Il 19 ottobre giornata nazionale di mobilitazione contro Ddl 1660 e stato di poliziaSettimana di mobilitazione dal 14 al 19 ottobre contro il ddl 1660 sulla
sicurezza che culmina con la giornata nazionale di manifestazioni del 19 ottobre
a Roma, Milano e altre città italiane.
Prevenire, sorvegliare e punire. Questo è il sottotesto del DDL in materia di
sicurezza pubblica e di tutela del personale in servizio a firma Crosetto,
Nordio e Piantedosi.
Conosciuto come d.d.l. 1660, è da pochi giorni approdato in Senato con il numero
1236 dopo il suo iter alla Camera persino con elementi peggiorativi rispetto al
testo iniziale (quale, ad esempio, la richiesta di permesso di soggiorno per
poter acquistare una sim card), senza che le opposizioni parlamentari mettessero
in atto alcuna resistenza degna di questo nome nelle Commissioni e nelle Aule.
D’altra parte, i precursori delle norme contenute nel d.d.l. portano i nomi di
Turco e Napolitano (per la parte inerente gli oggi CPR, allora CPT), Minniti
(fautore di decreti sicurezza e degli accordi con la Libia, oggi a capo della
fondazione Med-Or di Leonardo), Renzi (con le sue norme contro chi occupa
immobili e alloggi vuoti per necessità), arrivando ai vari decreti Salvini e
Piantedosi.
La genealogia di queste norme, e la sua continuità con questo DDL, spiega dunque
bene perché le opposizioni abbiano scelto di riversare fuori tempo massimo le
proprie “rimostranze” in strada (certamente più per necessità elettorali che per
convinzione politica), anziché essere presenti e attive dentro le aule
parlamentari.
Nel mirino, i firmatari del DDL mettono dunque i blocchi stradali (che divengono
nuovamente reato penale), le manifestazioni contro le opere vagamente ritenute
“strategiche” (per le quali si istruisce il distopico reato di “terrorismo della
parola”), l’uso della cannabis light, oltre a prevedere la detenzione per donne
in gravidanza o madri di neonati in caso di reato, cosa oggi non prevista
dall’ordinamento giudiziario.
Per non parlare della ipercriminalizzazione delle rivolte contro le condizioni
disumane che si esperiscono dentro carceri e CPR, o del passaggio da casa a
cella (da due a 7 anni) assicurato a coloro che decidono di usare il proprio
corpo per opporsi a uno sfratto o a uno sgombero, in solitudine o in concorso
con altre persone.
Un provvedimento fortemente voluto dal ministro Piantedosi e da lui giustificato
dalla necessità di rendere più efficace il contrasto verso reati che creano
allarme sociale e di tutela rafforzata per le forze dell’ordine, con
l’introduzione delle bodycam sulle divise, la libertà di portare armi (anche
private) fuori dall’orario di servizio, l’inasprimento delle pene per chi viene
accusato di minaccia o lesione nei loro confronti e un anticipo di 10mila euro
nel caso dovesse essere necessario difendersi in un procedimento avverso per
azioni commesse in servizio.
Un giro di vite che porta il nostro Paese persino più indietro del codice Rocco,
e che non rende certo iperbolico parlare di Stato di polizia.
In attesa di vedere i senatori dell’opposizione fare le barricate contro questo
inaccettabile dispositivo di legge, si intensificano le forme di
insubordinazione e disobbedienza diffusa (e preventiva), come dimostrato dal
ripudio del divieto di manifestazione lo scorso 5 ottobre da parte di migliaia
di persone a Roma.
E’ già in costruzione una settimana di mobilitazione dal 14 al 19 ottobre, con
particolare determinazione a fare in modo che la giornata nazionale di
manifestazioni del 19 ottobre a Roma, Milano e altre città italiane siano
partecipate, convinte e con obiettivi chiari. A Roma l’appuntamento è alle 15.00
in piazza Esquilino per un corteo.
Le pratiche di lotta come i picchetti fuori dai posti di lavoro e in difesa
degli sfratti, le azioni dirette contro le grandi opere che consistono nei
presìdi e nelle invasioni di aree di importanza strategica, le occupazioni di
edifici pubblici e le forme di solidarietà, punite come la cessione di una sim
ad un migrante senza permesso di soggiorno, non possono essere considerate
delitti contro l’incolumità pubblica o foriere di incubare strategie
terroristiche, come afferma il DDL, ma necessarie forme di lotta che hanno
consentito l’avanzamento delle tutele oggi esistenti ma che si vogliono
cancellare definitivamente.
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