Gianni è stato tante cose diverse. Era del 1938. Sua madre partorì in casa a
Mombercelli. Lui era prematuro e gracile: la durezza degli anni della guerra
facevano presagire che non avrebbe passato l’infanzia. Invece “Spinacino” ce ha
fatta. In barba al freddo, alle bombe, alla fame e ai tanti malanni di quei
primi anni, arriverà al 5 febbraio 2025, quando se ne è andato nel sonno.
Lasciato il paese, da cui riporterà il ricordo indelebile degli alberi, delle
foglie, dell’aria di collina, con i genitori e il fratellino si trasferisce a
Torino. Il panorama della città nel primo dopoguerra è segnato dalle macerie
delle case bombardate e dagli alberi dei viali tagliati per fare legna. I soldi
sono pochi e la vita, in due stanze con il ballatoio ed il cesso fuori, è grama.
La scuola sarà per lui un mondo speciale, che amerà sin dai primi anni.
Al punto che sceglierà di fare il maestro. La laurea, che, all’epoca non serviva
per insegnare alle “elementari” come si chiamavano allora, la prenderà anni
dopo, con una tesi di pedagogia libertaria.
A cavallo tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta il giovane maestro viene
allontanato dall’insegnamento per cinque lunghi anni, in cui verrà confinato in
un ufficio. Le sue idee erano troppo sovversive.
A quell’epoca la scuola elementare era simile ad una piccola caserma. I bambini
separati dalle bambine, le divise, lo stare sull’attenti, il recitare la
preghiera, l’alzarsi in piedi quando entrava l’autorità, lo stare per ore
immobili, “composti” nei banchi.
Gianni si nutre delle idee e delle esperienze di Celestin Freinet, del nativo
canadese Wilfred Peltier, della scuola pedagogica statunitense.
Gianni, quando arriva in classe si fa dare del tu ai bambini, non li rinchiude
nell’aula, li porta fuori a toccare con mano le cose: il fiume, gli alberi, ma
anche la realtà sociale, quella dei profughi istriani delle Vallette, quella dei
napoletani emigrati in gran numero a Cirié, all’imbocco delle valli di Lanzo,
dove insegnerà a lungo dopo la pausa forzata imposta dal Ministero.
A Cirié, complice una mamma che sapeva riparare le bici, i bambini partono ad
esplorare il territorio per capire la cosa più importante: le domande da fare,
la curiosità che nasce dall’esperienza, il proprio percorso nella vita. Con le
bici Gianni e i suoi bambini arrivano ad invadere la pista dell’aeroporto di
Caselle, per vedere come erano fatti gli aerei, con i quali i più fortunati
partivano per paesi favolosi, che ai ragazzini della Ciriè operaia erano
preclusi. Tante imprese, tanti viaggi, soprattutto viaggi nella realtà sociale,
dove si parla di lavoro e di licenziamenti punitivi. Una volta, con i bambini
occupa l’ufficio del sindaco perché a scuola fa freddo.
Storie di frontiera in una scuola che oggi non è più fatta di autorità e
disciplina anche grazie ai partigiani dei bambini come Gianni Milano.
Lui lo diceva a chiare lettere: “bisogna dar voce ai bambini: sono loro che
decidono come apprendere meglio, e cosa fare”.
Gli ultimi anni a scuola, dove lavorerà per 40 anni, li trascorre a Lanzo dove
insegna alle future maestre.
Quando i suoi capelli sono diventati tutti bianchi, ha continuato a portarli
lunghi e scarrufati, come ai tempi in cui si guadagnò il soprannome
dispregiativo, ma portato con orgoglio, di “maestro capellone”.
Lui non ne parlava più di tanto, ma se date un’occhiata ai libri, alle riviste,
alla storia di quegli anni speciali scoprirete che è stato tra i protagonisti
della cultura beat nel nostro paese.
Era un fricchettone colto, scriveva poesie sulla sua lettera 32. Poesie che
trovate sparse qua e là, di recente molte sono state raccolte in un volume per
le edizioni Fenix.
D’estate, quando le scuole erano chiuse, autostop e via per il mondo. Ma poi
tornava sempre a Torino, che non era più la città bigia e dura dei suoi primi
anni, ma sempre la città in cui si sentiva a casa, all’ombra delle montagne.
Era amico di Fernanda Pivano e di Allen Ginsberg, è stato uno dei protagonisti
della beat generation: pubblica Off Limits (1966), Guru (1967), Prana (1968),
King Kong (1973), Uomo Nudo (Tampax, 1975). È tra i fondatori della
Pitecantropus Editrice, un tentativo di unire le anime della cultura Beat.
Spirito profondamente libertario, specie negli ultimi anni si lega al movimento
anarchico, attraversandone le lotte.
Abitava in fondo a corso Vercelli, a due passi dal Balon, dove lo incontravamo
spesso in occasione di presidi e banchetti. Arrivava e parlava con tutti,
indossando un fazzoletto rosso e nero, spacciando idee e libri. Vivace come un
folletto, mai stanco, nonostante gli anni che passavano ed i nuovi malanni.
Lo ricordiamo in tanti 25 aprile, tanti primi maggi, portare con orgoglio la
bandiera rossa e nera. Anche in valle ha intersecato varie volte le strade dei
cortei e delle lotte, perché in quella lotta popolare, specie in certi anni,
seppe riconoscere il tempo che muta, quando la gente comune, quella che non ci è
avvezza, alza la testa.
Lo conoscevano tutt. Con la sua parlantina sciolta e il suo stile da vecchio
maestro, lo trovavate nei posti dove la gente sceglie di essere protagonista, di
alzarsi in piedi, di costruire da se il proprio cammino.
Eravamo in tanti a salutarlo nel piazzale del Cimitero Maggiore di Torino,
nonostante il freddo e la pioggerellina insistita. Il Cor’Occhio circondato da
bandiere anarchiche, sullo sfondo uno striscione No Tav ha intonato i canti
anarchici e quelli di chi diserta la guerra. Gianni che l’aveva conosciuta fu un
antimilitarista convinto, senza sfumature.
Lo abbiamo ricordato con la musica, le parole, le sue poesie.
In questi tempi grami, con le scuole che rischiano di diventare nuovamente
caserme, il ricordo del maestro capellone, che sfrecciava alla testa della sua
ciurma di bambini liberati dai banchi per la campagna piemontese, resterà
un’ancora che renderà più forte la determinazione a continuare a pedalare per
cambiare il mondo intollerabile in cui siamo forzati a vivere.
Nel lungo percorso attraverso le grandi statue del monumentale siamo arrivati in
una zona povera. Gianni, nato sulla terra, ha scelto di tornarvi. Sulla bara una
bandiera nera e tanti garofani rossi.
Elfo di città, con un cuore contadino, continueremo a vederlo volteggiare a
Torino e in Valle, o al Balon, dove si mescolava con gli anarchici e i
senzapatria.
Ciao Gianni!
I compagni e le compagne della Federazione Anarchica Torinese
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Torino, 12 febbraio 2025. Oggi comincia a Torino il processo per la morte di
Moussa Balde.
Moussa aveva 23 anni. Nella notte tra il 23 e il 24 maggio 2021, è morto nel CPR
di Torino.
Il 9 maggio era a Ventimiglia, fuori da un supermercato dove cercava di
racimolare qualche soldo. Tre uomini lo assalirono a calci, pugni e sprangate.
Qualcuno fa un video: Moussa è a terra, rannicchiato mentre i tre infieriscono
su di lui.
Una vicenda di violenza razzista come tante: solo la diffusione delle immagini
impedisce che il silenzio cali sulla sua storia, perché quelli come Moussa
raramente hanno la possibilità di raccontare ed essere creduti.
Quello stesso giorno Moussa viene portato in ospedale: viene dimesso il giorno
stesso, senza che gli vengano consegnati i fogli con la diagnosi. Trascorre la
notte in cella di sicurezza. Il mattino successivo viene portato a Torino, dove,
dopo l’udienza di convalida, viene rinchiuso al CPR di corso Brunelleschi.
Tra i tanti fogli che gli fanno firmare non c’è nulla sul pestaggio subito.
Finisce presto in isolamento, nel famigerato “ospedaletto”, un’area del CPR a
ridosso del muro dove c’erano celle singole simili a pollai. Niente a che fare
con un ospedale. Nonostante le vistose ferite al volto, Moussa non viene mai
visitato.
Lì, in quella gabbia isolata, Moussa è stato trovato impiccato.
La grande indignazione per la sua morte fece chiudere l’Ospedaletto.
Due anni fa, in febbraio, il fuoco delle rivolte distrusse il CPR, che da allora
è chiuso. Presto riaprirà senza che nulla sia cambiato per chi vi verrà recluso.
Alla sbarra, accusati di omicidio colposo, oggi vanno Annalisa Spataro,
direttrice del Cpr per conto della società Gepsa che all’epoca aveva l’appalto e
Fulvio Pitanti, il medico della struttura che visitò Balde e lo confinò in
isolamento. Sotto accusa c’era anche un poliziotto, Fabio Fierro, accusato di
aver modificato le relazioni di servizio, che però ha chiuso la sua posizione
patteggiando un anno.
Restano fuori dal processo i mandanti: la Prefettura e tutta la macchina che
imprigiona, tortura e uccide i senza documenti.
L’inchiesta, partita dopo la morte di Moussa, un vero suicidio di Stato, si
incardina intorno alla questione “ospedaletto”, una struttura di isolamento,
ulteriormente afflittiva rispetto alla detenzione amministrativa. In base alla
legge la detenzione amministrativa è ammessa, ma non forme di isolamento e
punizione. Se qualcuno, per i più diversi motivi, è incompatibile con la
prigione, può e dovrebbe essere liberato o ricoverato, non rinchiuso in una
cella di isolamento.
In discussione, oltre a quello di Moussa, i casi di altre persone fragili, messe
in isolamento, senza cure né assistenza.
Oggi in aula ci saranno anche il fratello e la mamma di Moussa Balde e la
sorella di Osmane Sylla, morto un anno fa nel CPR di Ponte Galeria a Roma.
Vogliono giustizia, una merce rara nei tribunali, vogliono soprattutto che non
capiti più. Mai più.
Mercoledì 12 febbraio ore 9 presidio al Tribunale di Torino – corso Vittorio 130
Per saperne di più ascolta la diretta fatta ieri dall’info di radio Black-out
con Gianluca Vitale, l’avvocato che aveva assistito Moussa e che oggi
rappresenta la sua famiglia:
> Moussa Balde. Processo al CPR
Il 4 novembre, nell’anniversario della “vittoria” nella prima guerra mondiale,
in Italia si festeggiano le forze armate, si festeggia un immane massacro per
spostare un confine. Nella sola Italia i morti furono 600.000.
Il 4 novembre è la festa degli assassini. La divisa e la ragion di stato
trasformano chi uccide, occupa, bombarda, in eroe.
In quella guerra a migliaia scelsero di gettare le armi e finirono davanti ai
plotoni di esecuzione.
A Torino come in tante altre città italiane gli antimilitaristi hanno costruito
piazze di senza patria, piazze contro tutte le guerre e tutti gli eserciti.
Il 2 novembre l’appuntamento era in via Roma, di fronte alla sede del DAP, il
Distretto Aerospaziale Piemontese. Il Distretto Aerospaziale Piemontese svolge
un compito di promozione, coordinamento ed affiancamento delle attività delle
industrie belliche del settore. Sino alla sua promozione a ministro della Difesa
il DAP era guidato da Guido Crosetto. Per cogliere l’importanza di questo
organismo di governance è sufficiente dare un’occhiata alla lista dei soci del
DAP, in cui spiccano attori politici, industriali e poli della ricerca e della
formazione.
Torino punta tutto sull’industria bellica. Dicono produca ricchezza invece
produce solo morte.
Leonardo e il Politecnico hanno promosso la Città dell’Aerospazio, un polo di
ricerca e progettazione delle armi del futuro. È un progetto che vede
protagonisti Leonardo, la maggiore industria bellica italiana, e il Politecnico
di Torino. Hanno il sostegno di tutti: dal comune, alla regione al governo.
Quest’autunno intendono cominciare i lavori in corso Marche.
Gli antimilitaristi, nei numerosi interventi che si sono susseguiti, hanno
ribadito l’intenzione di continuare ad lottare contro la trasformazione di
Torino in città delle armi, in polo bellico, dove si progettano e costruiscono
droni e cacciabombardieri.
Erano presenti oltre all’Assemblea Antimilitarista ed ai membri del
Coordinamento contro la guerra e chi la arma, gruppi politici e sindacali, No
Tav, l’assemblea del politecnico, i pacifisti, un Ponte Per, l’Osservatorio
contro la scuola in guerra, il gruppo contro la guerra nucleare.
Il canzoniere anarchico e antimilitarista delle sTREghe, gruppo artistico
anarcotrans, ha intervallato interventi e azioni teatrali di strada per l’intero
pomeriggio.
Il 4 novembre gli antimilitaristi si sono ritrovati a sorpresa di fronte alla
sede delle OGR Tech, dando vita ad una rumorosa contestazione. Le OGR Tech, sono
un hub di innovazione che ospita un acceleratore di innovazione della NATO e un
Leonardo Lab.
Leonardo è la principale industria bellica italiana e una delle maggiori al
mondo.
Nei Leonardo Labs si fa ricerca per rendere sempre più micidiali le armi
impiegate nelle guerre di ogni dove.
Le usano le truppe italiane nelle missioni di “pace” all’estero, le vendono le
industrie italiane ai paesi in guerra. Queste armi hanno ucciso milioni di
persone, distrutto città e villaggi, avvelenato irrimediabilmente interi
territori.
La seconda tappa della giornata lanciata per smilitarizzare la città, è stata di
fronte all’Ufficio Scolastico Regionale, la diramazione locale del ministero
dell’Istruzione e del Merito.
Antimilitarist* hanno contestato il crescente processo di militarizzazione delle
scuole e delle università.
Militari entrano ogni giorno nelle scuole come “esperti”, sostituendo gli
insegnanti per fare propaganda bellica.
In occasione della festa delle forze armate, il ministro della difesa Crosetto
ha ha trasformato il Circo Massimo in un gigantesco terreno di addestramento
militare destinato ai bambini e ai ragazzi. Tra gli istruttori esponenti dei
corpi di élite delle forze armate, tra cui i parà della Folgore, gli stessi
delle torture e stupri in Somalia, gli stessi che esaltano ogni anno la
battaglia fascista e colonialista di El Alamein, gli stessi impegnati in
missioni di guerra in giro per il mondo.
La guerra non è un gioco. Nelle guerre che insanguinano il mondo vengono
massacrati tantissime bambine e bambini.
Il governo di estrema destra alimenta la retorica identitaria, i “sacri”
confini, l’esaltazione della guerra. Le scuole e le università sono divenute
terreno di conquista per l’arruolamento dei corpi e delle coscienze.
Antimilitaristi hanno solidarizzato con i disertori e obiettori ucraini e russi
radunandosi di fronte al consolato ucraino di corso Massimo D’Azeglio 12.
Interventi, volantinaggio, uno striscione con la scritta “Con i disertori russi
e ucraini, contro tutti gli Stati!”
A due anni e mezzo dall’inizio della guerra in Ucraina sono morte centinaia di
migliaia di persone e sei milioni quattrocentomila ucraini hanno dovuto
abbandonare le loro case.
Sia in Russia che in Ucraina decine di migliaia di persone hanno disertato. In
Russia l’opposizione alla guerra è costata carcere e torture a tantissime
persone. Eppure non accenna a scemare.
In Ucraina i reclutatori professionisti fanno irruzione sui mezzi pubblici, nei
mercati, nei centri commerciali a caccia di uomini dell’età giusta da catturare
e trascinare a forza al fronte. Ma non hanno vita facile: tanta gente si mette
di mezzo per impedire gli arruolamenti forzati.
La guerra, scatenata dopo il feroce attacco di Hamas alla popolazione civile
israeliana, con uccisioni, stupri e rapimenti, ha ridotto gran parte delle case,
degli ospedali, delle infrastrutture di Gaza ad un cumulo di macerie. La
popolazione gazawi è chiusa in una trappola mortale senza possibilità di fuga. I
morti, oltre quarantamila, crescono di giorno in giorno tra una popolazione
sventrata dalle bombe, senza acqua, cibo, riparo.
Anche in Israele c’è chi rifiuta di arruolarsi, chi non accetta l’occupazione e
l’apartheid e li avversa, pagandone duramente il prezzo. Un documento di giovani
gazawi ci dice che, anche in quelle condizioni, c’è chi rifiuta il nazionalismo
e la guerra di religione voluta dai governi di entrambe le parti.
Durante la prima guerra mondiale, su tutti i fronti, disertarono a migliaia e
finirono la loro vita di fronte ad un plotone di esecuzione.
Le piazze torinesi del del 2 e del 4 novembre tengono viva memoria dei disertori
e dei senzapatria di allora, nella solidarietà concreta con chi oggi diserta le
guerre che insanguinano il pianeta. In ogni dove.
Non ci sono nazionalismi buoni!
Noi disertiamo!
Qui il testo di indizione delle giornate dei disertori:
https://www.anarresinfo.org/giornate-dei-disertori/
Qualche immagine delle giornate:
La destra di governo si prefigge l’obiettivo di esercitare un’egemonia culturale
diffusa. Non si limita a piazzare i propri uomini e donne a capo delle
principali istituzioni culturali ma tenta concretamente di indottrinare bambini
e bambine, ragazze e ragazzi delle scuole.
Ed è alle scuole che è diretto il “Festival Giovani Adulti” dedicato a “Il corpo
nel mondo”, promosso dall’associazione “Fiori di Ciliegio” di Davide D’Agostino,
consigliere di FdL a Ciriè, che ha ricevuto dalla Regione Piemonte 100.000 euro
per l’iniziativa. Sul sito dell’associazione campeggia un murale dedicato a
Yukio Mishima romanziere giapponese noto per un acceso nazionalismo e per il
culto dell’imperatore. Mishima è un mito per i fascisti più raffinati.
Lo scorso anno “Giovani Adulti” si tenne in Barriera di Milano, quest’anno, dal
25 al 27 settembre, sbarca a Mirafiori alla cascina Giaglione, già roccaforte
catto-dem, oggi terreno di conquista per gli amici di Maurizio Marrone,
l’assessore regionale sceso in campo a difendere dalle (tardive) critiche del PD
questa incursione militarista e nazionalista tra le ragazze e i ragazzi delle
scuole di periferia.
Sebbene non tutti i relatori siano riconducibili alla destra tuttavia il
militarismo ed il nazionalismo sono i piatti forti dell’iniziativa e chi non è
allineato è una comoda foglia di fico. Non per caso Marrone usa gente come Moni
Ovadia per minimizzare il reale focus del Festival.
Tra worshop e lezioni frontali viene messo in piedi un programma che evoca uno
dei più celebri slogan della dittatura “Libro e moschetto fascista perfetto”. Vi
segnaliamo le conferenze “La guerra spiegata ai ragazzi”, “Scuola di
cavalleria”, “Anima e corpo”, “Il corpo della Santa”, “Il corpo della nazione”,
“Maschi e femmine”.
Tra i partecipanti spiccano l’inetta ma fascistissima direttrice d’orchestra
Beatrice Venezi, il conduttore radiofonico Giuseppe Cruciani, il prete omofobo
di TikTok Ambrogio Mazzai.
Senza dimenticare Renato Daretti, presidente dell’Associazione nazionale
Incursori dell’Esercito.
La Cub Scuola Università e Ricerca di Torino ha invitato le insegnanti e gli
insegnanti a denunciare questa scelta, a rifiutarsi di portarvi le proprie
classi, a proporre una cultura radicalmente diversa.
Come sempre il 2 giugno la Repubblica ha celebrato sé stessa con esibizioni
militari, parate e commemorazioni. Una “festa” nazionalista e militarista. Una
“festa” che anche quest’anno è stata contestata attivamente in due giornate di
informazione e lotta. Sabato 1 giugno antimilitarist si sono dati appuntamento
in corso Palermo angolo via Sesia, dove da gennaio […]
Pace tra gli oppressi, guerra agli oppressori! Negli ultimi anni i ricchi sono
diventati ancora più ricchi, mentre chi era povero è diventato ancora più
povero. E va sempre peggio. Ovunque si allungano le file dei senza casa, senza
reddito, senza prospettive. Per mettere insieme il pranzo con la cena in tanti
si adattano […]
Una pioggia battente ha accolto i potenti arrivati a Venaria per il G7 ambiente
ed energia cominciato ieri nell’ex reggia sabauda, blindata e chiusa ai
visitatori da giorni. Ai dipendenti e ai lavoratori delle ditte in appalto sono
state imposte ferie obbligatorie. Le piogge di questa fredda primavera seguono
un inverno tiepido e secco, un […]
Come ogni anno ci siamo ritrovati alla lapide che ricorda Ilio Baroni,
partigiano anarchico. Oggi più che mai ritrovarci in quell’angolo di periferia,
dove cadde combattendo Baroni, non è stato un mero esercizio di memoria, ma
occasione per intrecciare i fili delle lotte, perché il testimone lasciato da
chi non c’è più è ora nelle […]
Giovedì 25 aprile ore 15 alla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni, in
corso Giulio Cesare angolo corso Novara dove Ilio cadde combattendo il 26 aprile
1945. Ricordo, bicchierata, fiori, musica. E, dal vivo, Alba&Carenza503 e il
Cor’occhio nel canzoniere anarchico e antifascista (in caso di pioggia, dopo il
ricordo ci si sposterà in corso […]
Il sapore tiepido della primavera avvolge piazza Castello. Il corteo parte dopo
un’ora di musica e interventi. Le voci si moltiplicano lungo tutto il percorso.
La storia passata e recente delle prigioni per migranti, la ferocia della
macchina delle espulsioni, le vite spezzate lungo le frontiere militarizzate in
mare e in montagna, la vicenda di […]