. Shahin ha ricevuto la stessa mattina dell’arresto un decreto di annullamento del permesso di soggiorno di lunga durata ed è stato deportato al CPR di Caltanissetta, non prima di aver ricevuto anche un decreto di espulsione. Da subito ci siamo mobilitat3 per esigere la sua immediata liberazione: Mohamed Shahin  non ha compiuto nessun reato, quello che gli viene contestato è la partecipazione attiva alle manifestazioni che da due anni si oppongono al genocidio a Gaza. Ciò che gli viene imputato è quindi un reato ideologico, che non può esser in nessun modo la giustificazione del sua reclusione in CPR e di una eventuale espulsione. Mohamed Shahin è infatti un dissidente politico del regime di Al SiSi, quindi la sua espulsione in Egitto equivarrebbe a una sentenza di morte. La vicenda di Mohamed Shahin non è soltanto un suprema ingiustizia, ma è la riprova del fatto che il razzismo sistemico ha come obiettivo quello di renderci continuamente ricattabili e dunque più esposti alla repressione politica; questa repressione si espleta attraverso gli ingranaggi del sistema dei CPR e dei decreti di espulsione. In tutto ciò anche l’islamofobia di stato ha giocato un ruolo importante, poiché gli imam sono fra le persone più a rischio espulsione o rigetto dei documenti in quanto vengono spesso considerati a priori una minaccia alla sicurezza dello stato.  In un momento storico in cui la solidarietà alla causa palestinese è riuscita a costruire alleanze trasversali fra lavorator3, student3, comunità islamiche e seconde generazioni, come sempre lo Stato si trova disarmato e non può che reagire con una dura repressione. Starà a noi, non solo impedire l’espulsione di Mohamed, ma anche ricomporre quel movimento delle piazze per la Palestina che negli ultimi due mesi ha fatto tremare i dominanti. Se la deportazione rimane un rischio concreto che minaccia Mohamed Shahin e altre persone che hanno tentato di esprimere il proprio dissenso verso il genocidio del popolo palestinese o che provano quotidianamente ad opporsi allo sfruttamento, al razzismo e all’islamofobia dilaganti in questo paese, anche il Cpr viene utilizzato dallo Stato come strumento di minaccia, monito e ricatto per la manodopera sfruttata e sfruttabile. Nella seconda parte della trasmissione viene quindi approfondito il ruolo del CPR e delle deportazioni, con un focus sull’aumento considerevole delle deportazioni verso l’Egitto: ne parliamo in diretta con una compagna dell’Assemblea contro CPR e frontiere del Friuli-Venezia Giulia.  Per altri approfondimenti sulle deportazioni verso l’Egitto è possibile scaricare QUI l’opuscolo: > Egitto paese sicuro? Una storia paradigmatica di reclusione e deportazione dal > CPR di Gradisca d’Isonzo [OPUSCOLO]
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Mohamed Shahin
Metix Flow – 28 novembre 2025
Chiacchierando di Sciopero, Palestina, CPR…… E di sottofondo una play list ruvida… 01 – New brutalism – 087 02 – New brutalism – 089 03 – Mclusky – Unpopular parts of a pig 04 – Mclusky – The digger you deep 05 – The Jesus lizard – Thumbscrews 06 – The jesus lizard – More Beautiful Than Barbie 07 – Therapy – Teethgrinder 08 – Fugazi – Break-In 09 – Fugazi – Furniture 10 – Shellac – My Black Ass 11 – Shellac – Pull the Cup 12 – Bench press – Respite 13 – Bench press – Dreaming Again 14 – DADAR – Desperate 15 – Hierophants – Nothing Neu 16 – Midnite Snaxxx- Greedy Little Thing 17 – Straight Arrows – 21st Century – 18 – Gee Tee – Kombat Kitchen 19 – Gee Tee – Dudes In The Valley 20 – Birds of paradise – The Little Death 21 – Fluxus – Nessuno si accorge di niente 22 – Goat Girl – Throw Me a Bone 23 – Goat Girl – The Man
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COLPIRNE UNO: MOHAMED SHAHIN, IL RISCHIO DEPORTAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA SOLIDARIETA’ CON IL POPOLO PALESTINESE@0
Il decreto di espulsione che ha colpito nella giornata di Lunedì 24 Novembre Mohamed Shahin – imam della moschea nel cuore di San Salvario a Torino – ha rappresentato un attacco del governo alla solidarietà contro il genocidio palestinese. Un attacco che utilizza le procedure amministrative che regolano ingressi, deportazioni e centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) per colpire e intimorire chi non gode del privilegio dei cosiddetti “giusti documenti”. Un attacco che mette sotto accusa partecipazione e dissenso, richiesto e firmato non solo del ministro Piantedosi, ma anche della deputata di fratelli d’italia Augusta Montaruli. Un attacco contro cui, però, non si è fatta attendere una rapida risposta: quella legale, che attraverso l’istanza di richiesta di asilo presentata tempestivamente da avvocate e avvocati ha bloccato la deportazione di Mohamed; e quella politica, iniziata con la conferenza stampa sotto la prefettura di Torino e che adesso si allarga con una serie di iniziative previste nei prossimi giorni da Torino a Caltanissetta (qui, per seguire le iniziative su Instagram). Insieme a Brahim, attivista per la Palestina e membro della comunità islamica torinese, ricostruiamo inizialmente cosa è accaduto da Lunedì ad oggi: Affrontiamo poi, sempre con Brahim,  come islamofobia, degrado e retorica dei maranza rappresentino sfumature diverse nella costruzione del nemico interno e della necessità di coordinarsi per lottare contro razzismo e violenza di stato: Con il contributo di Hafsa, compagna di Torino per Gaza, registrato durante al presidio in conferenza stampa di martedì 25 Novembre continuiamo a parlare di solidarietà e mobilitazione: Attualmente Mohamed Shahin è rinchiuso a più di 1500 km da casa nel CPR di Pian del Lago a Caltanissetta, il rischio di persecuzioni a seguito della deportazione in Egitto è tanto concreto, quanto attuale e non si possono non notare le similitudini tra gli strumenti repressivi utilizzati in Palestina nel progetto coloniale sionista e quelli in via di sviluppo nel nostro paese. Per condividere un quadro del funzionamento e della vita all’interno di un CPR punitivo, come quello di Caltanissetta, gestito dalla cooperativa Albatros di San Cataldo (CL), condividiamo un intervento di alcun* compagn* sicilian* che si organizzano contro frontiere e detenzione amministrativa: Solo nel 2024, le deportazioni collettive verso l’Egitto effettuate con voli charter sono state 10. I voli sono stati operati dai velivoli dalle compagnie aree Aeroitalia, Albastar, Air Cairo, Egypt Air, Smartwings e ETF airways Mese dopo mese i bandi ministeriali consentono a due compagnie di broker che si spartiscono il mercato dei cosiddetti rimpatri – la PAS (Professional Aviation Solutions, tedesca) e la AIR PARTNER (britannica, acquisita nel 2022 dalla statunitense WHEELS UP) – di gestire le tratte deportative al miglior prezzo. Per saperne di più sulle espulsioni in Egitto, qui. Infine, condividiamo un contributo audio dal presidio in piazza Castello dell’avvocata che sta seguendo la tutela legale di Mohamed:
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Sciopero della fame nel CPR di Torino e aggiornamenti dal CPR di Gradisca@1
In questa puntata di Harraga, in onda su Radio Blackout ogni venerdì dalle 15 alle 16, partiamo da alcuni aggiornamenti sulla drammatica situazione dentro il CPR di Corso Brunelleschi, con il contributo audio dei detenuti. Dal 21 Novembre, molti prigionieri del CPR sono in sciopero della fame per pretendere la libertà. Dopo due giorni, di fronte all’indifferenza continua dell’ente gestore, nella serata di sabato due persone sono salite sul tetto. Una delle due è svenuta, l’altra è caduta su una rete messa lì dai vigili del fuoco. Entrambi sono stati portati al pronto soccorso, dove su uno di loro è fallito un tentativo di TSO, per poi essere poco dopo riportati nel CPR.  In questi ultimi mesi, sono stati numerosi i casi di persone recluse finite in ospedale e, anche se con lesioni gravissime, rispedite al CPR senza essere state curate – tramite la riconferma dell’idoneità alla detenzione da parte dei sanitari. L’ASL continua ad essere responsabile delle torture dentro il CPR, validando le detenzioni e delegando a Sanitalia la presa in carico sanitaria, nonché la decisione di chi rilasciare e chi no in modo del tutto arbitrario. Sanitalia in questi giorni si è rifiutata di interloquire con i detenuti in sciopero della fame, e i detenuti lamentano di non aver accesso a visite mediche e medicinali specifici. Al momento, sono tre le aree del CPR ad essere aperte – blu, verde e gialla – e a causa del sovraffollamento, alcune persone sono costrette a dormire per terra, anche nella mensa. Inoltre, manca il riscaldamento e si muore di freddo e alcuni detenuti riportano patologie gravi e del tutto ignorate. Alle rivendicazioni portate avanti dai reclusi, le forze dell’ordine rispondono con pestaggi e trasferimenti al carcere delle Vallette. Di fronte alla lotta disperata di chi saliva sul tetto sabato sera, la risposta è stata un dispiegamento di poliziotti, carabinieri, finanzieri e vigili del fuoco schierati, con scudi e manganelli.  Nella seconda parte della trasmissione, con alcuni compagni dell’assemblea contro il CPR del Friuli Venezia Giulia, abbiamo parlato degli ultimi aggiornamenti dal CPR di Gradisca d’Isonzo: informazioni preziose per mappare e capire la macchina del razzismo di stato attraverso i trasferimenti, gli arresti sulla frontiera orientale, la cooperazione di Frontex nelle deportazioni.
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RECLUSI DEL CPR DI TORINO IN SCIOPERO DELLA FAME
Dal 21 Novembre molti prigionieri del CPR sono in sciopero della fame per pretendere la libertà. Dopo due giorni di sciopero della fame, di fronte all’indifferenza continua dell’ente gestore, nella serata di sabato due persone sono salite sul tetto. Una delle due è svenuta, l’altra è caduta su una rete messa lì dai vigili del fuoco. Entrambi sono stati portati al pronto soccorso, per poi essere poco dopo riportati nel CPR.  In questi ultimi mesi, sono stati numerosi i casi di persone recluse finite in ospedale e, anche se con lesioni gravissime, rispedite al CPR senza essere state curate – tramite la riconferma dell’idoneità alla detenzione da parte dei sanitari. L’ASL continua ad essere responsabile delle torture dentro il CPR, validando le detenzioni e delegando a Sanitalia la presa in carico sanitaria, nonché la decisione di chi rilasciare e chi no in modo del tutto arbitrario. Sanitalia in questi giorni si è rifiutata di interloquire con i detenuti in sciopero della fame, e i detenuti lamentano di non aver accesso a visite mediche e medicinali specifici. Al momento, sono tre le aree del CPR ad essere aperte – blu, verde e gialla – e a causa del sovraffollamento, alcune persone sono costrette a dormire per terra, anche nella mensa. Inoltre, manca il riscaldamento e si muore di freddo e alcuni detenuti riportano patologie gravi e del tutto ignorate. Alle rivendicazioni portate avanti dai reclusi le forze dell’ordine rispondono con pestaggi e trasferimenti al carcere delle Vallette. Di fronte alla lotta disperata di chi saliva sul tetto sabato sera, la risposta è stata un dispiegamento di poliziotti, carabinieri, finanzieri e vigili del fuoco schierati, con scudi e manganelli.  Abbiamo chiesto a una compagna dell’assemblea No Cpr Torino di aggiornarci sulla situazione all’interno del Centro di Corso Brunelleschi.
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Dal Cpr di Milano
Dalla sua riapertura, nel 2020, sono ricorrenti le notizie della presenza di persone con fragilità psichiatriche, anche per lunghissimi periodi, all’interno del Cpr di Milano. Detenuti che aumentano i profitti di Ekene, ente gestore del Cpr (di Milano ma anche di Gradisca), che guadagna in base alle presenze quotidiane all’interno dei centri di detenzione per migranti. Abbiamo chiesto alla rete Mai più lager – no ai Cpr di Milano di aggiornarci sulla situazione del Cpr di Via Corelli.
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La detenzione amministrativa come manifestazione della colonia, in Palestina e nei CPR@1
La prima di una serie puntate di Harraga (trasmissione in onda su Radio Blackout ogni venerdi dalle 15 alle 16) in cui proviamo a tracciare un fil rouge, che dalla Palestina riporti alle logiche e alle dinamiche coloniali occidentali nei nostri contesti, che sfruttano e opprimono, tanto in Palestina quanto in Italia, le persone razzializzate. L’obiettivo non sta tanto nel definire somiglianze e divergenze nelle forme di repressione ed oppressione, al di qua e al di là del Mediterraneo, ma sviluppare terreni di lotta comuni capaci di tenere insieme le lotte: non solo nella teoria politica, ma a partire proprio dalla materialità con cui si manifestano. Partiamo quindi dalla detenzione amministrativa e dai CPR, forma di repressione e segregazione in Palestina di larghissimo utilizzo da parte dell’entità sionista e tassello chiave della catena del razzismo di stato qui in Italia.  La fase di mobilitazioni in solidarietà al popolo palestinese che abbiamo attraversato negli ultimi mesi, ha rappresentato un salto di qualità rispetto a quanto messo in campo in Occidente negli ultimi decenni. Dallo slogan “blocchiamo tutto”, le mobilitazioni hanno raggiunto non solo la comprensione ma soprattutto la presa di responsabilità chiara e collettiva che ciò che produciamo qui sui luoghi di lavoro, nelle scuole o nelle università, è complice e materialmente responsabile del genocidio e dell’oppressione sistemica del popolo palestinese. Ma non solo, la consapevolezza che inizia a radicarsi anche nella fetta più ampia del movimento ProPal, è che la Palestina non rappresenta solo se stessa ma tutte le lotte e le rivendicazioni anticoloniali e antirazziste, sia negli obiettivi della lotta di liberazione e autodeterminazione che nelle forme in cui essa si concretizza. Siamo quindi partite dal delineare in cosa consiste la detenzione amministrativa in Palestina, la genealogia della sua nascita e le fluttuazioni storiche del suo utilizzo, per poi provare a tracciare le analogie negli obiettivi di questo strumento di repressione in Italia come in Palestina. In primo luogo come monito ai liberi: in Palestina, per esempio, è prassi che l’esercito sionista arresti i familiari dei combattenti per convincerli a desistere dalla lotta. D’altra parte in Italia le torture e le deportazioni sono quantitativamente minori in relazione al numero di persone sprovviste del permesso di soggiorno, ma sono funzionali al terrorizzare tuttx  le/gli altrx tentando, con l’uso della paura su larga scala, di renderli docili. Altrettanto chiara è, in entrambi i contesti, l’obiettivo di creare profitto dal razzismo. Dall’evidente guadagno di aziende private sui corpi delle persone recluse nei CPR, alla possibilità di sfruttare manodopera a bassissimo costo tramite il meccanismo del ricatto del permesso di soggiorno. Fino ad arrivare in Palestina dove l’intera società può essere definita una società carceraria, dove genocidio, pulizia etnica e incarcerazioni di masse generano profitto come laboratorio sperimentale di armi e sistemi di sicurezza di ogni tipo. Se è vero, come dicono in molti, che Israele fa e ha fatto per anni il lavoro sporco dell’Occidente, spingendo sempre più in là l’asticella del livello di violenza e repressione accettabili dalla “democratica società civile”, dall’invenzione da parte delle IOF della dottrina della spoporzionalità del 2006 alle violenze indicibili commesse dall’esercito sionista dal 7 ottobre a Gaza, ai trattamenti deumanizzanti che, se fino a ieri sarebbero stati impensabili, oggi sono fin normalizzati dalle popolazioni occidentali. E’ anche vero che in Europa la sperimentazione di livelli di violenza, controllo e repressione si attua sempre sulle vite delle persone migranti che fungono, in tale quadro, anche da banco di prova per estendere i limiti dell’umanamente accettabile, nonché per normalizzare forme di tortura sia fisica che psicologica.  Dall’altro lato, va ricordato che Israele è un prodotto dell’Occidente e pertanto necessita della continua legittimazione ideologica razzista ed islamofoba occidentale che si manifesta con la narrazione della “minaccia islamica”, usata a scopo propagandisco dai governi occidentali e non solo, per giustificare un discorso sulla “sicurezza”, sul riarmo e sul controllo delle frontiere. Di tutto questo ne abbiamo parlato proprio nel giorni di apertura della settimana di mobilitazione per i prigionieri palestinesi. Sempre al fianco delle 3368 persone imprigionate in detenzione amministrative nelle carceri sioniste; con Anan, Ali e Mansour imprigionati in Italia per conto dello stato sionista; con chi si trova reclusə per aver lottato al fianco della Palestina e contro le complicità di aziende belliche occidentali, con Tarek e con Prisoners4Palestine e Stecco, in sciopero della fame da più di sette giorni. Libertà per tuttx!
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Metix Flow – 7 novembre 2025
Abbiamo avuto due ospiti negli studios di Radio Blackout: Mauro e Mafalda che fanno parte del collettivo Mai più CPR-Mai più lager. Mauro è rientrato da poco dall’Albania dove ha partecipato ad un incontro internazionale di realtà che si oppongono al CPR che l’Italia sta gestendo in terra albanese. Mafalda ci ha portato aggiornamenti sul CPR torinese e sul processo per l’omicidio di Moussa Balde.
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Lottare in Germania contro le deportazioni verso il Gambia
Dal 2018, anno del primo accordo tra EU e Gambia per i rimpatri, fino ad oggi, almeno 1000 Gambiani sono stati deportati dalla Germania, in voli charter organizzati mensilmente. Voli su cui vengono deportate anche persone arrestate e detenute dall’Italia, in operazioni congiunte di rimpatrio che partono dall’aeroporto di Fiumicino. Le deportazioni in Germania sono […]
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